Atlantide, il continente perduto

« Older   Newer »
  Share  
jasmine23
view post Posted on 21/7/2007, 13:55 by: jasmine23




La leggenda di Atlantide

<<innanzi a quella foce stretta che si chiama colonne d'Ercole, c'era un isola. E quest'isola era più grande della Libia e dell'Asia insieme, e da essa si poteva passare ad altre isole e da queste alla terraferma di fronte. [..] In tempi posteriori [..], essendo succeduti terremoti e cataclismi straordinari, nel volgere di un giorno e di una brutta notte [..] tutto in massa si sprofondò sotto terra, e l'isola Atlantide similmente ingoiata dal mare scomparve>>.

Platone, "Timeo"


image

Atlantide, il cui nome deriva da Atlante, il mitico gigante che reggeva il Mondo sulle spalle e che governava l'oceano, era un ipotetico grandissimo continente sprofondato, migliaia e migliaia di anni fa, al di là delle colonne d'Ercole, nelle acque dell'attuale Oceano Atlantico.
La scienza ufficiale dichiara che non c'è alcuna prova che sia esistito un continente oltre lo stretto di Gibilterra. Ma la geologia e la paleontologia, studiando la somiglianza tra le razze animali e la flora del nuovo e dell'antico mondo, hanno ipotizzato che tra il Cambrico e il Cretacico fosse emerso nell'Oceano Atlantico un continente intermedio, servito da ponte naturale. Esso occupava la zona corrispondente oggi alla Groenlandia, all'Islanda, alle Azzorre, alle Canarie e a Madeira, in parte considerate, da alcuni ricercatori, come le cime delle montagne della sommersa Atlantide. Altre prove a favore dell'esistenza di Atlantide sono di carattere puramente indiziario: esistono, per esempio, manufatti non inquadrabili come prodotti di civiltà note; vi sono poi i racconti di Platone e c'è, inoltre, una vasta tradizione a proposito di una biblica catastrofe avvenuta in tempi remoti: il diluvio universale. Più recentemente, nel 1898 una nave, nel tentativo di recuperare un cavo che si era spezzato a nord delle Azzorre, portò in superficie frammenti di una lava vetrosa che si forma esclusivamente sopra il livello delle acque e in presenza dell' atmosfera: da qui un'ulteriore conferma all'ipotesi di immensi inabissamenti di isole e forse di interi continenti.
Ammessa (e non concessa) l'esistenza di Atlantide, la sua distruzione potrebbe essere avvenuta intorno a 10.000 anni fa e sarebbe stata determinata da un'immane catastrofe, come un'eruzione vulcanica o la caduta di un asteroide.
Alcuni studiosi di Atlantide pensano che questo continente abbia subito diversi cataclismi (forse quattro) che abbiano fatto inabissare alcune parti dell'isola in diversi periodi. Il primo cataclisma sarebbe avvenuto circa 800.000 anni fa, determinato dal rovesciamento dei poli: esso avrebbe cominciato ad attaccare l'ossatura terrosa di Atlantide che successivamente sarebbe stata spazzata via dalle masse d'acqua provenienti dal nord. Il secondo Cataclisma probabilmente di origine vulcanica, sarebbe avvenuto circa 200.000 anni fa. Il terzo cataclisma, causato all'azione vulcanica, sarebbe avvenuto 80.000 anni fa e avrebbe ridotto Atlantide a due isole: Routo e Daitya. Infine il quarto e ultimo cataclisma avrebbe avuto luogo nell'anno 9.564 a.C., quando stavano sciogliendosi i ghiacci dell'ultima glaciazione e quando Atlantide era già ridotta solo ad un'isola: Poseidone. Essa fu inghiottita e disparve per sempre dalla terra.
Quanto ci sia di vero, e quanto sia completamente frutto della fantasia, nel mito di Atlantide, forse a nessuno sarà mai dato dirlo... Ma la ricerca delle vicende di questa misteriosa terra e della sua progredita civiltà, affascinano ancor oggi e spingono ad intraprendere indagini e studi sempre nuovi.
FONTE





Atlantide: fantasia o realtà?
Ancora una volta alla riscoperta dei dialoghi di Platone
di MICHELE BETTINI
image
Ciò che segue è quanto resta di una tesi proposta, circa 20 anni fa, sopra una rivista di fantascienza, da un personaggio, Gianfranco Battisti, che non ho avuto occasione di conoscere. Forse era uno pseudonimo? Certamente era ben documentato e, nonostante mostrasse di aver letto molto, non si faceva vincere dalla tentazione di fare il ciarlatano, brutto vizio in genere di chi si occupa di cose insolite. Il pezzo tuttavia non mostra di essere frutto di qualche seria ricerca ad angolo giro.
«Benché siano molte e grandi le imprese compiute dalla nostra città, una c’è che tutte le supera per grandezza e valore. I nostri libri narrano come voi Ateniesi distruggeste una potente armata che, partita dall’oceano Atlantico, invase insolentemente l’Europa e l’Asia. Questo mare, infatti, era allora navigabile. C’era un’isola situata di fronte allo stretto che voi nella vostra lingua chiamate le colonne d’Ercole. Quest’isola era più grande della Libia e dell’Asia messe insieme ed i navigatori potevano allora passare sulle altre isole e dalle isole a tutto il continente opposto… Ora in quest’isola Atlantide si era stabilita una grande e meravigliosa potenza regale che dominava su tutta l’isola e su parecchie altre e su varie parti del continente. Per di più, nei nostri paesi si estendeva nella Libia fino all’Egitto ed in Europa fino alla Tirrenia.»
Con queste parole di Platone nasceva, oltre 2000 anni or sono, uno dei più appassionanti misteri della storia umana: il mistero che permane tutt’oggi non risolto, e vale a ricordare a noi, uomini alle soglie dello spazio, quanto poco sappiamo ancora del nostro stesso pianeta.
Esistette veramente un’isola chiamata Atlantide? Un’isola che fu la culla della prima civiltà, cancellata dal nostro mondo in una sola notte ad opera degli dei irati? E se ciò avvenne, quando fu, e dove? E ancora; esistono prove attendibili di questi avvenimenti?
Sono domande che sembrano destinate a rimanere senza risposta, lasciandoci nell’interrogativo – non certo drammatico, ma comunque affascinante – se prestare fede o meno al filosofo greco, unica fonte diretta di conoscenza sull’argomento. (N.B.: Diciamo unica fonte in assoluto).
Occuparsi dell’Atlantide, è un lavoro poco redditizio. Scarse e dubbie le informazioni, si rischia di coltivare un mito, un’illusione in cui la nostra fantasia eccitata tende a rifugiarsi. Il mito dell’età dell’oro si confonde nella mente con quello del successo personale, della fama immensa che certo premierebbe colui che riuscisse a gettare luce nel buio; e quella che era iniziata come una ricerca scientifica, o pseudo tale, si trasforma non di rado in un lavorio di adepti, iniziati ad un fantastico quanto assurdo culto del passato. È spesso un’attività da visionari, dunque tramandatasi entro conventicole misteriose, e come tale è stata accolta finora dalla scienza ufficiale. Pure questi sognatori devono essere ben molti, se nel solo Nord America esiste ormai tutta una letteratura sull’Atlantide, forte di qualcosa come 100.000 testi! D’accordo, in nessun paese come negli Stati Uniti si è propensi a dar credito ai fenomeni più strani: vi si contano a decine di migliaia i cultori dei cosiddetti «studi fortiani» (così denominati da Charles Fort, il più famoso catalogatore di fatti strani, quali dischi volanti, piogge di rane, ecc.) e non dimentichiamo che la stessa Società Teosofica, la quale fa dell’Atlantide il punto di partenza per una storiografia dell’umanità, in aperto contrasto con le più recenti scoperte scientifiche, fu fondata a New York. Ciononostante, resta il fatto che qualcosa da scrivere si è sempre trovato, e su circostanze non sempre campate in aria, anche se la fantasia degli autori si è presa qualche libertà nel collegarle. Ci sembra quindi che valga la pena di riassumere quel poco di certo che si sa sull’argomento, cercando di giungere ad una conclusione obiettiva, capace di soddisfare, se non il più pignolo degli studiosi, almeno l’uomo della strada.
Perno di tutte le indagini sono i due «dialoghi» di Platone: il Timeo ed il Crizia. Il primo problema da risolvere è quindi l’interpretazione di questi testi, al fine di chiarire cosa l’autore intendesse effettivamente comunicare. Si può infatti credere ad un Platone storiografo, il quale narrasse di fatti antichissimi giunti fortunosamente al suo orecchio. È questa l’opinione che più sollecita il lettore sprovveduto, tanta è la cura posta dall’autore per ancorare alla realtà la sua narrazione (che trabocca letteralmente di nomi, cifre, misure). E si può pensare invece che l’Atlantide costituisca soltanto un abile espediente escogitato dall’autore per esaltare le gesta passate di Atene, sua patria, che stava allora attraversando un periodo di decadenza.
Bianco e nero che sia il nostro verdetto, la chiave dell’enigma sta tutta qui: in entrambi i casi, infatti, Platone deve aver attinto a leggende del suo tempo, ma se dobbiamo dar credito alla seconda interpretazione, i particolari che rendono così avvincente il racconto, risulterebbero frutto di una fertile fantasia, ed il mistero, se di mistero si può ancora parlare, quando di esso rimanga il solo nome di Atlantide, che affiora di tanto in tanto da antichi testi, verrebbe a farsi ancora più fitto. Se il ricordo di questa mitica terra era già confuso 24 secoli or sono, appare anzi ben vana ogni speranza di ritrovarne delle tracce tangibili ai nostri giorni.
Vediamo quindi di «ragionare per assurdo», come fanno i matematici, partendo dall’ipotesi – vera o falsa, ancora non lo sappiamo – che quanto Platone ha scritto corrisponda a realtà. Riepiloghiamo i fatti: nel Timeo, Platone introduce quale interlocutore Crizia; questi narra come Solone, durante un colloquio con un sacerdote egizio (si tratta di fatti risalenti a due secoli prima) abbia appreso la storia di Atlantide. Giunto alla città di Sais, Solone si sarebbe reso conto che i sacerdoti del luogo sapevano molte cose sulla storia passata, spesso ignota alla più recente cultura greca. Per spingerli a parlare, si mise quindi a raccontare quanto di più antico i greci conoscevano, cioè i miti di Niobe (l’Adamo dei greci) e del Diluvio universale, catastrofe da cui si sarebbero salvati, secondo la leggenda, soltanto Deucalione e Pirra.
Tuttavia non v’è certezza del diluvio e non v’è memoria dello stesso presso altri popoli, per esempio i Celti.
All’udire queste storie, uno dei più vecchi sacerdoti si alzò a rispondere che i greci erano un popolo giovane di anima, in quanto non avevano alcuna tradizione veramente antica; lo dimostrava il fatto che essi conservavano memoria di un solo diluvio, mentre vi erano state più volte stragi gigantesche di uomini, avvenute per volontà degli dei… Non appena un popolo raggiunge la civiltà ed apprende le lettere, aggiunse il sacerdote, su di esso si abbatte il diluvio, il quale spazza via ogni cosa e risparmia soltanto gli illetterati. Ciò spiega il fatto che allorquando i superstiti riescono ad edificare un’altra civiltà, il ricordo di quei tragici avvenimenti si sia ormai perduto. Per tale motivo, aggiunse l’egiziano, nemmeno gli ateniesi ricordavano più lo splendore passato della loro città. Secondo quanto tramandavano i libri sacri di Sais, infatti, circa 9 mila anni prima (grosso modo attorno al 9500 a. C. !) Atene avrebbe sconfitto gli atlantidi, salvando dall’invasione Europa ed Asia. Cosa questa che è assai poco credibile, ovvero estremamente improbabile.
«Ma nel tempo che seguì, ebbero luogo grandi terremoti e inondazioni. E in un solo giorno, in una sola notte fatale, tutti i vostri guerrieri furono inghiottiti in una sola volta dalla terra scoperchiata, e l’isola Atlantide disparve sotto il mare.»
Il racconto di Platone continua nel Crizia, dove sono riportati dati più precisi e circostanziati sul continente perduto. Il mitico paese viene presentato come una specie di utopia: abitato da una stirpe discendente da Poseidone (dio del mare); diviso in dieci province rette da altrettanti sovrani che governavano «con saggezza e giustizia». Era una terra meravigliosa sulla quale il filosofo greco ci tramanda notizie circa la conformazione del suolo, l’economia, gli ordinamenti politici e militari, la flotta ed altri argomenti ancora. Accenna pure all’oricalco, il metallo unico al mondo (oggi sconosciuto, tanto che si pensa si trattasse di una lega) che si estraeva dall’isola.
«Ricchi di tutti questi doni che la terra prodigava loro, gli abitanti costruirono templi, palazzi, porte arsenali, e abbellirono la rimanente regione. Fabbricarono ponti per consentire il passaggio tra la reggia e la regione circostante....; l’isola dove si trovava la reggia aveva un diametro di cinque stadi. elevarono muraglie con pietre intagliate di colore bianco, nero, rosso, ottenendo un giocondo gioco cromatico. E rivestirono di bronzo, a guisa di vernice, tutto il percorso del muro della cinta interna e d’oricalco dai riflessi di fuoco quello della stessa acropoli.»
Sulla scorta di codeste pagine, i cultori di studi esoterici si sono lambiccati il cervello per secoli, nel tentativo di dimostrarne la veridicità. Scrive ad esempio il francese Dévigne: «Come il mondo romano fa da ponte, tra il mondo antico e il mondo moderno, così la civiltà atlantica fa da ponte tra la preistoria e le prime civiltà.»
Per codesti ed altri studiosi Atlantide è veramente esistita, ma tutte le loro cosidette «prove» sono discutibili.
Le discipline che si occupano del passato dell’uomo presentano ovviamente molti misteri insoluti. Via via che si indietreggia nel tempo le nostre conoscenze si fanno sempre più scarse e frammentarie, sicché risulta oltremodo difficile, se non impossibile, ottenere un quadro preciso su certi aspetti dell’antichità. La mente generalmente supplisce con la fantasia alla mancanza di informazioni, ed ecco che Atlantide viene definita come una terra posta tra Europa e America e se la sua esistenza venisse provata concretamente condurrebbe alla soluzione di problemi che assillano il mondo della scienza.
Cominciamo col prendere in considerazione i rilievi fisici. Già nelle prime spedizioni oceanografiche effettuate nella seconda metà del secolo scorso si è potuto disegnare una carta dei fondali atlantici. Nella zona centrale questi risultano attraversati da catene di montagne sottomarine, le cui cime più alte emergono tuttora alla superficie e costituiscono gli arcipelaghi delle Azzorre e delle Bermude. Questa grande catena è coperta di detriti vulcanici; sedimenti raccolti in un punto alla profondità di 3000 metri presentano la struttura vetrosa ed amorfa che caratterizza le lave vulcaniche quali si formano alla superficie. Se fossero sgorgate sott’acqua, a causa della enorme pressione esistente a quella profondità, si sarebbero infatti conformate diversamente, assumendo una struttura cristallina e metamorfica. Questo ed altri fatti portano alla conclusione che sul fondo dell’Atlantico potrebbe esistere un continente sommerso, un continente che si estenderebbe a sud delle coste britanniche, fino alle coste dell’Africa, in direzione obliqua rispetto all’America Meridionale.
È un’ipotesi sostenuta in particolare da alcuni studiosi russi. Si afferma che l’esistenza di Atlantide, e non occorre citare le fonti, non è impossibile, né inaccettabile dal punto di vista geologico. Sondaggi effettuati nella parte settentrionale dell’Oceano Atlantico potrebbero rivelare in profondità rovine di edifici ed altri resti di una civiltà antichissima.
FONTE





VESTIGIA DI ATLANTIDE IN GIAPPONE
Aprile 1997. L'équipe di oceanografi diretta dal professor Masaki Kimura, geologo dell'Università Ryukyu di Okinawa, ha scoperto i resti di un'antica civiltà, nelle acque dell'isola Yonagumi.
di Adriano Forgione

image

Posti al largo del Mar della Cina, nello stretto che collega il Giappone a Formosa e sommersi a 25 metri sotto il livello del mare, rappresentano per gli scopritori la testimonianza di una civiltà vissuta oltre 10.000 anni fa.
Le costruzioni, di enormi dimensioni, hanno suscitato eccitazione e sgomento nella comunità archeologica internazionale. Le caratteristiche architettoniche di quella che può essere considerata una colossale struttura, di grandezza paragonabile a quella della piramide di Cheope, sono accostabili alle costruzioni mesopotamiche chiamate "Ziggurat", piramidi a gradoni, tipiche dell'area medio-orientale. Non possono quindi essere associate a niente che abbia a che fare con le culture nipponica e cinese a noi note. In precedenza nessuno aveva fatto caso alla presenza di queste costruzioni ed il professar Kimura è stato il primo ad aver capito che la struttura non era opera della natura, bensì dell'uomo. Inoltre, nella stessa zona, ritrovamenti di altre costruzioni si sono aggiunti alla scoperta principale, a conferma che, sommerso a poche decine di metri sotto la superficie marina, un intero complesso architettonico era in attesa di essere scoperto e fornire una nuova chiave di lettura alla storia della civiltà orientale e mondiale. Al sito sottomarino si sono interessati anche il geologo Robert Schoch e l'egittologo John Antony West, sostenitori dell'esistenza di Atlantide e consulenti per gli approfonditi studi di Robert Bauval e Graham Hancock, che hanno considerato la struttura opera della natura. Ma Kimura ha replicato a queste affermazioni. "Se i gradoni fossero il risultato dell'erosione causata dalle correnti marine - ha dichiarato Kimura - lo stesso fenomeno sarebbe leggibile anche sulle rocce circostanti. La scoperta di ciò che sembra essere una strada che cinge l'intero complesso, conferma che è solo opera dell’uomo". Dopo che le immagini del luogo sono state divulgate, Schoch e West hanno dovuto ammettere il loro errore.

UNA PIRAMIDE DI 10.000 ANNI FA

image

Una certa agitazione regna fra gli studiosi giapponesi, in quanto le analisi e gli studi sembrano confermare che il complesso sottomarino di Ryukyu ha strette relazioni con le rovine precolombiane ed egiziane.
Forse si trattava di un sito religioso e cerimoniale che non ha corrispondenze con nessun'altra architettura sacra dell'estremo Oriente e che si lega invece a siti archeologici presenti in altre parti del mondo. In particolare, l'intero complesso sottomarino come progetto architettonico è sorprendentemente simile alla città Inca di Pachacamac in Perù. Il professar Kimura si dichiara convinto che il tutto è opera di un popolo molto intelligente "con un alto grado di conoscenza tecnologica e di cui finora non avevamo nessuna traccia". Anche l'età stimata del complesso lascia perplessi; Teruaku Ishi, docente di geologia all'Università di Tokio, sostiene che la Piramide sommersa potrebbe risalire almeno all'ottomila a.C.. Altri studiosi la retrodatano addirittura al 12.000 a.C.; come dire, più antica delle piramidi d'Egitto. La corrispondenza architettonica tra le strutture sommerse di Okinawa e i templi egiziani, mesopotamici e mesoamericani pone sul tavolo le argomentazioni che gli studiosi di paleoastronautica hanno sino ad oggi avanzato e che molti archeologi solo ora iniziano a prendere in considerazione: vale a dire la presenza di una civiltà planetaria molto evoluta, antecedente il diluvio, Atlantide o la leggendaria Mu, (oppure ciò che i giapponesi chiamano la mitica "Onogorojima") della cui cultura pre-diluviana si trovano tracce nei monumenti megalitici sparsi un po' ovunque nel mondo. Il fatto che la Piramide di Ryukyu sia posta sotto il livello delle acque è un indizio consistente del fatto che la civiltà che la eresse scomparve con il diluvio.

INGEGNERIA ANTIDILUVIANA

image

Una civiltà che in un lontano passato dovette esercitare una grossa influenza su tutto il globo terracqueo.
Non sono altrimenti spiegabili le notevoli analogie tra le costruzioni peruviane e boliviane e quelle giapponesi. Non è noto a molti infatti che anche in Giappone sono state ritrovate piramidi a facce levigate. Il 19 ottobre 1996 una spedizione archeologica ha scoperto nel nord del Giappone, nell'isola di Honsu, in località Hang sul monte Kasagi, una piccola piramide monolitica e simmetrica, versione in miniatura della piramide di Cheope. Formata da un unico blocco granitico, misura 4,70 metri di base per 2,20 di altezza e rappresenta un elemento architettonico del tutto sconosciuto in Giappone; sino ad oggi almeno. La piccola piramide giapponese non è la sola struttura apparentemente inconsistente con la classica architettura del Sol Levante. Molti dei lettori conosceranno le costruzioni peruviane della città di Cuzco con il suo "Curichanca", il recinto d'oro, e la vicina Sacsayhuaman ancora caratterizzata da lunghe file murarie. L’ingegneria inca era contraddistinta dalla capacità di saper assemblare blocchi monolitici e giganteschi con una tecnica ad incastro che non ha corrispettivi validi in epoca moderna. Queste costruzioni hanno vinto la sfida del tempo, superando anche forti eventi sismici, pur essendo costruite senza alcun cementificante. Il segno di una tecnica superiore ancora oggi enigmatica. Il sistema ad incastro non è solo prerogativa del centro-sud America. Le piramidi e i templi egiziani, la piattaforma del tempio di Baalbek in Libano, le fondamenta del tempio di Gerusalemme, oggi visitabili dalla parte cristiana della città sacra presentano la stesse caratteristiche, da molti ricercatori addebitabili ad una cultura antecedente il diluvio, in un periodo compreso tra il 10.000 e il 15.000 a.C.. Peculiarità incredibilmente presenti nelle mura di cinta del palazzo imperiale di Tokio, anch'esse formate da blocchi monolitici perfettamente incastrati l'uno nell'altro, come per le costruzioni inca e caratterizzate dalla medesima tecnica ingegneristica. Tra i resti del palazzo è stata inoltre trovata una piccola porta, versione in scala ridotta della Porta del Sole di Tiahuanaco in Bolivia, e come quest'ultima sovrastata da un idolo il cui originale è stato distrutto dai bulldozer durante gli scavi. È una statua, per stile, assimilabile agli idoli a tutto tondo peruviani. Il sistema con cui è assemblata la porta, caratterizzato da tre blocchi monolitici, sembra collegarla ai "Dolmen" europei e soprattutto ai "Triliti" che formano l'intero complesso di "Stonehenge".

I MENHIR DI NABEYAMA
Se, infatti, le recenti scoperte archeologiche hanno rivelato incredibili corrispondenze con monumenti americani, medio-orientali ed egiziani, colpisce il fatto che anche l'architettura bretone e celtica, trovi i suoi corrispettivi in Giappone. Nella foresta di Nabeyama sono stati rinvenuti, sempre nel 1996, due "Menhir" affiancati, elementi del tutto sconosciuti alla cultura giapponese. Si è appurato che i megaliti dell'antica cultura neolitica europea e bretone in particolare avevano lo scopo di segnalare, come un vero calendario, i principali eventi astronomici, dalle eclissi ai solstizi, e su questi le popolazioni scandivano il loro ritmo di vita. Gli studiosi di paleoastronautica sapranno che il tempio megalitico bretone di "Stonehenge" ha un'origine ancora oscura e la sua data di costruzione viene continuamente anticipata. Anche in Egitto è stata scoperta, proprio quest'anno, una struttura simile, risalente al 7000 a.C., formata da monoliti di 3,6 metri di diametro e oltre 2 metri d'altezza disposti in circolo e perfettamente allineata nord-sud, est-ovest e con il solstizio d'estate. Il fatto che queste costruzioni siano presenti in luoghi così distanti e in tre continenti differenti, Asia, Europa ed Africa, riconduce alle stesse ipotesi formulate per le costruzioni piramidali nipponiche. Una cultura sviluppata ha agito da impronta a livello planetario in un lontano passato, per poi sparire improvvisamente.

LA RADICE COMUNE
Se queste costruzioni si trovassero in Perù o in Bretagna, nessuno avrebbe dubbi sulla loro origine. Che significato dare a queste perfette corrispondenze? La risposta deve per forza di cose considerare che America, Asia ed Europa furono in un lontano passato legate da una cultura estremamente evoluta. La presenza in terra giapponese di questo tipo di architettura conferma che Atlantide deve essere realmente esistita e che essa estese il suo dominio anche in Estremo Oriente o quanto meno influenzò con la sua conoscenza le popolazioni vicine. È un dato di fatto che sta emergendo con forza grazie alle nuove scoperte, molto più di quanto ancora gli archeologi siano pronti ad ammettere. Come si spiegherebbe altrimenti l'esistenza in Giappone di elementi estranei alla cultura estremo orientale, ma perfettamente inseribili in contesti culturali così lontani quali quelli precolombiani, medio-orientali ed europei? Se il Giappone nella sua storia conosciuta mai venne a contatto con queste popolazioni, dove va cercata la radice comune? Probabilmente in una realtà cancellata dalle acque devastatrici di una catastrofe di 10.000 anni fa, che solo ora sta restituendoci un'antica memoria storica sepolta nel buio dei secoli.

LA LEMURIA DI FRANCIS DRAKE
Che il Giappone facesse parte, migliaia di anni fa, di un antico impero scomparso, era già stato ipotizzato nel 1968 da W. Raymond Drake nel suo libro "Spacemen" in the "Ancient East", in cui il Sol Levante viene inserito all'interno dei continente di Lemuria. Drake scrive che i primi coloni del Giappone erano uomini di razza bianca, custodi della conoscenza lemuriana. La bandiera del Sole nascente, simbolo dei Giappone, rappresenterebbe ancora il sacro simbolo di Lemuria. "Come gli lndù, i Cinesi e gli Egiziani, i Giapponesi hanno avuto ben dodici dinastie di imperatori divini - afferma Drake - che hanno regnato per 18.000 anni, suggerendo una dominazione di origine cosmica. Gli etnologi concordano sul fatto che i primi antenati dei Giapponesi erano uomini bianchi che soggiogarono gli autoctoni Ainu, oggi quasi dei tutto scomparsi, iniziando così la stirpe Yamato. Analisi linguistiche suggeriscono che la lingua giapponese ha affinità con il babilonese". Ciò conferma che non sono i soli monumenti a fornire le tracce di una radice culturale comune di epoca antidiluviana tra le popolazioni dell'antichità.

QUI potete trovare notizie più approfondite su Lemuria.

FONTE



ATLANTIDE
Il Mondo Perduto

Brevemente
Atlantide fa la sua apparizione in un testo di Platone (428-347 a.C.), descritta come una grande isola che esisteva 11.500 anni fa nell'Oceano Atlantico. Sede di una evoluta e ricca civiltà, secondo una ricostruzione che Platone attribuisce a dei sacerdoti egizi, combatté una guerra mortale con Atene. E successivamente venne sprofondata nell'Oceano dall'ira Di Zeus.
Questa ipotetica civiltà scomparsa è stata utilizzata a più riprese, soprattutto in tempi moderni, come spunto per la formulazione di ogni tipo di teorie e speculazioni; ed è stata sfruttata come trama di numerosi romanzi e lungometraggi cinematografici.
Alcuni ricercatori, non allineati alle teorie comunemente accettate, avanzano la convinzione che antiche civiltà siano realmente esistite in un passato preistorico, e che abbiano fatto da ponte di comunicazione tra i popoli mediterranei e quelli centroamericani.
Nonostante alcuni studi relativi alle formazioni geologiche del bacino Atlantico, osservazioni dei fossili e comparazione delle culture primitive, possano far nascere il sospetto di reali contatti tra le due sponde dell'Oceano, Atlantide rimane per ora poco più che una leggenda.


1) Platone e i suoi Dialoghi
Platone nasce ad Atene nel 428 a.C. circa, da famiglia nobile, e muore nel 347. Dedicatosi dapprima alla pittura e alla poesia, si distinguerà anche nella ginnastica (nasce infatti col nome Aristocle, poi soprannominato dal suo allenatore Platone, "Piattone", per le sue spalle larghe). La sua vita subirà una svolta dall'incontro col grande filosofo Socrate, di cui sarà fedele discepolo per quasi un decennio, fino alla condanna a morte del maestro. Egli diventerà a sua volta uno dei principali filosofi di tutti i tempi. Tra i suoi scritti, raccolti dapprima dai suoi allievi, e organizzati in modo organico da Trasillo, ci sono pervenuti decine di Dialoghi, non tutti ritenuti autentici, in cui troviamo trascritte conversazioni tra Socrate e suoi concittadini. Non sappiamo se Socrate sapesse scrivere, ma non risulta che abbia mai realizzato alcun libro, preferendo trasmettere le sue idee con la parola. La grande importanza che viene riservata alla parola appare evidente anche nei Dialoghi, dove le storie sono riportate da Platone sotto forma di conversazione.
La costruzione di città utopiche, abitate da società perfette, è ricorrente nella Grecia del IV secolo a.C , e si tratta spesso di isole lontane, ricche, in cui vige preferibilmente un sistema di tipo socialista e autarchico, con suddivisione del lavoro e possesso comune dei beni. Si possono citare Teopompo (con le sue città Machìmos ed Eusebès, "degli uomini guerrieri" e "degli uomini pii"), Diodoro Siculo (che nelle sue opere riporta la Panchea narrata da Evemero di Messene, e l'isola immaginata da Iambulo), Luciano di Samosata (che tra le tante isole fa anche un viaggio immaginario sulla Luna, accorgendosi quanto appaiano piccole, da lassù, le miserie umane della sua Grecia), Antonio Diogene (i cui personaggi compiono viaggi in giro per il mondo fino alla mitica Tule, nome che indica un impreciso luogo al confine settentrionale dell'Europa). Queste società immaginarie vengono sempre poste provvidenzialmente nei luoghi meno noti, situati ai confini del mondo e cioè anche della realtà, in cui le condizioni ambientali sono abbastanza ricche e i governanti abbastanza saggi e colti da costruire un mondo felice e stabile. Il termine utopia è composto dalle parole greche ou topos, nessun luogo, e si può far derivare dal saggio De Optimo reipublicae statu deque nova insula Utopia, di Thomas More (Tommaso Moro, 1478-1535, umanista e politico inglese, decapitato per non aver riconosciuto come capo della Chiesa anglicana Enrico VIII e aver rifiutato di approvare il suo divorzio), dove il suo stato perfetto, comunistico, tollerante verso la libertà religiosa, è una risposta alle contraddizioni del suo tempo e alle prime notizie che venivano dal Nuovo Mondo.
Platone rende perfetta la sua costruzione, ponendo Atlantide in un luogo non solo lontano e inaccessibile ma anche passato, e oggi scomparso. Nei suoi due dialoghi intitolati Timeo e Crizia, dal nome dei principali oratori, appare brevemente la storia di questa mitica isola.
Nella prima parte il Timeo narra che Crizia, riunito una sera con Socrate, Timeo ed Ermocrate, ricorda quel che ascoltò mentre era un fanciullo di dieci anni, e suo nonno novantenne, di nome anch'egli Crizia, spiegava ad un uomo della sua tribù ciò che aveva appreso da Solone (famoso poeta e abile legislatore, approssimativamente 640-560 a.C., che intorno al 590 a.C. diede una costituzione democratica ad Atene). Solone viaggiò molto in Oriente, soprattutto in Egitto, dove ebbe istruttivi colloqui con alcuni saggi sacerdoti della città di Sais, sul delta del Nilo.
Discorrendo con i sacerdoti, racconta Crizia, Solone si mise a parlare di cose antiche, dei primi uomini e del Diluvio che Zeus scatenò sul mondo per punire le società corrotte. Ma i sacerdoti sorridevano, e sostennero che i Greci in storia erano come fanciulli, nel senso che giudicavano antichissimo ciò che veramente antico non era, e ricordavano un diluvio mentre nella storia ve ne erano stati molti. Spiegarono che nella storia erano ricorrenti terribili fenomeni naturali. Fuoco dal cielo, che colpisce soprattutto chi vive sulle montagne e nei luoghi aridi. Diluvi, che gonfiano i mari e i fiumi, devastando le terre costiere e le pianure. Terremoti, capaci di distruggere intere civiltà. E i sopravvissuti tornano rapidamente in misere condizioni, perdendo il ricordo delle proprie origini, poichè gli uomini difficilmente scrivono e discorrono di storia e filosofia quando è in forse il pane quotidiano. Per fortuna la valle del Nilo è particolarmente protetta da queste catastrofi, e quando il Nilo allaga non è per distruggere, e i loro templi conservano tutto ciò che essi hanno conosciuto anche del più remoto passato.
I sacerdoti egizi narravano volentieri a Solone queste storie, poichè dicevano che la Dea Atena, dopo la città di Atene, aveva fondato anche la città di Sais, gemellando così i due popoli. Solone compose un manoscritto di questo racconto (Crizia afferma, nel Dialogo, di esserne in possesso), che narra "la più grande impresa" che Atene avesse mai fatto, e di cui tutto il mondo Mediterraneo doveva essergli grata.

2) Atlantide contro Atene
Crizia racconta che novemila anni prima (quindi circa nel 9500 a.C.) il mondo era molto diverso. Al di là delle Colonne d'Ercole, in quel mare ben più vasto del Mediterraneo, che si stende oltre lo stretto, sorgeva un'isola grande come Libia e Asia insieme (1), chiamata Atlantide, da cui si poteva passare ad altre isole, fino ad un enorme continente. Atlantide fu assegnata agli inizi del mondo al dio Poseidone (Nettuno). In mezzo all'isola c'era una vasta pianura, che arrivava a sud fino al mare, e che era ornata alle spalle da monti con vette altissime. Nella pianura c'era una collina; in quel luogo Poseidone giacque con una giovane donna, che era rimasta orfana, e che generò, durante cinque parti, cinque coppie di figli maschi.
Quando furono abbastanza grandi, il Dio incaricò quei figli di regnare sulle sue terre, e al primo, cui diede nome Atlante, donò la parte dove sorgeva la casa materna e che era anche la terra più bella di Atlantide. Il Dio difese quel luogo, scavando tutto intorno tre cinte d'acqua, separate da due di terra, creando così un'isola dentro all'isola, e la arricchì poi con due fonti d'acqua, una calda e una fredda.
La grande pianura era una terra ricca, che grazie alle piogge abbondanti e all'irrigazione poteva dare frutti due volte l'anno. In Atlantide c'erano pascoli favolosi che riuscivano a nutrire ogni tipo di bestiame, compresi gli elefanti, e vasti boschi, che fornivano abbondante legname per ogni uso. Vi si trovava anche ogni tipo di metalli, tra cui uno prezioso quasi quanto l'oro, di cui oggi si conosce solo il nome: l'oricalco. Le due fonti calda e fredda alimentarono vasche d'ogni tipo, per i re, per i concittadini, per le donne e anche per i cavalli, che disputavano gare nel loro ippodromo.
I re che vi regnarono, uno dopo l'altro, abbellirono quei luoghi continuamente. Scavarono un canale che congiungeva l'isola centrale al mare, in modo che fosse raggiungibile dalle navi. Anche la pianura fu circondata con un'enorme fossa, che raccoglieva le acque che scendevano dai monti, e una fittissima rete di altri canali divideva Atlantide in innumerevoli e popolati settori territoriali. Costruirono templi e reggie, ponti e porti. Per queste ricchezze, per quelle che affluivano dall'estero, nel corso di molte generazioni i regni accumularono enormi tesori.
Il popolo di Atlantide divenne eccezionalmente numeroso, assai progredito e ricco, e dominava su tutte le isole circostanti, su parte di un enorme e lontano continente occidentale, ed anche sul mondo mediterraneo fino alla Tirrenia (Etruria) e all'Egitto.
I sovrani avevano potere di vita e di morte su tutti i sudditi, ma tra loro i rapporti erano regolati dalle leggi che Poseidone aveva imposto, per primi, ai suoi figli. Si riunivano ogni cinque o sei anni, discutendo dei loro interessi, e nei casi in cui la legge era violata diventavano giudici. Prima di giudicare però compivano un rito sacrificale, uccidendo un toro presso una colonna d'oricalco, nel Tempio, su cui le leggi erano incise.
Il tempio di Poseidone era contenuto nella reggia, all'interno dell'Acropoli; di barbarica imponenza, era ricco di statue, ornato d'argento, oro, avorio e oricalco. Là erano stati concepiti i figli del Dio, e in loro ricordo ogni anno venivano offerti sacrifici.
Negli affollati porti arrivavano imbarcazioni provenienti da tutto il mondo, e ad Atlantide non mancava un grande esercito, che dislocava gli armati più fedeli fin dentro all'Acropoli. La sola provincia del re supremo, la maggiore delle dieci, poteva contare in caso di guerra su 10.000 carri, 120.000 cavalieri e altrettanti arcieri, più un gran numero di armati in vario modo (un esercito totale di oltre 1 milione di soldati), e 240.000 marinai su 1.200 navi.
I primi re, figli di Poseidone, avevano in sé una forte natura divina, sapevano gestire il potere con saggezza, e la ricchezza era per loro quasi un fardello che, inevitabilmente, cresceva grazie alla loro virtù. Ma ad ogni generazione la natura divina si mescolava con quella umana, finchè la virtù dei re si corruppe, essi degenerarono, e il desiderio di possedere il mondo intero li conquistò.
Forti della loro potenza, un giorno, i re tentarono di sottomettere anche gli altri popoli mediterranei, per dominare infine anche sull'Asia.
Non dimentichiamo che anche l'Atene di quel periodo, forse la vera città utopica del racconto, era però molto diversa. Prima che il tempo ne inquinasse la purezza, la sua civiltà non aveva pari. Intorno alla città grandi pianure, più estese di oggi, fertili, grasse, sempre nutrite d'acqua, davano abbondanti provviste a tutta la popolazione. C'erano boschi e pascoli per il bestiame. Piogge e diluvi eroderanno queste terre, lasciandole oggi, a paragone, impoverite come le ossa di un corpo infermo.
La città era retta da leggi sagge. La classe militare viveva separata dagli altri cittadini, senza fasti, ma con decoro; contava circa ventimila guerrieri, uomini e donne, come mai il mondo ne vide. La guerra che impegnò Atene e la Grecia, contro l'improvvisa aggressione, ha comunque del favoloso. La città arrivò a sostenere quasi da sola l'urto degli eserciti invasori.
I sacerdoti, nel loro racconto, ricordano con affetto come Atene riuscì, assai generosamente, a liberare molti popoli oppressi, respingendo il nemico nell'Oceano. Ma Zeus osservava da tempo la stirpe di Poseidone e ne era deluso. Giudicò quel mondo ormai troppo degenerato e meritevole di una tremenda punizione. Terremoti e inondazioni devastarono la Terra, fin quando, durante un giorno e una notte, Atlantide sprofondò nel mare, e inghiottito dalla terra fu anche l'esercito ateniese. L'Oceano, un tempo navigabile, divenne impraticabile e pericoloso, fino ad oggi, per le melme che lo sprofondamento aveva sollevato. E della gloriosa Atene rischia di scomparire anche questa incredibile vittoria militare, la più grande impresa di tutti i tempi.
Questo è il racconto che Platone trascrive per noi.

3) Alla ricerca dell'isola
Aristotele, allievo e quindi contemporaneo di Platone, giudicò la narrazione del Crizia semplicemente una fantasia, utilizzata dal maestro perché utile alla sua trattazione, e questo giudizio non venne mai sottovalutato. Fino al medioevo la mitica isola non generò un particolare interesse, ma con la scoperta delle Americhe le cose iniziano a cambiare, poichè i Dialoghi menzionano un grande continente ad ovest di Atlantide, e ci si comincia a domandare se l'Oceano Atlantico non abbia ospitato veramente, in passato, vasti territori o un arcipelago, poi inabissatosi, che abbia potuto fare da ponte tra le Americhe e il mondo mediterraneo.
Le ipotesi avanzate negli anni da studiosi della preistoria, geologi, paleontologi, antropologi, occultisti, teosofi e strani personaggi, sono le più diverse e in certi casi tendono a contraddirsi tra loro. Talvolta queste ipotesi si sono sviluppate senza un supporto credibile di fatti reali, portando discredito a studi più seri di onesti ricercatori.
Terremoti e fenomeni vulcanici hanno da sempre accompagnato la storia dell'uomo, trasformando la superficie terrestre, generando le montagne e frastagliando il suolo, che altrimenti, attraverso l'erosione dei venti e dell'acqua, diverrebbe sempre più liscio e uniforme.
La teoria della deriva dei continenti di Wegener, insieme a quella della tettonica a zolle formulata negli anni '60, immaginano le attuali terre emerse come parti di un unico, antichissimo supercontinente, il Pangea, segmentatosi in zolle continentali a partire da 180 milioni di anni fa, che si sono progressivamente allontanate, con un movimento lentissimo che continua anche oggi. I grandi Oceani presentano lunghe catene vulcaniche sommerse, le dorsali oceaniche, dove il magma prodotto periodicamente funge da margine di accrescimento, che allontana tra loro i continenti e modifica i bacini oceanici. I terremoti sono un effetto di questi movimenti della crosta terrestre. E' curioso infatti osservare che, se avviciniamo il profilo orientale delle Americhe a quello occidentale dell'Africa, i continenti sembrano assemblarsi come un puzzle.
I cultori della "ipotesi Atlantide", invece, immaginano che i confini delle terre emerse non si modifichino principalmente (o soltanto) attraverso questi movimenti orizzontali, ma che invece, per varie cause, la crosta terrestre subisca importanti spostamenti verticali. Questi, insieme alla variazione del livello delle acque dovuta ai periodi di glaciazione e deglaciazione, possono far nascere e morire interi continenti, sollevando o inabissando enormi territori, in periodi relativamente brevi. L'ipotetico sprofondamento della dorsale atlantica è però un fenomeno enorme, e si suppone allora che sia stato "aiutato" dall'impatto di un grosso meteorite.
L'attenta osservazione della fauna, delle popolazioni antiche e dei materiali archeologici in genere, hanno convinto alcuni studiosi dell'esistenza di stretti e strani rapporti tra terre oggi lontane e separate. Reperti fossili del Cambriano lungo la costa orientale del Canada e degli USA presentano specie affini all'Europa. Campioni di roccia vulcanica prelevati dal fondo marino a nord delle Azzorre hanno le caratteristiche che il magma assume solidificando all'aria libera. D'altra parte l'Atlantico presenza una zona poco profonda, che dall'Islanda scende a sud includendo il Rialto di Rockall, il Plateau delle Azzorre e prosegue a lungo anche nell'oceano meridionale. Si potrebbe immaginare che nell'ultimo periodo della Glaciazione, in cui enormi quantità d'acqua erano immobilizzate sotto forma di ghiaccio sulle terre emerse, creando tra l'altro enormi pressioni sulla piattaforma continentale, le isole atlantiche venissero ad occupare spazi ben più vasti degli attuali. Al largo, lungo le coste atlantiche e mediterranee, non sono rari i ritrovamenti di antiche costruzioni sommerse, a riprova che il livello del mare cambia lungo i millenni, e che le zone costiere sono suscettibili di sprofondamenti.
Le civiltà precolombiane americane, inoltre, presentano aspetti che ricordano quella egiziana: architetture piramidali, profonde conoscenze astronomiche, riti e mummificazione dei morti, apparenti somiglianze di alcuni vocaboli. Antiche leggende locali raccontano che gli Aztechi erano originari di Aztlan, una terra ad oriente, sprofondata nell'Atlantico. Che avrebbe facilitato i contatti tra le due sponde dell'Oceano, potremmo aggiungere.
Alcuni studiosi, muovendosi ai confini della scienza ufficiale, sostengono che l'esistenza di società umane assai progredite, in grado di navigare gli oceani, precedenti a quelle comunemente riconosciute come originarie, è più certezza che ipotesi (tra gli altri Peter Kolosimo, Otto Muck e Charles Berlitz).

4) Il mito si complica
Il mito del continente scomparso ha finito per moltiplicarsi, ispirando innumerevoli teorie. Di volta in volta si è ritenuto di localizzarne dei resti nelle Bahamas (il "muro di Bimini", la cui scoperta venne predetta dal chiaroveggente E.Cayce, che sostenne di avervi abitato in una delle sue vite precedenti), in Svezia, in Sud Africa, nell'Artico, in Antartide, in Armenia, e in molti altri luoghi. Ma si è anche immaginato che la descrizione di Platone potesse essere esagerata, e che l'antica civiltà scomparsa equivalesse semplicemente all'isola greca di Santorini (Thera), distrutta nel 1400 a.C. da un'eruzione vulcanica. O si identificasse con Tartesso, una città-stato fenicia esistita fino al V secolo a.C. nei pressi di Cadice, sull'Atlantico. E chi ne vide invece il ricordo di Tirrenide, una specie di Atlantide costituita dall'unione di Corsica, Sardegna e Baleari, di cui si è favoleggiato. Atlantide avrebbe anche potuto essere la catena montuosa dell'Atlante (2) se in passato alcuni laghi interni, nelle aree sahariane, l'avessero trasformato in una specie di isola. Oppure una terra oggi sommersa che collegava la Tunisia alla Sicilia e divideva il Mediterraneo in due bacini, secondo un'altra recente ipotesi.
L'esistenza di ciclopiche costruzioni di pietra, ancora in parte inspiegabili, localizzate in varie parti del mondo e che risalgono a periodi remoti, ha ugualmente autorizzato alcuni storici ad avanzare l'ipotesi che la storia conosciuta sia incompleta. Che le civiltà storiche siano state precedute da altre civiltà più avanzate e molto antiche, regredite successivamente a causa di catastrofi naturali o di altri avvenimenti che possiamo solo immaginare. C.Berlitz ci ricorda che in Perù esistono costruzioni con blocchi di pietra di 200 tonnellate, che a Tiahuanaco blocchi da 100 tonnellate sono stati utilizzati a 4000 metri d'altezza, e che nel ciclopico Tempio di Zeus a Baalbek, tra Siria e Libano, si stima che un macigno pesi quasi 2000 tonnellate. Le popolazioni indigene non sanno dire chi abbia realizzato quelle costruzioni. Fondamenta di questo tipo sono state utilizzate talvolta per successive edificazioni, realizzate però con materiali più piccoli. Un monolito incompiuto sull'Isola di Pasqua è lungo 21 metri.
Documenti che pare siano ricopiati da antichissime carte nautiche, porta qualcuno ad immaginare che, in epoca pre-storica, le conoscenze delle coste atlantiche fossero migliori che nelle epoche successive.
L'ipotesi di importanti movimenti verticali della crosta terrestre, regala argomenti alle tesi di altri continenti perduti.
Madagascar e Arcipelago Indonesiano presentano somiglianze di fauna e flora, che mancano tra il Madagascar e l'Africa, geograficamente assai più vicina. Poichè i lèmuri, primati e parenti delle scimmie, sono diffusi nell'isola africana e presenti anche in Indonesia, dei biologi hanno suggerito il nome di Lemuria ad una ipotetica terra in grado di collegare Madagascar e India.
La singolare occultista russa Helena Petrovna Blavatsky, fondatrice a New York nel 1875, insieme al colonnello Henry S.Olcott, della Società Teosofica (poi trasferita in India), indicò in Lemuria uno dei luoghi originari della civiltà umana. E i successivi teosofi, a partire dal chiaroveggente W.Scott Elliot, decisero di spostare l'ubicazione di questa ipotetica terra nel Pacifico, che poteva contenere un continente di maggiori dimensioni. Le "dottrine segrete" della Blavatsky, di valenza puramente favolosa, derivano dall'altrettanto favoloso Libro di Dzyan (Libro della Terra), che ella illustra nella sua opera La dottrina segreta.
Secondo il colonnello James Churchward, invece, il Pacifico ha ospitato il mitico continente di Mu, la "Madre Terra". Il nome Mu deriva in realtà da una catena di interpretazioni errate, relative a un ducumento maya (il cosiddetto Codice Troano), per colpa prima del missionario spagnolo Diego De Landa e poi del francese Abate Brasseur de Bourboung che del primo utilizzò una strampalata chiave di lettura della scrittura maya. Le informazioni sulla storia della Terra sono state comunque apprese dal colonnello Churchward attraverso misteriosi documenti osservati in India (miracolosamente tradotti grazie a un'intensa concentrazione mentale e poi scomparsi) e una raccolta di oggetti trovati in Messico dal geologo americano William Niven, interpretati con la stessa tecnica.
Ecco che, come inevitabile risultato di tutta questa particolare lettura storica, arriviamo a ricostruire una indefinita ipotesi finale, di una civiltà antidiluviana (preadamitica, precataclismica) risalente a decine di migliaia di anni fa, globale, con cognizioni tecnologiche che il mito ha trasformato in magia, da cui in qualche modo discendiamo. Civiltà che conosceva il volo aereo e l'energia atomica (che sfuggita al controllo avrebbe potuto causare la catastrofe ricorrente nelle antiche leggende), che sapeva controllare la forza gravitazionale per poter spostare i massi enormi con cui erano costruite le loro città. Forse formata da una razza superiore, probabilmente extraterrestre, pressoché scomparsa all'epoca del biblico Diluvio (la cui origine potrebbe anche essere l'effetto dell'impatto sulla Terra di un grande meteorite, o una piccola luna). E per Saint-Yves d'Alveydre questo popolo misterioso potrebbe ancora sopravvivere, nell'Agarthi, un mondo sotterraneo, inaccessibile, con pochi ingressi segreti nel Deserto di Gobi, in Russia,in India, nel Tibet Orientale e nel Borneo. Un mondo di immense caverne, che collegano forse tutto il globo. Lì l'antico popolo si è rifugiato, guidato dal Re del Mondo che segretamente domina la Terra, e che perfino Hitler e il suo nazismo magico tentarono invano di contattare con tre spedizioni sull'Himalaya. (3)

5) Etimologia e mitologia
Nel Crizia Poseidone assegna il nome di Atlante al primo dei dieci figli. Ed è da questo che deriverà il nome di Atlantide per l'isola e di Atlantico per il mare. Introducendo il discorso, però, Crizia avverte che i sacerdoti avevano interpretato in lingua egizia i nomi del racconto, modificandoli, e lo stesso fa Solone, traducendo, e utilizzando così nomi greci con lo stesso significato di quelli egizi.
Atlante infatti (dal greco Atlas) è anche un personaggio mitologico greco, che Zeus (Giove) confina, secondo la leggenda, all'estremo occidente del mondo, condannandolo a sostenere in eterno la volta celeste. Il suo nome può significare infaticabile, ma anche "colui che sostiene", per questo atlanti sono la variante maschile delle cosidette cariatidi: figure umane che fungono da colonne in certe antiche strutture architettoniche.
Riferendosi brevemente alla mitologia greca e al racconto noto come titanomachia, basti sapere che quando Zeus insidia il potere del prepotente padre e titano Crono (Saturno), re dell'Universo (che aveva anch'egli usurpato il trono cacciando il proprio padre Urano, e che tentò di rendere inoffensivi Zeus e gli altri suoi figli ingoiandoli), gli altri suoi fratelli Titani si dividono, difendendo chi l'uno e chi l'altro. A capo dei titani che attaccano Zeus c'è appunto il gigantesco e feroce Atlante.
Dopo dieci anni di battaglie Zeus, dall'alto del monte Olimpo, chiama in suo aiuto altre creature che Crono aveva crudelmente sprofondato nell'inferno del tartaro, tra cui i ciclopi, costruttori di fulmini. La battaglia, terribile oltre ogni immaginazione, sbriciola le montagne, e forse per questo le coste greche sono tanto frastagliate e cosparse di isole. Al termine, con la completa sconfitta di Crono e dei titani ribelli, Atlante sarà dunque costretto a sorreggere per sempre la volta del Cielo. Quando l'Etna brontola ed erutta fuoco, si tratta forse degli altri titani sconfitti, terribilmente ustionati dai fulmini di Zeus, che dal profondo della loro prigione si contorcono.
Diodoro Siculo invece, in Biblioteca storica, ci racconta che il regno di Urano fu semplicemente diviso tra i suoi figli, tra cui Atlante e Crono. Il primo ricevette le regioni che si affacciano sull'oceano. Le sue sette figlie diedero i nomi alle principali stelle che compongono l'ammasso stellare delle Pleiadi. Approfitto per ricordate che Atlante è anche il nome assegnato dagli astronomi ad un satellite di Saturno.
Erodoto poi, parlando del Monte Atlante nell'Africa nord-occidentale, racconta che le sue vette sono così alte da scomparire perennemente tra le nuvole, tanto che gli abitanti del luogo lo considerano una delle colonne del Cielo.
Il nome Atlante, quindi, è generalmente associato a luoghi posti agli estremi confini occidentali dell'ecumene (ossia l'insieme delle terre conosciute), compreso quel mare misterioso e pressoché inesplorato, posto oltre le Colonne d'Ercole, in cui i navigatori temono avventurarsi.
Nel 1546 A. Lafreri realizza una raccolta di carte geografiche, e decide di mettere in prima pagina l'immagine di un titano Atlante impegnato a sostenere il mondo.
Qualche decennio dopo, nel 1585, G. Mercatore deciderà di dare il titolo Atlas al suo libro di carte geografiche, creando un precedente che verrà ripetuto in maniera diffusa. Oggi atlante è il nome con cui comunemente si indicano i libri che riportano le cartine della Terra, ma anche più genericamente qualsiasi raccolta di tavole illustrate, di anatomia o astronomia. In qualche caso è possibile vedere ancora Atlante in copertina che regge il mondo, o una sfera con i segni zodiacali a simboleggiare il cielo, ad esempio sui volumi di alcune enciclopedie.
Ma il termine ha oggi assunto anche il significato di "grande", come nel caso del cosidetto Codice Atlantico di Leonardo da Vinci, che nulla ha a che fare con lo spaventoso titano, se non la "grandezza".
Anche la missilistica e l'astronautica hanno attinto spesso nomi dalla mitologia. Per quanto riguarda i termini trattati in questa pagina, Atlas è il nome del primo missile balistico intercontinentale (ICBM) che la Difesa degli Stati Uniti ha realizzato nella seconda metà degli anni '50, nel tentativo di colmare il vantaggio raggiunto nel primo dopoguerra dall'Unione Sovietica. Progressivamente smantellati dal 1965, sono stati utilizzati in seguito come vettori per il programma spaziale. Quasi contemporaneamente venne costruito dagli USA anche il Titan, anch'esso prodotto in numerose versioni, utilizzato anche per la messa in orbita di satelliti militari, ricevette come primo armamento nucleare una testata da 4 megatoni. Atlantis è invece il nome di uno Space Shuttle (in onore dell'omonima nave da ricerca oceanografica del Woods Hole Oceanographic Institute of Massachusetts), uscito di fabbrica nel 1985 e quarto della flotta (se si esclude l'Enterprice, non adatto ad andare in orbita), che sopravvive insieme al Discovery e all' Endeavour (primo volo 1992), dopo la distruzione avvenuta durante il lancio del Challenger (1986) e quella del Columbia (2003), occorsa durante il rientro in atmosfera. Disastri che hanno portato alla sospensione dell'utilizzo delle navette spaziali per due anni; i voli sono ripresi nel 2005.
In campo scientifico si può anche ricordare che Atlas (A Toroidal LHC ApparatuS) è il nome del più grande rivelatore di particelle del mondo (in costruzione), che dovrebbe essere capace di analizzare un miliardo di collisioni all'anno e che diverrà operativo all'interno del Large Hadron Collider presso il CERN di Ginevra (per inciso il CERN è il luogo di nascita del World-Wide Web, la "ragnatela che avvolge il mondo", inventato nel 1990 da Tim Berners-Lee e Robert Cailliau). L'Italia partecipa al progetto LHC attraverso l'Infn (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare).

6) Film e letteratura
Oltre che da stimolo ad una vastissima serie di ipotesi scientifiche (o autodefinite tali), il mito di Atlantide è anche ispirazione di un buon numero di libri e opere cinematografiche, su mondi perduti e utopie più o meno positive.
Nel 1626 viene stampato, anche se rimasto incompleto, The New Atlantis, dello statista inglese Francis Bacon (Francesco Bacone). Nel racconto alcuni viaggiatori che dal Perù stanno navigando verso la Cina, sbarcano casualmente in una terra sconosciuta che si chiama Bensalem. Sul posto vivono dei discendenti della scomparsa Atlantide; la società descritta si fonda sulla famiglia (in contrasto con l'idea platonica), promuove la ricerca e il progresso, e vi si trova una fondazione scientifica, chiamata Casa di Salomone, che in un certo senso troverà la sua corrispondenza reale con la fondazione della Royal Society inglese.
Le rovine di un mondo sommerso vengono raggiunte nel 1870 dal Nautilus del capitano Nemo, creato dalla penna di Jules Verne per il suo Vingt mille lieues sous les mers (Ventimila leghe sotto i mari), che dovrà attendere fino al 1954 per una trasposizione cinematografica. Nel 1900 possiamo invece conoscere Atlantide nel momento della sua distruzione, attraverso il romanzo The Lost Continent (Il Continente Perduto), di C.J.Cutcliffe Hyne. Nel 1919 il francese Pierre Benoit preferisce trasferire l'avventura in territorio coloniale e scrive L'Atlantide, in cui due militari francesi scoprono in pieno deserto del Sahara il regno degli ultimi discendenti atlantidei, guidati dal sinistro fascino della regina Antinea, che colleziona amanti trasformandoli in statue d'oro. Dal romanzo viene tratto un film nel 1921 per la regia di Jacques Feyder, ma più famoso è quello diretto nel 1932 da G.W.Pabst con l'attrice Brigitte Helm nella parte di Antinea; sempre ispirati a questo romanzo seguono Siren of Atlantis (1948) e Antinea, L'Amante della Città Sepolta (1961), in cui sopra al leggendario regno sotterraneo dove vivono i sopravvissuti, i francesi creano un poligono militare per esperimenti nucleari (veramente sfortunati!).
Il 1919 è anche l'anno di un'altro romanzo, scritto da H.R.Haggard (già famoso per Le Miniere di Re Salomone, 1885, che scrisse per scommessa, tentando di superare il successo de L'Isola del Tesoro di R.L.Stevenson), si tratta di When the World Shook, si dice ispirato dall'amico Rudyard Kipling (Premio Nobel per la Letteratura nel 1907, autore tra l'altro, negli anni 1894-95, de "Il Libro della Giungla" e "Il Secondo Libro della Giungla"). Nel 1928 S.Arthur Coblentz scrive The Sunken World e nel 1929 è la volta di The Maracot Deep, scritto un anno prima della morte da A.Conan Doyle, inventore del famoso personaggio Sherlock Holmes. Doyle fu anche autore, nel 1912, di The Lost World, ma qui il mondo perduto è assai più remoto, con tanto di dinosauro che fa a pezzi il Tower Bridge di Londra, antesignano quindi dei vari Kink Kong, Godzilla, Jurassik Park. Il cavernicolo Alley Oop invece è una striscia a fumetti apparsa nel 1933, dove l'eroe è originario di una Mu preistorica, e che dal 1939 potrà anche viaggiare nel tempo, grazie all'aiuto del nuovo personaggio prof. Wommung. La bibliografia è ovviamente vasta e si arricchisce continuamente di nuovi romanzi. Nel 1971 c'è The Dancer from Atlantis di Poul Anderson, mentre è del 1972 Stonehenge di Harry Harrison. Neanche la Walt Disney si lascia sfuggire questa opportunità, e nel dicembre 2001 esce con il lungometraggio a cartoni animati Atlantis l'Impero Perduto. Tra i romanzi più recenti Il Codice di Atlantide (2004), di Stel Pavlou, in cui uno strano segnale emesso in Antartide rimette in funzione una antichissima rete di comunicazione che collega antiche rovine di tutto il mondo, dal Messico, all'Egitto, alla Cina.
Non mi risultano opere importanti di autori italiani. Recentemente mi è però stato segnalato il romanzo di un giovane autore esordiente, L'ultimo segreto di Atlantide, di Fabio Battisti (2005, Beta Edizioni), dove un perito assicuratore si imbatte casualmente in un reperto egizio, che lo trascinerà in una enigmatica e incalzante ricerca.
L'idea di un mondo pre-storico, fatto di terre e popoli sconosciuti, ha d'altra parte ispirato famose saghe fantastiche. L'Era Hyboriana creata da R.Ervin Howard è un affresco di grandi civiltà preistoriche, successive allo sprofondamento di Atlantide, ispirate anche a leggende nordiche, egiziane e indiane, e in cui si muove l'eroico barbaro Conan. I racconti del ciclo escono sulla rivista Weird Tales dal 1932 al 1936 (4). Nel 1979 Conan the Barbarian viene prodotto come fumetto a colori dalla Marvel Comics Group. Nel 1981 Dino de Laurentiis produce il film Conan diretto da John Milius e interpretato da Arnold Schwarzenegger, che avrà anche un episodio successivo. Sempre appartenente al filone Sword & Sorcery la serie di racconti del personaggio Elak of Atlantis creato da Henry Kuttner, apparsi dal 1938 (Thunder in the Down) al 1941 su Weird Tales. Citiamo infine il ciclo di Thongor, a firma Lin Carter, che inizia nel 1965 con The Wizard of Lemuria.

7) Una nuova ipotesi
Incoraggiato dalla disinvoltura con cui si sono susseguite le più svariate ipotesi, alcune delle quali obbiettivamente inverosimili, dimenticherò per una volta la prudenza, avventurandomi a proporre una nuova soluzione del "mistero Atlantide". Consideriamo che le citate Colonne d'Ercole del Crizia non corrispondano allo Stretto di Gibilterra, ma al Bosforo, e che la mitica isola sia l'odierna penisola di Crimea (in realtà credo che la Crimea sia già stata considerata, ma non so esattamente quando, da chi e in che termini).
Elenco di seguito alcune circostanze che potrebbero suffragare questa tesi.
- Nel Crizia si narra di un vero mare oltre lo stretto, ben più vasto di quello che lo precede, e infatti il Mar Nero (il Ponto Eusino greco) è assai più vasto del Mar di Marmara che stà tra i Dardanelli e il Bosforo.
- Atlantide combatte una guerra mortale contro Atene. Il più antico documento greco che descriva una guerra, il poema epico dell'Iliade, localizza il nemico ad est, presso i Dardanelli. Inoltre l'espansione greca si è svolta preferibilmente nel Mar Egeo, ed è verso oriente che ha dovuto affrontare tutte le sue più importanti campagne militari.
- Per quanto riguarda la citata età di Atlantide, quei novemila anni fà, come anche i numeri dell'esercito atlantideo, 120.000 cavalieri o 240.000 marinai, provenienti dai 60.000 settori territoriali, ricordano nella grandezza altri documenti. La lista dei primi leggendari re babilonesi, la "WB 444", che regnarono "prima del diluvio", ci racconta di regni che durarono 28.800 anni, oppure 36.000 o addirittura 43.200. Tutte le cifre che ho appena citato suggeriscono un'origine a base 12, cioè sono divisibili per dodici, una base di numerazione assai diffusa nel mondo dell'Asia anteriore, da cui abbiamo ereditato i dodici settori degli orologi, le uova contate a dozzine e i 360 gradi dell'angolo giro. Se esiste un errore originario di interpretazione, comune a tutti questi documenti, verificatosi in qualche punto della catena di trasmissione (che ha verosimilmente utilizzato nel tempo linguaggi ed alfabeti diversi), forse quelle cifre andranno un giorno ridimensionate e Atlantide assumerà una forma meno gigantesca e remota di quella fin qui attribuita.
- La Crimea è una penisola, ma l'istmo che la congiunge alla terraferma è così sottile da renderla quasi un'isola, senza contare che il collegamento potrebbe essersi formato in tempi più recenti per fenomeni naturali. Come Atlantide la Crimea ha pianure e montagne, ed un clima relativamente mite. La presunta popolazione animale, cavalli, tori ed elefanti, è presente da tempi remoti in Eurasia.
- Atlantide domina il mondo fino all'Etruria e all'Egitto. Un regno localizzato in Crimea potrebbe aver avuto, abbracciando il Mar Nero, una potenziale influenza verso la penisola italiana e la Palestina. Le minacciose mire espansionistiche sull'Asia potrebbero riferirsi all'Asia Minore, cioè la moderna Turchia, molto spesso contesa anche successivamente dai greci ad altre potenze asiatiche.
- Le forze armate di Atlantide contano numerosi cavalli e carri da guerra. Il carro leggero da guerra sembra essere apparso per la prima volta in Asia Minore ad opera degli Ittiti (altri carri, come quelli sumerici, erano pesanti, con ruote piene, probabilmente utilizzati per il trasporto). Il popolo degli Ittiti era di origine indoeuropea e proveniva da nord, come le innumerevoli migrazioni che si sono nei secoli verificate dall'Asia centrale.
- I terremoti e il diluvio che decretano la fine di Atlantide, lasciano il suo mare limaccioso e difficilmente navigabile. Il Mare di Azov, a nord-est, ha queste caratteristiche e fondali bassissimi. Un antico terremoto, provocando magari la deviazione di corso di un affluente, potrebbe aver generato l'allagamento di vaste aree e il trasporto di detriti che hanno abbassato ulteriormente i fondali, modificando la morfologia del luogo.
E' evidente che quelle qui raccolte sono poco più che idee in libertà, che andrebbero più attentamente vagliate, selezionate e approfondite. Le possibili obiezioni sono molte e fondate, ma l'idea appare in ogni caso promettente e meritevole di ulteriori indagini. Inoltre, così espressa, la tesi non necessita di spropositati disastri naturali, esistenza di civiltà fuori da ogni contesto conosciuto, né una obbligatoria rivoluzione delle conoscenze storicamente acquisite. Il che è senza dubbio un punto a favore.

8) Conclusioni
Il passato si racconta.
Dal momento in cui le popolazioni umane preistoriche mossero i primi passi alla conquista del mondo, si trovarono circondate da stupefacenti spettacoli naturali: i vulcani, i fulmini, i terremoti, le maree, le eclissi astronomiche, ma anche semplicemente il giorno e la notte, la luna e le stelle, le stagioni, l'arcobaleno, l'eco. Furono spettatori della vita e della morte. Essi tentarono sicuramente di dare risposte, con la semplice ragione, e dove non bastava con la fantasia. La trasmissione orale delle informazioni e delle esperienze, durata millenni, non poteva non mescolare ai fatti le leggende. Le cose migliorarono quando fu inventata la scrittura, ma non tutto il materiale realizzato è potuto giungere sino a noi, e anzi più è antico e più difficilmente si è conservato. I testi andavano ricopiati a mano, con pazienza, e grandi biblioteche del passato sono andate distrutte, da Persepoli, a Cartagine, ad Alessandria, a Costantinopoli. Ci sono comunque altri documenti, il passato non è fatto solo di parole. Le realizzazioni in legno spariscono rapidamente, e solo più lentamente anche quelle in ferro, ma rimangono comunque fossili di ogni tipo, ed anche materiale dipinto, scritto o inciso su pietra e tavolette d'argilla. Anche se alcuni aspetti potrebbero rimanerci sconosciuti per sempre, il passato racconta la sua storia.
Possiamo credere a Platone?
Bisogna considerare che nella sua opera il filosofo rispecchia le vicende e le lotte ideali del suo tempo. Egli visse un'epoca di instabilità e insicurezza; nacque durante la Guerra del Peloponneso, mentre Atene democratica si opponeva a Sparta totalitaria, e che terminò con la sconfitta della sua città natale quando lui aveva 24 anni. La successiva guerra civile portò al governo dei Trenta Tiranni, del quale fecero parte due suoi zii. Le vicende che egli analizzò per tutta la vita, lo convinsero che le società erano condannate ad un'inevitabile corruzione e che ogni cambiamento portava alla degenerazione. Come conseguenza di questo assunto il passato doveva inevitabilmente aver visto società migliori, ed ecco che l'Atene antica, che combatte e vince la poderosa armata atlantidea, assomiglia alla città perfetta che Platone sogna. Il racconto del Timeo e del Crizia serve quindi a rafforzare la sua visione della storia.
E' comunque possibile che il racconto dei sacerdoti egizi si sia realmente svolto e che il racconto di Atlantide, non si sa quanto leggendario, venga effettivamente da un passato più remoto di Platone. Riguardo al bacino atlantico lo studio dei fossili e delle popolazioni antiche invita, come abbiamo visto, a ipotizzare una comunicazione tra le due sponde ed è probabile che la geografia dell'Oceano e i confini delle terre emerse siano mutate con le glaciazioni e per effetto del vulcanesimo tipico di quell'area.
Si ritiene che le Americhe siano state popolate attraverso l'Asia, dove anche oggi i due continenti si sfiorano, ma è probabile che anche prima della loro scoperta ufficiale, nel 1492, fossero già state raggiunte dall''Europa, ad esempio ad opera di navigatori Vichinghi. Nella zona tropicale i venti alisei spirano con regolarità dall'Africa verso il Centro America, ed è questa anche la strada percorsa da Cristoforo Colombo, perchè giudicata più facile per il viaggio di andata. Non è pura fantasia l'ipotesi che navigatori coraggiosi e fortunati abbiano potuto compiere dei viaggi, magari favoriti da isole intermedie poi scomparse, portando in epoche antiche, dal Mediterraneo al Nuovo Continente, un pezzo di cultura lontana, senza più poter ritornare. Perché anche il ritorno di Colombo fu pieno di insidie; anche la sua avventura avrebbe potuto essere un'altro viaggio senza ritorno. Non ci sono pervenute notizie su fatti simili, ma dobbiamo considerare anche la scarsa propensione dei naviganti a diffondere le conoscenze acquisite, quando possono riservare vantaggi commerciali.
La verità su Atlantide ci è sconosciuta. Il problema, comunque, non si esaurisce con Atlantide. Raccontare la storia è un compito pieno di insidie. Lo storico si trova a lavorare con documenti e testimonianze, di cui deve valutare l'attendibilità. Si può essere troppo severi, o troppo creduloni. E allora vi invito a terminare questa lunga lettura con la descrizione del proprio metodo di lavoro, di uno storico contemporaneo a Platone, Tucidide, che riguardo alla cronaca della Guerra del Peloponneso (431-404 a.C.) da lui descritta, ci mette in guardia così:
"Riguardo ai fatti verificatisi durante la guerra, non ho creduto opportuno descriverli per informazioni desunte dal primo venuto, né a mio talento; ma ho ritenuto di dover scrivere i fatti ai quali io stesso fui presente e quelli riferiti dagli altri esaminandoli, però, con esattezza a uno a uno, per quanto era possibile. Era ben difficile la ricerca della verità perchè quelli che erano stati presenti ai singoli fatti non li riferivano allo stesso modo, ma secondo che uno aveva buona o cattiva memoria, e secondo la simpatia per questa o quella parte. E forse la mia storia riuscirà, a udirla, meno dilettevole perchè non vi sono elementi favolosi; ma sarà per me sufficiente che sia giudicata utile da quanti vorranno indagare la chiara e sicura realtà di quanto in passato è avvenuto e che un giorno potrà pure avvenire, secondo l'umana vicenda, in maniera uguale o molto simile. Appunto come un acquisto per l'eternità è stata essa composta, non già da udirsi per il trionfo nella gara d'un giorno." (Tucidide, I, 22, traduz L.Annibaletto, Il cammino della Storia, Editore Principato, 1967).

Cavini Maurizio
© Dicembre 2004
Ultima revisione Maggio 2007

Note

Bibliografia
Oltre all'ovvia lettura del Timeo e Crizia di Platone, per la stesura del testo ho consultato principalmente I Continenti Perduti, Roberto Pinotti, Oscar Mondadori, 1995; I Misteri dei Mondi Perduti, Charles Berlitz, Sperling & Kupfer, 1977; La geografia degli antichi, Federica Cordano, Editori Laterza, 1992; Grande Enciclopedia della Fantascienza, Editoriale del Drago, 1982; I Miti degli Dei, Gherardo Casini Editore, 1976; Dizionario Etimologico, Rusconi Libri, 2003; Enciclopedia geografica, Zanichelli, 2001.

(1) I Greci sono stati certamente tra i primi ad occuparsi della geografia globale. Dopo aver immaginato l'insieme delle terre come un cerchio, circondato dal fiume Oceano, si arriva a considerarlo più come un rettangolo, sul modello del Mediterraneo, i cui confini rimangono incerti, ad eccezione della costa occidentale. Il mondo è comunque diviso in tre continenti: Europa, Asia e Africa. Erodoto sospetta che l'Europa sia più grande dell'Asia, non per ragioni geografiche, ma storiche: tramite la Grecia ha sconfitto l'esercito persiano. Dell'Africa (chiamata Libia) si conosce solo la parte settentrionale e dell'Asia non molto più dell'impero persiano. Paragonare comunque Atlantide alla somma di Asia e Libia significa assegnarle una superficie enorme. Ma quando in seguito, in una descrizione particolareggiata, Platone ne cita le misure espresse in stadi, sembra descrivere un'isola più piccola della Gran Bretagna. I due dati sembrerebbero inconciliabili.
Nel corso di un Convegno Internazionale su Atlantide, svoltosi a Milo nel 2005, il micenologo Rosario Vieni ha presentato una relazione in cui contesta la consueta traduzione che si fa del testo greco. Egli ritiene che quel "Atlantide grande (meizon) come Libia e Asia insieme", sia da leggere come "importante", "potente" e non nel senso di "vasta", "estesa". Sostiene inoltre che, data l'origine incerta del racconto, con troppa sicurezza viene interpretato quel "oltre le Colonne d'Ercole" come "oltre lo Stretto di Gibilterra". Atlantide potrebbe tranquillamente trovarsi all'interno del Mediterraneo.
In riferimento poi a quel "9000 anni fa", come dato temporale dello sprofondamento di Atlantide, è utile ricordare che l'Egitto dei Faraoni, come altri popoli antichi, non possedeva una esatta cronologia degli avvenimenti storici. I moderni archeologi, attraverso una attenta comparazione dei documenti antichi (in cui si intrecciano i riferimenti tra le varie civiltà), la possibilità di datare con precisione alcuni episodi astronomici citati, e moderni metodi di datazione dei reperti, possono oggi ricostruire le più lontane vicende storiche con maggior accuratezza dei Greci e degli stessi Egizi di 2500 anni fa. La data riportata del 9500 a.C. potrebbe quindi essere fuorviante.

(2) Contemporaneamente alla scomparsa dei ghiacciai in Europa, almeno 12.000 anni fa, nella fascia sahariana terminava una lunga fase arida. Il mutamento climatico comportò la scomparsa dei deserti; il lago Ciad aumentò fino a dimensioni simili all'attuale Mar Caspio. Ma una successiva fase arida ebbe inizio circa 5.000 anni fa e attorno al 2.000 a.C. il lago Taoudenni in Mali si era completamente prosciugato. Oggi la catena montuosa dell'Atlante si estende dal Marocco alla Tunisia, separando la costa mediterranea dal deserto sahariano. Il sistema montuoso ha una grande influenza sul clima, generando una barriera alle correnti umide oceaniche, contribuendo quindi in maniera determinante all'aridità della fascia interna. Presenta molte vette sopra i 3000 metri e culmina nell'Alto Atlante con il Gebel Toubkal (4165).

(3) Il nazionalsocialismo è stato da più parti accusato di inconfessabili rapporti con ambienti esoterici, fino a definirlo, sostanzialmente, una setta segreta andata al potere. Subito dopo la fine della guerra circolò l'ipotesi che Hitler fosse sfuggito agli Alleati. Nel 1964 uscì un libro firmato Darius Caasy, che riprendeva una serie di fantasmagoriche ipotesi che si erano susseguite negli anni. Secondo l'autore Hitler era sopravvissuto e si era rifugiato in Sud America, dove in una enorme e autosufficiente città sotterranea stava preparando il ritorno del Quarto Reich. I nazisti erano anch'essi in possesso della bomba atomica, di altre armi segrete ed erano i reali costruttori dei dischi volanti. I mondi sotterranei suscitano evidentemente un'attrazione irresistibile.

(4) Conan il Cimmero nasce come evoluzione di un personaggio precedente chiamato Kull. I Cimmeri discendono dalla razza Atlantidea, e vivono una lotta fatta di sopraffazione e sopravvivenza, insieme con altre razze umane e preumane, in un'epoca e in un mondo immaginario, sprofondato in uno stato ferocemente primitivo e precedente all'epoca storica: l'Era Hyboriana. Questo tempo, successivo ai cataclismi che hanno distrutto Atlantide e Lemuria, che possiamo immaginare esistito circa 12.000 anni fa, viene raffigurato con grande profusione di particolari, come sarà caratteristico anche della saga "Il Signore degli Anelli", di J.R.R.Tolkien. Il termine Hyboriani richiama quello greco Iperborei, con cui si indicavano genericamente i popoli poco conosciuti dell'estremo nord, da cui veniva appunto il vento di borea. Robert Ervin Howard, autodidatta, descritto di umore variabile, sempre oscillante tra l'allegria e la depressione, muore prematuramente a trent'anni, suicida, dopo la notizia che la madre malata è entrata in coma. Dopo la II Guerra Mondiale L.Sprague De Camp fu il grande artefice della rinascita di Conan, terminando molti racconti rimasti incompleti e creandone di nuovi, affiancato da Lin Carter e Bjorn Nyberg, Poul Anderson e altri.

FONTE


 
Top
20 replies since 11/7/2007, 17:19   10402 views
  Share