Atlantide, il continente perduto

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jasmine23
view post Posted on 12/7/2007, 11:46 by: jasmine23




E, dulcis in fundo, eccovi i passi dell'altro dialogo filosofico, il Timeo, sempre su Atlantide (n.b.: ho voluto riportare il brano riguardante Atlantide, mantenendolo all'interno del contesto in cui è stato scritto, quindi ho riportato l'intero capitolo e mezzo, mettendo in neretto il passo specifico su Atlantide):

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Per gli abitanti una dea fu la fondatrice della città, e il suo nome in Egiziano è Neith, mentre in Greco, come dicono
loro, Atena: sono molto amici degli Ateniesi e in un certo senso dicono di essere ancora parenti con loro. Solone disse
che, giunto in quel luogo, venne accolto con grandi onori presso di loro, e che avendo una volta domandato sui fatti
antichi i sacerdoti più preparati intorno a tali questioni, scoprì che né lui stesso, né nessun altro greco era per così dire al
corrente di tali fatti. E allora volendo spingerli verso i discorsi riguardanti eventi antichi cominciò a partare di quei fatti
che qui si pensa che siano i più antichi, e narrò di Foroneo che si dice che sia il primo uomo, e di Niobe, e dopo il
diluvio, di come Deucalione e Pirra trascorsero la vita, e fece la genealogia dei loro discendenti, e ricordando i tempi
cercò di calcolare in quali anni erano accaduti gli eventi di cui parlava. Allora uno dei sacerdoti assai vecchio disse:
"Solone, Solone, voi Greci siete sempre bambini, e non esiste un Greco vecchio". E Solone, dopo aver ascoltato,
chiese: "Come? Che cos'è questa cosa che dici?" "Siete tutti giovani", rispose il sacerdote, "nelle anime: infatti in esse
non avete alcuna antica opinione che provenga da una primitiva tradizione e neppure alcun insegnamento che sia canuto
per l'età. E questa è la ragione. Molte sono e in molti modi sono avvenute e avverranno le perdite degli uomini, le più
grandi per mezzo del fuoco e dell'acqua, per moltissime altre ragioni altre minori. Quella storia che presso di voi si
racconta, vale a dire che un giorno Fetonte, figlio del Sole, dopo aver aggiogato il carro del padre, poiché non era
capace di guidarlo lungo la strada del padre, incendiò tutto quel che c'era sulla terra, e lui stesso fu ucciso colpito da un
fulmine, viene raccontata sotto forma di mito, ma in realtà si tratta della deviazione dei corpi celesti che girano intorno
alla terra e che determina in lunghi intervalli di tempo la distruzione, mediante una grande quantità di fuoco, di tutto ciò
che è sulla terra. Allora quanti abitano sui monti e in luoghi elevati e secchi muoiono più facilmente di quanti abitano
presso i fiumi e il mare: e il Nilo, che ci è salvatore nelle altre cose, anche in quel caso ci salva da quella calamità
mediante l'inondazione. Quando invece gli dèi, purificando la terra con l'acqua, la sommergono, i bifolchi e i pastori che
sono sui monti si salvano, mentre coloro che abitano nelle vostre città vengono trasportati dai fiumi nel mare. In questa
regione né in quel tempo né mai l'acqua scorre dalle alture ai campi arati, ma, al contrario, scaturisce per natura tutta
dalla terra. Di qui e per queste ragioni si dice che siano state conservate le più antiche tradizioni, ma in realtà in tutti i
luoghi in cui il freddo eccessivo o il calore soffocante non lo impedisca, sempre esiste, ora di più ora di meno, la stirpe
degli uomini. E tutte quante le cose che sono accadute presso di voi o qui o in altro luogo di cui abbiamo sentito notizia,
se ve ne sia qualcuna che sia onorevole, o grande, o che si sia distinta per qualche altra ragione, sono state scritte qui nei
templi e vengono conservate: ma non appena presso di voi e presso altri popoli viene inventato l'uso della scrittura e di
tutto ciò che serve per la città, ecco che di nuovo, nel solito spazio di anni, come una malattia giunge il terribile diluvio
dal cielo, e di voi lascia coloro che sono inesperti di lettere e di arti, sicché diventate di nuovo dal principio come
giovani, non sapendo nulla né di ciò che accadde qui, né di ciò che accadde presso di voi, e che avvenne in tempi
antichi. Dunque queste vostre genealogie che hai ora esposto, Solone, sono poco diverse dalle favole dei bambini,
perché in primo luogo voi ricordate un solo diluvio della terra, mentre in precedenza ve ne sono stati molti, e in secondo
luogo non sapete che nella vostra regione, presso di voi, ha avuto origine la stirpe più onorevole e più nobile di uomini,
dai quali provenite tu e tutta la città che adesso è vostra, essendo allora rimasto un piccolo seme; ma voi lo ignorate
perché i superstiti per molte generazioni morirono muti per non conoscere le lettere. In quel tempo, Solone, prima
dell'immane rovina causata dalle acque, la città degli Ateniesi era la migliore in guerra e, soprattutto, sotto ogni punto di
vista, era governata da ottime leggi: ad essa si attribuiscono le imprese più belle e le costituzioni migliori fra quelle di
cui noi abbiamo accolto la tradizione sotto il cielo". Dopo aver ascoltato queste parole, Solone disse di meravigliarsi e
di pregare con fervore i sacerdoti di esporgli con esattezza il seguito delle storie riguardanti i suoi antichi concittadini. Il
sacerdote rispose: "Non vi è nessun problema, Solone, ma parlerò per te e per la vostra città, e soprattutto in onore alla
dea che ebbe in sorte la vostra e questa città, e le allevò ed educò, per prima la vostra mille anni fa, ricevendo il vostro
seme da Gea ed Efesto, e in seguito questa città qui. Per quanto riguarda l'ordinamento di questa nostra città, nelle
sacre scritture, vi è scritto il numero di ottomila anni. Quindi riguardo ai cittadini vissuti novemila anni fa ti mostrerò
brevemente le leggi, e l'impresa più bella che essi compirono: un'altra volta con maggior precisione te le spiegherò tutte
con maggior tranquillità, una dopo l'altra, ricavandole dagli scritti stessi. Presta dunque attenzione alle leggi mettendole
in relazione a quelle di qui: infatti ora, in questo luogo, troverai molti esempi di quelle che allora erano presso di voi, in
primo luogo la classe dei sacerdoti separata dalle altre, dopo di questa la classe degli artigiani, poiché ciascuna di per sé
esercita il proprio mestiere senza mescolarsi ad un'altra, e ancora la classe dei pastori, dei cacciatori, dei contadini. E ti
sei reso conto che la classe dei guerrieri è qui separata da tutte le classi: ad essi è stato ordinato dalla legge di non
occuparsi di nient'altro se non delle questioni concernenti la guerra. E ancora, per quanto riguarda la forma della loro
armatura, degli scudi e delle lance, con cui noi per primi fra i popoli dell'Asia ci siamo armati, fu la dea che ce la
mostrò, come in quei luoghi a voi per primi. Quanto alla scienza, poi, puoi renderti conto di quanto impegno vi abbia
profuso qui subito sin dal principio la legge riguardo a tutto l'ordinamento dell'universo fino all'arte divinatoria e medica
volte alla salvaguardia della salute, ricavando da queste scienze divine quel che giova alle cose umane, e procurando
tutte quelle altre discipline che seguono a queste. Allora la dea, dopo che fornì a voi per primi tutto questo ordinamento
e disposizione vi diede una dimora, scegliendo il luogo in cui siete nati, tenendo conto del fatto che il clima mite delle
stagioni che vi è in esso avrebbe fatto nascere uomini assai saggi: poiché la dea era amante della guerra e anche della
scienza, dopo aver scelto quel luogo che potesse far nascere uomini il più possibile affini ad essa, in quel luogo
dapprima li fece abitare. Dunque vivevate facendo uso di tali leggi, e ancor meglio eravate governati, superando tutti gli
uomini in ogni virtù, com'era conveniente per la prole e gli allievi degli dèi. Molte e grandi, pertanto, sono le imprese
della vostra città che noi ammiriamo e che sono scritte qui, ma fra tutte ve n'è una che le supera per grandezza e valore:
dicono infatti le scritture quanto grande fu quella potenza che la vostra città sconfisse, la quale invadeva tutta l'Europa e

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l'Asia nel contempo, procedendo dal di fuori dell'Oceano Atlantico.
Allora infatti quel mare era navigabile, e davanti a quell'imboccatura che, come dite, voi chiamate colonne d'Ercole,
aveva un'isola, e quest'isola era più grande della Libia e dell'Asia messe insieme: partendo da quella era
possibile raggiungere le altre isole per coloro che allora compivano le traversate, e dalle isole a tutto il continente
opposto che si trovava intorno a quel vero mare. Infatti tutto quanto è compreso nei limiti dell'imboccatura di cui ho
parlato appare come un porto caratterizzato da una stretta entrata: quell'altro mare, invece, puoi effettivamente
chiamarlo mare e quella terra che interamente lo circonda puoi veramente e assai giustamente chiamarla continente.
In quest'isola di Atlantide vi era una grande e meravigliosa dinastia regale che dominava tutta l'isola e molte altre
isole e parti del continente: inoltre governavano le regioni della Libia che sono al di qua dello stretto sino all'Egitto, e
l'Europa sino alla Tirrenia. Tutta questa potenza, radunatasi insieme, tentò allora di colonizzare con un solo assalto la
vostra regione, la nostra, e ogni luogo che si trovasse al di qua dell'imboccatura. Fu in quella occasione, Solone, che la
potenza della vostra città si distinse nettamente per virtù e per forza dinanzi a tutti gli uomini: superando tutti per
coraggio e per le arti che adoperavano in guerra, ora guidando le truppe dei Greci, ora rimanendo di necessità sola per
l'abbandono da parte degli altri, sottoposta a rischi estremi, vinti gli invasori, innalzò il trofeo della vittoria, e impedì a
coloro che non erano ancora schiavi di diventarlo, mentre liberò generosamente tutti gli altri, quanti siamo che abitiamo
entro i confini delle colonne d'Ercole. Dopo che in seguito, però, avvennero terribili terremoti e diluvi, trascorsi un solo
giorno e una sola notte tremendi, tutto il vostro esercito sprofondò insieme nella terra e allo stesso modo l'isola di
Atlantide scomparve sprofondando nel mare: perciò anche adesso quella parte di mare è impraticabile e inesplorata,
poiché lo impedisce l'enorme deposito di fango che che vi è sul fondo formato dall'isola quan- do si adagiò sul fondale".

Queste parole che hai ascoltato, Socrate, riassunte per sommi capi, sono quelle pronunciate dal vecchio Crizia,
secondo la versione dì Solone: mentre ieri tu parlavi dello Stato e degli uomini che delineavi, rimanevo meravigliato
richiamando alla memoria proprio le cose che ora ho raccontato e osservando che per una incredibile coincidenza avevi
in gran parte perfettamente aderito con quelle cose che disse Solone. Thttavia non volli parlare in quel momento perché
a causa del tempo trascorso non me le ricordavo abbastanza. Pensai allora che, prima di parlare, sarebbe stato meglio
riprendere con esattezza tutto quanto dentro di me. Per questo motivo accettai subito le cose che mi erano state ordinate
di dire, pensando che avremmo convenientemente superato quella che è la più grande difficoltà in tutte le discussioni di
questo genere, vale a dire l'esposizione di un racconto che si adatti agli scopi proposti. Così , come costui diceva, ieri,
non appena uscii di qui, riportai a costoro le cose che mi ricordavo, poi, congedandomì e riflettendo con attenzione
durante la notte, ho richiamato quasi tutto alla memoria. E proprio vero quel che si dice, e cioè che quanto si apprende
da bambini si ricorda in modo mirabile. Infatti ciò che ho udito ieri, non so se sarei in grado di richiamarlo di nuovo
tutto alla memoria: quanto invece a queste cose che ho ascoltato già da molto tempo, mi meraviglierei assai se qualcosa
di esse mi fosse sfuggita. Io in quel tempo le ascoltavo con molto piacere e come un passatempo, e il vecchio volentieri
mi insegnava mentre io lo interrogavo di frequente, sicché mi sono rimaste impresse come pitture indelebili a fuoco: a
costoro subito dissi fin da questa mattina queste stesse cose, perché avessero abbondanza di discorsi insieme a me. Ora
dunque, ed è la ragione per cui è stato detto tutto ciò, sono pronto a riferire, Socrate, non soltanto per sommi capi, ma
ciascuna cosa proprio nel modo in cui l'ho ascoltata: quanto ai cittadini e alla città che tu ieri ci hai delineato come in
una favola, ora trasferendoli nella realtà, li metteremo qui, come se quella città fosse proprio questa, e diremo che i
cittadini che hai mentalmente rappresentato sono quei nostri reali progenitori di cui ha parlato il sacerdote. Saranno del
tutto concordi e non diremo un assurdo affermando che essi sono proprio quelli che vissero allora. Dividendoci i
compiti, cercheremo tutti quanti insieme di realizzare convenientemente, per quanto ci è possibile, quanto ci hai
ordinato di fare. Bisogna dunque vedere, Socrate, se questo discorso corrisponde alle nostre intenzioni, oppure se al
posto di questo si deve cercarne un altro.


Platone, Timeo




Il grande mistero d'Atlantide

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Le origini

"Al di là di quello stretto di mare chiamato Le Colonne d'Ercole, si trovava allora un'isola più grande della Libia e dell'Asia messe insieme, e da essa si poteva passare ad altre isole, e da queste isole alla terraferma di fronte (...). In quell'isola chiamata Atlantide v' era un regno che dominava non solo tutta l'isola, ma anche molte altre isole nonché alcune regioni del continente al di là: il suo potere si spingeva, inoltre, al di qua delle Colonne d'Ercole; includendo la Libia, l'Egitto e altre regioni dell'Europa fino alla Tirrenia".
A parlare è Crizia, parente del filosofo Platone, il quale racconta che un secolo prima, nel 590 a.C., il legislatore Solone si era fermato nella capitale amministrativa dell' Egitto, Sais. Qui aveva cercato di impressionare i Sacerdoti di Iside illustrando le antiche tradizioni greche, ma uno di loro aveva sorriso, affermando che quello greco era un popolo fanciullo nei confronti di un altro su cui gli Egizi possedevano molta documentazione scritta. Secondo il sacerdote egiziano, una civiltà evoluta era esistita per secoli su "un'isola più grande della Libia e dell Asia messe insieme" l'isola era stata distrutta novemila anni prima da un immane cataclisma insieme a tutti i suoi abitanti. Le parole di Crizia sono riportate nei "Dialoghi" Timeo e Crizia, scritti da Platone attorno al 340 a.C.. Ecco come il filosofo greco descrive l' isola, sempre per bocca del sacerdote egiziano. "Dal mare, verso il mezzo dell'intera isola, c'era una pianura; la più bella e la più fertile di tutte le pianure, e rispetto al centro sorgeva una montagna non molto alta (...)."
La descrizione continua a lungo, inframmezzata da commenti sulla genealogia degli abitanti di Atlantide: ne emerge l'identikit di un territorio rettangolare di 540 x 360 chilometri, circondato su tre lati da montagne che lo proteggono dai venti freddi, e aperto a sud sul mare. La pianura è irrigata artificialmente da un complesso sistema di canali perpendicolari tra loro, che la dividono in seicento quadrati di terra chiamati klerossu in cui si trovano floridi insediamenti agricoli. La città principale, Atlantide, sorge sulla costa meridionale; è circondata da una cerchia di mura la cui circonferenza misura settantun chilometri; la città vera e propria, protetta da altre cerchie d'acqua e di terra, ha un diametro di circa cinque chilometri.
In altre parole Atlantide misura quasi otto volte la Sicilia; se non proprio un continente, è pur sempre un'isola di grandezza non disprezzabile. Crizia descrive la fertilità delle sue terre popolate, tra l'altro, da elefanti giacché anche per quell' animale, il più grosso e il più vorace di tutti, c'era abbondante pastura .
Il possente impero di Atlantide, che si estende sulle isole vicine, è diviso in dieci stati confederati, ognuno dei quali è retto da un re; lo stato sovrano, quello che comprende la città di Atlantide, è suddiviso a sua volta in sessantamila distretti; ogni cinque o sei anni si svolge una sorta di pubblica assemblea con la partecipazione del popolo che giudica l operato delle varie amministrazioni.
Gli Atlantidei, non paghi di dominare sulle loro isole, hanno fondato colonie nella terraferma di fronte (l'America?), in Egitto, in Libia e in Etruria. Ma non sono riusciti a sconfiggere l'impero di Atene, fondato nel 9600 a.C. dalla Dea Minerva e organizzato secondo gli stessi criteri che Platone aveva esposto nella sua opera La Repubblica. Dopo molti anni di guerra, un grande terremoto e un'inondazione devastano Atene, inghiottono il suo esercito e fanno sprofondare anche Atlantide nelle acque dell'oceano. Una giusta punizione, in quanto, con il trascorrere dei secoli, gli Atlantidei si sono corrotti:
"Quando l'elemento divino, mescolato con la natura mortale, si estinse in loro, il carattere umano prevalse, allora degenerarono, e mentre a quelli che erano in grado di vedere apparvero turpi, agli occhi di quelli che sono inetti a scorgere qual genere di vita conferisca davvero la felicità, apparvero bellissimi, gonfi come erano di avidità e potenza. E Zeus, il dio degli dei, intuito che questa stirpe degenerava miserabilmente, volle impartir loro un castigo affinché diventassero più saggi. Convocò gli dei tutti, e, convocatili, disse..."
Cosa disse Giove, possiamo solo intuirlo: infatti con queste parole si conclude il Crizia. Ma il vecchio sacerdote l'ha già spiegato in precedenza:
"Più tardi, avvenuti dei terremoti e dei cataclismi straordinari, tutta la vostra stirpe guerriera (cioè gli Ateniesi) sprofondò sotto terra, e similmente l'isola di Atlantide s'inabissò in mare e scomparve".
Di quanto ha raccontato, afferma Crizia, l'Egitto èl'unico paese che possiede molta documentazione scritta, perchè, contrariamente alle terre vicine, non fu coinvolto dalla catastrofe; e a questo proposito si scusa con i lettori per aver imposto nomi greci ai sovrani di Atlantide. Nei loro annali, infatti, gli Egiziani avevano tradotti i nomi nella propria lingua, secondo il costume dell'epoca; successivamente Solone li aveva a sua volta reinterpretati in greco, e così glieli aveva riferiti."Quando dunque udrete dei nomi simili a quelli nostri, non meravigliatevene, giacché ne conoscete il motivo" .

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Da Platone a Colombo

Probabilmente il filosofo greco non immaginava che la sua breve narrazione (più o meno una decina delle nostre pagine) avrebbe fatto scorrere più inchiostro del suo intero corpus filosofico: circa venticinquemila opere dedicate a una civiltà che, forse, non è neppure esistita. Caso più unico che raro (altri antichi luoghi misteriosi, come il Triangolo delle Bermuda, sono stati scoperti e discussi solo in tempi recentissimi), il problema dell'esistenza o meno di Atlantide scatenò subito polemiche. A parte vari accenni a terre al di là delle colonne d'Ercole (per esempio la Cymmeria citata da Omero nell'Odissea), e l'accenno al popolo degli Atalanti, "che non mangiano alcun essere animato" e "non sognano mai" nelle Storie di Erodoto, il tema del Timeo e Crizia costituiva (almeno per quanto ne sappiamo noi) un'assoluta novità. Aristotele, discepolo di Platone, non diede molta importanza alla narrazione del suo Maestro, e questa non-opinione ebbe un peso determinante nel Medio Evo cristiano. Aristotele, infatti, era considerato un'autorità indiscussa, e ciò che lui aveva detto ("Ipse dixit"), e che non a caso concordava con la visione geocentrica dell'universo sostenuta dalla Chiesa, non poteva essere contestato. Per di più l'esistenza di un continente distrutto novemila anni prima non coincideva con la data della creazione del mondo secondo la Genesi, calcolata nel 3760 a.C.
Ma, nel 1492, Cristoforo Colombo scoprì che, al di là dell'Atlantico, esisteva davvero una terra: e il filosofo inglese Francis Bacon suggerì che avrebbe potuto trattarsi del continente descritto nel Crizia. Molte opinioni cominciarono a modificarsi, tanto che nel XVI e XVII secolo Guillaume Postel, John Dee, Sanson, Robert de Vangoudy e molti altri cartografi chiamarono le Americhe con il nome di Atlantide.
Dopo la Conquista, si scoprì pure che un antica leggenda degli indigeni del Messico, trascritta nel Codice Aubin , iniziava con queste parole: "Gli Uexotzincas, i Xochimilacas, i Cuitlahuacas, i Matlatzincas, i Malincalas abbandonarono Aztlan e vagarono senza meta". Aztlan era un'isola dell'Atlantico, e le antiche tribù avevano dovuto lasciarla perché stava sprofondando nell'oceano. Dall'isola i superstiti avevano preso il nome: si facevano infatti chiamare Aztechi, ovvero "Abitanti di Aztlan". Per la cronaca, in Messico questa teoria non è relegata nei volumi fantastici: viene insegnata a scuola un po' come da noi la storia di Romolo e Remo; al Museo di Antropologia di Città del Messico sono esposti molti antichi disegni che descrivono la migrazione.

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Il ritorno di Atlantide

Qualcuno comincia a rilevare alcune analogie tra la civiltà dell'antico Egitto e quelle dell'America Centrale: costruzioni piramidali, imbalsamazione, anno diviso in 365 giorni, leggende, affinità linguistiche. Atlantide sarebbe stata dunque una sorta di ponte naturale tra le due civiltà, esteso, probabilmente, tra le Azzorre e le Bahamas.
Nel 1815, Joseph Smith, contadino quindicenne di Manchester, nella Contea di Ontario a New York, ebbe un primo incontro con un angelo di nome Moroni che gli promise rivelazioni straordinarie. Molti anni dopo l'angelo gli mostrò il nascondiglio di alcune preziose tavole scritte in una lingua sconosciuta, che Smith, illuminato dall'ispirazione divina, si mise diligentemente a tradurre. Nel 1830 uscì Il libro di Mormon, vera e propria bibbia della setta dei Mormoni, che descrive una distruzione con caratteristiche del tutto atlantidee (anche se l' Atlantide non vi è citata) avvenuta subito dopo la crocefissione di Cristo.
"Nel trentaquattresimo anno, nel primo mese, nel quarto giorno, sorse un grande uragano, tal che non se ne era mai visto uno simile sulla terra; e vi fu pure una grande e orribile tempesta, e un orribile tuono che scosse la terra intera come se stesse per fendersi (...). E molte città grandi e importanti si inabissarono, altre furono in preda alle fiamme, parecchie furono scosse finché gli edifici crollarono, e gli abitanti furono uccisi e i luoghi ridotti in desolazione (...) Così la superficie di tutta la terra fu deformata, e scese una fitta oscurità su tutto il paese, e per l' oscurità non poterono accendere alcuna luce, né candele né fiaccole" eccetera, eccetera. I superstiti, il popolo di Nefi, si erano rifugiati in tempo "nel paese di Abbondanza", dove avevano costruito templi e città, tra cui quello di Palenque e una grande fortezza identificata succesivamente con Machu Picchu.
Trentadue anni più tardi un eccentrico studioso francese, l' abate Charles-Etienne Brasseur, scoprì la "prova definitiva" del collegamento tra Mediterraneo, Atlantide e Centro America. Le sue teorie furono immediatamente screditate, ma ispirarono la prima opera veramente popolare sull'argomento: Atlantis, the Antediluvian World ("Atlantide, il mondo antidiluviano") dell'americano Ignatius Donnelly (1882). Secondo Donnelly, Atlantide era il biblico Paradiso Terrestre, e là si erano sviluppate le prime civiltà. I suoi abitanti si erano sparpagliati in America, Europa e Asia; i suoi re e le sue regine erano divenuti gli Dèi delle antiche religioni. Poi, circa tredicimila anni fa, l'intero continente era stato sommerso da un cataclisma di origine vulcanica. A sostegno della sua tesi, Donnelly adduceva le analogie culturali descritte sopra, e qualche prova geologica a dire il vero non troppo convincente. Dall'altra parte dell' oceano Augustus Le Plongeon, medico francese contemporaneo di Donnelly, che per primo aveva scavato tra le rovine Maya nello Yucatan, riprese indipendentemente la tematica di The Antediluvian World in Sacred Mysteries among the Mayas and Quiches 11,500 Years Ago; their Relation to the Sacred Mysteries of Egypt, Greece, Caldea and India ("Misteri sacri dei Maya e dei Quiché 11500 anni fa; loro relazione con i Misteri Sacri degli Egizi, dei Greci, dei Caldei e degli Indiani").
A parte la smisurata lunghezza del titolo, il suo libro ottenne un grande successo, e contribuì in larga misura alla diffusione al rilancio del mito.

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20 replies since 11/7/2007, 17:19   10402 views
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