Amico immaginario, 2x11

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jasmine23
view post Posted on 30/7/2008, 19:08




Due terzi dei bambini hanno un amico immaginario con cui dialogano, litigano e giocano prima di prendere sonno, o nel ritorno da scuola, o se si ritrovano da soli a casa. Lo rivela una ricerca dell'Università di Washington e Oregon: di solito si ha un amico immaginario in età prescolare. Un altro studio, dell'Università della Tasmania, afferma che il fenomeno è più frequente nei primogeniti. A Boston saranno studiate cento famiglie per capire quanto è aumentata la presenza del compagno di fantasia.

Tutto si può dire dei bambini tranne che manchino di un certo senso pratico. Cresciuti, potrà capitar loro di tartassarsi cercando di dipanare i grovigli dell'identità multipla, degli avatar, dell'Altro della psicoanalisi lacaniana o magari dell'Angelo custode. Ma fin quando l'età lo consiglia e consente, allora vanno per le spicce e si inventano un amico immaginario, con cui giocheranno, si confideranno, litigheranno. Immaginario, segreto, personale, umano, fantastico: come farne a meno?

Le luci si spengono, la mamma ha dato il bacio della buonanotte, il buio incombe e il sonno invece no. Oppure da soli a casa, spaventati da rumorini e scricchiolii, una solitudine che non ha nulla di esistenziale e malinconica ed è tutta concreta, palpabile, immeritata. O per strada, rincasando e persi nel proprio sovrappensiero. È così che nasce l'amico immaginario, a volte perfettamente invisibile, a volte incarnato in un peluche, un orsacchiotto come Winnie-the-Pooh: e in almeno un caso, quello capitale del piccolo Danny di Shining rappresentato iconicamente da un dito del bambino che si muove in orizzontale e in verticale, mentre parla assumendo una vocina arcana.

Gli psicologi tranquillizzano i genitori: è tutto normale. Forse anche qualcosa in più che normale, se una ricerca delle università di Washington e dell'Oregon, ricerca su cui riferisce Libération, stabilisce quasi i due terzi dei bambini hanno o hanno avuto un amico immaginario, nella maggior parte dei casi in età pre-scolare (dai tre ai cinque anni). Un'altra ricerca - sembra esserci un affollamento - viene da un'università della Tasmania e nota che i più accaniti frequentatori di amici immaginari sono i primogeniti, probabilmente colpiti dall'arrivo del fratellino che li ha spostati dal centro dell'attenzione. E ora a Boston saranno studiate cento famiglie per capire quanto è aumentata la presenza del compagno di fantasia.
Essendo immaginario nulla costringe l'amico ad avere caratteri realistici: abbiamo così le magie di Peter Pan e di Mary Poppins, spesso legate al volo, e sempre sradicate da proprie esistenze familiari. L'amico immaginario è sempre lì, disponibile: non ha la mamma che lo aspetta a casa, non ha orari e obblighi, non va a scuola, è ovviamente emancipato. Un terzo studio, in Sri Lanka, ha mostrato quanto più frequentemente capita in culture che ammettono la credenza nella reincarnazione che l'amico immaginario sia legato a una sorta di memoria di vite precedenti.

Un quarto studio, inglese, ha stabilito che l'intrattenersi con un amico immaginario non ha alcuna relazione con l'inclinazione alla creatività, ma che piuttosto porta a una certa sensibilità nei confronti delle illusioni uditive: facendo sentire loro borbottii inarticolati questi bambini "riconosceranno" parole e linguaggi immaginari.

Niente di grave, anzi niente di rilevante: a meno che non si ritenga oramai abnorme la capacità di fantasticare ed evocare mondi. Cosa c'è di diverso, fra Snoopy che usa la propria cuccia come la carlinga di un aereo con cui combattere il Barone Rosso (nemico immaginario vero e proprio) e Calvin che gioca con la sua tigre di pezza Hobbes, e quando nessuno li vede vi interagisce come e meglio che con un amico? Amici immaginari hanno avuto Topolino e Remy, l'altro topo animato che dialoga con l'anima di un grande chef parigino scomparso, Auguste Gusteau.

Il gioco è gioco, e tra le sue leggi non c'è quella che lo vincola all'esistenza reale. Casomai andrà notato come tra i segni della contemporaneità ci sia proprio la prevalenza di giochi in cui l'avversario o il complice siano impliciti. Dal bambino che tira la palla contro il muro a quello che diteggia il suo gameboy, dalle navigazioni su Internet alle sfide al caso, la mancanza anche solo provvisoria di compagni produce naturalmente l'esigenza di proiettare un'ombra fuori da sé: un'ombra con cui prendersela, o con cui confidarsi. Un doppio speculare, un'anima gemella - come si dice - a cui non occorre spiegare antefatti e sottintesi. E quando qualche università di qualche parte del mondo vorrà occuparsi degli amici immaginari dei grandi se ne potranno sapere delle belle.

FONTE
 
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Eug94
view post Posted on 31/7/2008, 14:26




Io qnd'ero piccolo avevo un amico invisibile....anzi molti....nel balconcino di casa mia ricordo che avevo molti soldati alleati immaginari e giocavamo a difendere l'abitazione da attacchi nemici.....qst gioco anzi "guerra" precisamete è durata 7 anni!!!!
 
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sarinababy
view post Posted on 15/9/2010, 17:03





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2 replies since 30/7/2008, 19:08   172 views
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