Templari

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jasmine23
view post Posted on 27/11/2007, 19:47




Cavalieri templari

Quello dei Pauperes Commilitones Christi Templique Salomonis ("Poveri compagni di Cristo e del Tempio di Salomone"), meglio noti come Cavalieri templari o semplicemente templari , fu il primo e più noto ordine militare e religioso cristiano.
L'origine di quest'ordine viene fatta risalire agli anni 1118-1120, subito dopo la prima crociata del 1096, per aiutare il nuovo Regno di Gerusalemme a resistere contro gli sconfitti musulmani e per assicurare la sicurezza dei numerosi pellegrini europei che visitavano Gerusalemme dopo la sua conquista. L'ordine fu ufficializzato il 29 marzo 1139 con la bolla pontificia Omne datum optimum e definitivamente dissolto tra il 1312 e il 1314.
Accanto alla croce rossa in campo bianco, fra i simboli dei templari c'e il beauceant.

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Il sigillo dei cavalieri: i due cavalieri sono stati interpretati come simbolo di povertà o della dualità del monaco/soldato

Struttura dell'ordine
I templari nascono come ordine monastico-militare e la loro struttura trae ispirazione dall'ordine cistercense e dalla figura più rappresentativa che proprio in quegli anni di fondazione caratterizzava la cultura europea, Bernardo di Chiaravalle. Oltre i tre classici voti degli ordini monastici: povertà, obbedienza e castità, adottarono la regola benedettina e cistercense. Il predicatore e teologo dell'ordine dei Cistercensi, che divenne loro convinto sostenitore, nel suo De laude novae militiae indica ai cavalieri le attività da svolgere in tempo di pace e di guerra, l'alimentazione da seguire, l'abbigliamento da indossare nelle varie circostanze per ciascuna categoria di fratelli, i cavalieri ad esempio adottarono la veste bianca dei cistercensi sormontata da una croce rossa. Venivano reclutati soprattutto tra i giovani della nobiltà, desiderosi di impegnarsi nella difesa della cristianità in Medio Oriente. L'ordine militare così formato aveva una gerarchia assai rigida. I suoi membri come in ogni ordine monastico, facevano voto di castità, obbedienza e povertà, lasciando all'ordine tutte le loro proprietà ed eredità.
La presenza dei templari sul territorio era assicurata dalle diverse sedi templari: le Precettorie, le Mansioni e le Case Fortezza (queste ultime due meno importanti delle precettorie), largamente autonome dal punto di vista gestionale. Nelle grandi capitali (Parigi, Londra, Roma e altre) vi erano, invece, le Case e ognuna di esse aveva il controllo di una delle sette grandi provincie dall'Inghilterra alle coste dalmate in cui i templari avevano diviso la loro organizzazione monastica. Al massimo del loro fulgore arrivarono presumibilmente ad avere centinaia di sedi distribuite capillarmente in tutta Europa e Medio Oriente, il che diede loro una grande influenza economica e politica nel periodo delle Crociate.
La crescita dell'Ordine fu ulteriormente accentuata dal favore papale. Innocenzo II nel 1139 con la Bolla Omne datum optimum aveva concesso all'Ordine la totale indipendenza dal potere temporale, compreso l'esonero dal pagamento di tasse e gabelle, oltre al privilegio di rendere conto solo al Papa in persona e di esigere le decime.
Vi erano quattro divisioni di confratelli nei templari:
- cavalieri, equipaggiati come cavalleria pesante
- sergenti, equipaggiati come cavalleria leggera, provenienti da classi sociali più umili dei cavalieri
- fattori, che amministravano le proprietà dell'Ordine
- cappellani, che erano ordinati sacerdoti e curavano le esigenze spirituali dell'Ordine. Ogni cavaliere, comunque, al momento della sua investitura faceva voto di castità, umiltà e povertà.
Ciascun cavaliere aveva sempre due o tre sergenti che lo accompagnavano in battaglia e un gruppo di sei o sette scudieri per assisterlo sia in tempo di pace che di guerra. Alcuni confratelli si occupavano esclusivamente di attività bancarie, in quanto l'Ordine trattava frequentemente le merci preziose dei partecipanti alle Crociate. La maggioranza dei Cavalieri templari si dedicava tuttavia alle manovre militari. I templari usavano le loro ricchezze per costruire numerose fortificazioni in tutta la Terra Santa ed erano probabilmente le unità da combattimento meglio addestrate e disciplinate del loro tempo. Alcuni li considerano precursori dei moderni corpi speciali o unità d'élite.
Il maggiore influsso dei templari non fu comunque di tipo militare, quanto piuttosto di tipo culturale ed economico, sotto il profilo della diffusione di strumenti economico finanziari, della distribuzione del reddito attraverso la creazione di posti di lavoro: con le abbazie ed i loro terreni agricoli, con la costruzione delle cattedrali, l'ordine portò lavoro, reddito e sviluppo in molte parti d'Europa, attraverso una estesa rete di succursali.

Storia
« Nello stesso anno (1118), alcuni nobili cavalieri, pieni di devozione per Dio, religiosi e timorati di Dio, rimettendosi nelle mani del signore patriarca per servire Cristo, professarono di voler vivere perpetuamente secondo le consuetudini delle regole dei canonici, osservando la castità e l'obbedienza e rifiutando ogni proprietà. Tra loro i primi e i principali furono questi due uomini venerabili, Ugo di Payens e Goffredo di Saint-Omer... »
(Guglielmo di Tiro, Historie rerum in partibus transmarinis gestarum)

In queste righe, scritte alla fine del XII secolo, Guglielmo di Tiro narra i primi anni dei pauperes milites Christi. La sua Historia, però, compilata successivamente alla fondazione della Nova Militia e durante il regno di Aimerico I (1163-1174), come quella di Giacomo di Vitry, vescovo di San Giovanni d'Acri (Historia orientalis seu Hierosolymitani scritta nel XIII secolo) non conobbe gli anni in cui i primi cristiani giunsero in Outremer per la riconquista della Terrasanta e non vide la nascita di quegli Ordini che tanti onori meritarono sul campo.
La mancanza di documenti dell'epoca rende impossibile l'esatta ricostruzione dei primi anni dell'Ordine del Tempio, così come il numero esatto dei cavalieri che vi aderirono, e dunque è solo possibile impostare la ricerca attraverso ipotesi e supposizioni, basate sui diversi documenti successivi. La tradizione parla di nove cavalieri (Nove uomini aderirono a questo patto santo e servirono per nove anni in abiti laici che i credenti avevano dato loro in elemosina.)[1], ma tale numero avrebbe un significato soprattutto allegorico.
Uno dei pochi documenti coevi all'epoca di fondazione fu il testo della regola dei templari, conosciuto come regola primitiva, approvato nel 1128 con il Concilio di Troyes e volgarizzato in antico-francese fra il 1139 e il 1148. Un testo che, seppur diffuso dagli stessi templari, poco aiuta ad identificare con esattezza i momenti della fondazione. Il terzo articolo di questa regola si riferisce al 1119 come anno di nascita dell'Ordine:
« ...pertanto, in letizia e fratellanza, su richiesta del maestro Ugo de Payns, dal quale fu fondata, per grazia dello Spirito Santo, la nostra congregazione, convenimmo a Troyes da diverse province al di là delle montagne, nel giorno di S. Ilario, nell'anno 1128 dall'incarnazione di Cristo, essendo trascorsi nove anni dalla fondazione del suddetto Ordine. »
(Regola dei Templari)

Alcuni studiosi, comunque, propendono per la data del 1118. Sarebbe stato in quell'anno che il re Baldovino II di Gerusalemme avrebbe dato, secondo Giacomo di Vitry nel suo "Historia orientalis seu Hierosolymitana", ai "poveri cavalieri di Cristo" alcuni locali del palazzo reale, situato in prossimità del Tempio di Salomone, dal quale l'ordine prese il nome. Gli anni più probabili vanno dunque dal 1118 al 1120.
La scarsa disponibilità di documenti non esime gli studiosi dal tracciare, comunque, una storia della sua fondazione, stando a testimonianze e scritti successivi, e alle motivazioni che spinsero alcuni cavalieri ad abbandonare gli agi di corte e ad abbracciare la povertà. Alla fine del 1099 - dopo che all'appello di Papa Urbano II nel concilio di Clermont, al grido "Deus lo volt", i cristiani riconquistarono la Terra Santa "in mano" agli infedeli - si presentò il problema di come difendere i luoghi santi e quei pellegrini che ivi giungevano da tutta Europa. Nacquero così i diversi Ordini religiosi. Il primo Ordine fu quello del Santo Sepolcro, fondato nel 1099 da Goffredo di Buglione. Successivamente vennero a costituirsi quello di San Giovanni dell'Ospedale, di Santa Maria di Gerusalemme o dei Teutonici e quello del Tempio.
L'Ordine in ogni caso assunse reale importanza solo a partire dal 1126, con l'ingresso del conte Ugo di Champagne, quando iniziarono a pervenire donazioni e lasciti.[2]
Il primo sigillo del nuovo Ordine rappresentava da una parte la Cupola della Roccia e dall'altra due cavalieri su un cavallo. Nel 1120, dinanzi al patriarca di Gerusalemme Gormond de Picquigny, pronunciarono i voti monastici, castità, povertà e obbedienza, a cui ne aggiunsero un quarto, "inusuale" per quei tempi e benedetto dalla Chiesa: la lotta armata senza quartiere agli infedeli. La loro costituzione fu sancita nel Concilio di Troyes nel 1128 e sostenuta da Bernardo di Chiaravalle con la sua De laude novae militiae. Da allora, per oltre due secoli, i Cavalieri templari, grazie anche ai concili loro favorevoli (Concilio Pisano, 1135 e Lateranense II, 1139), acquisirono - attraverso lasciti, donazioni e altre forme di liberalità laiche ed ecclesiastiche - terre, castelli, casali in quantità tali da farli diventare l'Ordine più potente, dunque "invidiato" e temuto, dell'epoca. Essi avviarono con meticolosità e professionalità la loro organizzazione nell'intero Occidente, trasformandolo in un gran magazzino per l'approvvigionamento dell'oltremare, costituendo in tutti gli stati d'Europa loro insediamenti agricoli, economici e politici.
L'Ordine approdò nel Regno di Sicilia e vi si diffuse in epoca normanna, successivamente al 1139, anno in cui fu raggiunta la pace tra Ruggero II d'Altavilla (fedele alla causa di Anacleto II) ed Innocenzo II. La Puglia fu la regione italiana che prima fra le altre accolse le domus gerosolimitane rosso-crociate grazie all'importanza strategica e commerciale dei suoi porti e delle sue città. Tutto il Meridione d'Italia venne compreso inizialmente nella provincia templare d'Apulia e, solo in epoca sveva, indicato quale provincia d'Apulia e Sicilia. Tra le prime fondazioni dell'ordine, oltre quella di Trani, va ricordata la casa di Molfetta (documentata nel 1148), Barletta (1169), Matera (1170), Brindisi (1169) con possedimenti nel leccese, Bari, Andria, Foggia (nel periodo di transizione normanno-svevo), Troia (anteriore al 1190) e Salpi (documentata nel 1196). Tra le sedi più importanti, va menzionata la Casa Templare di Barletta, che ricoprì il ruolo di Casa Provinciale sino al processo del 1312.
Essi si affermarono in combattimento come nella conduzione e nell'organizzazione agricola. Le aziende agrarie del Tempio si chiamavano casali, grange, masserie. I casali della Puglia talora ricordavano le fattorie fortificate d'Outremer. I templari davano da lavorare le loro terre a concessionari (conductores); ma, dove il personale delle commende rurali era più numeroso, essi coltivavano direttamente il suolo. In tal caso, secondo il modello cistercense, si ricorreva al lavoro dei campi ai membri più umili dell'Ordine, quando non addirittura alla manodopera servile, rappresentata dai contadini Saraceni del regno di Sicilia o di Siria. L'allevamento del bestiame da carne, da latte, da lana e da lavoro costituiva una voce primaria nel bilancio del Tempio: le fertili campagne della Puglia offrivano ricchi pascoli alle mandrie di buoi e bufali di proprietà dei templari, mentre in Toscana le loro greggi di pecore praticavano la transumanza; allevamenti di suini nei boschi del Tempio erano infine segnalati in Piemonte, come in Sicilia. Le colture più diffuse erano quelle dei cereali, della vite, dei legumi. Generalmente in Italia la produzione agricola dell'Ordine serviva al consumo interno, le eccedenze erano destinate alla vendita e parte del ricavato veniva versato al tesoro centrale sotto forma di responsiones; ma è soprattutto dai porti della Puglia che nella seconda metà del Duecento salpavano navi cariche di cereali e legumi, per andare a rifornire le case dei templari in Siria, rese sempre più dipendenti dalle occidentali sotto l'aspetto alimentare a causa della progressiva perdita di territori e aree coltivabili a vantaggio dei Saraceni. Dopo la catastrofe del 1291 divenne Cipro la destinazione delle vettovaglie pugliesi.
Oltre che in Palestina, l'Ordine combatté anche nella Reconquista di Spagna e Portogallo, guadagnandosi estesi possedimenti e numerosi castelli lungo le frontiere tra le terre cattoliche e quelle musulmane. Arrivarono ad ereditare, insieme con gli altri Ordini militari, il Regno d'Aragona, che però rifiutarono dopo lunghe trattative.
Il nome con cui sono popolari allude al loro storico quartier generale nella Cupola della Roccia (Qubbat al-Sakhrā'), un tempio islamico in cima al Monte Moriah a Gerusalemme, che essi ribattezzarono Templum Domini (Tempio del Signore). La sommità è sacra ad ebrei e cristiani come Monte del Tempio così come ai mussulmani, che usano il nome di Monte Majid (o al-Ḥaram al-Šarīf). I templari credevano erroneamente che la Cupola della Roccia costituisse i resti del biblico Tempio di Gerusalemme. Il Templum Domini divenne il modello per molte chiese edificate successivamente in Europa, come la Temple Church a Londra ed era rappresentato in molti sigilli templari.
I templari erano identificabili per la loro sopravveste bianca, a cui in seguito si aggiunse una distinta croce rossa ricamata sulla spalla, che assunse infine grandi dimensioni sul torace o sulla schiena, come si vede in molte rappresentazioni dei cavalieri crociati.

Attività bancarie
I templari entrarono nelle attività bancarie quasi per caso. Quando dei nuovi membri si univano all'ordine, generalmente donavano ad esso ingenti somme di denaro o proprietà, poiché tutti dovevano prendere il voto di povertà. Grazie anche ai vari privilegi papali, la potenza finanziaria dei Cavalieri fu assicurata dall'inizio. Poiché i templari mantenevano denaro contante in tutte le loro case e templi, fu nel 1135 che l'ordine cominciò a prestare soldi ai pellegrini spagnoli che desideravano viaggiare fino alla Terra Santa.
Il coinvolgimento dei Cavalieri nelle attività bancarie crebbe nel tempo verso una nuova base per il finanziamento, dato che fornivano anche servizi di intermediazione bancaria.
Sotto l'aspetto economico-finanziario, i templari rivestirono un ruolo così importante da arrivare a "prestare" agli stati occidentali ingenti somme di danaro e gestire perfino "le casse" di stati come la Francia.
Un'indicazione dei loro potenti legami politici è che il coinvolgimento dei templari nell'usura non portò a particolari controversie all'interno dell'ordine e nella Chiesa in generale. Il problema dell'interesse fu generalmente eluso grazie ai complicati tassi di cambio delle valute e grazie ad un accordo con cui i templari detenevano i diritti della produzione sulle proprietà ipotecate.
Le connessioni politiche dei templari e la consapevolezza della natura eminentemente cittadina e commerciale delle comunità d'oltremare portarono l'Ordine a raggiungere una posizione significativa di potenza, sia in Europa che in Terrasanta. Il loro successo attrasse la preoccupazione di molti altri Ordini, come pure della nobiltà e delle nascenti grandi monarchie europee, le quali a quel tempo cercavano di monopolizzare il controllo del denaro e delle banche, dopo un lungo periodo nel quale la società civile, specialmente la Chiesa ed i suoi ordini, aveva dominato le attività finanziarie. Le tenute dei templari erano estese sia in Europa che nel Medio Oriente e tra queste vi fu, per un certo periodo, l'intera isola di Cipro.
L'Ordine dopo la definitiva perdita di Acri e degli Stati Latini in Terra Santa nel 1291 si avviava al tramonto: la ragione per la quale era nato, due secoli prima, era ormai venuta meno. Il suo scioglimento, tuttavia, non fu mosso, per via ordinaria, dalla Santa Chiesa ma, attraverso una serie di accuse infamanti esposte dal re di Francia, Filippo IV il Bello, desideroso di azzerare i propri debiti e impossessarsi del patrimonio templare, riducendo nel contempo il potere della Chiesa.
Il Re inviò messaggi sigillati a tutti i balivi , siniscalchi e soldati del Regno ordinando l'arresto dei templari e la confisca dei loro beni, che vennero eseguite il venerdì 13 ottobre 1307. La mossa riuscì in quanto viene astutamente avviata in contemporanea contro tutte le sedi templari; i cavalieri, convocati con la scusa di accertamenti fiscali, vennero arrestati.
Le accuse che investirono il Tempio furono infamanti: sodomia, eresia, idolatria. Vennero in particolare accusati di adorare una misteriosa divinità pagana, il Bafometto. Nelle carceri del Re gli arrestati furono torturati finché non iniziarono ad ammettere l'eresia. Il 22 novembre 1307 il Papa Clemente V, di fronte alle confessioni, con la bolla Pastoralis præminentiæ ordinò a sua volta l'arresto dei templari in tutta la cristianità.
Il 12 agosto 1308 con la bolla Faciens misericordam furono definite le accuse portate contro il Tempio. Il re fece avviare dal 1308 sino al 1312, grazie anche alla debolezza di Papa Clemente V, diversi processi tesi a dimostrare le colpe dei cavalieri rosso-crociati di Parigi, Brindisi, Penne, Chieti e Cipro. Nel generale clima di condanna ci fu l'eccezione rappresentata da Rinaldo da Concorezzo, arcivescovo di Ravenna e responsabile del processo per l'Italia settentrionale: egli assolse i cavalieri e condannò l'uso della tortura per estorcere confessioni (concilio provinciale di Ravenna, 1311). L'Ordine fu ufficialmente soppresso con la bolla Vox in excelso[3] del 3 aprile 1312 ed i suoi beni trasferiti ai Cavalieri Ospitalieri il 2 maggio seguente (bolla Ad providam). Jacques de Molay, l'ultimo gran maestro dell'Ordine, il quale in un primo momento aveva confermato le accuse, le ritrattò spinto da un'ultima fiammata di orgoglio e dignità, venendo arso sul rogo assieme a Geoffrey de Charnay il 18 marzo 1314 davanti alla cattedrale di Parigi, sull'isola della Senna detta dei giudei.
Filippo il Bello, che incamerò il tesoro dei monaci e distrusse il loro sistema bancario, avrebbe cercato semplicemente di gestirlo per sé. Questi eventi e le originali operazioni bancarie dei templari sui beni depositati, che furono improvvisamente mobilizzati, costituirono due dei molti passaggi verso un sistema di stampo militare per riprendere il controllo delle finanze europee, rimuovendo questo potere dalle mani della Chiesa. Visto il destino dei templari, gli Ospitalieri di San Giovanni furono ugualmente convinti a cessare le proprie operazioni bancarie.
Molti re e nobili inizialmente sostennero i cavalieri e dissolsero l'Ordine nei loro reami solo quando fu loro comandato da Papa Clemente V. Roberto I, re degli Scoti, era già stato scomunicato per altri motivi e quindi non era disposto a prestare attenzione ai comandi papali. Di conseguenza, molti membri dell'Ordine fuggirono in Scozia ed in Portogallo, dove il nome dell'Ordine fu cambiato in "Ordine di Cristo" e si ritiene abbia contribuito alle prime scoperte navali portoghesi. Il principe Enrico il Navigatore (1394 - 1460) guidò tale ordine per vent'anni, fino alla propria morte. In Spagna, dove il re a sua volta si opponeva all'incorporazione del patrimonio templare da parte dell'Ordine degli Ospitalieri, l'Ordine di Montesa subentrò a quello dei templari.

Persecuzione e perdono
I templari furono accusati di "connivenza col nemico", in quanto spesso strinsero rapporti di buon vicinato, se non di amicizia, con signori musulmani. Con alcuni di loro, come Usāma b. Munqidh, arrivarono a veri e propri favori, come quello di concedergli di pregare nella Cupola della Roccia, benché già trasformata in chiesa.
È tuttora aperto il dibattito sulla fondatezza delle accuse di eresia formulate agli appartenenti dell'Ordine. I templari furono accusati di rinnegare Cristo, di sputare sulla Croce, di praticare la sodomia e di adorare un idolo barbuto, il Baphomet o Bafometto. Il gran maestro Jacques de Molay, che aveva ceduto inizialmente di fronte alla marea di accuse, si riebbe e rigettò le sue parziali ammissioni. Ma era tardi, il rogo accolse il gran maestro e i suoi dignitari e l'Ordine fu sciolto.
Studi recenti accreditano sempre più la teoria secondo la quale la vera causa della fine dei templari fu una cospirazione indotta dal Re di Francia Filippo IV il Bello. Infatti, mentre il Re si trovava senza un soldo, l'Ordine risultava proprietario di palazzi, castelli, fortezze ed abbazie: un tesoro immenso. Fu probabilmente il sovrano che, dopo aver tentato inutilmente di entrare a farne parte, incaricò i propri consiglieri di formulare delle precise accuse contro l'Ordine e di richiedere l'intervento del papato, da poco trasferitosi in Francia. Quando la Chiesa si rese conto dell'errore nel condannarlo e di essere stata manipolata, fu troppo tardi.
La studiosa italiana Barbara Frale[4] ha rinvenuto agli inizi degli anni duemila negli Archivi vaticani un documento che dimostra come papa Clemente V perdonò segretamente i templari nel 1314 assolvendo il loro gran maestro dall'accusa di eresia. L'inchiesta di Chinon, tuttavia, ribadisce le pratiche indecenti e gli sputi sulla croce effettuate come rituale all'ingresso di un novizio nell'Ordine.

Ordini moderni e rivendicazioni di discendenza
Alla tradizione dei cavalieri templari si rifanno oggi numerosi e variegati gruppi e associazioni, chiamati neotemplari, talora rivendicando una qualche forma di derivazione diretta dall'ordine. Si tratta di un fenomeno moderno che va sotto il nome di templarismo o neotemplarismo, sorto a partire dal XVIII secolo in Francia, in coincidenza con la diffusione dell'Illuminismo.
Le moderne associazioni neotemplari sono laiche, e pur richiamandosi spesso ai valori religiosi cristiani e caritativi, non hanno alcun tipo di riconoscimento ufficiale da parte della Chiesa cattolica (come più volte l'Osservatore Romano ha precisato, la Santa Sede riconosce ufficialmente e tutela solamente il Sovrano Militare Ordine di Malta e l'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme). Altri gruppi di templari sono invece caratterizzati, specie nel mondo anglosassone, da un'aperta ostilità nei confronti della Chiesa cattolica, di stampo massonico.
Occorre anche tenere presente che papa Clemente V con la bolla Vox in excelso, emessa durante il Concilio di Vienne del 1312, con la quale sopprimeva l’Ordine del Tempio, ha espressamente proibito qualsiasi forma di ricostituzione dello stesso, sotto pena di scomunica.[5]
Altra caratteristica che accomuna molti dei gruppi neo templari è poi un'alta conflittualità l'uno rispetto all'altro, dato che molti di essi rivendicano di essere gli unici "autentici" eredi dei templari, a scapito degli altri. A tutt'oggi non esiste tuttavia alcuna prova storicamente accertata della sopravvivenza dell'Ordine Templare originale dopo il 1314, né del resto appare possibile tracciare, dopo quasi sette secoli dall'abolizione dell'ordine religioso da parte del papa, una qualche forma di discendenza storicamente valida.
Molti gruppi neotemplari affermano la tradizione che l'ordine sarebbe sopravvissuto nascostamente anche dopo la morte dell'ultimo Maestro, Jacques de Molay, il quale prima di affrontare il rogo avrebbe affidato la propria carica al cavaliere Jean-Marc Larménius (o de l'Armenie). Quest'ultimo avrebbe redatto una "Charta (la cosiddetta Charta di Larménius), che successivamente sarebbe stata via via firmata dai Maestri segreti succeduti nel tempo. La maggioranza degli storici tuttavia nutre forti dubbi sull'autenticità del documento.
L'idea di una nascosta continuazione dell'ordine dei templari è diffusa anche nella massoneria, in particolare in Francia e in Germania, e in alcuni casi riti massonici adottano riferimenti templari. Alcuni ritengono che i templari siano all'origine sia dei riti che di vari rami della massoneria ma, malgrado alcuni storici abbiano tentato di disegnare una connessione tra la massoneria con i suoi vari rami e l'Ordine templare, un collegamento di questo tipo non è mai stato provato.

Leggende
La rapida successione dell'ultimo diretto re della dinastia dei Capetingi di Francia tra il 1314 e il 1328, i tre figli di Filippo il Bello, ha portato molti a credere che la dinastia fosse maledetta, da cui il nome di "re maledetti" (rois maudits). Infatti Jacques de Molay, ultimo gran maestro dell'Ordine, mentre giaceva sulla pira, avrebbe maledetto il re Filippo e addirittura il Papa. Clemente in effetti morì un mese dopo di dissenteria e Filippo il Bello fu stroncato nel dicembre successivo dalle conseguenze di una caduta da cavallo.[6] I commentatori dell'epoca, compiaciuti da un simile sviluppo della vicenda, riportavano spesso questa storia nelle loro cronache. Poiché, inoltre, sempre al momento della morte sul rogo, Jacques de Molay avrebbe dannato la casa di Francia "fino alla tredicesima generazione", in tempi più recenti si è diffusa la leggenda secondo cui l'esecuzione di Luigi XVI durante la Rivoluzione francese - che pose fine in qualche modo alla monarchia assoluta in Francia - sarebbe stata il coronamento della vendetta dei templari (alcuni storici sensazionalisti dell'epoca riportarono la notizia che il boia Charles Henri Sanson, prima di calare la ghigliottina sulla testa del sovrano, gli avrebbe mormorato: «Io sono un Templare, e sono qui per portare a compimento la vendetta di Jacques de Molay»).
In realtà i Cavalieri templari in seguito alla loro scomparsa cessarono presto di fare notizia: già alla fine del XIV secolo ci si era dimenticati di loro e della loro triste fine.[7] Solo molti secoli dopo, durante l'Illuminismo, il tema dei templari tornò in auge e la fama degli antichi cavalieri fu sommersa da leggende riguardanti segreti e misteri che si vogliono tramandati da prescelti fin dai tempi antichi. Forse i più noti sono quelli riguardanti il Santo Graal, l'Arca dell'Alleanza e i segreti delle costruzioni. Alcune fonti dicono che il Santo Graal, o Sangreal, sarebbe stato ritrovato dall'ordine e portato in Scozia nel corso della caduta dell'ordine nel 1307, e che ciò che ne rimane sarebbe sepolto sotto la Cappella di Rosslyn. Altre voci sostengono che l'ordine avrebbe ritrovato anche l'Arca dell'Alleanza, lo scrigno che conteneva gli oggetti sacri dell'antico Israele, compresa l'asta di Aronne e le tavole di pietra scolpite da Dio con i dieci comandamenti. Forse l'unico mistero di cui si debba fare approfondimento è il fatto che un ordine di guerrieri esperti con un esercito senza precedenti si sia lasciato sterminare senza abbozzare la più timida reazione benché le avvisaglie di cospirazioni nei loro confronti da parte di Filippo il Bello ci fossero e fossero note. Con ogni probabilità non si ribellarono perchè il papa aveva tolto loro il suo appoggio ed essi, essendo un ordine Cristiano e il simbolo della lotta per la fede, non vollero opporsi alla decisione di Clemente V di cui rispettavano e riconoscevano l'autorità papale.
Questi miti sono connessi con la lunga occupazione, da parte dell'ordine, del Monte del Tempio a Gerusalemme come loro quartier generale. Alcune fonti registrano che avrebbero scoperto i segreti dei maestri costruttori che avevano costruito il tempio originale e il secondo tempio, nascosti lì assieme alla conoscenza che l'Arca sarebbe stata spostata in Etiopia prima della distruzione del primo tempio. Viene fatta allusione a questo in rappresentazioni nella Cattedrale di Chartres (considerata con le cattedrali di Amiens e Reims come uno degli esempi migliori di gotico), sulla cui costruzione ha avuto grande influenza Bernardo di Chiaravalle, che fu egualmente influente nella formazione dell'ordine. Ulteriori collegamenti sia sulla ricerca da parte dell'ordine dell'Arca che della relativa scoperta degli antichi segreti del costruire sono suggeriti dall'esistenza della chiesa monolitica di San Giorgio (Bet Giorgis) a Lalibela in Etiopia, tuttora esistente, la cui la costruzione è erroneamente attribuita ai templari. Vi è allo stesso modo una chiesa sotterranea che risale allo stesso periodo ad Aubeterre in Francia. Si stanno poi sviluppando speculazioni sulla possibilità che i Cavalieri templari avessero intrapreso viaggi in America prima di Colombo.
Alcuni ricercatori e appassionati[citazione necessaria] di esoterismo hanno sostenuto che l'ordine sarebbe stato depositario di conoscenze segrete. Secondo costoro, nei 200 anni della loro storia i monaci-militari si sarebbero rivelati anche un'organizzazione sapienziale esoterica e occultistica, custode di conoscenze iniziatiche. In quest'ottica i templari sono stati collegati ad altri argomenti leggendari o fortemente controversi come Rosacroce, Priorato di Sion, Rex Deus, Catari, Ermetismo, Gnosi, Esseni e, infine, a reliquie o supposti insegnamenti perduti di Gesù tra cui la Sacra Sindone o il "testamento di Giuda". Alcuni ipotizzano che i Cavalieri del Tempio avrebbero avuto legami, oltre che con la tradizione esoterica di ispirazione cristiana ed ebraica, anche con organizzazioni mistico-esoteriche ispirate all'Islamismo.

I templari nei media
La suggestione per i Cavalieri templari e i misteri che sono stati a loro collegati (come il Graal) è un elemento centrale della trama di varie opere di fantasia, dai romanzi ai film, dai fumetti alle serie televisive. Celebri esempi ne sono il romanzo di Umberto Eco Il pendolo di Foucault (1988) e il film Indiana Jones e l'ultima crociata di Steven Spielberg (1989). Una serie italiana a fumetti che ha esplorato a lungo i luoghi legati ai templari e i miti connessi è Martin Mystère, il detective dell'impossibile ideato da Alfredo Castelli nel 1982. Anche la serie di videogiochi Broken Sword (dal 1996) ne parla. Di recente l'interesse per il mito templare si è ulteriormente diffuso grazie alla sua riproposizione nel romanzo di Dan Brown intitolato Il codice da Vinci (The Da Vinci Code, 2003), trasposto in un film omonimo nel 2006, nel film Il mistero dei templari (National Treasure, 2004) e nella mini serie televisiva La maledizione dei Templari (2005).

Gran maestri dell'Ordine del Tempio
Hugues de Payns (1118-24 maggio 1136)
Robert de Craon (1136-13 gennaio 1147)
Everard des Barres (1147-1151)
Bernard de Tremelay (1151-1153)
André de Montbard (1153-17 gennaio 1156)
Bertrand de Blanchefort (1156-1169)
Philippe de Milly (1169-3 aprile 1171)
Eudes de Saint-Amand (1171-18 ottobre 1179)
Arnaud de Toroge (1179-30 settembre 1184)
Gérard de Ridefort (1184-1 ottobre 1189)
Robert de Sablé (1189-13 gennaio 1193)
Gilbert Hérail (1193-20 dicembre 1200)
Phillippe du Plaissis (1201-12 novembre 1209)
Guillaume de Chartres (1209-26 agosto 1218)
Pierre de Montaigu (1218-1232)
Armand de Périgord (1232-1244)
Richard de Bures (1244-1247) (?)
Guillaume de Sonnac (1247-3 luglio 1250)
Renaud de Vichiers (1250-19 gennaio 1252)
Thomas Béraud (1252-25 marzo 1273)
Guillaume de Beaujeu (1273-18 maggio 1291)
Thibaud Gaudin (1291-16 aprile 1292)
Jacques de Molay (1292-18 marzo 1314)

Luoghi templari
(Per un elenco di alcuni dei luoghi che sono stati associati ai Cavalieri templari nella tradizione, nelle leggende o nelle opere di fantasia, ma di cui non vi è una presenza storicamente accertata, vedi Leggende sui Templari.)
Medio Oriente
Monte del Tempio, Cupola della Roccia e Muro occidentale a Gerusalemme
San Giovanni d'Acri (Akko), Israele
Chastel Blanc, Siria
Italia
Basilicata: Matera
Calabria: Cosenza
Campania: Salerno Napoli
Friuli Venezia Giulia: Pordenone
Lazio: Frosinone Roma
Liguria
Lombardia: Milano
Piemonte: Torino
Puglia:Bari Brindisi Foggia Lecce Taranto
Toscana: Firenze Grosseto Pisa Siena
Umbria
Regno Unito
Cappella di Rosslyn, Scozia
Temple Church, Middle Temple e Inner Temple, Londra, Inghilterra
Temple Dinsley, Hertfordshire, Inghilterra
Hertford, Hertfordshire, Inghilterra [1]
Royston Cave, Royston, Hertfordshire, Inghilterra
Cressing Temple, Essex, Inghilterra [2]
Templecombe, Somerset, Inghilterra [3]
Temple Balsall, Warwickshire
Isola di Lundy, Devon, Inghilterra
Westerdale, North Yorkshire, Inghilterra
Great Wilbraham Preceptory, Cambridgeshire
Abbazia di Bisham, Berkshire
St. Mary's, Sompting, West Sussex, Inghilterra [4]
Portogallo
Convento di Cristo, Castello di Tomar e Chiesa di Santa Maria do Olival a Tomar [5]
Castello di Almourol, Idanha, Monsanto, Pombal e Zêzere
Castello di Soure, Coimbra [6]
Spagna
Sistema di irrigazione in Aragona
Iglesia Veracruz, Segovia [7] [8]
Altri
Castello di Kolossi, Cipro
Tempelhof a Berlino, Germania

Altri ordini monastico/cavallereschi

Introduzione
La novità assoulta rappresentata dai templari fu quella che, per la prima volta, due dei tre grandi ordini su cui si reggeva la società medievale (Oratores,Bellatores e Laboratores) venivano riuniti insieme. Il principio su cui si basava questo ardito accostamento fu ideato da Bernardo di Chiaravalle, che attribuendo ai Templari il compito di proteggere i pellegrini che andavano verso i luoghi santi, non attribuiva la qualifica di omicidio alla morte dei sacrileghi assalitori, ma quella di malicidio.

Altri Ordini
Su questa falsariga nacquero o si trasformarono altri ordini preesistenti:
Ordine Ospitaliero di S. Giovanni (ordine preesistente fondato dai mercanti di Amalfi)
Ordine di S. Maria Teutonica o dei Cavalieri Teutonici
Ordine dei Cavalieri di Livonia o Cavalieri Portaspada,poi confluito nell'Ordine Teutonico
Ordine di S.Lazzaro
Successivamente allo scioglimento nacquero altri ordini, specialmente nella penisola iberica i cui regnanti erano fortemente legati ai templari per il loro importante contributo alla reconquista, o furono utilizzati ordini preesistenti in cui far confluire i Templari dopo lo scioglimento dell'ordine:
Ordine di Calatrava
Ordine di Avis
Ordine di Sant'Jago
Ordine di Montesa
Ordine dei Cavalieri di Cristo

Note
1^ Giacomo di Vitry, Historia orientalis seu Hierosolymitani; citazione tratta da M.Bauer, Il mistero dei templari, Newton & Compton 2005, p. 13
2^ M. Bauer, op.cit., p. 18
3^ Testo della bolla papale Vox in Excelso del 1312
4^ Barbara Frale. Il Papato e il processo ai Templari. L'inedita assoluzione di Chinon alla luce della diplomatica pontificia, Viella, 2003
5^ Ecco cosa dice un passo finale della bolla: …Anche in altri casi, pur senza colpa dei frati, la chiesa romana qualche volta ha soppresso ordini di importanza assai maggiore per motivi senza paragone più modesti di quelli accennati, pertanto con amarezza e dolore, non con sentenza definitiva, ma con provvedimento apostolico, noi, con l'approvazione del santo concilio, sopprimiamo l'ordine dei Templari, la sua regola, il suo abito e il suo nome, con decreto assoluto, perenne, proibendolo per sempre, e vietando severamente che qualcuno, in seguito, entri in esso, ne assuma l'abito, lo porti, e intenda comportarsi da Templare. Se poi qualcuno facesse diversamente, incorra la sentenza di scomunica ipso facto….
6^ M. Bauer, op.cit., cap.IV, pag.154
7^ M. Bauer, op.cit., cap. V, pag. 162

FONTE
 
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jasmine23
view post Posted on 28/11/2007, 12:29




MISTERI E LEGGENDE SUI CAVALIERI TEMPLARI

ARCA DELL'ALLEANZA

L'Arca dell'Alleanza (Aron Haerit) e' il contenitore delle tavole della legge che Dio consegnò a Mosè (conteneva inoltre della manna e la verga di Aronne). Nella Bibbia l'Arca viene citata nell'Esodo e viene descritta come un contenitore di legno d'acacia, lunga due cubiti e mezzo, larga un cubito e mezzo ed alta altrettanto (circa 125 x 75 x 75 cm), ricoperta dentro e fuori d'oro e con quattro anelli d'oro ai suoi piedi entro i quali vengono fatte passare due stanghe di legno. Il coperchio è di oro puro sormontato da due cherubini (creature alate con il corpo di leone ed il volto di sfinge che si ritrovano anche in rappresentazioni egizie) sempre d'oro, con le ali aperte verso l'alto ed i volti rivolti verso l'interno.
L'Arca era identificata materialmente con Dio, nel senso che si riteneva realmente che Dio alloggiasse tra i due cherubini. Essa è ritenuta dotata di poteri soprannaturali ed emette potenti scariche contro chi le si avvicina impunemente.
"Allora, dalla presenza di Yahweh una fiamma si sprigionò e li consumò ed essi perirono alla presenza di Yahweh". Levitico 10:2
In questo passo ci si riferisce a Nadab e Abihu, due dei quattro figli di Aronne, sommo sacerdote e fratello di Mosè, i quali un giorno portarono degli incensieri di metallo alla presenza dell'Arca e le offrirono "strani fuochi" che erano stati vietati dal Signore. Furono quindi inceneriti dall'Arca stessa. A volte appariva una nuvola tra i due cherubini ed allora neanche Mosè aveva il coraggio di avvicinarsi ad essa. Secondo le tradizioni popolari, di quando in quando delle scintille si sprigionavano dallo spazio tra i cherubini distruggendo gli oggetti circostanti. Occasionalmente poi essa inceneriva i suoi portatori, appartenenti alla sottotribù dei figli di Kohath o li sollevava da terra senza alcuna ragione apparente per farli poi ricadere al suolo (sempre secondo leggende ebraiche e commentari del vecchio testamento). Il mistero fondamentale che corre intorno all'Arca (oltre a quello relativo alla sua natura) è costituito dalla sua scomparsa. Nella Bibbia viene detto che essa era custodita nel Sancta Sanctorum, inizialmente una tenda e poi la parte più interna del tempio di Salomone a Gerusalemme, ma poi se ne perdono le tracce ed essa non viene più citata se non indirettamente.
Numerose sono le ipotesi riguardo alla sua collocazione attuale, e quasi tutte basate sull'interpretazione della Bibbia. Tra le più attendibili troviamo l'Egitto (Nel secondo Libro delle Cronache si legge: "L'anno quinto del regno di Roboamo, Sesac, Re d'Egitto marciò contro Gerusalemme... e portò via i tesori del tempio del Signore. Portò via ogni cosa..."; in questo caso l'Arca sarebbe a Bubasti, che allora era la capitale d'Egitto. Altre ipotesi, sempre riguardanti saccheggi successivi subiti dal Tempio di Gerusalemme propongono la Palestina (nel secondo libro dei Re si legge: "…prese tutto l'oro, l'argento e tutti gli oggetti che si trovavano nel tempio del Signore e se ne tornò in Samaria" e la Babilonia (ad opera di Nabucodonosor).
Altre possibilità sono costituite dal deserto del Sinai (Mosè sarebbe stato un iniziato del culto di Akhnaton e avrebbe rubato l'Arca portandola con sé durante l'esodo, sostituendola con una copia e nascondendo poi l'originale nelle viscere del monte Har Karkom) e dalla Francia, presso i Pirenei (dove sarebbe stata portata dai Visigoti che l'avrebbero presa ai romani che a loro volta la saccheggiarono dal Tempio) o nella cattedrale gotica di Chartres (dove sarebbe stata portata dai Cavalieri Templari).
Inoltre Hailè Selassiè, ex Negus d'Etiopia e presunto discendente della regina di Saba (che avrebbe avuto in dono da Salomone l'Arca dell'Alleanza) potrebbe aver nascosto l'Arca in una banca svizzera insieme ai suoi altri tesori (ipotesi abbastanza improbabile).
Un’altra ipotesi è quella sostenuta dall'autore inglese Graham Hancock nel libro "The Sign and the Seal", tradotto in "Il mistero del Sacro Graal" (Hancock infatti afferma che in realtà il Graal sia un'allegoria dell'Arca) e cioè che l'Arca (che sarebbe il prodotto di una antica tecnologia della quale gli egizi erano a conoscenza e che veniva trasmessa soltanto ad alcuni iniziati dei quali Mosè avrebbe fatto parte), sia stata portata in Etiopia per proteggerla dapprima da un re eretico di Israele e poi dai vari saccheggi, e seguendo un percorso durato millenni, in una cripta in Etiopia, dove viene tuttora sorvegliata da un monaco custode. A riprova del retaggio egizio dell'Arca, nei "Testi delle Piramidi" una tradizione parla di una scatola d'oro nella quale Ra (il primo re degli dei Egiziani) aveva depositato un certo numero di oggetti. Questa scatola rimase chiusa in una fortezza sulla frontiera ad Est dell'Egitto per molti anni dopo la sua ascesa in cielo. Quando Geb (dio della terra) andò al potere ordinò che fosse portata alla sua presenza e dissigillata. Nell'istante stesso in cui questo accadde una colonna di fuoco incenerì i compagni di Geb ustionando gravemente Geb stesso.
Hancock documenta molto bene la sua ipotesi, rifacendosi anche ad una tradizione presente solo in Etiopia, il "Timkat" (nella quale simulacri dell'Arca vengono portati in processione lungo le vie preceduti da un corteo danzante ed accompagnati da musica). Questa festa affonda le sue radici nell'antico Egitto (festa di Apet) e viene citata nella Bibbia. Infatti, quando re Davide porta l'Arca degli israeliti a Gerusalemme la descrizione dell'avvenimento è:
"Davide e tutta la casa di Israele portavano l'Arca del Signore con urla e con il suono di trombe e suonavano precedendo il Signore con ogni tipo di strumenti fatti di legno di abete, arpe, salteri , e con cornette, e con cimbali... e Davide danzò precedendo il Signore con tutta la sua forza... saltando e danzando prima del Signore".
Samuel 6:5

Inoltre, nel Timkat le repliche dell'Arca (o delle tavole della legge) vengono chiamate tabot il cui significato originale era "barca come contenitore". Il termine in ebreo arcaico era tebah (da cui e' derivato il termine etiopico) che fu usato nella Bibbia per riferirsi ad imbarcazioni come l'Arca di Noè (Noah) ed al cesto nel quale Mosè infante fu posto nel Nilo ed abbandonato alla corrente. Da considerare come ulteriore prova è la presenza (antichissima ed un tempo nutrita) di una comunità ebraica che si rifà a tradizioni dell'epoca in cui l'Arca scomparve.


BAFOMETTO

I capi d’accusa del processo ai Cavalieri Templari hanno fatto sì che si generassero delle convinzioni in alcuni studiosi, ritenendo che essi praticassero riti blasfemi contro le immagini sacre o venerando idoli come il presunto "Bafometto".
Cos’era questo Bafometto, di cui si parla con insistenza nei processi svolti contro i Cavalieri Templari? Gli accusatori indicavano essere il Bafometto una testa barbuta dagli occhi di carbonchio; dal punto di vista etimologico la spiegazione più plausibile sembra essere la corruzione della parola Maometto, in quanto le moschee venivano chiamate Baphomeris. Tale idolo potrebbe essere un chiaro richiamo pagano come dimostra il Bafometto sul portale della chiesa di Saint-Merry a Parigi e su quello della chiesa di Sainte-Craix a Provins: un grazioso diavolo barbuto, con corna, alato, con artigli ed ermafrodito.
Ermafrodita è la figura presente nella grotta dei Cavalieri Templari (presso Padova) costruita in funzione di iniziazioni con battesimi dell’acqua e del fuoco. Una figura androgena, dal sesso maschile e seno ben sviluppato testimonia il dualismo esistente nell’universo: maschile/femminile, cielo/terra.
I Cavalieri Templari avevano stretto rapporti con la "Setta degli Assassini", un gruppo iniziatico ismailita che adorava una misteriosa divinità chiamata "Bafometto". Per alcuni il Bafometto altro non sarebbe stato che il Santo Graal.
Alcuni lo indicarono come una testa d’uomo conservata mediante trattamento a base d’erbe ed aromi, con la caratteristica di poter concedere oracoli una volta interpellata. Quindi per gli accusatori i Cavalieri Templari avrebbero adorato il profeta della religione islamica. Per questa accusa le prove furono che alcuni frati serventi e monaci ignoranti avevano sicuramente visto delle teste barbute venerate dai loro confratelli ma si trattava probabilmente di teste di santi raccolte in appositi reliquiari. In alcuni sigilli dei Cavalieri Templari sono raffigurate alcune teste barbute che, con tutta probabilità, si riferiscono al volto di Cristo; in una deposizione, il Templare Raynier de Larchant, interrogato il 20 ottobre 1307, affermò di aver visto il "Bafometto" una dozzina di volte e che prima dell’arresto dei Cavalieri Templari era conservato presso il Tempio di Parigi.
L’idolo venne descritto come una "testa barbuta", tutti i cavalieri l’avrebbero "baciata, adorata e chiamata Salvatore", anche se non si comprende se fosse un’effigie dipinta, una scultura o una testa "vera" imbalsamata. Quindi probabilmente si adorava il volto di Cristo e sembra certo che in alcune precettorie si conservassero copie dell’impronta sul lenzuolo, sull’esempio dell’acherotipa di Edessa e della stessa Sacra Sindone, portata in Occidente dai Cavalieri Templari.
Furono trovate alcune raffigurazioni che sono tuttora inspiegabili e possono generare ipotesi di culti di tipo gnostico praticati segretamente da alcuni Cavalieri Templari. Altre figure, in alcune sculture hanno caratteri tipicamente androgini. Sesso maschile e seno abbondantemente sviluppato, a testimoniare ancora una volta il dualismo esistente nell’universo , il maschile e il femminile, il cielo e la terra, e la stessa androginità del Creatore, al tempo stesso uomo e donna.
Un altro capo d’accusa contro i Cavalieri Templari, fu quello di praticare la sodomia. Cosa che in quel periodo storico veniva praticata da una buona parte del clero e dei monaci. Inoltre se alcuni Cavalieri Templari praticavano la sodomia non per questo era colpevole tutto l’Ordine. Inoltre il bacio dato sul fondo schiena, non aveva nulla di blasfemo. Nelle religioni orientali è proprio in quel punto che trova posto la "kundalini", il centro delle forze vitali dell’uomo. È probabile dunque che il bacio dato in quel punto avesse un carattere simbolico.
Per quanto riguardava l’accusa di rinnegare Cristo e sputare sulla croce prima di essere ammessi nell’Ordine bisogna dire che anche il Gran Maestro Jacques de Molay dichiarò che al momento della sua ammissione il fratello Humert fece "portare una croce di bronzo su cui era la figura del Crocefisso e m’ingiunse di rinnegare il Cristo rappresentato su quella croce…"; anche Hugues de Pairaud ammise circostanze analoghe: " Poi il fratello Giovanni mi mostrò una croce con l’immagine di Gesù Cristo e mi disse di rinnegare colui che era raffigurato in tal modo e di sputare sulla croce…"; anche Goffredo de Charney, precettore di Normandia, che morì sul rogo insieme a Jacques de Molay disse: " mi fu recata una croce con l’immagine di Gesù Cristo ed il fratello Almarico mi disse di non credere in colui che vi era rappresentato, poiché era un falso profeta e non Dio".
Analoghe dichiarazioni furono fatte anche da Goffredo di Gonneville, precettore di Aquitania e Poitou, e da Rinaldo di Tremelay, priore del Tempio di Parigi.
E’ di massima importanza il fatto che non veniva rinnegata la croce in se stessa, ma colui che era rappresentato sulla croce.
Quindi i Cavalieri Templari distinguevano un Cristo, indubbiamente di origine divina da un altro, evidentemente umano, mandato a morire sulla croce.
Forse nei sotterranei del Tempio di Salomone i Cavalieri Templari trovarono qualche documento comprovante che l’uomo morto sulla croce non fosse stato Gesù.
I Cavalieri Templari ebbero profonde conoscenze in campo occulto e nel costruire immense cattedrali gotiche.
La società medievale si esprimeva a un livello "essoterico" e a un altro più elevato, "esoterico", dove solamente chi possedeva certe nozioni poteva arrivare a comprendere il complesso messaggio teologico o le allegorie morali sottostanti.
Questo simbolismo fu espresso tanto nelle piccole chiese dei Cavalieri Templari come nelle grandiose cattedrali gotiche. È chiaro, quindi, che i Cavalieri Templari ebbero il proprio esoterismo.


CATARI

L’eresia dei Catari viene erroneamente considerata una mancanza di fede, in realtà la loro "eresia" non nasce dal non credere, ma da un bisogno di credere e di vivere diversamente la propria religione.
Essi intendevano tornare al modello ideale di chiesa descritto nei vangeli e negli atti degli apostoli.
I Catari si caratterizzarono per un radicale anticlericalismo che rimetteva in discussione l’esistenza delle strutture e del personale ecclesiastico.
La Chiesa assunse un atteggiamento estremamente duro nei loro confronti.
La definizione di Catari o Uomini Puri fu coniata dagli stessi adepti. In genere vennero chiamati in modi diversi prendendo il nome dal luogo in cui vivevano: Albigesi da Albi, Concorreziani da Concorrezzo, ecc..
È probabile che i Catari derivino dalla setta dei "Bogomil" che fece la sua comparsa nel X secolo in Bulgaria e si diffuse a Costantinopoli alla fine dell’XI secolo.
Essi professavano una dottrina dualista nella quale Dio e il Demonio avevano pari dignità, e anzi il Demonio avrebbe ingannato il Signore riuscendo poi a far cadere gli angeli e ad imprigionarli nella materia; predicavano una assoluta purezza di vita e rifiutavano i sacramenti tranne il "consolamentum" una specie di battesimo per gli adulti, che permetteva all’avvicinarsi della morte di liberarsi dal peccato. In realtà queste assunzioni di base non erano accettate in tutte le comunità catare nel medesimo modo, e quindi sarebbe più corretto parlare di "catarismi", ovvero di esperienze che, pur rifacendosi ad un dualismo radicale, assumono nel tempo connotati differenti.
Per i Catari ogni Uomo doveva liberare il suo animo dal potere del male che governava il mondo terreno. Il messaggio dei Catari era un invito alla liberazione, e ciascuno doveva seguire la parola di Cristo.
Per i Catari la Chiesa avendo accettato il potere e le ricchezze aveva scelto il male e quindi non era più in grado di offrire alcun aiuto per la purificazione. La salvezza poteva venire solo dalla nuova chiesa dei Catari.
Ogni comunità conservava una sua autonomia resa ancora più grande dal fatto che, a differenza della Chiesa cattolica, non esisteva un’entità centrale incaricata di fissare un’ortodossia comune.
Il fascino esercitato dalla chiesa catara fu molto forte, e questo fu dovuto al rigore morale che la distingueva dalla Chiesa cattolica, composta da uomini molto spesso mediocri e corrotti.
Un altro motivo del successo dei catari fu di tipo dottrinale.
I Catari si erano subito proposti come l’autentica Chiesa di Cristo, quella degli apostoli.
Dopo il Concilio cataro di Saint Felix de Caravan del 1167 si cominciò ad intuire la pericolosità per la Chiesa cattolica, dei Catari.
Papa Alessandro III li condannò come eretici, condanna che venne confermata in seguito da Innocenzo III e Onorio III.
Nel 1206 San Domenico di Guzmàn cercò di predicare contro i Catari, ma non ebbe successo.
Nel 1208, prendendo come pretesto l'assassinio del suo legato Pierre de Castelnau, papa Innocenzo III promosse la crociata che portò all’annientamento degli "eretici" Catari.
I nobili della Francia settentrionale guidati da Arnaud Amaury, abate di Citeaux, presero le armi.
Nel luglio del 1209, Béziers fu presa e distrutta, l'intera popolazione uccisa. Molti cittadini furono bruciati nella chiesa della Madeleine. Ai soldati che gli chiedevano come avrebbero capito la differenza tra i Catari e i buoni cattolici, Arnaud Amaury disse queste famose parole: "Uccideteli tutti, Dio li riconoscerà".
Nel mese di agosto del 1209, fu conquistata Carcassonne.
I territori dei nobili che avevano appoggiato i Catari furono attribuiti a Simon de Montfort, il capo dei crociati.
Simon de Montfort continuò a combattere e prese Minerve nel mese di luglio del 1210, ove fece bruciare 140 Catari che rifiutarono di ripudiare la propria fede. Caddero tutte le fortezze della regione dove i Catari avevano cercato rifugio : Termes, Puivert, Lastours,… Il popolo chiama questo episodio della crociata "guerra dei castelli", che in realtà fu una vera guerra di conquista territoriale.
Nel mese di luglio del 1213, Simon de Montfort vinse presso Muret (sud di Tolosa) le fortissime armate alleate di Pietro II di Aragona e di Raimondo VI Conte di Tolosa. Re Pietro fu ucciso durante la battaglia.
Nel 1215 Tolosa fu invasa dai Francesi, ma il Raimondo VI riconquistò la sua capitale.
Durante un secondo attacco nel giugno del 1218 Simon de Montfort perì, ucciso da una grande pietra gettatagli addosso dalle donne di Tolosa che difendevano le mura della città.
Dopo la sua morte i crociati si disorganizzarono del tutto e nel 1224 furono cacciati da Carcassonne. Il re francese Luigi VIII dovette egli stesso incoraggiare i crociati e promosse una nuova offensiva. Ottenne buoni risultati, a tal punto che Raimondo VII, nuovo Conte di Tolosa, fu costretto a sottoscrivere il Trattato di Meaux (1229).

Nel 1233 papa Gregorio IX creò l'Inquisizione, la cui missione era cacciare e giudicare gli eretici.
La conquista territoriale era compiuta, ma il primo obiettivo della crociata, combattere l’eresia dei Catari, fu una completa sconfitta.

I domenicani avevano la responsabilità dell'Inquisizione. Nel 1242 due Grandi Inquisitori furono uccisi con la loro scorta in Avignonet - Lauragais (un villaggio situato tra Tolosa e Carcassonne) da un gruppo di cavalieri provenienti da Montségur.

A Montségur viveva una comunità catara molto importante, che vi si era stabilita dopo essere stata cacciata da ogni altro luogo. Questo villaggio collocato su un'altura e fortificato, simbolizzando il Catarismo, fu sconfitto dopo un lungo attacco (nove mesi), il 2 di marzo del 1244.
Forse nel loro peregrinare alcuni Catari portarono con sé il Santo Graal, e per salvarlo lo avrebbero nascosto nei sotterranei di questa fortezza.
Secondo Wolfram von Eschenbach, il Santo Graal si troverebbe nel castello di Munsalvaesche, che significa "Monte Salvato" o "Monte Sicuro" (Montségur).
L'unica conferma storica ci viene dagli anni '30, quando due nazisti (Otto Rahn, colonnello delle SS, e il filosofo Alfred Rosemberg, amico di Hitler) indagarono proprio a Montségur e in altre fortezze catare alla ricerca del Santo Graal. Subito dopo le ricerche, di cui mai si seppe alcun risultato, Otto Rahn scomparve misteriosamente (forse venne rinchiuso in un campo di concentramento perché "sapeva troppo").
Il 16 di marzo più di 200 "eretici" furono bruciati al palo di fronte alla cittadella. Il luogo è ancor oggi chiamato "Camp dels Cremats" (Campo dei Cremati) in lingua occitana. Quei pali divennero il simbolo del loro martirio.
Il castello di Quéribus, situato nella regione del Corbières, fu l'ultimo bastione, l'ultima difesa dei Catari, e fu sconfitto e occupato solo nel 1255.
Il re di Francia Luigi IX il Santo immediatamente occupò la regione. La cittadella di Carcassonne fu considerevolmente fortificata.
La Contea di Tolosa fu annessa al Regno Francese nel 1271, quando Giovanna, l'ultima figlia dell'ultimo Conte e suo marito Alfonso, frate del Re Luigi IX morirono senza figli.
L'ultimo Cataro, Guilhèm Belibaste, fu bruciato al palo nel 1321 a Villerouge Termenès nel Corbières. Ebbe così fine l’eresia dei Catari.
A i giorni nostri esistono dei gruppi che studiano e simpatizzano molto per i Catari. Ad esempio Spiritualitè Chatare e il Centre d’Etudes Chatare di Carcassonne.







 
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jasmine23
view post Posted on 28/11/2007, 12:46




CATTEDRALI GOTICHE

I Cavalieri Templari, si ritiene avessero rinvenuto documenti relativi alle "LEGGI DIVINE DEI NUMERI,DEI PESI E DELLE MISURE" sotto le rovine del Tempio di Salomone a Gerusalemme e li avrebbero forniti ai costruttori di cattedrali.
Le cattedrali gotiche sono dei veri e propri libri di pietra, per tramandare straordinarie conoscenze che solo poche persone iniziate a simboli ed a codici particolari, avrebbero potuto comprendere. Infatti la grandiosità, l'imponenza e tutta una serie di misteri non risolti hanno fatto diffondere attorno alle cattedrali gotiche numerose leggende legate a figure ed oggetti leggendari della storia del Cristianesimo, dai Cavalieri Templari al Santo Graal.
Furono costruite improvvisamente in Europa, intorno al 1128 (cattedrale di Sens), proprio dopo il ritorno dei Cavalieri Templari dalla Terrasanta, con una maestria costruttiva tecnica e architettonica completamente diversa dalle precedenti chiese romaniche. Una dopo l'altra, sorsero le cattedrali di Evreux, di Rouen, di Reims, di Amiens, di Bayeux, di Parigi, fino ad arrivare al trionfo della cattedrale di Chartres. I piani di costruzione e tutti progetti originali di esecuzione di queste cattedrali non sono mai stati trovati. Le opere murarie erano fatte con una maestria eccezionale. Per i tecnici, come gli architetti, ad esempio, possiamo vedere come i contrafforti esterni esercitano una spinta sulle pareti laterali della navata, e così facendo il peso, anziché gravare verso il basso, viene come spinto verso l'alto, e tutta la struttura appare proiettata verso il cielo. Le Cattedrali inoltre sono tutte poste allo stesso modo: con l’abside rivolto verso est (cioè verso la luce), sono tutte dedicate a Notre Dame, cioè alla Vergine Maria e se unite insieme formano esattamente la costellazione della Vergine.
Inoltre vennero costruite su luoghi già considerati sacri al culto della "Grande Madre", ritenuto il culto unitario più diffuso prima del Cristianesimo; molti di questi luoghi inoltre sono dei veri e propri nodi di correnti terrestri, ovvero punti in cui l'energia terrestre è molto forte (grandi allineamenti di megaliti). Hanno pianta a croce latina: la croce "é il geroglifico alchemico del crogiuolo" (Fulcanelli), ed è nel crogiuolo che la materia prima necessaria per la Grande Opera alchemica muore, per poi rinascere trasformata in un qualcosa di più elevato.
Sono adornate da un gran numero di statue o bassorilievi raffiguranti figure altamente simboliche e simboli magici ed esoterici, che poco hanno a che vedere con la loro funzione di chiese cristiane ed hanno un particolare orientamento in modo che il fedele, entrando nell'edificio sacro, cammini verso l'Oriente, ovvero verso la Palestina, luogo di nascita del Cristianesimo.
Ciascuna cattedrale è dotata di una cripta in cui secondo alcune tradizioni sarebbero nascosti degli oggetti sacri molto importanti (ad esempio si dice che in una delle cripte della Cattedrale di Chartres sia custodita l'Arca dell'Alleanza, e che quando questa cripta sarà scoperta la cattedrale crollerà al suolo). Ma le cripte sono legate ad un altro elemento molto misterioso: le "Vergini Nere", statue o bassorilievi, che raffigurano appunto la vergine Maria, con la particolarità della carnagione scura. E' da sottolineare la relazione tra le statue di Iside, la divinità egizia corrispondente alla dea greca Gea ("la Terra"), che venivano custodite nei sotterranei dei templi egizi, con le Vergini Nere, anch'esse collegate al culto della Terra, diffuso in tutta l'Europa. La stessa Madonna sarebbe la cristianizzazione di questa figura troppo radicata nell'immaginario popolare, da poter essere estirpata del tutto. Per questo, i costruttori delle cattedrali gotiche, che anche in altri particolari (ad esempio quello di erigere le cattedrali sui luoghi sacri alla Grande Madre) si erano dimostrati legati a tale culto, avrebbero colorato in modo diverso il volto della Vergine cattolica, affinché coloro che "sapessero" avrebbero facilmente compreso di chi si trattasse realmente .
Uno dei simboli maggiormente presente nelle cattedrali è il labirinto che sta ad indicare la via che l'uomo deve percorrere per conseguire l'iniziazione. Rappresenta anche il cammino di fede: dall'esterno, seguendo un tortuoso percorso, si arriva al centro. Il labirinto della Cattedrale di Chartres ha un diametro di dodici metri e il percorso si snoda per duecento metri. I pellegrini dovevano percorrere in ginocchio il labirinto, sul pavimento del presbiterio, per andare al loro "centro".

Cattedrale Notre Dame de Chartres (Francia)
Costruita dai monaci cistercensi, la Cattedrale di Notre Dame a Chartres è uno dei capolavori dell’architettura gotica. La Cattedrale è stata costruita a partire dal 1135 e terminata pochi anni prima che venisse posta la prima pietra di Castel del Monte (1240 circa).
Quindi il curioso allineamento tra Chartres, Castel del Monte e la piramide di Cheope è stato voluto da chi ha voluto erigere l’ultima di queste costruzioni. Cioè Federico II con Castel del Monte.
Ma questo vuol dire che, probabilmente l’Imperatore conosceva – grazie ai monaci cistercensi – i segreti che la grande cattedrale francese celava. Segreti che, ancora una volta, sembrano richiamare la geometria sacra ben conosciuta dagli architetti dell’Antico Egitto
E quei segreti, forse, erano stati fissati nella pietra, nel nord della Francia, alcuni secoli prima. Infatti, l’attuale cattedrale è stata eretta sul luogo dove in precedenza sorgeva un altro tempio, risalente, pare, all’800 d.C.
Ma prima di affrontare nel dettaglio le relazioni che legano Chartres alla Grande Piramide, cambiamo punto di osservazione e guardiamo la Francia del Nord dall’alto. Il nostro scetticismo di uomini del Duemila sta per scontrarsi contro una coincidenza apparentemente inspiegabile…
Se alcuni studiosi hanno cercato di vedere le cose dall’alto, altri hanno preferito concentrarsi sull’interno delle costruzioni, cogliendo alcune importanti analogie: ad esempio se a Castel del Monte, tra le altre cose, il numero 111 torna anche come perimetro in cubiti egizi del cortile interno, (per l’esattezza 111/11) lo stesso numero lo ritroviamo a Chartres sia pure in metri: la navata del tempio è lunga 74 metri (centimetro più, centimetro meno) mentre il coro, che la interrompe appunto dopo 74 metri, è lungo 37 metri. 74+37 dà, appunto 111.
Ovviamente il 111 può essere ottenuto in molti modi diversi (110 + 1; 100 + 11; 97 + 14…). Ma l’indizio che la presenza di 74 e 37 non è casuale è data dal fatto che 111: 3 dà 37 mentre 37 x 2 dà 74. Insomma, 37 e 74 sono, rispettivamente, un terzo e due terzi del numero sacro 111.
E’ poi interessante notare che sempre 37 metri è alta la volta della Cattedrale e 37 metri è profondo il cosiddetto pozzo dei "Santi Forti", posto sotto la Cattedrale.
Ma perché uomini di tanto tempo fa dovevano diventare matti a riprodurre, sotto varie forme, alcune proporzioni fisse? Perché, a livello simbolico, riprodurre forme, misure e ritmi cosmici negli edifici sacri voleva dire cercare di riprodurre in Terra e in piccolo la grande armonia celeste. Insomma, dei piccoli Microcosmi che dovevano riprodurre e rappresentare il Macrocosmo e, con esso, la perfezione di Dio.
Si è parlato di "forme", "misure" e "ritmi" e abbiamo visto attraverso l’uso di figure geometriche precise e del ricorrere di numeri e proporzioni cari alla geometria sacra. Ma ci sono anche i "ritmi" dell’universo. Come venivano rappresentati questi "ritmi"?
Ad esempio, attraverso lo sfruttamento della luce del sole in giorni precisi dell’anno. La Piramide di Cheope ha alcuni condotti che secondo alcuni sono orientati in modo tale da far entrare all’interno raggi di sole in giorni particolari. Ugualmente, l’ombra proiettata dalla Piramide in occasione del solstizio d’inverno rispetterebbe precise proporzioni.
Ugualmente le torri di Castel del Monte proiettano ombre precise in certi giorni: in occasione di quello d’autunno, a mezzo giorno, la lunghezza delle ombre corrisponde alla lunghezza del cortile interno, poi l’ombra si allunga fino ad indicare la circonferenza delle mura che anticamente circondavano il castello stesso; senza contare che in occasione del solstizio d’estate, un raggio di sole attraversa la finestra sopra il portale principale per andare a "colpire" un rettangolo posto su una parete del cortile interno.
E a Chartres? Qui, i frati cistercensi non sono stati da meno. Due esempi: il primo è nella vetrata di Sant’Apollinare, nel quale esiste un foro attraverso il quale il 21 giugno, a mezzogiorno, un raggio di sole va a colpire una mattonella metallizzata.
Ma ancora più significativo il fatto che la mandorla del rosone occidentale, rappresentante la Vergine, ad agosto sia attraversata da un raggio di sole che va a proiettarsi sulla rosa posta al centro del labirinto che è in questa cattedrale, come nelle altre cattedrali francesi chiamate a rappresentare la costellazione della Vergine.
Oggi il fenomeno si verifica verso il 20 del mese ma si è calcolato che in origine il tutto accadeva il 15 d’agosto, il giorno dedicato alla Madonna. L’attuale scarto è dovuto al progredire del moto processionale dal Medioevo ad oggi.
Secondo alcuni ricercatori questo labirinto richiama, una volta di più, all’Antico Egitto. Infatti, ricorrerebbero in questo labirinto le complesse proporzioni che l’egittologo Schwaller de Lubicz ha individuato nei più importanti templi egizi.
Ma se anche così non fosse, questo labirinto è interessante per il fatto che il numero delle pietre pavimentali che lo compongono è uguale al numero dei numeri della gestazione e il fatto di percorrerlo rappresenta un percorso iniziatico: dall’esterno fino al centro si cresce spiritualmente fino a "nascere" a nuova vita. Non a caso questo labirinto era chiamato anche "Percorso di Gerusalemme".
Le allegorie si sprecano e hanno spesso al centro la figura della Vergine cui non a caso la cattedrale è dedicata.
Una antica cronaca riferisce che qui, in età precristiana, esisteva un tempio consacrato dai druidi celti ad una Vergine che lì avrebbe partorito. Sembra che in quel tempio fosse custodita una statua venerata dalle popolazioni celtiche. Una statua che ricordava la figura di Iside. Una figura di colore nero. E in Europa sono almeno 500 le raffigurazioni di "Madonne nere". Due di quelle madonne nere sono a Chartres.

Cattedrale Notre Dame de Paris (Francia)
La costruzione della cattedrale di Notre Dame cominciò nel 1160 e fu completata intorno al 1345. Durante il periodo della rivoluzione francese, tutte le statue e decorazioni "reali" che potevano essere considerate anti-repubblicane vennero distrutti, sia all'interno che all'esterno. Nel 1790 la religione venne messa al bando e Notre Dame venne rinominata "Tempio della Ragione" e divenne teatro di manifestazioni di propaganda del nuovo governo rivoluzionario. Fu Napoleone nel 1802 a reintrodurre il cattolicesimo e a re-cristianizzare la chiesa con una solenne cerimonia e qui si autoincoronò imperatore.


Grande Madre e le Madonne (Vergini) Nere

I primi missionari cristiani scoprirono in Gallia un gruppo di Celti intenti a venerare una figura femminile nell'atto di dare alla luce un bambino e spiegarono agli indigeni che, senza saperlo, stavano adorando un'immagine della Madonna e loro erano già cristiani.
Sul luogo sacro venne costruita una chiesa, e l'idolo pagano, trasferito al suo interno, si trasformava automaticamente in una rappresentazione cristiana; per giustificare la presenza di figurazioni mariane che, a volte, precedevano la stessa nascita di Maria, i teologi coniarono un termine "Prefigurazione della Vergine".
I luoghi di culto della Grande Madre nel nostro continente sono molteplici; le rappresentazioni della Dea si trovano quasi tutti in superficie ma, gran parte di esse, erano poste originariamente nel sottosuolo, dove la presenza delle correnti terrestri si fa maggiormente sentire.
Proprio dalla Grande Madre derivano probabilmente le celebri "Vergini Nere", le Madonne dal volto scuro venerate in tanti santuari.
Con un'operazione nota come "sincretismo", la stessa per cui agli dèi del voodoo di Haiti sono stati associate le immagine dei Santi cattolici importate dai missionari, la Grande Madre pagana avrebbe assunto il volto di Maria, colorato però in nero, come quello delle sue prime raffigurazioni.
Le immagini delle Vergini Nere contraddistinguerebbero dunque i luoghi particolarmente legati alla Grande Madre, gli stessi su cui, da sempre, gli uomini costruiscono i loro edifici sacri.
Vergini nere sono disseminate nelle chiese di tutta Europa; in Italia se ne trovano a Cagliari, Crea del Monferrato, Crotone, Loreto, Lucca, Oropa, Pescasseroli, Rivoli, Roma, San Severo, Tindari, Venezia; in Francia addirittura novantasei. Le più famose sono quelle della cattedrale gotica di Chartres, chiamate Notre-Dame-sous-Terre e Notre-Dame-du-Pilier.
Si dice che alcuni individui particolarmente sensibili, avvicinandosi alle cappelle in cui sono collocate, provino una sensazione di mancamento: sono le correnti terrestri che, in quei punti, raggiungono il massimo della loro potenza, e che percorrono la colonna vertebrale del visitatore, non di rado provocando in lui un'improvvisa "illuminazione" mistica.
Inoltre, nel culto della Madonna rivive in modo concreto il culto pagano di Iside, che fu per due secoli la "Santa Madre" del mondo antico. Iside "che tutto vede e tutto può, stella del mare, diadema della vita, donatrice di legge e redentrice" era la donna divinizzata (culto ripetuto anche in altre mitologie). La si rappresentava come una giovane donna, inghirlandata dal loto azzurro della luna crescente, col figlioletto Horus tra le braccia. Non poche statue di Iside furono trasformate più tardi in immagini della Madonna. Anche i Druidi (sacerdoti pagani) onoravano la statua in legno di una donna, rappresentante la fecondità.
La Dea è spesso indicata come la "divinita’ dai mille nomi" , infatti Cerere , Epona , Amaterasu , Ishtar , Artemide , Diana , Demetra sono solo alcuni dei tanti nomi con i quali Dea Myrionyme (la dea dai mille nome appunto) e’ conosciuta. La stessa parola Myrionyme ricorda da vicino Myrion , il nome di "Maria" , la vergine cristiana creando così strani e non del tutto ingiustificati accostamenti.

MADONNE NERE IN ITALIA
Madonna di Monte Tranquillo – Pescasseroli (L’Aquila)
Madonna del Sacro Monte - Varese
Maria Mater Gratiae SS. Vergine di Oropa - Biella
Nostra Signora di Loreto - Graglia (Biella)
Madonna Nera di Groscavallo - Santuario di Forno Alpi Graie (Torino)
Madonna Nera di Rivoli (Torino)
Madonna Nera di Sampeyre (Cuneo)
Madonna Nera di Trana (Torino)
Nostra Signora di Celle - Trofarello (Torino)
S. Maria Cortelandini detta S. Maria Nera – Lucca
Madonna Nera di Loreto – Ancona
Beata Vergine della Tempesta - Tolentino (Macerata)
Maria SS. di Canneto – Santuario di Canneto (Settefrati) - Frosinone
Maria SS. Incoronata - Santuario dell’Incoronata (Foggia)
Maria SS. del Soccorso - Santuario del Soccorso – San Severo (Foggia)
Madonna Nera di Sovereto – Terlizzi - (Bari)
Madonna del Sacro Monte - Viggiano (Potenza)
Madonna Nera di Capocolonna - Crotone
Madonna Nera di Seminara – Reggio Calabria
Madonna Nera di Rogaro - Tremezzo (Como)
Madonna Nera della Civita – Itri (Latina)
Madonna Nera di Tindari – Messina
Madonna Nera di Cagliari
Maria SS. del Carmine - Napoli
Maria SS. la Bruna - Puccianiello (Caserta)
S. Maria Assunta – Positano (Salerno)
Madonna del Monserrato – Porto Azzurro – Fosso di Riale (Isola d’Elba)
Madonna Nera della Chiesa S. Lucia V. e M. – Fontechiari (Frosinone)
Maria SS. di Carpignano Salentino - Lecce
Maria SS. di Valverde - Tarquinia (Viterbo)
Beata Vergine di Castelmonte – Cividale (Udine)
Beata Vergine di San Luca – Bologna
Nostra Signora delle Grazie – Sori (Genova)
Beata Vergine Nicopeja - Venezia
Madonna Nera di Pralongo – Treviso
Madonna Nera di Tresivio – Sondrio
Maria SS. di Patmos - Rosarno (Reggio Calabria)
Madonna Nera di Carboniano – Gemmano (Rimini)
Madonna Nera dei Carbonari - Longobucco (Cosenza)
Madonna del Sasso Malesco - Finero (Verbano)
Madonna della Lettera - Palmi (Reggio Calabria)

MADONNE NERE IN FRANCIA
Notre Dame des Graces - Aix Bouches du Rhone
Arconsat Puy-de-Dome
Notre Dame des Neiges - Aurillac Cantal
Beaune Cote d'Or
Boulogne-sur-Mer Pas-de-Calais
Notre Dame de la Chapelle Geneste - Haute-Loire
Charlieu Loire
Chartres Eure-et-Loire
Notre Dame de Clermont - Clermont-Ferrand Puy-de-Dome
St-Christophe les Gorges-Cantal
Clery Loiret
Couterne Orne
La Delivrande Calvados
Dijon Cote d'Or
Dorres Pyrenees-Orientales
Err Pyrenees-Orientales
Ferrieres Loiret
Font-Romeu/Odeillo Pyrenees-Orientales
Fourviere Lyon
St-Germain-Laval Loire
St-Gervazy Puy-de-Dome
Goult-Lumieres Vaucluse
Guingamp Cotes-du-Nord
St-Jean-Cap-Ferrat Alpes-Maritimes
Liesse Aisne Limeuil Dordogne
La Lizolle Puy-de-Dome
Longpont-sur-Orge Seine-et-Oise
Lyon Rhone
Maillane Bouches-du-Rhone
Marsat Puy-de-Dome
Meymac Correze
Notre Dame de Bethleem - Ferrieres Loiret
Notre Dame de la Confession - Marseilles Bouches-du-Rhone
Notre Dame de Marceille - Limoux Aude
Notre Dame des Miracles - Mauriac Cantal
Mende Lozere
Mezieres Ardennes
Modane Savoie
Moulins Allier
Murat Cantal
Myans Savoie
Orcival Puy-de-Dome
Orleans Loiret Paris
Pignans Var
Le Puy en Velay Haute-Loire
Notre Dame du Marthuret - Riom Puy-de-Dome
Rocamadour Lot
Les Saintes Maries de la Mer Gard
Sarrance Basses Pyrenees
Notre Dame du Chateau - Tarascon Bouches-du-Rhone
Tarascon-sur-Ariege Ariege
Thuir Pyrenees-Orientales
St-Victor-Marseille
Vierge des Croisades - Thuret Puy-de-Dome
Toulouse Haute-Garonne
Valfleury Loire
Vassiviere/Besse Puy-de-Dome
Vernay Loire
Notre Dame de Vichy - Vichy Allier

MADONNE NERE IN SPAGNA
Atocha - Madrid
Candelaria - Tenerife
De los Milagros - Agreda Soria
Del Pilar - Saragozza
Guadalupe - Caceres
La Alberca Pena de Francia - Salamanca
Montserrat - Barcellona
Regla Chipiona - Cadiz
Solsona - Lerida
Torreciudad - Alta Aragona

MADONNE NERE IN GERMANIA
Altotting - Baviera

MADONNE NERE IN POLONIA
Czestochowa
Per ben comprenderne l'intensità e l’importanza del culto della Vergine Madre presso i Cavalieri Templari, basta leggere gli antichi regolamenti dell' Ordine, in cui è scritto: "le orazioni a Nostra Signora si devono recitare ogni giorno, per prime, nella Magione, salvo la compieta di Nostra Signora che si recita tutti i giorni, nella Magione, per ultima, poiché nel Nome di Nostra Signora ebbe inizio il nostro Ordine, e in Suo onore, se Dio vuole, sarà la fine della nostra vita e dell'Ordine stesso, quando a Dio piacerà che ciò accada".


MARIA MADDALENA (MARIA DI MAGDALA)

Maria non era semplicemente un nome ma un titolo di distinzione, essendo una variazione di Miriam (il nome della sorella di Mosè e Aronne). Le Miriam (Marie) partecipano a un ministero formale all'interno di ordini spirituali. Mentre i "Mosè" guidavano gli uomini nelle cerimonie liturgiche, le "Miriam" facevano altrettanto con le donne.
Un ritratto molto bello di Maria Maddalena ( o Maria di Magdala) è quello che ci riportano Anne e Daniel Meurois-Givaudan dalle loro letture delle cronache dell’Akasha, così ricca di amore e sapienza.
Ella è consapevole che solo le donne rappresentano un ponte permanente fra il mondo delle forze vitali e il nostro, capaci di assorbire dall’aria, ad ogni istante della vita, grandi quantità di energie sottili e di orientarle, liberandosi ad ogni lunazione delle sue ceneri. Il corpo di una donna più di ogni altro corpo può condensare forze capaci di aprire la materia e di trasformarla, così la Maddalena nei loro testi è anche una potente guaritrice dedita allo studio degli olii e alla ricerca dell’olio sacro in grado di trasformare l’animo umano aprendolo all’essenza dei Kristos.
La storia di Maria Maddalena ci racconta una vita da viandante: prima, secondo alcuni, immersa in studi sacri presso gli Esseni o al sacerdozio di Iside, poi al seguito di Gesù di villaggio in villaggio, poi nella predica in Palestina, quindi esule in Francia e ancora in viaggio a predicare. Una donna che cammina sulla terra di luogo in luogo, ma sa anche fermarsi a meditare (in una grotta in Francia si ferma per anni, nutrendosi esclusivamente delle energie angeliche).
Maria Maddalena, prima fra gli apostoli, ci appare solenne nell’incedere e negli abiti (la tunica nera, il manto rosso).
Nei secoli Maria Maddalena viene identificata inoltre con la peccatrice, la prostituta che lava e unge i piedi di Gesù (e che, come vedremo, è invece un’altra donna) e in questo errore storico c’è qualcosa di estremamente affascinante ed importante che appartiene alla Maddalena. Si tratta della dimensione dell’autenticità assoluta, che apre lo spazio del sacro. Non è tanto importante nella storia l’umile e bassa condizione cui la prostituta appartiene, quanto la perfetta autenticità ed integrità del suo gesto, che viene messa a confronto con il manierismo degli altri discepoli.
È grazie a questa sua autenticità che alla Maddalena Gesù affida il suo messaggio più importante (la buona novella e,secondo alcuni, il suo insegnamento esoterico) ed è ancora in virtù di questa autenticità che Maria Maddalena può essere il canale che connette la terra e il cielo, il divino e il corporeo e apre la dimensione del sacro, della parola che trasforma, del rito, della guarigione.
Qui di seguito troverete alcune notizie su Maria Maddalena.

Le tre Marie
Con l'espressione "questione delle tre Marie" la critica denomina il problema dell'identità di tre donne che compaiono nei testi evangelici. La Chiesa latina era solita accomunare nella liturgia le tre distinte donne di cui parla il Vangelo e che la liturgia greca commemora separatamente: Maria di Betania, sorella di Lazzaro e di Marta, l'innominata peccatrice "cui molto è stato perdonato perché molto ha amato" (Lc. 7, 36-50), e Maria Maddalena o di Magdala, l'ossessa miracolata da Gesù, che ella seguì e assistette con le altre donne fino alla crocifissione ed ebbe il privilegio di vederlo risorto.
I versetti di Lc. 8, 1-3, dove si nomina Maria di Magdala come donna guarita da Gesù, "dalla quale erano usciti sette demoni", si trovano nel racconto di Luca subito dopo l'episodio della donna innominata (7, 36-50) che, entrata nella casa di Simone il fariseo, si avvicina a Gesù e gli cosparge i piedi di olio profumato. Questo è l'unico riferimento che l'evangelista fa a unzioni da parte di una donna nei confronti di Gesù; Luca non rivela la sua identità, ma afferma solo che si tratta di una "peccatrice". L'episodio di un'unzione è presente anche in Marco (14, 3-9) e Matteo (26, 6-13). 1 due racconti concordano nel porre l'avvenimento a Betania, in casa di Simone il lebbroso, e nel riferire l'unzione ad una donna senza indicarne il nome. In Giovanni (12, 1-8) infine è narrata un'unzione che viene collocata sempre a Betania, senza indicare in casa di chi,bensì nominando tra i presenti Marta e Lazzaro e identificando in Maria la donna che unge Gesù.
Ora questi due brani sono concordemente ritenuti paralleli e relativi allo stesso episodio. Nel quarto vangelo, in una sezione precedente, si trova però anche questo riferimento: "Maria era quella che aveva cosparso di olio profumato il Signore e gli aveva asciugato i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era ammalato" (Gv.11,2).
I problemi principali che questi testi pongono sono:
1) Gv. 11, 2 si riferisce all'unzione narrata poi in 12, 1-8 oppure a quella narrata da Lc. 7, 36-50?
2) Si deve ritenere che ci sia stato un solo episodio di unzione oppure due?
3) Chi è la donna senza nome di Lc. 7, 36-50?
4) Quale interpretazione dare circa l'espressione riferita a Maria di Magdala "erano usciti sette demoni"?
Le possibili diverse risposte agli interrogativi hanno conseguenze molteplici per le identità delle donne coinvolte. La risposta ai primi due quesiti, nel senso che Gv. 11, 2 si riferisce allo stesso episodio di Lc. 7, 36-50 di cui in tal modo viene attribuita a Giovanni la conoscenza, porta a fare di Maria di Betania una sola persona con la peccatrice di Lc. 7, 36-50. A tale risultato si perviene anche ritenendo che Gesù sia stato oggetto di un'unica unzione: quella narrata in Gv. 12, 1-8 e in Lc. 7, 36-50. La risposta agli altri due problemi può condurre, attraverso la connotazione del demonio quale causa di peccato, a identificare Maria di Magdala, dalla quale secondo Lc. 8, 2 "erano usciti sette demoni", con la peccatrice di Lc. 7, 36-50.
I procedimenti relativi alla problematica delle unzioni e alla interpretazione dell'espressione "sette demoni", che di per sé sarebbero separati e indipendenti, confluiscono perché la peccatrice è figura comune ai due percorsi. Ne risulta una sintesi che conduce a identificare Maria di Magdala con Maria di Betania e a fare di tre donne una sola. Questo travisamento esegetico porta Maria di Magdala, la prima donna nominata nel seguito di Gesù, a essere considerata una prostituta e come tale ad essere ricordata per secoli nel culto, nella letteratura, nell'arte. Questi percorsi di errata interpretazione dei testi si sono sviluppati nell'arco della storia dell'esegesi forse a partire da Girolamo che per primo fece l'accostamento tra il concetto di possessione e quello di peccato.
In Oriente è stata mantenuta la distinzione, rilevabile anche dalle tre diverse date in cui vengono celebrate le feste: peccatrice innominata di Lc.7,36-50 il 31 marzo, Maria di Betania il 18 marzo, Maria di Magdala il 22 luglio. La convinzione prevalente degli studiosi oggi è a favore della distinzione.

Maria Maddalena evangelica
Maria chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti "sette demoni" (Lc.8,2) è la prima donna del gruppo delle discepole itineranti con Gesù ad essere nominata nel Vangelo di Luca. Sempre prima la ritroviamo nella lista dei sinottici quando viene descritta la crocifissione e si nomina la presenza del gruppo delle donne, fedeli seguaci del Nazareno fin dalla predicazione sulle strade della Galilea, che assiste alla Passione (Mc 15,40;Mt 27,56; Lc 23,49-55;24,10)
Nel racconto giovanneo la troviamo menzionata sotto la croce con la "madre, la sorella di sua madre, Maria di Cleofa "(Gv 19,25). Se nelle altre liste ha il privilegio di essere la prima, qui ha quello di essere associata al gruppo delle parenti strette. Già dalla lettura di questi primi testi biblici emergono elementi che indicano un primato di Maria di Magdala nel gruppo. Essa è il solo nome ad essere comune a tutte le liste: le altre donne ricordate cambiano, lei sola è presente in tutte le fonti. Che questi dati suppongano anche un rapporto particolare e privilegiato con Gesù è confermato dal seguito delle narrazioni evangeliche.
Maria Maddalena è inconfondibilmente "presso la croce di Gesù", poi in veglia amorosa "seduta di fronte al sepolcro", infine, all'alba del nuovo giorno è la prima a recarsi di nuovo al sepolcro, dove ella rivede e riconosce il Cristo risorto dalla morte. Alla Maddalena, in lacrime per aver scorto il sepolcro vuoto e la grossa pietra ribaltata, Gesù si rivolge chiamandola semplicemente per nome: "Maria!" e a lei affida l'annuncio del grande mistero: "Và a dire ai miei fratelli: io salgo al Padre mio e Padre vostro, al mio Dio e vostro Dio".
E' di grande rilevanza che in un tempo nel quale la testimonianza delle donne, e quindi la loro parola, non aveva valore giuridico, il Cristo affidi il messaggio di resurrezione, a Maria di Magdala, facendo di lei la prima mediatrice della Parola, del Logos incarnato, rendendola apostola degli apostoli.

Il matrimonio di Maria Maddalena e Gesù
Secondo alcuni studiosi (fra cui L. Gardner) Maria Maddalena fu la sposa sacra di Gesù in pieno rispetto delle procedure del matrimonio ebraico per i discendenti della stirpe di Davide e le nozze di Canaan (in cui Gesù era lo sposo) sarebbero appunto il primo atto di tale matrimonio. Da Maria e Gesù sarebbero nati, secondo tale tradizione, in cui credevano anche i Catari, tre figli, dando luogo ad una dinastia che si protrae nei secoli.

Maria Maddalena nella Gnosi
In alcune sette gnostiche tra il II e il V secolo d.C., Maria Maddalena giocava un ruolo simbolico molto importante. Si riteneva che per la sua vicinanza con Gesù avesse ricevuto una rivelazione speciale da Lui e conoscenze che in seguito Ella avrebbe trasmesso agli altri discepoli.
Maria Maddalena era anche l’archetipo del sacerdozio femminile.
Vi è un gruppo di fonti gnostiche che afferma di aver ricevuto una tradizione di insegnamenti segreti da Gesù tramite Giovanni e Maria Maddalena. Una parte di tale rivelazione aveva a che vedere con il concetto che il divino è sia maschile che femminile. Essi interpretarono ciò nel senso simbolico e astratto in cui il divino consiste da una parte dell’Ineffabile, del Profondo, del Padre Primo e dall’altra della Grazia, del Silenzio, della Madre di ogni cosa.
Alcune di queste fonti gnostiche furono ritrovate nella località di Nag Hammadi (alto Egitto) nel 1945, mentre il "Vangelo di Maria", ci è noto da due fonti. La prima, il cosiddetto "Papyrus Berolinensis 8502", fu conservato dal 1896 presso il dipartimento di egittologia di Berlino. Esso fu acquistato al Cairo da Carl Reinhardt e sembra probabile la sua provenienza da Achmin, in Egitto. Tuttavia a causa di complesse vicende il manoscritto fu pubblicato soltanto nel 1955. Dove si racconta di quando gli apostoli, spaventati e disorientati dalla crocifissione, chiesero a Maria Maddalena di infondere loro coraggio parlando degli insegnamenti segreti trasmessi a lei da Gesù. Un secondo frammento greco, noto come "Papiro Rylands III n. 463", proveniente da Ossirinco (Egitto) viene datato III secolo d.C.
Maria Maddalena acconsentì e parlò loro fino a che Pietro, furioso, la interruppe chiedendo: "davvero Egli ha parlato privatamente di queste cose ad una donna e non apertamente con noi? Ci tocca ora davvero ascoltare Lei? Gesù preferiva dunque lei a noi?" Maria replicò: "Stai dicendo che dico cose che ho inventato io stessa o che sto mentendo a proposito del mio Signore?". A questo punto Levi intervenne dicendo "Pietro, sei sempre stato impulsivo. Ora stai parlando con lei come con un avversario. Se il Signore l’ha considerata degna, chi sei tu per rifiutarla? Sicuramente il Signore l’ha conosciuta molto bene. E questa è la ragione per cui l’ha amata più di noi". Al che gli altri furono d’accordo per accettare l’insegnamento di Maria e, incoraggiati dalle sue parole, uscirono a predicare. Vangelo di Maria 17.18 - 18.15.

Maria Maddalena, la Francia e i Catari
Secondo alcune fonti Maria Maddalena morì nel 63 d.C, all'età di 60 anni, in quella che oggi è St.Baume, nella Francia meridionale. Il suo esilio venne raccontato da Giovanni, nella "Rivelazione" (12:1-17), in cui descrive Maria e suo figlio e narra della sua persecuzione, della sua fuga e della caccia al resto del suo seme (i suoi discendenti) condotta senza tregua dai Romani. Oltre a Maria Maddalena, fra gli emigrati in Gallia nel 44 d.C., c'erano Marta e la sua serva Marcella. C'erano anche l'apostolo Filippo, Maria Iacopa (moglie di Cleofa) e Maria Salomè (Elena). Il luogo dove sbarcarono in Provenza era Ratis, divenuto poi noto come Les Saintes Maries de la Mer.
Tra le fonti scritte sulla vita di Maria Maddalena in Francia troviamo "La vita di Maria Maddalena", di Raban Maar (776-856), arcivescovo di Magonza (Mainz) e abate di Fuld.
In Francia Maria Maddalena avrebbe continuato l’opera di predica e di guarigione e trascorso lunghi anni in meditazione e in digiuno (nutrendosi esclusivamente della presenza degli angeli) in una grotta.
Il culto più attivo della Maddalena s'insediò poi a Rennes-le-Chateau, nella regione della Linguadoca. Ma anche altrove, in Francia, sorsero molti santuari dedicati a S.te Marie de Madelaine, fra cui il luogo della sepoltura a Saint Maximin-la-Sainte Baume, dove i monaci dell'ordine di San Cassiano vegliarono sul suo sepolcro e tomba in alabastro dall'inizio del 400. Un'altra importante sede del culto della Maddalena fu Gellone, dove l'Accademia di Studi Giudaici fiorì durante il IX secolo. La chiesa a Rennes-le-Chateau fu consacrata a Maria Maddalena nel 1059 e nel 1096, l'anno della Prima Crociata, ebbe inizio la costruzione della grande Basilica di santa Maria Maddalena a Vézelay. Nel redigere la Costituzione dell'Ordine dei Cavalieri Templari nel 1128, San Bernardo da Chiaravalle menzionò specificatamente il dovere di "obbedienza a Betania, il castello di Maria e Marta". E' quindi molto probabile che le grandi cattedrali di "Notre Dame" in Europa, tutte sorte per volere dei Cistercensi e dei Cavalieri Templari, fossero in realtà dedicate a Maria Maddalena.
Nel 1209 un esercito papale di 30.000 soldati al comando di Simon di Montfort calò sulla regione della Linguadoca. Erano stati mandati a sterminare la setta ascetica dei Catari (i Puri) che, secondo il Papa e Filippo II Re di Francia, erano eretici. Il massacro, durato 35 anni, costò decine di migliaia di vite umane e culminò con l'orrendo eccidio al seminario di Montségur, dove oltre 200 ostaggi furono bruciati sul rogo nel 1244. In termini religiosi la dottrina dei catari era essenzialmente gnostica: erano persone dotate di grande spiritualità e credevano che lo spirito fosse puro, ma che la materia fisica fosse contaminata. Sebbene le loro convinzioni fossero poco ortodosse, il timore del Papa in realtà era causato da qualcosa di molto più minaccioso. Si diceva che i Catari fossero i custodi di un grande e sacro tesoro, associato ad un'antica e fantastica conoscenza. La regione della Linguadoca corrispondeva sostanzialmente a quello che era stato il regno ebraico di Septimania nell'VIII secolo, sotto il merovingio Guglielmo de Gellone. Tutta la zona della Linguadoca e della Provenza era impregnata delle antiche tradizioni di Lazzaro (Simone Zelota) e di Maria Maddalena e gli abitanti consideravano Maria la "Madre del Graal" del vero cristianesimo occidentale. Ai pari dei Cavalieri Templari, i Catari erano apertamente tolleranti verso la cultura ebraica e musulmana e sostenevano anche l'uguaglianza dei sessi. Come livello di apprendimento e di educazione, i Catari erano tra i più colti nell'Europa di quel periodo, permettendo uguale accesso all'istruzione ai ragazzi e alle ragazze. Di tutti i culti religiosi nati in epoca medievale, il catarismo era il meno minaccioso, ma la tradizione sviluppata in Provenza, già dal I secolo, sulla storia dei discendenti di Gesù alla Chiesa romana non piaceva. Al pari dei Cavalieri Templari, i Catari non volevano assolutamente sostenere la tesi che Gesù fosse morto sulla croce. Si riteneva così che possedessero sufficienti informazioni attendibili per smentire clamorosamente la storia della crocifissione. C'era soltanto una soluzione per un regime disperato che aveva paura di perdere credibilità. Dalla Chiesa di Roma fu impartito un ordine: "Uccideteli tutti".

La Maddalena medioevale
Dal Medioevo si afferma la figura della Maddalena come "contro-eroina" in un mondo di oppressione maschile.

Ella era ammirata come
1) la donna che fu la prima testimone della resurrezione
2) la donna che insegnava agli apostoli quando questi si distraevano
3) la donna che predicava, in un momento in cui alle donne era vietato predicare
4) la donna che sconfisse l’opposizione maschile
La devozione alla Maddalena cominciò a diffondersi. La troviamo in statue, dipinti, fregi, pannelli dell’altare e illustrazioni dei manoscritti. Era usualmente rappresentata o al momento di ricevere l’incarico da Gesù o mentre predicava alle folle.
Si diffuse in tutta Europa il racconto del suo arrivo in Francia attraverso la "Legenda Aurea", un testo del XIII secolo sulle vite dei santi che veniva letto in ogni chiesa e monastero.

Iconografia di Maria Maddalena
Nell'iconografia classica Maria Maddalena veste di nero e porta un mantello rosso, oppure, come appare in molti dipinti, sotto la tunica nera ne indossa una rossa, segno della sua dignità sacerdotale.
Probabilmente, come Gesù, ella apparteneva alla setta dei Nazirei. Nazireo deriva da "Netzah" figura associata alla lunare Iside egizia e gli appartenenti alla setta vestivano tuniche nere. Maddalena trova la sua etimologia in Magdalha, "Torre", e proprio Maria Maddalena spesso veniva indicata dai Cavalieri Templari come Madre del Graal e sposa del Messia. Da questi simboli si intuisce anche un legame fra il culto di Maria Maddalena e le celebri Madonne Nere, presenti non a caso soprattutto in Francia.

Altri attributi iconografici di Maria Maddalena:
Il Vaso, il Teschio, il Cilicio o la Sferza, la Croce, il Libro, la Stuoia, lo Specchio rotto, i Capelli Lunghi, la Nudità, le Gioie disprezzate (collana di perle rotta), le Radici amare, la Grotta, gli Angeli

Un miracolo di Maria Maddalena
Dal momento che Maria Maddalena rappresentava la prostituta sacra, ella era la mediatrice fra il mondo del divino e il mondo umano e ci sono diversi miti in cui si parla della capacità di Maria Maddalena di operare miracoli. In uno di essi si racconta di quando per prima ella vide e comunicò di aver visto Gesù risorto. Mentre correva a raccontarlo agli altri discepoli, ella incontrò Ponzio Pilato e gli disse della meravigliosa notizia. "Provalo!" rispose Pilato. In quel momento stava passando una donna con un cestino di uova e Maria Maddalena ne prese uno in mano. Come lo mostrò a Pilato, l’uovo divenne di colore rosso brillante.

FONTE


 
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jasmine23
view post Posted on 29/11/2007, 13:29




MEROVINGI

Gregorio di Tours, nel 700 d. C.,scriveva che: "emersero nell'antica tradizione nazarea per diventare i re pescatori dai lunghi capelli". Nella cronaca di Fredegario si legge che i Franchi Sicambrici invasero la Francia e che Argotta, figlia di Génobaude, sposò Pharamond, re pescatore, nipote di Boaz, discendente del figlio di Giosuè. Dalla loro unione nacque Clodion, padre di Merovee.
La dinastia prende il nome proprio da Merovee, generale francese che combatté a fianco dell'Impero Romano contro gli Unni. Secondo una leggenda Merovee era figlio di due padri. La madre, infatti, già fecondata, sarebbe stata violentata da un mostro marino. Per tale motivo nelle vene di Merovee scorreva non solo il sangue del vero padre, ma anche quello del mostro marino. Tutto questo può solo avere un significato simbolico. I Franchi si erano uniti con una stirpe che veniva d'oltremare.
Merovee, sembra, era dotato di poteri sovrumani. Tutti i re merovingi, iniziati a scienze occulte, praticavano arti esoteriche. Venivamo chiamati "re taumaturghi". Baigent, Leight e Lincoln scrivono:"erano re sacerdoti, incarnazione del divino, non diversamente dagli antichi faraoni egizi". Quando morivano veniva praticato sul cranio un foro, forse per consentire all'anima di fuggire per unirsi con il divino.
Un teschio con un foro nella calotta cranica è stato rinvenuto, durante la seconda guerra mondiale, nella Chiesa di Rennes-le-Chateau.La dinastia regnò dal 451 al 751. Il regno ha conosciuto diverse divisioni (Austrasie, Neustrie, Paris, Bourgogne) ed anche delle riunificazioni. Il primo re fu Clovis I nato nel 465 e morto nel 511. Cominciò a regnare il 481, sposò Clotilde che, poi, divenne Santa Clotilde.
In quel periodo esisteva una fede gnostica che considerava Gesù creatura umana e la Chiesa di Roma si considerò vincitrice quando Clovis I chiese di essere battezzato sotto le pressioni della moglie Clotilde. Roma aveva garantito ai Merovingi il diritto di ereditare il trono per i secoli futuri. Dopo la morte di Clovis I, il regno fu diviso in quattro parti, tra i suoi quattro figli.

DINASTIA DEI MEROVINGI
PHARAMOND (420-429)
CLODION (429-448)
MEROVEE (448-456)
CHILDERIC I (456-482)
CLOVIS I (482-511)
CLODOMIR (494-524)
THEODEBERT I (504-548)
CHILDEBERT I (511-562)
CLOTAIRE I (511-567)
THEODEBALD (535-555)
CARIBERT I (567-570)
GONTRAN (525-592)
SIGEBERT I (535-575)
CHILPERIC I (567-584)
CLOTAIRE II (584-630)
THEODEBERT II (588-612)
SIGEBERT II (601-613)
CARIBERT II (606-633)
DAGOBERT I (630-644)
SIGEBERT III (631-656)
CLOVIS II (644-662)
THIERRY III (654-691)
CLOTAIRE III (662-666)
CHILDERIC II (666-679)
THIERRY I (679-693)
CLOVIS IV (680-695)
CHILDEBERT III (681-711)
CLOTAIRE IV (682-719)
CLOVIS III (693-697)
CHILDEBERT II (693-711)
DAGOBERT III (699-715)
DAGOBERT II (711-715)
THIERRY IV (713-737)
CHILPERIC II (715-720)
CHILPERIC III (720-752)


Rennes-le-Chateau e i Cavalieri Templari

Anche Rennes-le-Chateau, un piccolo paese della provincia francese del profondo sud, divenne teatro di una caccia al tesoro, simile a quella di Gisors.Quella che era iniziata per gli studiosi Lincoln, Baigentl e Leigh come semplice ricerca del tesoro condusse, per loro stessa ammissione, a un labirinto sempre più intricato di segreti, la cui scoperta, dal loro punto di vista, avrebbe potuto avere conseguenze tanto rivoluzionarie, che intere parti di storia dell’Occidente avrebbero dovuto essere riscritte.Tutto sarebbe iniziato, secondo i tre autori, nel 1885, quando un certo Bérenger de Saunière diventò parroco nel paese di Rennes-le-Chateau. Nonostante disponesse solo delle entrate estremamente ridotte di un parroco di paese e non possedesse alcun patrimonio personale, a partire dal 1896, cominciò di punto in bianco a spendere molto denaro. Solo per i francobolli spendeva più di quanto guadagnasse ufficialmente in tutto l’anno. Fece restaurare la chiesa, si costruì una villa e mise da parte un patrimonio in porcellane, sculture antiche e libri rari.
Indiscutibilmente aveva raggiunto un benessere improvviso e per cercare di chiarire da dove provenisse questa ricchezza è stato speso molto inchiostro. Per quanto diverse fossero tra loro le teorie, anche qui i Cavalieri Templari occupano una posizione di primo piano. Dipende dal fatto che Rennes-le-Chateau, un paese posto su una montagna impervia e appartata, era stato un territorio chiave dei Cavalieri Templari; infatti, su cinquantadue chilometri quadrati si trovavano sei sedi dell’Ordine, che servivano ufficialmente a sorvegliare la strada dei pellegrini verso Santiago di Compostela, che passava per quel territorio.
È facile supporre che nel 1307 i Cavalieri Templari, che già sospettavano di essere arrestati, abbiano trasportato le loro ricchezze al sicuro nella regione in cui erano più presenti e dove potevano contare sul massimo appoggio da parte della popolazione. Nel XII e nel XIII secolo, l’ impervia regione di montagna intorno a Rennes-le-Chateau era divenuta un bastione dei Catari e, durante il loro sterminio operato dalle crociate di papa Innocenzo III, molti perseguitati avevano trovato asilo nelle fortezze dei Cavalieri Templari in Languedoc e molti erano persino entrati nell’Ordine.
I Cavalieri Templari, infatti, si opposero rigorosamente all’ordine papale di alzare la spada contro dei Cristiani, anche se eretici. In quel periodo di persecuzione, tra i Cavalieri Templari e gli abitanti della regione si formò una solida comunità, tanto che l’intera regione si trasformò in un unico covo di resistenza contro il re francese e la Chiesa. In realtà i Cavalieri Templari che vivevano nella sede dell’ Ordine sul Bézu, una montagna nelle vicinanze di Rennes-le-Chateau, nel 1307 riuscirono a sfuggire alle guardie del re.
Non è chiaro se furono avvertiti o se forse la polizia locale li lasciò scappare di proposito, in ogni caso è chiaro che qui i Cavalieri Templari si muovevano in assoluta sicurezza. Qui sarebbe stato conservato al sicuro, per secoli, il tesoro del Tempio. Molte leggende in Languedoc raccontavano che il tesoro dei Cavalieri Templari si trovava in questa regione e che era stato portato da Gerusalemme, nel 70 d.C., dall’imperatore romano Tito.
Il punto di partenza di questa leggenda è l’anno 1156, quando il Gran Maestro Bertrand de Blanquefort, la cui casa natale distava solo a un chilometro e mezzo, ordinò vasti scavi nelle vecchie miniere d’oro intorno a Rennes-le-Chateau.Tutto ciò si verificò in circostanze misteriose: Bertrand de Blanquefort fece venire gli operai da fuori, dalla Germania, probabilmente perché non avrebbero potuto parlare,con gli abitanti del luogo, di ciò che cercavano o che avevano trovato nelle miniere. Le voci che presto cominciarono a circolare su queste attività dicevano che i Cavalieri Templari cercavano l’oro là sotto, ma è davvero poco verosimile, infatti già i Romani avevano scavato in quella miniera alla ricerca dell’oro finché ne era valsa la pena. Quindi quasi sicuramente questi scavatori non cercavano l’oro.
Cesare d’Arcons, che apparteneva alla squadra di ingegneri, nel suo rapporto scriveva che forse avevano messo al riparo del metallo, costruito oggetti di metallo o forse addirittura scavato una cripta e installato una specie di cassaforte. Cosa doveva contenere questa cassaforte?
E, come arrivò il tesoro ai Cavalieri Templari? I Visigoti nel 410 lo presero ai Romani e lo nascosero in un luogo sconosciuto. Il re dei Merovingi di Francia, Dagobert II, aveva sposato una principessa dei Visigoti e forse proprio da lei era venuto a conoscenza del nascondiglio del tesoro.
Nel corso della ristrutturazione della chiesa del villaggio di Rennes-le-Chateau, il parroco Bérenger de Saunière si sarebbe imbattuto in alcuni documenti cifrati che lo portarono a scoprire un segreto. In uno di questi vi era la citazione: "A Dagobert u roi et a Sion est ce tresor et il est la mort". Vi sono due diverse traduzioni possibili ed entrambe pongono interrogativi. La prima suona così: "questo tesoro appartiene al re Dagobert II e a Sion, e qui giace morto".
La Hauf sostiene che i Cavalieri Templari (o i loro predecessori) avrebbero probabilmente scoperto nella miniera un materiale di enorme valore, che però poteva anche uccidere: l’uranio. Questo spiegherebbe l’impiego di operai stranieri nelle miniere, perché, se fossero comparsi segni sospetti di contaminazione si sarebbe potuto rispedire in patria gli uomini colpiti o lasciarli morire sul posto e quindi farli sparire.
La Hauf ritiene inoltre di sapere come utilizzavano l’uranio i Cavalieri Templari: lo usavano per uccidere lentamente. Così si spiega perché i nemici dell’Ordine morirono quasi tutti nello stesso anno in cui salì sul rogo l’ultimo Gran Maestro Jacques de Molay (1314), spesso per cause misteriose.
Lincoln, Baigent e Leigh formulano una teoria totalmente diversa, perché ritengono che non si tratti di un tesoro materiale, ma di un segreto tanto pericoloso, che in certi luoghi si sarebbe pagata qualsiasi cifra perché non fosse reso pubblico. Questi autori sono dell’opinione che si tratti della prova inconfutabile che Gesù Cristo non fu crocifisso, ma che visse fino all’anno 45.
Queste enormi quantità di denaro vennero dall’unico luogo a cui potesse interessare che questa sconvolgente notizia rimanesse segreta: il Vaticano. Se infatti Gesù non fosse morto per espiare le colpe dell’umanità e non fosse risorto, cadrebbe il dogma principale della Chiesa Cattolica. Prendendo in considerazione questa ipotesi, alcune dichiarazioni dei Cavalieri Templari durante il processo appaiono sotto una luce totalmente diversa: i Cavalieri Templari sputavano forse sul crocifisso poiché sapevano con certezza che Gesù non era morto sulla croce e quindi quel simbolo era una falsità? I Gran Maestri sapevano o tenevano questa prova inconfutabile tra il loro Tesoro?
Come ebbero questa prova? Quasi sicuramente la ebbero dai Catari, la cui fortezza più importante, Montségur, era caduta il 15 marzo 1244. Anche in questo caso si dice che uno o addirittura due tesori sarebbero stati portati via, poco prima. Già nel gennaio del 1244 i Catari avevano messo al sicuro il loro oro e argento, ma solo immediatamente prima della caduta della fortezza avrebbero messo in salvo ciò che per loro aveva evidentemente un valore enorme, anche se non si trattava di valore materiale. Dove portarono questo tesoro di enorme valore?
Quasi sicuramente dai Cavalieri Templari a Rennes-le-Chateau, che distava solo una mezza giornata di viaggio e dove, probabilmente, molti Cavalieri Templari erano Catari.
I Catari credevano all’esistenza di due divinità, un’entità essenzialmente spirituale, che rappresenta l’amore puro e un’altra, creatrice del mondo, che, tuttavia, è pieno di errori, impuro e quindi da condannare. Da questa divisione in due parti, i Catari trassero la conclusione che Gesù non potesse essere il Dio del puro amore e, contemporaneamente, assumere sembianze umane e tanto meno morire sulla croce. Anche i Catari negavano quindi che Gesù fosse morto sulla croce. La loro certezza derivava forse dalla "prova inconfutabile" che consegnarono, nel 1244, nelle mani dei Cavalieri Templari?
Ci sono altre analogie tra i Catari e l’Ordine: anche gli inviati dei Catari, ad esempio, viaggiavano per il paese sempre in due, come i Cavalieri Templari, per proteggersi a vicenda dalle tentazioni.


SACRA SINDONE

Chi non conosce la Sacra Sindone, il sudario che, dice la tradizione, avvolse il corpo di Gesù deposto dalla croce? Seguire le tracce della Sindone è un’avventura in cui si confondono i sapori del giallo internazionale, del percorso mistico e dell’epopea cavalleresca; dove non è facile distinguere il vero dal falso, il probabile dal verosimile.
La Sacra Sindone consiste in un semplice telo di lino , lungo circa 4,36 m e largo 1,10 m, di colore giallo ocra, sul quale sono visibili impronte che riproducono l'immagine frontale e dorsale di un uomo crocifisso.
È nel 944 dopo Cristo che, a Costantinopoli, la Sindone fa la sua apparizione. Nei documenti è definita come un’immagine "acheropita", cioè "non fatta con le mani".
La reliquia era però già nota e da secoli faceva la gloria di Edessa, l'attuale Urfa, in Turchia.
Qui il telo, venerato come "Mandylion", era tenuto ripiegato ed incorniciato in un reliquiario, a mostrare solo il volto, come un ritratto.
Il trasferimento del Mandylion a Costantinopoli è ricordato da due "sinassari", libri liturgici della chiesa bizantina.
Secondo vari interpreti, però, questo non fu che un "ritorno". La Sindone sarebbe stata nota a Costantinopoli fin dall'VIII secolo.
La reliquia dovette lasciare la città all'avvento dell'iconoclasmo, un'eresia che bollava come sacrilegio qualsiasi raffigurazione realistica di Gesù e dei santi, e che sconvolse l'impero bizantino per più di due secoli.
Comunque sia andata, il sacro lino è sicuramente nella capitale imperiale quando Baldovino di Fiandra e Bonifacio del Monferrato, con la complicità di Venezia, dirottano verso le mura millenarie di Costantinopoli la Quarta Crociata, diretta in teoria alla liberazione del Santo Sepolcro.
Nel 1204 la metropoli bizantina viene espugnata e saccheggiata dall'esercito latino. Una armata crociata si è volta ad espugnare una la sede dell'impero bizantino, baluardo orientale del Cristianesimo, invece di combattere l'infedele.
La cristianità grida allo scandalo, ma nel frattempo un enorme bottino, di cui fanno parte innumerevoli reliquie cristiane, prende la via dell'Europa.
Varie fonti medievali menzionano tra queste reliquie, un lino con impressa l'immagine di un uomo martirizzato. Questo indumento funerario è ritenuto, tradizionalmente, il sudario di Gesù Cristo; e come tale è da allora venerato.
Nel caos immediatamente seguito al sacco della città, però, del Sacro Lino si perdono misteriosamente le tracce. Notizie certe ricompaiono solo nelle fonti successive al 1350, quando la reliquia, appartenente ora alla famiglia Charny, viene esposta al culto nella cittadina di Lirey in Francia.
Quale via può aver seguito la preziosa reliquia per giungere in Europa?
L'unica traccia documentale esplicita delle vicende della Sindone, dopo la presa di Costantinopoli, è una supplica inviata a Papa Innocenzo III da Teodoro Angelo Comneno, nipote di Isacco II Angelo Comneno, imperatore di Costantinopoli all’epoca del saccheggio del 1204.
Nel testo, che ci è giunto nella trascrizione di un cartulario (cioè una raccolta di copie di documenti), è espresso lo sdegno per il saccheggio delle reliquie ed è richiesto esplicitamente l'intervento del pontefice per promuovere il recupero della Sindone.
Secondo il documento la Sindone si sarebbe trovata in quel momento ad Atene.
La notizia che nel primo decennio del secolo XIII la Sindone fosse conservata ad Atene troverebbe ulteriore conferma in una dichiarazione del 1207 di Nicola d'Otranto, abate di Casola.
Di certo c’è solo che dopo il 1207, e fino alla metà del secolo successivo, quando ricompare dal nulla in Francia, i documenti attualmente conosciuti non danno più alcuna notizia della Sindone: tale silenzio potrebbe derivare dalle severe sanzioni pontificie che colpivano il traffico delle reliquie sottratte a Costantinopoli.
Ian Wilson, noto e autorevole storico inglese della Sindone, adombra l'ipotesi che il Santo Sudario sia stato trasportato dall'oriente in Europa dai cavalieri dell'Ordine Templare.
Nel 1954 viene trovato nel villaggio inglese di Templecombe, in una ex casema templare, un pannello di legno che reca dipinto un volto simile a quello raffigurato sul Sacro Lino. Molta iconografia collegata ai templari può essere messa in rapporto con la Sindone.
Il leggendario e potentissimo Ordine di monaci-guerrieri era all'apice del suo potere politico ed economico quando Filippo IV il Bello re di Francia, il 13 ottobre del 1307, fece arrestare tutti i membri e ne decretò lo scioglimento.
Accusati di idolatria e atti contro natura, i templari verranno processati, condannati e spogliati di tutti i beni.
Dagli atti processuali risulta che i Cavalieri Templari adorassero effettivamente una testa barbuta conosciuta come Baphomet (Bafometto), un reliquiario a forma di testa o forse una scultura, descritta dai monaci, interrogati sotto tortura, nelle forme più disparate.
Tutte, comunque, potrebbero richiamare ed essere associate alla Sindone.
L’adorazione di una "testa" fu uno dei principali capi d'accusa del processo, ma il fatto che questa testa fosse quella del demonio o comunque di un idolo, è un altro discorso.
Non si sarebbe potuto trattare di una reliquia, tenuta segreta perché la più preziosa di tutte le reliquie?
Quella del passaggio in Europa tramite i Cavalieri Templari non è però altro che una ipotesi, e sono parecchi gli studiosi che si oppongono a questa teoria.
La figura di Goffredo de Charny, signore di Lirey, in Champagne, sembra uscire direttamente da un racconto cavalleresco. È tra le mani di questo eroico cavaliere che la Sindone fa ufficialmente la sua apparizione in Francia.
Dopo una vita di avventure improntate ai più alti ideali della cavalleria medievale (ed intorno alle quali il nostro scriverà un libro di buon successo, sorta di manuale del perfetto Chevalier), nel 1355 viene incaricato dal re di portare il suo stendardo di battaglia.
È un grande riconoscimento, e il cavaliere non lo disonora: l'anno successivo muore eroicamente nella battaglia di Poitiers, nella strenua difesa dell'Orifiamma, la lingua di tessuto rosso fiammante simbolo del potere supremo e dell'onore di Francia.
Come sia giunta, la Sindone, all'eroico vessillifero di Francia, rimane un mistero. Vediamo le ipotesi che sono state fatte in proposito.
La Sindone potrebbe essere stato un bene di famiglia pervenuto a Goffredo tramite matrimonio o amicizia. Stretti legami collegano Goffredo ai discendenti di Otto de la Roche, feudatario francese e primo duca di Atene, ai tempi in cui proprio ad Atene della Sindone abbiamo avuto l’ultima segnalazione
La Sindone avrebbe potuto fare parte dei tesori di famiglia; Goffredo di Charny sposò una diretta discendente di Otto, che avrebbe potuto portargli la reliquia in dote,e fu grande amico di Gautier IV de Brienne, conestabile di Francia e fedele compagno d’armi, anche lui caduto a Poitiers.
Se anche non fosse stata materialmente in loro possesso, de Brienne o la stessa consorte potrebbero aver rivelato all'indomito cavaliere il nascondiglio della Sindone in Oriente: questo spiegherebbe il rapido viaggio di Goffredo oltremare, fino a Smirne nel 1345, ufficialmente compiuto al seguito del Delfino.
Ecco il possibile anello mancante della catena che, da Atene, porta il sudario direttamente nelle mani di un cavaliere francese del Trecento.
La "pista templare" sostiene che la Sindone fosse stata affidata a Goffredo durante un periodo di prigionia in Inghilterra, nel castello di Goodrich. Qui essa sarebbe stata portata da quei Cavalieri Templari che scamparono ai roghi e alle carceri di Francia.
In contrasto con i fitti misteri dei secoli precedenti, la storia "europea" del Sacro Tessuto, dopo la riapparizione in mano ai de Charny, è sufficientemente documentata: nel 1453 la reliquia viene ceduta da Margherita, ultima erede degli Charny, al duca Ludovico di Savoia.
Le travagliate vicende del ducato dei Savoia porteranno in seguito la Sindone, a più riprese, da Chambéry, in Piemonte, in altre città della Francia e dell'Alta Italia, fino alla traslazione definitiva nella città di Torino nel 1578.
La Sacra Sindone, di proprietà di Casa Savoia per oltre mezzo secolo, è stata assegnata, in un lascito testamentario del capo della Casata ed ultimo Re d'Italia S.A.R. Umberto II di Savoia, al
Sommo Pontefice. Il re in esilio è morto a Ginevra nel 1983, anno dal quale la sacra Sindone è divenuta, dunque, di proprietà pontificia.
Nel suo ultimo lavoro "The Divine Deception (L'Inganno Divino)", il Dr Keith LaidIer fa nuove affermazioni sulla Sindone di Torino. Egli sostiene che l'immagine sul lino sia quella della testa imbalsamata di Gesù, sistemata al di sopra di un corpo appartenente ad un uomo crocifisso in Siria dai Turchi mamelucchi nel XIII secolo. La Sindone di Torino è un panno di lino su cui è impressa l'immagine di un corpo umano che si crede sia quello di Gesù dopo la crocifissione.
Dopo molte controversie nel 1988 le analisi al carbonio 14 datarono il telo al 1350 d.C.
Ora, usando la moderna tecnologia, combinata ad approfondite ricerche in documenti storici, il Dr Laidler è giunto a questa rimarchevole ipotesi. La sua estensiva ricerca, presentata nel precedente saggio "The Head of God" lo aveva convinto che la testa di Gesù fosse stata portata dal Medio Oriente in Europa attraverso l'ordine dei monaci guerrieri conosciuti come Cavalieri Templari.
I Cavalieri Templari conservarono la testa come una reliquia chiamata il Bafometto e crearono la Sindone di Torino come testimonianza fotografica del loro prezioso segreto. Il Dr LeidIer chiama la Sindone "una fabbricazione del 14° secolo che presenta una reale immagine del viso del Cristo. Poiché un qualsiasi artista avrebbe potuto dare la propria interpretazione del volto, l'Ordine dei Templari decise di creare ciò che oggi è conosciuto come la Sindone. Quest'ordine era formato scienziati e alchimisti che usando le conoscenze tratte dalla scienza araba, riuscirono ad ideare un processo in grado di produrre ciò di cui avevano bisogno per immortalare la sacra reliquia ".
LaidIer crede che la Sindone venne realizzata appendendo il lino, dopo averlo pretrattato con sali, all'interno di una stanza buia e lasciando solo un piccolo foro per farvi passare la luce.
Una gemma di quarzo fu piazzata nel foro in modo che fungesse da lente. Successivamente il telo venne esposto alla luce del sole per paio di giorni. L'immagine che ne scaturì era ancora troppo 'debole' così la fissarono immergendo il panno in una soluzione di ammoniaca o urina.
"Ci fu un grande culto delle reliquie cosicché i Templari avrebbero potuto mostrare la testa come reliquia di Giovanni Battista e farsi pagare oboli per osservare la Sindone. Invece preferirono mantenerla segreta insieme alla testa. Si ricordi che a quel tempo la chiesa proibiva l'adorazione di qualsiasi parte del corpo Gesù e difatti la Sindone non fu vista che solo 50 anni dopo la sua creazione" (apparve in Francia per la prima volta nell’anno 1350).
Le ricerche di Laidler dimostrerebbero che la testa della Sindone è in una posizione irregolare rispetto al corpo e le analisi al computer proverebbero che è staccata dal tronco oltre ad essere più piccola del normale.
Leidler ha anche detto: "Chi crede che Gesù ascese in cielo con il corpo rifiuterà cosa dico ma la Cristianità che crede ad una resurrezione spirituale l'accetterà senza troppi traumi. Sono certo che la testa di Cristo sia stata sepolta sotto il pilastro dell'Apprendista. Le prove sono schiaccianti. E' frustrante che la Rosslyn Chapel non consenta un pieno scavo. I Templari sono ancora in Scozia ed uno di loro mi ha contattato circa un passaggio segreto che dalla Rosslyn Chapel porta sino al vicino Castello, così che potrebbe essere plausibile che la testa sia stata da tempo rimossa ".
Le ricerche di Laidler sono certamente controverse e sino a che non sarà fornita una prova inoppugnabile di quanto egli afferma circa la testa di Gesù, vanno considerate esclusivamente come parti di una teoria inedita.
Ricordiamo che il Patrono dei Templari, era Giovanni Battista a cui fu tagliata la testa. Non è da escludersi che in realtà l'adorazione dei Templari per la testa del Bafometto fosse legata alla figura del Battista e non a quella del Cristo.
Un’altra ipotesi è che la testa adorata dai Templari fosse quella della stessa Sindone ripiegata in modo da far apparire solo il volto.


LANCIA SACRA

Lancia Sacra (conosciuta secondo la leggenda anche come Lancia del Destino, Lancia Santa, Lancia di Longino o Lancia di Cristo) fu la lancia che perforò Gesù mentre era sulla croce. Lo scrittore biblico in se non diede un nome alla lancia, né sostenne le leggende che circondarono questo manufatto.

Riferimenti biblici
Il riferimento alla Lancia Sacra viene fatto solo nel Vangelo di Giovanni (19:31-37) e non nei Vangeli Sinottici. Nel vangelo viene riportato che i Romani pensarono di rompere i piedi di Gesù, una pratica conosciuta come il “crurifragium”, che fu un metodo per accelerare la morte durante la crocifissione. Appena prima di far ciò, i soldati Romani, pensarono che forse Gesù era già morto, allora “... ma uno dei soldati ha perforato il suo costato con una lancia ed immediatamente è venuto fuori sangue ed acqua”, Giovanni 19:34.
Il nome del soldato Longino che perforò il costato di Cristo non fu ripreso dalla Bibbia ma dai più vecchi riferimenti conosciuti della leggenda, il Vangelo apocrifo di Nicodemo (V o VI secolo), il soldato fu identificato con un centurione chiamato Longino (derivante dal nome corretto in Latino di “Lancea Longini”). Una forma del nome Longino inoltre si presenta su una miniatura nei Vangelo di Tabula, anno 586 (attualmente alla biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze), Nell'immagine, il nome “LOGINOS” è scritto nei caratteri greci sopra la testa del soldato che sta spingendo la sua lancia nel costato di Cristo. Ciò fu una delle annotazioni più antiche del nome, se l'iscrizione non fu aggiunta successivamente. La tradizione cristiana successiva, dà ascolto di nuovo al romanzo “La Lancia” di Louis de Wohl (1955), che ulteriormente lo identifica come “Gaius Cassius Longinus”. Le varie reliquie che si sostenne appartenessero alla vera Lancia Sacra furono molte, a tal punto che tante di esse non potessero essere delle autentiche parti della stessa.
Nessuna lancia fu conosciuta fino a quando il pellegrino Sant’Antonio di Piacenza (570), descrisse i posti santi di Gerusalemme, e nel visitare la Basilica sul Monte Zion descrisse ”la parte superiore delle spine con cui il nostro signore fu incoronato e della lancia con cui fu colpito nel costato". Una menzione della lancia inoltre si presenta nel cosiddetto “Breviarius” nella chiesa del Santo Sepolcro. La presenza a Gerusalemme di questa importante reliquia fu attestata da Cassiodoro (c. 485 - c. 585), così come da Gregorio di Thours (c. 538 - 594), che realmente non andò mai a Gerusalemme. Nel 615 Gerusalemme venne presa, e le relative reliquie che vi si trovavano furono prese dalle forze persiane del re Cosroe II (Khosrau II).
Secondo il “Chronicon Paschale”, la punta della Lancia Sacra, che si era rotta, fu data durante lo stesso anno a Niceto, che la prese e la portò a Costantinopoli nella Basilica di Santa Sofia.
Questa punta della Lancia Sacra, nel 1244 fu venduta da Baldovino II di Costantinopoli a Luigi IX il Santo re di Francia che fece incastonare nella parte superiore della stessa delle Spine della Corona di Cristo. Durante la rivoluzione francese queste reliquie furono portate nella Biblioteca Nazionale ma successivamente sparirono. Per quanto riguarda la parte più grande della Lancia Sacra, Arculpus la vide nella chiesa del Santo Sepolcro intorno al 670 a Gerusalemme, ma non vi fu al contrario menzione di essa dopo il sacco del 615. Alcuni sostennero che la reliquia più grande della Lancia Sacra fu portata nell’ottavo secolo a Costantinopoli, probabilmente insieme alla Corona di Spine. Ad ogni modo, la relativa presenza a Costantinopoli della Lancia Sacra, sembrò essere attestata chiaramente dai vari pellegrini, specialmente Russi e, benché sia stata depositata in varie chiese successivamente, sembrò possibile seguirla e distinguerla dalle altre reliquie.
Giovanni di Mandeville dichiarò nel 1357 che aveva visto la lama della Lancia Sacra sia a Parigi che a Costantinopoli e che quest’ultima era una reliquia molto più grande di quella di Parigi. Qualunque fosse la reliquia che si trovava a Costantinopoli, fu presa dai Turchi nel 1492, nelle circostanze che furono descritte dai Pastori nella “Storia dei Papi”, il Sultano Bajazet inviò questa reliquia a papa Innocenzo VIII chiedendogli di continuare a tenere in vita suo fratello Cem (Zizim) che era prigioniero.
I dubbi più grandi relativi all’autenticità della Lancia Sacra furono fatti a Roma, come annotava Johann Burchard, a causa della presenza di altre lance rivali a Parigi (la punta che era stata separata dalla lancia), Norimberga ("la lancia di Vienna") ed Armenia ("la lancia di Etchmiadzin"). Nella metà del XVII secolo Benedetto XIV dichiarò che ebbe da Parigi la parte inferiore della reliquia della lancia in possesso del re di Francia Luigi IX il Santo. Questa reliquia è ancora oggi custodita nella Basilica di San Pietro, Città del Vaticano, anche se la Chiesa Cattolica non ha mai affermato la sua autenticità; la lancia di Luigi IX il Santo, che si trovava conservata nella Sainte-Chapelle, andò distrutta durante la Rivoluzione francese.

Lancia di Etchmiadzin
La lancia attualmente in Etchmiadzin, Armenia fu scoperta durante la Prima Crociata. Nel 1098 il crociato Pietro Bartolomeo disse che aveva avuto una visione in cui Sant’Andrea gli disse che la Lancia Sacra era sepolta nella cattedrale di San Pietro ad Antiochia. Dopo aver scavato molto sotto la cattedrale, una lancia fu scoperta. Ciò fu considerato un miracolo dai crociati, e credendo che questo ritrovamento avrebbe dato loro la vittoria contro l'esercito musulmano assediarono la città di Antiochia.
Alcuni eruditi medioevali (per esempio Odorico Rinaldi ed i Bollandisti, un’associazione Gesuita) hanno creduto che questa lancia in seguito cadde nelle mani dei Turchi e fosse in effetti la lancia che Bajazet inviò a papa Innocenzo VIII e fosse ora in Vaticano.

Lancia di Vienna
Gli Imperatori del Sacro Romano Impero ebbero una lancia propria a partire da Ottone I (912-973).
Nel 1000 Ottone III diede a Boleslao I re di Polonia una copia della lancia al congresso di Gniezno.
Nel 1084 Enrico IV fece aggiungere una fascia d'argento con l'iscrizione "chiodo di nostro signore" alla lancia. Ciò fu basato sulla credenza che questa fu considerata la lancia di Costantino il Grande che incastonò un chiodo usato per la Crocifissione. La Lancia Sacra è oggi custodita nella Schatzkammer (Ministero del Tesoro Imperiale) dell’Hofburg di Vienna, con il numero di inventario XIII 19. Quella che si presenta ai visitatori è la parte superiore di una lancia alata di 50,7 cm. L’asta, originariamente in legno, andò perduta. Sulla lama fu applicata una sezione a forma ovale, lunga 24 cm e larga nel punto massimo 1,5 cm, in cui fu inserito un sottile pezzo di ferro (la “spina”) ornamentale, mancante della parte inferiore. La “spina” fu, secondo la tradizione, un chiodo della croce di Cristo, ma non può in realtà essere un chiodo. Ma segni di alcune ageminature a forma di croce sulla parte inferiore della lama potrebbero indicare l’inserimento di particelle di chiodi. La lama è rotta. Ma doveva esserlo già prima dell’anno 1000, perché nella copia fatta realizzare da Ottone III ed ora a Cracovia, fu inserita anche una riproduzione della spina. Il punto di rottura fu rivestito da una triplice fasciatura, in ferro, poi argento e infine oro. Sulla banda d’argento si legge la seguente iscrizione latina, fatta incidere da Enrico IV tra il 1084 e il 1105:
“CLAVVUS + HEINRICVS D(EI) GR(ATI)A TERCIVS ROMANO(RUM) IMPERATOR AVG(USTUS) HOC ARGENTUM IVSSIT FABRICARI AD CONFIRMATIONE(M) CLAVI LANCEE SANCTI MAVRICII + SANCTVS MAVRICIVS”.
La banda d’oro, invece, realizzata per conto di Carlo IV, ha la seguente iscrizione:
“+LANCEA ET CLAVUS DOMINI”.
Nel 1273 fu usata per la prima volta nella cerimonia dell’incoronazione. Nel 1424 Sigismondo, Imperatore del Sacro Romano Impero, ebbe una collezione di reliquie, compreso la lancia, che portò da Praga verso il suo luogo di nascita, Norimberga e decretò che fosse tenuta là per sempre.
Questa accumulazione di cose preziose fu denominata il “Reichskleinodien” o “Tesoro Imperiale”.
Quando l'esercito di Napoleone si avvicinò a Norimberga nel 1796 i consiglieri della città decisero di trasferire il Reichskleinodien a Vienna, Austria per mantenerlo al sicuro. Il trasferimento fu affidato al barone von Hugel, che promise di restituire gli oggetti non appena la pace fosse ristabilita. Tuttavia, il Sacro Romano Impero fu dissolto ufficialmente nel 1806 e il barone von Hugel approfittò della molta confusione su chi fosse il legittimo proprietario, e vendette tutti i preziosi oggetti accumulati, compreso la lancia, agli Asburgo. Quando i consiglieri della città scoprirono l’accaduto richiesero indietro il Reichskleinodien, ma ottennero un rifiuto. Come componente del Tesoro Imperiale, la Lancia Sacra, fu tenuta nel “Schatzkammer” (Ministero del Tesoro Imperiale) dell’Hofburg di Vienna e fu riconosciuta come la lancia di San Maurizio.
Durante il “Anschluss” (annessione dell’Austria da parte della Germania), Adolf Hitler prese la Lancia Sacra. Fu restituita all’Austria dal generale Americano George Smith Patton dopo la fine della seconda guerra mondiale ed è attualmente nel museo di Kunsthistorisches.
Il Dott. Robert Feather, inglese, un esperto di metallurgia ed ingegnere tecnico, esaminò la lancia nel gennaio del 2003. Gli fu dato il permesso, mai concesso prima, di esaminare non soltanto la lancia in un ambiente di laboratorio, ma anche di poter rimuovere le fragili fasce d’oro e d’argento che la tenevano unita. Secondo il parere del Dott. Robert Feather e di altri esperti accademici, la data più probabile risultò essere un po’ prima del VII secolo.

Altre lance
Un'altra lancia fu conservata a Cracovia, Polonia almeno dal 1200, comunque le annotazioni in tedesco indicano che fu una copia della Lancia Sacra di Vienna. Enrico II Imperatore del Sacro Romano Impero la fece fare con un piccolo nastro della lancia originale. Un'altra copia fu data al re ungherese nello stesso periodo. Guglielmo di Malmesbury sostenne che la storia di Ugo Capeto che diede la Lancia Sacra al re d’Inghilterra Athelstan non sembrò aver avuto un riscontro.

Leggende moderne circa la lancia
“La Lancia del Destino" fu un nome dato alla Lancia Santa nelle varie storie mistiche ad essa attribuite. Molte di queste leggende sono nate in periodi recenti e parecchi nuovi libri popolari sulla teoria della cospirazione hanno diffuso la leggenda della Lancia Sacra. Trevor Ravenscroft nel bestseller del 1973 “La Lancia del Destino” sostenne che Adolf Hitler iniziò la seconda guerra mondiale per appropriarsi della Lancia Sacra. Alla fine della guerra la Lancia Sacra finì nelle mani del generale americano George Smith Patton. Secondo la leggenda perdere la Lancia Sacra provocherebbe la morte (vedasi Federico I Barbarossa) e questo avvenne con il suicidio di Adolf Hitler. Trevor Ravenscroft tentò ripetutamente di definire “i poteri” misteriosi che la leggenda attribuiva alla Lancia Sacra. Attribuì alla Lancia Sacra uno spirito ostile e diabolico, con riferimento, a volte, all’Anticristo. Mai realmente si riferì alla Lancia Sacra in se come uno spirito controllato, ma piuttosto all’oggetto che racchiudeva tutte le ambizioni dell'umanità.
Il Dott. Howard A. Buechner, professore di medicina a Tulane (USA), aggiunse un capitolo sconosciuto al racconto nei suoi due libri sulla Lancia Sacra. Il Dott. Howard A. Buechner, colonnello in pensione dell'esercito degli Stati Uniti partecipò alla seconda guerra mondiale e scrisse un libro sul massacro di Dachau, in cui era stato testimone. Il Dott. Howard A. Buechner si mise in contatto con un capitano di un sommergibile, "il capitano con pseudonimo Wilhelm Bernhart", che gli rivelò che la Lancia Sacra esposta attualmente a Vienna era una falsificazione. La vera Lancia Sacra fu fatta portare da Adolf Hitler in Antartide con tutti gli altri tesori Nazisti, sotto l'ordine del Col. Maximilian Hartmann. Tuttavia, la Lancia Sacra fu recuperata nel 1979 da Maximilian Hartmann. Il Dott. Howard A. Buechner, nei suoi libri, rappresentò Wilhelm Bernhart con la Lancia Sacra rinvenuta da questa spedizione con gli oggetti recuperati, e sostenne che dopo essere stata ritrovata nel 1979, la Lancia Sacra fu nascosta in qualche luogo in Europa da una società segreta Nazista.
La storia del Dott. Howard A. Buechner fu esaminata e parzialmente confermata da Alec Maclellan che fece riferimento alle rotte misteriose di due sommergibili che potevano far parte “del convoglio di Adolf Hitler” con a bordo alti funzionari nazisti diretti verso l’Argentina o l’Antartide, alcuni mesi dopo la fine della seconda guerra mondiale.

FONTE
 
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jasmine23
view post Posted on 29/11/2007, 19:58




LONGINO

Longino fu il nome dato nella tradizione cristiana ad un soldato romano che perforò il costato di Gesù mentre era sulla Croce, come fu riportato dal vangelo di Giovanni:”... ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua” (Giovanni 19:34).
Nessun nome viene dato a questo soldato nei Vangeli; il nome di Longino viene fatto in una versione apocrifa degli Atti di Pilato. La lancia utilizzata fu conosciuta come la Lancia Sacra, Lancia del Destino, o Lancia di Longino e narrata nelle leggende del Santo Graal. In un certo folclore medioevale, per esempio la Leggenda Aurea, Longino nel toccare il sangue di Gesù fu miracolato dalla sua cecità.
Egli divenne quindi cristiano, e portò con sé in Italia il sangue raccolto dalla ferita di Gesù; infine venne martirizzato nei pressi di Mantova. Nella cattedrale della città si conserva tuttora la reliquia del "preziosissimo sangue di Cristo", che sarebbe il sangue raccolto da Longino. Longino viene venerato come martire dalla Chiesa Cattolica Romana e dalla Chiesa Ortodossa, con particolari aneddoti introdotti per rafforzare l’avversione verso gli ebrei rivelati da quei presunti testimoni della crocifissione di Gesù.
Longino non si trova menzionato nella Enciclopedia Cattolica. Il suo giorno di festività è il 15 marzo. Una statua di San Longino, ad opera di Gian Lorenzo Bernini, si trova nella Basilica di San Pietro, in Vaticano.

La leggenda di Longino e della Lancia Sacra
Nel medioevo, ebbe anche grande diffusione un'altra reliquia di Longino, la sua lancia. In verità, numerose furono le reliquie identificate con la Lancia di Longino (Lancia Sacra – Lancia del Destino). Gli imperatori del Sacro Romano Impero, ad esempio, da Ottone I in poi, avevano fra le proprie insegne la cosiddetta Lancia Sacra, e presto arrivarono ad identificarla con quella. Nella punta di questa Lancia Sacra fu incorporato un chiodo di ferro che sarebbe uno di quelli usati per crocifiggere Gesù. Ancora oggi è custodita a Vienna.
Louis de Wohl, conosciuto per i suoi "romanzi biografici" dei santi e di altre figure religiose, dedicò un intero romanzo, “Lancia”, di “Cassius Longinus”, il legionario che fece passare una lancia attraverso il costato di Gesù. Il romanzo racconta della sua vita prima e dopo l'evento. Benché questo romanzo non fu molto approfondito risultò essere, nonostante tutto, un ritratto interessante della personalità di Longino.
Leonard Wibberley nel libro “Il Centurione” (1966) caratterizzò Longino come un veterano delle campagne in Gran Bretagna che cercò l'aiuto di Cristo quando il suo servo morì. Questa versione accostò il centurione riportato in Matteo 8:8 con quello a capo delle guardie alla Crocifissione (Matteo 27:54).
“Il settimo segno” fu un film del 1988 che comprendeva gli elementi della leggenda di Longino e della leggenda dell'Ebreo errante.
In televisione, di breve durata, nella serie “Roar” il giovane attore Heath Ledger, interpretò, Longino un soldato romano che inoltre era un mago e si rivelò per essere il romano che perforò il costato di Gesù, condannato a vagare per il Mondo, non potendo morire in nessun modo fino a quando non avesse ritrovato la Lancia Sacra, che fu nascosta in qualche luogo in Irlanda.


SANTO GRAAL
Per quello che riguarda il Sacro Graal, potete trovare QUI il topic sull'argomento, con tutte le notizie e le informazioni.


SETTA DEGLI ASSASSINI

Setta politico-religiosa di fanatici musulmani, fondata in Persia nel 1090 da Hassan ben Sabbah. I suoi seguaci, professando cieca fedeltà al capo, che aveva su di loro poteri assoluti di vita e di morte, compivano distruzioni e massacri di musulmani ortodossi. La setta si schierò prima dalla parte dei Fatimiti egiziani, poi contro di essi, al fianco di Nizar, fratello e rivale del capo dei Fatimiti. Decadde nel 1124, alla morte del suo fondatore. Gli Assassini si diffusero anche in Siria, ove, combatterono contro i Crociati, uccidendo nel 1152 il conte Raimondo di Tripoli e, nel 1182, Corrado, marchese del Monferrato; tentarono perfino di uccidere il Saladino. il ramo di Siria fu distrutto dal Sultano d'Egitto nel 1273.
La Setta degli Assassini, adorava una misteriosa divinità chiamata Bafometto. Per alcuni il Bafometto altro non era che il Santo Graal; prima di essere sgominati, gli Assassini lo avevano affidato ai Cavalieri Templari, che lo avevano portato in Francia verso la metà del XII secolo; e del resto Wolfram aveva battezzato "Templeisen" i cavalieri che custodivano il Santo Graal nel castello di Re Anfortas.
Se le cose fossero davvero andate così, ora il Santo Graal si troverebbe tra i leggendari tesori dei Cavalieri Templari (mai rinvenuti) in qualche sotterraneo, di qualche castello.

Lettera di Roncelin de Fos (Maestro di Provenza) a Richard de Vichiers:
"Mio caro fratello in Cristo, qui ad Acri, posso oggi scriverti per riferirti il successo della missione che mi affidasti il giorno della nascita del Nostro Signore nell’anno 1243 quando il diacono dei Buoni Uomini (Catari), Pierre Bonnet, giunse alla nostra Casa e chiese il nostro aiuto per proteggere il loro Tesoro. Tu mi affidasti l’impegno di accompagnare e scortare le Buone Dame e la loro Reliquia al nostro Tempio e consegnarla segretamente a tuo fratello. Partii la sera stessa dalla nostra casa di Pieusse e fui guidato dal Buon Uomo Bonnet fino alla grotta fortificata di Niaux, dove protette da un Buon Uomo trovai sette Buone Dame. La notte stessa ci separammo: mentre i due Buoni Fratelli continuavano il loro cammino per nascondere il resto del loro tesoro, le dame viaggiarono, protette da me, su un carro con la Reliquia di Giuseppe. Seguendo il tuo suggerimento, per confondere gli eventuali inseguitori non ci dirigemmo verso i nostri porti del Mediterraneo ma andammo fino a La Rochelle dove ci imbarcammo per Bari; ritenni infatti più prudente sbarcare in Terra Santa proveniente dalla Sicilia e non dalla Francia. Alcuni mesi dopo, nonostante la tragica notizia della caduta di Gerusalemme decidemmo di imbarcarci da Bari per la Terra Santa ma quando sbarcammo ad Acri sapemmo della tragedia: un mese prima le forze cristiane erano state massacrate a La Forbie, dove perì anche il nostro Gran Maestro Armand, che Dio lo abbia in gloria; la speranza di recuperare Gerusalemme era perduta. Arrivato, fortunatamente, seguii di nuovo il tuo consiglio: invece di rivolgermi al Gran Maestro mi rivolsi direttamente a tuo fratello Renaud e questi, quando seppe di cosa si trattasse, mi fece giurare di non farne parola al nuovo Gran Maestro, Richard de Bures, uomo molto amico (e secondo tuo fratello prezzolato) del signore di Tiro, Filippo Montfort, nipote di quel Simone che sta combattendo contro i Buoni Uomini. La crociata contro il conte di Tolosa, mi spiegò tuo fratello, è stata scatenata da forze malvagie per impossessarsi della Reliquia di Giuseppe e tuo fratello sospetta addirittura che la nomina del Gran Maestro sia stata favorita da queste forze per recuperare altri potenti oggetti che noi Templari proteggiamo, custodiamo e nascondiamo dai nemici perché non siano rivelati prima dall’ora designata. Tuo fratello si rivolse invece ad un altro fratello, Guillaume de Sonnac, di cui aveva assoluta fiducia; la tremenda situazione in cui si trovano oggi i cristiani sotto gli attacchi di Satana è dimostrata dal fatto che tuo fratello decise, con l’avvallo di Guillaume, di chiedere aiuto agli infedeli, ai seguaci del Saggio della Montagna. Per calmare i miei scrupoli per questa alleanza con i nemici, non solo mi convinse che il Saggio era più amico nostro che il Montfort, ma mi mostrò un documento straordinario: in esso il nostro fondatore racconta che alla sua morte il Saggio della Montagna gli aveva inviato un sigillo di grande potere magico chiedendogli di nasconderlo e proteggerlo dai seguaci di Satana; perplesso il nostro fondatore era partito per la Francia per consegnarlo al santo uomo che ha redatto la nostra regola. Ma il santo abate ebbe parole di onore per il Saggio e ordinò al nostro fondatore di custodire questo oggetto. Sappi che il sigillo e la documentazione alla morte del nostro Gran Maestro Armand, che Dio lo abbia in gloria, sono stati nascosti da tuo fratello e da Guillaume che temono le trame del Montfort. Tale sono gli intrighi di Satana che per difendersi bisogna essere "prudenti come serpenti". I seguaci del Saggio della Montagna, contattati da tuo fratello accompagnarono lui, me e le sette Buone Dame fino alla Valle di Mosè. Lì vidi una meraviglia che mi lasciò senza fiato: una montagna in cui sono stati scolpiti e scavati templi e palazzi e chiese e tombe. Lì i seguaci del Saggio ci guidarono ad un altare scavato sul fianco della montagna sulla cima del quale era inciso un simbolo che ti disegno: (Il disegno è quello del simbolo dell’infinito; ognuno dei due cerchi contiene il simbolo di un otto; ognuno dei quattro cerchi degli otto contiene un punto spesso). I seguaci del Saggio ci mostrarono come l’altare può aprirsi: è necessario introdurre contemporaneamente in ognuno dei quattro buchi al centro dei cerchi un medaglione dalla foggia curiosa. Consegnarono quindi una di queste chiavi a ciascuna delle sette Buone Dame che deposero nella tomba la Reliquia di Giuseppe. Voglia Dio che resti per sempre nascosta e protetta dagli attacchi di Satana fino all’ora designata per la sua rivelazione, nonostante una possibile minaccia. Una delle sette Buone Dame fu infatti catturata dal signore di Tiro e torturata a morte, che Dio abbia pietà della sua anima. Il signore è venuto quindi in possesso di una delle chiavi ed è a conoscenza del ruolo di tuo fratello, mio e dei seguaci del Saggio a fargli perdere per sempre la reliquia per la quale la sua famiglia ha versato tanto sangue innocente".

Seconda lettera:
"Mio caro fratello in Cristo, devo scriverti notizie dolorose e che straziano il mio ed il tuo cuore. Forse ti è già giunta la notizia della tragica morte di tuo fratello, che Dio lo abbia in gloria, insieme a malevoli commenti. Sappi che tuo fratello è immune delle macchie di cui è accusato: la sua sola colpa è quella di aver seguito il compito che ci era stato affidato dal sant’uomo Bernando che scrisse la nostra regola e ci impose di proteggere, custodire e nascondere dai nemici di Dio e dai servi di Satana quegli oggetti potenti che non devono essere rivelati prima dall’ora designata. Quando Re Luigi sbarcò a Cipro si crearono subito degli scontri nella gestione delle operazioni tra il Re che voleva agire immediatamente e i nobili locali (tra cui il nostro Gran Maestro Guilleume) che suggerirono prudenza. Lo scontro divenne più duro quando il re ordinò al Gran Maestro di cessare le trattative col sultano di Damasco. La campagna in Egitto del Re, fu una follia militare e causò la morte del nostro Gran Maestro Guilleume, che Dio lo abbia in gloria, e si concluse con la cattura del Re. Liberato il Re e tornato ad Acri, Luigi, istigato da Filippo Montfort, pretese che il maresciallo del Tempio, Ugo di Jouy, il quale aveva trattato col sultano per ordine del Gran Maestro Guilleume, venisse rimosso e bandito dalla Terra Santa. Tuo fratello fu costretto a cedere ed Ugo divenne maestro in Catalogna. Quando il Re lasciò Acri e tornò (finalmente!) in Francia, Filippo Montfort colpì di nuovo: i suoi seguaci nel Capitolo, nel corso di una deliberazione segreta, deposero tuo fratello. Due giorni dopo, tuo fratello fu trovato ucciso. Non ho dubbi su chi abbia mosso la mano dei sicari. Come non ho dubbi su chi ha fatto girare voci sui rapporti tra tuo fratello e i mussulmani. È vero che tuo fratello da sempre ebbe stretta collaborazione con i seguaci del Saggio della Montagna, ma io, che fui il suo amico e il suo servitore, ti giuro che il suo obbiettivo in ciò era difendere la Terra Santa e seguire il compito segreto affidato a noi dal sant’uomo Bernardo. E sappi che tuo fratello mi insegnò che noi, i Buoni Uomini e il Saggio della Montagna in questo santo compito siamo stati da sempre alleati. Sappi dunque che tuo fratello è morto per compiere il nostro compito segreto ed è stato ucciso dall’uomo della stirpe che Satana ha generato sulla terra per recuperare quegli oggetti di potere che non devono essere rivelati prima dall’ora designata".

Terza lettera:
"Mio caro fratello in Cristo, mi sembra doveroso farti sapere che tuo fratello è stato vendicato. Alcuni giorni fa un seguace del Saggio della Montagna, fingendosi un convertito al cristianesimo entrò nella cappella dove Filippo di Tiro e suo figlio Giovanni stavano pregando e pugnalò entrambi. Giovanni è sopravvissuto mentre l’anima di Filippo ha raggiunto il suo sovrano Satana. Si dice qui che la mano è stata armata dal sultano dell’Egitto ma io credo che il Saggio abbia voluto vendicare il suo fratello e proteggere ulteriormente il segreto della reliquia di Giuseppe".
Con il titolo di Vecchio della Montagna i Crociati indicavano lo "Sheikh-el-Jebel", ovvero il "Signore della Montagna", Gran Maestro e capo carismatico di una misteriosa setta ismaelita, i cui membri, i "Fidawi", erano noti col nome di "Assassini".
Questo termine, entrato nel linguaggio comune per indicare chi commette degli omicidi, viene fatto derivare dal nome dell’"Hachisch", droga che a quei tempi era già usata in Oriente.
Si racconta, infatti, che il Signore della Montagna, usando questa droga, narcotizzasse i suoi seguaci, e li facesse trasportare in un bellissimo giardino, dove si risvegliavano, fra fiori e profumi, circondati dalle donne più desiderabili; il ricordo di questa esperienza paradisiaca, vissuta in uno stato di semi-incoscienza, doveva dare la certezza di una ricompensa ultraterrena e determinare, quindi, una totale indifferenza verso la vita, per cui gli Assassini affrontavano la morte e il dolore senza alcuna paura, anzi con gioia.
Il Signore della Montagna aveva quindi a disposizione un esercito di fedelissimi seguaci, esecutori passivi, ma temibili e inarrestabili, della sua volontà, e ne fece un impiego sistematico, soprattutto per far assassinare avversari politici e religiosi.
Ma, al di là di questi aspetti poco edificanti, ma tristemente attuali, di una pratica politica basata sull’impiego di assassini-suicidi, la vicenda del Signore della Montagna appare estremamente interessante per alcuni suoi aspetti di carattere iniziatico e per i rapporti, per nulla ostili, che la Setta degli Assassini ebbe con l’Ordine dei Cavalieri Templari.
Il fondatore della setta fu Hassan ben Sabbah, figlio di un mercante persiano e compagno di studi a Nishapur del famoso poeta Omar Khayyam. Dopo essere stato coinvolto in degli intrighi politici che lo costrinsero a fuggire precipitosamente, Hassan incontrò un vecchio Ismaelita, che lo iniziò alla "Dottrina della Retta Via", introducendolo nella "Sebayah", la "Setta dei Sette", che riconosceva come settimo ed ultimo Iman, Ismael, figlio di Jafar as-Sadik, sesto Iman sciita.
La Setta, che aveva un carattere iniziatico, era articolata in sette gradi, in cui veniva progressivamente rivelata una dottrina segreta, basata sulla conoscenza dei significati nascosti dei Testi sacri. Al Cairo, Hassan fu iniziato al grado più alto, e sembra che qui venisse a conoscenza dei segreti connessi all’uso dell’"hachisch".
Dopo essere dovuto fuggire dal Cairo, e dopo aver a lungo viaggiato, giunse presso Rudbar, fra le montagne a sud del Mar Caspio, e qui si impadronì della rocca di Alamut (Iran), il "Nido dell’Aquila", che diventò il centro del suo potere, e il cui nome viene anche interpretato come "l’Insegnamento dell’Aquila".
Quando nel 1118 Hugues de Payns, il fondatore dell’Ordine Templare, giunse a Gerusalemme, il Signore della Montagna era ormai saldamente attestato nella fortezza di Alamut, ma il suo atteggiamento non era affatto ostile ai Crociati, che considerava anzi dei possibili alleati nella sua lotta per il potere nel mondo islamico, e tale posizione fu conservata anche dai suoi successori.
Particolarmente intensi furono i contatti fra i Cavalieri Templari e gli Assassini, e più volte i Cavalieri del Tempio furono ospiti al Nido dell’Aquila, tanto da far pensare ad un’alleanza segreta fra i due Ordini, sospetto che nel 1236 indusse Papa Gregorio IX a rimproverare i Cavalieri Templari.
Certo si possono rilevare diversi punti di contatto fra i Cavalieri Templari e gli Assassini: entrambi gli Ordini coniugavano la loro matrice mistico-religiosa ad un carattere militare e ad una prassi politica spesso spregiudicata; entrambi avevano una rigida organizzazione gerarchica ed anche i colori dei loro abiti, il bianco e il rosso, erano simili. Inoltre, gli aspetti segreti ed iniziatici della setta del Signore della Montagna non possono non far pensare a quegli aspetti occulti e misteriosi che, pur non essendo mai stati confermati da prove sicure, sono sempre stati attribuiti al Templarismo.
Tuttavia non sempre i rapporti fra i Cavalieri Templari e gli Assassini furono idilliaci e nel 1172 un Cavaliere Templare si rese colpevole del massacro di un gruppo di Assassini che si erano recati presso il Re di Gerusalemme.
In altri casi si sospettò che i Cavalieri Templari utilizzassero gli Assassini per i loro fini politici, come nel 1187, quando i seguaci del Signore della Montagna assassinarono due dei pretendenti al trono di Gerusalemme. Inoltre, durante la Gran Maestranza di Robert de Craon, il Signore della Montagna dovette accettare di pagare un tributo annuale all’Ordine del Tempio, ma quando Luigi IX il Santo giunse in Terra Santa, gli inviò degli emissari con dei ricchissimi doni, chiedendo che questo tributo fosse soppresso.
Come si può vedere, allora come ora, la Storia presenta diversi lati oscuri: la politica, la guerra e l’assassinio si intrecciano a motivazioni religiose, talvolta al fanatismo settario o a profezie apocalittiche, e spesso si intravedono aspetti e collegamenti misteriosi, che inducono a sospettare l’esistenza di inquietanti retroscena.
"Sappiate che sulle montagne ai confini di Damasco, Antiochia ed Aleppo, c’è una razza di saraceni che nel loro idioma sono chiamati "Heyssessini" (...). Questa stirpe di uomini vive senza legge: in contrasto con la legge dei saraceni si cibano di carne di maiale ed inoltre si uniscono senza distinzione con tutte le donne, comprese le proprie madri e sorelle. Vivono sulle montagne e sono pressoché invincibili perché possono rifugiarsi in castelli ben fortificati. (...) Tra di loro vi è un Signore che desta il più grande timore sia in tutti i principi saraceni, tanto vicini quanto lontani, che nei principi cristiani dei paesi confinanti. E ciò perché li fa uccidere in una maniera straordinaria che è la seguente : sulle montagne possiede molti splendidi palazzi, circondati da mura tanto alte che nessuno vi può entrare se non attraverso una piccola porta sempre ben custodita".
"In questi palazzi vi sono molti figli dei suoi contadini che vi vengono allevati sin dalla più tenera età. Qui apprendono molte lingue come il latino, il greco, il provenzale, il saraceno e tante altre ancora. A questi giovani, dalla prima infanzia fino alla maturità, i maestri insegnano che devono obbedire a tutti i desideri ed ordini del Signore della loro terra e che, se lo faranno, lui, che comanda su tutti gli dei esistenti, donerà loro le gioie del paradiso. Viene loro inoltre insegnato che, se si opporranno anche minimamente al suo volere, la salvezza sarà loro negata. Sappiate che, dal momento in cui da bambini sono portati all’interno dei palazzi, non vedono nessuno se non i loro insegnanti e maestri, e non ricevono nessun ordine fino a quando non sono convocati alla presenza del loro Principe per uccidere qualcuno. Quando sono di fronte al Principe, egli chiede se desiderino obbedire ai suoi ordini così che egli possa concedere loro il paradiso. Dopo di che, così come è stato insegnato loro e senza obiezione e dubbio essi si gettano ai suoi piedi e rispondono con fervore che lo serviranno in tutto quello che chiederà loro. Quindi il signore dà ad ognuno un pugnale dorato e li manda ad uccidere quel principe che egli ha indicato".
Con queste parole un inviato dell’imperatore Federico I Barbarossa descriveva nel 1175 la setta degli Assassini. Il successo della prima spedizione cristiana in Terra Santa (1095-99) aveva infatti messo in contatto diretto gli adepti di questa confessione con i franchi che avevano fondato in Siria e Palestina stabili insediamenti. Gli occidentali erano rimasti profondamente colpiti dalle pratiche di questa setta, ed in particolare dall’assoluta dedizione dei suoi affiliati nei confronti dei propri capi, dallo sprezzo del pericolo e dall’infallibilità delle loro azioni.
In breve tempo questi abili sicari orientali erano quindi divenuti il paradigma della dedizione più assoluta ad un ideale o ad un uomo. Inoltre, la collocazione geografica della setta nel misterioso Oriente aveva fatto nascere numerose leggende intorno agli Assassini. Fanatismo e senso del meraviglioso si univano quindi nei racconti dei cronisti medievali, impressionati dalla potenza del Vecchio della Montagna, il capo siriano della setta, e dall’inspiegabile fedeltà dei suoi seguaci, che poteva essere motivata solo dalla promessa di incredibili ricompense in questo mondo e nell’altro. Forse la più interessante descrizione delle pratiche degli Assassini è quella di Marco Polo, che con dovizia di particolari dipinge infatti le loro fortezze come veri e propri paradisi.
"Lo Veglio (...) aveva fatto fare tra due montagne in una valle lo più bello giardino e ‘l più grande del mondo ; quivi avea tutti i frutti e li più belli palagi del mondo, tutti dipinti ad oro e a bestie e a uccelli. Quivi era condotti: per tale veniva acqua, e per tale vino. Quivi era donzelli e donzelle, gli più belli del mondo e che meglio sapevano cantare e sonare e ballare ; e faceva credere lo Veglio a costoro che quello era lo paradiso. E per ciò il fece, perché Maometto disse che chi andasse in paradiso avrebbe di belle femmine quante ne volesse, e quivi troverebbe fiumi di latte e di miele e di vino; e perciò lo fece simile a quello che avea detto Maometto. E gli saracini di quella contrada credevano veramente che quello fosse il paradiso; e in questo giardino non entrava se no’ colui che voleva fare assassino".
"All’entrata del giardino avea un castello sì forte che non temeva niuno uomo del mondo. Lo Veglio teneva in sua corte tutti giovani di dodici anni, li quali li paressono da diventare prodi uomeni. Quando lo Veglio ne faceva mettere nel giardino, a quattro, a dieci, a venti, egli faceva loro dare bere oppio, e quegli dormivano bene tre dì; e facevagli portare nel giardino, e al tempo gli faceva isvegliare. Quando li giovani si svegliavano, egli si trovavano là entro e vedevano tutte queste cose, veramente si credevano essere in paradiso. E queste donzelle sempre istavano con loro con canti e in grandi sollazzi; donde egli aveano sì quel che voleano, che mai per lo volere si sarebbero partiti da quel giardino. Il Veglio tiene bella corte e ricca, e fa credere a quegli di quella montagna che così sia com’io v’ho detto. E quando ne vuole mandare niuno di quelli giovani in niuno luogo, li fa loro dare beveraggio che dormono, e fagli recare fuori del giardino in sul suo palagio. Quando coloro si svegliano, trovansi quivi, molto si maravigliano, e sono tristi che si truovano fuori del paradiso. Egli se ne vanno incontamente dinanzi al Veglio, credendo che sia un gran profeta, e inginocchiansi. Egli li domanda: "Onde venite ?" Rispondono: "Dal paradiso" e contagli quello che v’hanno veduto entro, e hanno gran voglia di tornarvi. E quando il Veglio vuole fare uccidere alcuna persona, egli fa torre quello lo quale sia più vigoroso e fagli uccidere cui egli vuole; e coloro lo fanno volentieri, per tornare in paradiso. (...) In questa maniera non campa niuno uomo dinanzi al Veglio della Montagna, a cui egli lo vuole fare; e sì vi dico che più re li fanno tributo per quella paura".
Questo racconto ci dimostra come ormai la leggenda degli Assassini si fosse fatta sempre più complessa. La visione distorta dell’Islam, caratteristica dell’Occidente medievale, si unisce ed elementi favolistici, fortezze inaccessibili, spietati tiranni, ma anche paradisi artificiali, frutto dell’inganno della droga e di un astuto signore.
La setta, quindi, si era ben presto guadagnata un posto nell’immaginario collettivo occidentale al punto che il suo stesso nome sarebbe entrato nel linguaggio corrente per indicare i sicari. Tuttavia, la rappresentazione che i cronisti cristiani ci forniscono di questa confessione è tutt’altro che veritiera. Ben diverse rispetto all’avidità di denaro e di piaceri erano in realtà le motivazioni che avevano spinto gli Assassini a fare dell’omicidio un mezzo di azione politica. Inoltre, del tutto infondati erano i racconti che li volevano politeisti ed idolatri. Lungi dall’essere una setta sanguinaria, dominata da un mistificatore senza scrupoli, capace di chiedere ai suoi uomini di gettarsi nel vuoto con il solo fine di impressionare un ambasciatore occidentale, gli Assassini rappresentavano in realtà la frangia più intransigente dell’Islamismo ismaelita, quella stessa corrente religiosa a cui aderiva ad esempio la dinastia fatimita, che aveva conquistato l’Africa del Nord.
All’interno della confessione sciita, cioè quella che nella complicata questione della successione a Maometto aveva sostenuto Alì, cugino e genero del Profeta, gli Ismaeliti riconoscevano come propria guida Ismail, il settimo imam dell’Islam, che, vissuto nell’VIII secolo, sarebbe dovuto ritornare in terra per portare la fede musulmana al trionfo. Questa corrente religiosa, che oggi ha il suo capo spirituale nell’Aga Khan, ebbe grande rigoglio durante l’epoca medievale, giungendo ad elaborare una complessa teosofia, non priva di accenti misterici e promesse messianiche. Gli Assassini si battevano quindi sotto la guida del proprio signore per un ideale religioso ben preciso che si opponeva all’islamismo sunnita dominante.
Il successo dei Fatimiti era stato una conquista di fondamentale importanza per l’Ismaelitismo, ma la progressiva perdita di potere da parte dei califfi africani e l’invasione turca avevano posto gli Ismaeliti nella necessità di adottare una linea d’azione più risoluta. Fu Hassan ben Sabbah a comandare questa lotta. Egli scelse quale propria sede il castello di Alamut, costruito sulla cresta di un’altura nel cuore della catena dell’Elbrurz. La rocca, detta Nido d’Aquila, si ergeva a più di 1800 metri sul mare ed era considerata un presidio inespugnabile. Da qui Hassan ben Sabbah dirigeva la predicazione ismaelita, la conquista di nuove fortezze montane, ma soprattutto progettava gli attentati contro gli oppositori della setta. Gli Ismaeliti, infatti, non furono gli inventori dell’assassinio politico, ma ne fecero un’arma di incredibile efficienza, colpendo "uomini-simbolo" sunniti.
Nella loro azione non mancava inoltre un certo carattere di ritualità, dato che tutte le loro vittime perirono trafitte da coltelli, mentre non fu mai fatto uso di veleni o di armi a distanza. L’omicidio si connotava quindi anche come un atto sacrificale. Antichi culti di morte trovavano quindi nuova vita all’interno dell’Islam e l’omicidio diventava non solo atto dovuto di devozione, ma un’azione sacrale, capace di santificare chi se ne macchiava le mani. Racconta il cronista Guglielmo di Tiro: "Immediatamente chiunque abbia ricevuto l’incarico inizia a sua missione senza pensare alle conseguenze che potrebbero ricadere su di lui o senza preparasi una via di fuga". Per gli adepti, infatti, il conseguimento dell’impunità non aveva alcun senso. Una volta catturati, avrebbero sopportato qualsiasi pena, convinti dell’eroicità del proprio martirio. Sotto il comando di Hassan ben Sabbah gli elenchi ismaeliti ricordano circa cinquanta omicidi, finalizzati a colpire alte personalità avversarie ed a creare un clima di terrore.
Nessuno, per quanto ben protetto e ritirato, appariva immune dai loro colpi, dato che determinazione e capacità di dissimulazione permettevano ai sicari di avvicinare qualsiasi obiettivo. L’atmosfera instaurata da questi ripetuti atti di violenza è ben descritta da un cronista arabo che afferma: "Nessun comandante o funzionario osava lasciare la propria casa senza scorta. Sotto i vestiti portavano corazze ed il visir indossava una cotta. Per il timore di essere assaliti gli alti funzionari del sultano chiesero il permesso di poter portare le armi in sua presenza ed egli glielo accordò". In un primo tempo gli Ismaeliti concentrarono la loro azione in Iran. Solo successivamente si volsero alla Siria e proprio alla parte della setta che qui agiva venne dato il nome di Assassini. La sua guida fu affidata a Sinan ibn Salman ibn Muhammad, chiamato dagli occidentali "il Vecchio della Montagna". Anche qui infatti, gli Assassini presero possesso di diverse fortezze situate tra i rilievi dell’entroterra.
La tradizione vuole che la denominazione di Assassini derivasse dall’uso di hashish da parte degli adepti, che l’impiegavano soprattutto per rafforzare la dipendenza degli affiliati nei confronti dei capi e per acquistare maggiore sicurezza nel compiere i loro misfatti. In realtà, oggi gli storici pensano che questa credenza sia falsa e che sia derivata dal nome arabo "hashishi", il cui esatto significato non è stato ancora appurato, che era stato dato alla setta stessa probabilmente dai suoi stessi avversari con intento derisorio. Nessuna fonte musulmana, infatti, afferma che al suo interno si facesse consumo di stupefacenti. La storia degli Assassini in Siria si riduce sostanzialmente al novero degli omicidi che essi vi perpetrarono. Il signore di Homs, l’emiro di Mossul ed il comandante delle milizie di Aleppo furono i primi a perire sotto i colpi dei loro coltelli.
L’insediamento nel Vicino Oriente comportò però anche i primi contatti con gli occidentali, quei crociati che dopo la prima spedizione in Terra Santa vi avevano fondato quattro stati : la contea di Edessa, il principato di Antiochia, la contea di Tripoli ed il regno di Gerusalemme. Inizialmente, malgrado in alcune occasioni gli Assassini si fossero scontrati con i cristiani, questi ultimi non divennero oggetto della loro vendetta. Anzi, sappiamo che gli Assassini collaborarono con Raimondo di Antiochia ed offrirono addirittura un’alleanza, dicendo di volersi convertire al Cristianesimo, a re Amalrico di Gerusalemme. I maggiori nemici degli Assassini rimanevano infatti i capi musulmani come Norandino, che una sera trovò sul proprio cuscino un pugnale, evidente monito a non infastidire la setta, e successivamente Saladino. Questi fu oggetto di diversi attentati falliti, e, secondo alcune testimonianze, pare che gli Assassini si fossero avvicinati pericolosamente alla sua persona.
Racconta infatti un cronista musulmano : "Mio fratello (...) mi narrò che Sinan inviò un messaggero al Saladino (...), ordinandogli di consegnare un messaggio in privato. Il Saladino lo fece perquisire e, quando fu sicuro che non costituisse un pericolo, congedò i presenti facendo restare solo poche persone e gli chiese di dargli il messaggio. Ma egli disse : "Il mio maestro mi ha ordinato di non consegnartelo (se non in privato)". Il Saladino allora allontanò tutti i congregati tranne due mamelucchi, e disse : "Consegnami il tuo messaggio", ed egli replicò :"Mi è stato ordinato di dartelo solo in privato", e il Saladino disse :"Questi due non mi lasceranno. Se vuoi, dammi il tuo messaggio, altrimenti vattene". Egli disse :"Perché non hai allontanato questi due come hai allontanato gli altri ?". Il Saladino rispose : "Li considero come se fossero i miei figli, io e loro siamo una cosa sola".
Allora il messaggero si rivolse ai due mamelucchi e disse:"Se vi ordinassi nel nome del mio signore di uccidere questo sultano, voi lo fareste?". Essi risposero di sì e sfoderarono le loro spade, dicendo: "Ordina ciò che desideri". Il sultano Saladino (...) era ammutolito, e il messaggero se ne andò, portando i due con sé.
Dopo questi fatti, afferma sempre il cronista, Saladino decise di concludere la pace con gli Assassini, ma la setta avrebbe ben presto trovato nuovi antagonisti: nel 1152, infatti, un capo franco, il conte di Tripoli Raimondo II, cadeva sotto i loro colpi. Era la prima vittima cristiana ricordata dagli Ismaeliti.
L’atto più eclatante contro gli occidentali doveva tuttavia essere l’uccisione di Corrado di Monferrato, re di Gerusalemme. Dopo la caduta della Città Santa in mano di Saladino, il principe italiano, appena arrivato in Palestina, aveva saputo organizzare eroicamente la difesa di Tiro, ottenendo in seguito anche la corona del regno. Una sera, mentre faceva ritorno al palazzo reale, venne avvicinato da due uomini e, mentre uno fingeva di consegnargli una lettera, il secondo lo pugnalò. I sicari erano conosciuti a corte ed avevano precedentemente finto di convertirsi al Cristianesimo. Immediatamente catturati, essi affermarono di aver agito su commissione di Riccardo I Cuor di Leone, re d’Inghilterra ed in quel momento in Terra Santa come crociato. In effetti tra Corrado ed il Plantageneto c’erano stati molti e gravi dissapori circa la conduzione della crociata, tuttavia pare che il Vecchio della Montagna agisse in questo caso per eliminare un pericoloso nemico, riuscendo inoltre a seminare discordia nel campo cristiano. Resta il fatto che gli Assassini avevano nuovamente colpito con sagacia e sprezzo del pericolo, uccidendo il sovrano stesso di Gerusalemme.
L’uccisione di Corrado fu in realtà l’ultima mossa di Sinan: di lì a poco il terribile Vecchio moriva, ma la sua eredità non sarebbe andata perduta. Gli omicidi infatti continuarono e furono soprattutto cristiani a cadere. Raimondo, figlio di Boemondo IV di Antiochia, fu assalito in una chiesa di Tortosa ed il cronista Joinville racconta addirittura che emissari della setta chiesero a Luigi IX il Santo, re di Francia e due volte crociato, un tributo come già pagavano "l’imperatore di Germania, il re d’Ungheria, il sultano di Babilonia ed altri, perché sanno bene che possono vivere solo nella misura in cui egli (il loro capo) lo vuole".
Gli occidentali erano quindi ben consapevoli della forza della setta e ne temevano le ritorsioni.
Non per nulla Brocardo, un sacerdote tedesco, così ammoniva re Filippo VI di Francia, che nel 1332 progettava una nuova crociata: "Io indico gli Assassini che sono da maledire e da fuggire. Loro vendono se stessi, sono assetati di sangue umano, per soldi uccidono gli innocenti e non si curano né della vita né della salvezza. Come il diavolo si travestono da angeli della luce e imitano i gesti, gli abiti, il linguaggio, i costumi e gli atti delle varie nazioni e dei popoli ; così, travestiti da agnelli, quando sono scoperti trovano la morte. (...) Per queste ragioni conosco solo un modo per garantire la protezione e la salvezza del re, ossia che tra tutta la servitù reale, per qualsiasi servizio, per quanto piccolo o breve o insignificante, non sia ammesso nessuno se non coloro dei quali siano sicuramente, pienamente e chiaramente conosciuti il paese, l’incarico, la nascita, la condizione e la persona".
Gli unici che parevano immuni alle rappresaglie degli Assassini erano gli ordini monastico-militari del Tempio e dell’Ospedale. In effetti tali organizzazioni erano riuscite ad imporsi alla setta dal momento che, ci spiega ancora Joinville, qualsiasi loro dignitario poteva essere rimpiazzato senza ledere la coesione dell’ordine. Gugliemo di Tiro ci informa anzi che la setta pagava regolari tributi ai due ordini e che addirittura i Cavalieri Templari avevano impedito al Vecchio di convertirsi al Cristianesimo pur di mantenere inalterate quelle riscossioni. In realtà Guglielmo non amava particolarmente i Cavalieri Templari, cui spesso rimproverava la superbia e la cupidigia, e Sinan, come abbiamo visto, aveva diverse volte ventilato la possibilità di una propria conversione, con il solo intento di giostrarsi tra le forze crociate e quelle sunnite.
Durante il XIII secolo, tuttavia , il potere della setta in Siria andava lentamente declinando ed il colpo di grazia le sarebbe stato inferto dall’invasione mongola e dall’assalto del sultano mamelucco d’Egitto Baybars. Alcune fonti affermano che egli si sarebbe valso dei loro servigi. L’attentato ad Edoardo d’Inghilterra e l’uccisione di Filippo di Monfort a Tiro nel 1270 sarebbero state portate a termine su sua commissione. In realtà, in questo periodo non si può affermare con certezza che alcun omicidio fosse compiuto dagli Assassini. Nel secolo seguente, infine, l’Ismaelismo avrebbe perso gran parte dei propri adepti e la sua influenza politica si sarebbe fatta quasi irrilevante. Tuttavia, nella storia gli Assassini avevano lasciato in ricordo della loro fede una lunga scia di sangue, mentre il loro nome ancora oggi è indissolubilmente legato al più antico crimine mai compiuto dall’uomo.


LA CAPPELLA DI ROSSLYN

La prova che forse l'avventura dei Cavalieri Templari non si sia chiusa col rogo del loro ultimo Gran Maestro Jacques de Molay a Parigi (1314) si trova in Scozia, a Rosslyn, a circa 16 km da Edimburgo. Rosslyn e la sua famosa cappella sembrano fatte apposta per custodire nei secoli un importante segreto. Infatti in gaelico, l’antica lingua celtica usata dagli scozzesi, "Rosslyn" vorrebbe dire: "Antica conoscenza tramandata di generazione in generazione".
Rosslyn, una località già considerata sacra dai Celti, le sue pietre e le sue sculture sembrano davvero nascondere un antico sapere e, forse, anche un tesoro. Di sicuro la cappella nasconde molti richiami a culti babilonesi ed egiziani, riferimenti celtici e scandinavi, mistica ebraica e cristiana.
La Cappella di Rosslyn è stata costruita in soli quattro anni, tra il 1446 e il 1450, da un signore locale: il Conte William di St. Clair. William di St.Clair, sepolto nella cripta di questa cappella.
Come molti altri membri della famiglia dei St. Clair, William riposa nella cappella che fece costruire secondo un progetto preciso. I lavori iniziarono il 21 settembre 1446, nel giorno di San Matteo ma anche nel giorno dell'equinozio d’autunno, e la cappella venne inaugurata esattamente 4 anni dopo. William St. Clair era un nobile strettamente legato al mondo esoterico e, come dimostrano alcune incisioni in questa cripta, era anche legato al mondo della Massoneria di cui sembra fosse un alto esponente.
Non solo, i St. Clair occupano un posto importante nella storia dei Cavalieri Templari: un conte di St.Clair partecipò alla Prima crociata, quella al termine della quale, nacquero i Cavalieri Templari; Catherine di St. Clair sposò il fondatore dell'Ordine, Hugues de Payns nel 1101. Molti membri della famiglia furono in seguito cavalieri Cavalieri Templari. Ora la Massoneria divide con i Cavalieri Templari alcuni punti comuni che, guarda caso, il Conte William volle fissare a modo suo a Rosslyn.
A Rosslyn è anche la tomba di Henry St. Clair, nonno di William. Alcuni vecchi manoscritti, oltre ad alcune raffigurazioni di aloe e mais (su un paio di colonne della cappella), piante sconosciute in Europa prima della scoperta dell'America, fanno pensare che Henry St. Clair abbia raggiunto, quasi un secolo prima di Cristoforo Colombo, le coste americane insieme al navigatore veneziano Antonio Zeno, e forse, alcuni Cavalieri Templari sfuggirono alle persecuzioni del Papa Clemente V e del Re di Francia Filippo IV il Bello approdando soprattutto in Scozia.
Sappiamo che il tesoro dei Cavalieri Templari non venne mai ritrovato e c'è chi pensa che questo sia stato messo in salvo dagli stessi Cavalieri Templari grazie alla loro flotta, sparita anch'essa al momento del crollo. Quella flotta e il tesoro dei Cavalieri Templari raggiunsero forse la Scozia, un regno in lotta col Papa e quindi ospitale per i Cavalieri Templari.
Di certo c'è che St. Clair e Zeno, con 12 navi, raggiunsero alla fine del '300 il Nord Ovest dell'attuale Canada, oggi chiamata non a caso "NUOVA SCOZIA" , stabilendo un presidio a New Poss, a poco più di 30 km da quell'Oak Island dove si pensa che sia stato sepolto il favoloso tesoro dei Cavalieri Templari.
Ma forse non tutte le ricchezze in possesso dei Cavalieri Templari sono state sepolte fuori dall'Europa. Qualcosa potrebbe essere anche qui, a Rosslyn. Risalendo dalla cripta la prima cosa che si incontra è forse il particolare più famoso di tutta la Cappella di Rosslyn: la "Colonna dell’Apprendista". E' questo forse l'esempio più evidente dell'ambiguità di questa costruzione che, formalmente cristiana, presenta numerosi riferimenti e simboli a culture e religioni che col cristianesimo non hanno nulla a che fare: qui, ad esempio siamo di fronte ad una raffinata raffigurazione dell'Albero della Vita della tradizione biblica, raffigurazione integrata da alcuni riferimenti pagani come i draghi (figure sconosciute alla mitologia ebraico-cristiana) posti alla base. Dalle fauci fuoriescono viti rampicanti che si estendono a spirale per tutta la lunghezza della colonna. Alcuni vedono in questo un legame con la mitologia nordica, secondo la quale un drago rosicchia le radici dello "Yggdrasil" , il grande albero cosmico che sostiene l'Universo. Alcune teorie, inoltre, suggeriscono che questa colonna possa contenere uno scrigno di piombo in cui è nascosta la leggendaria coppa usata da Gesù in occasione dell’Ultima Cena, e successivamente usata per raccogliere il suo sangue, il Santo Graal.
Questa colonna è poi anche importante perché sembra legare, già dal proprio nome, il mito fondatore della Massoneria, con i Cavalieri Templari e con la storia della Cappella stessa.
Si dice che il disegno di questa colonna, il più complesso di tutta la Cappella, sia stato disegnato dallo stesso William St. Clair, il disegno era così complesso che il mastro scalpellino non sapeva come realizzarlo. Da qui la decisione di andare a Roma per studiare meglio: ma mentre il Maestro era fuori, uno dei suoi ragazzi di bottega decise di propria iniziativa di eseguire il lavoro, dopo aver ricevuto in sogno le dovute istruzioni. La colonna venne benissimo ma quando il Maestro tornò da Roma fu preso da un attacco di gelosia e uccise il giovane. La storia ricorda molto la leggenda massonica della morte di Hiram Abiff, architetto del Tempio di Salomone, il Tempio da cui presero il nome i Cavalieri Templari a Gerusalemme dopo la prima crociata.
A rendere ancora più evidente il parallelo Massoneria-Templari-Rosslyn c'è poi il fatto che la Cappella, secondo i voleri di St. Clair, è costruita secondo la piante del Tempio di Erode, costruito al tempo di Gesù sullo stesso luogo in cui era sorto il Tempio di Re Salomone.
Tra i vari punti di contatto tra le due costruzioni ricordiamo che le due colonne dell'Apprendista e del Maestro, corrisponderebbero alle due colonne portanti dell’antico tempio, quelle di BOAZ (l'Apprendista) e JACHIM (il Maestro)
Il soffitto è ricco di riproduzioni di stelle, gigli e rose. Le stelle e le rose tradizionalmente facevano parte della decorazione dei templi dedicati alla dea babilonese Ishtar e a suo figlio che risorge, Tammuz. I gigli invece erano scolpiti sopra le due colonne di BOAZ e JACHIM nel Tempio di Gerusalemme.
Al centro della navata, a metà tra le quarta colonna di destra e di sinistra, starebbe il centro di una ideale Stella sei punte. Un punto che nel tempio originario corrispondeva al punto in cui era custodita l’Arca dell’Alleanza.
Vero o falsi che siano, i Cavalieri Templari di oggi possono comunque vantare un fatto indiscutibile. Le tracce di una presenza templare posteriore al 1307 sono forti qui in Scozia e nei dintorni di Rosslyn in particolare. Numerose tombe, chiese e cappelle, alcuni fatti d'arme (la vittoria di re Bruce contro gli inglesi nel 1314, ad esempio), le stesse croci templari presenti in quantità nella Cappella di Rosslyn.

FONTE
 
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jasmine23
view post Posted on 29/11/2007, 20:14




STORIA E LEGGENDA DEI CAVALIERI TEMPLARI

Le origini dei Cavalieri Templari si possono capire solo se si conosce ed analizza la storia della prima Crociata guidata dal famosissimo Goffredo di Buglione.
Papa Urbano II al concilio di Clermont (1095) incita le genti alla "guerra all'infedele", in molti presero parte, venendo da ogni regione e di qualsiasi ceto sociale; povera gente, commercianti, nobili cavalieri e principi. La Prima Crociata riuscì a liberare Gerusalemme.
Lo scopo "spirituale" e non economico di questa Crociata si evidenziò dal comportamento di Goffredo di Buglione, che dopo aver conquistato Gerusalemme si rifiutò di diventarne il Re ritenendosi soltanto "Difensore del Santo Sepolcro".
Dopo aver riconquistato Gerusalemme, molti Crociati, assolto il loro compito, che era quello di permettere ai cristiani di andare a pregare in TerraSanta tornarono in Europa, lasciando Gerusalemme quasi senza protezione.
Proprio in questo momento iniziò la "leggenda" dei Cavalieri Templari.
Hugues de Payns insieme ad altri otto cavalieri (Bysol de Saint Omer, Andrè de Montbard zio di San Bernardo da Chiaravalle, Archambaud de Saint Aignan, Gondemar, Rossal, Jacques de Montignac, Philippe de Bordeaux e Nivar de Montdidier) partirono dalla Francia per andare in TerraSanta con lo scopo dichiarato di difendere i pellegrini dagli attacchi dei musulmani.
Ma questi nove Cavalieri avevano anche un altro scopo, uno "scopo segreto", trovare antiche reliquie dai poteri immensi (Arca dell’Alleanza, Santo Graal).
All’inizio furono chiamati i "Poveri Cavalieri di Cristo" ed erano un Ordine monastico e guerriero. Questo Ordine fu una cosa rivoluzionaria per quel tempo. Infatti i ceti sociali dell’epoca si dividevano tra: Bellatores (coloro che combattevano), Oratores (coloro che pregavano), e Laboratores (coloro che lavoravano).
I Cavalieri Templari unirono la mansuetudine del monaco alla forza del guerriero
I monaci tradizionali avevano tre voti: obbedienza, povertà e castità.
I Cavalieri Templari, oltre a questi tre voti, ne avevano un quarto, cioè lo "stare in armi", quindi il combattimento armato. Furono dei veri e propri monaci guerrieri.
Questi nove Cavalieri, si presentarono nell’Anno Domini 1119 al Re di Gerusalemme Baldovino II dichiarando di essere disposti a proteggere i pellegrini e a controllare le strade di Gerusalemme.
Questi cavalieri, erano coperti da un semplice mantello bianco senza nessun altro fregio o armatura luccicante.
Hugues de Payns disse al re, che non erano le vesti che facevano i buoni e coraggiosi cavalieri, ma il cuore.
Il Re Baldovino II, dopo averli ascoltati, diede loro come quartier generale un'ala del monastero fortificato di Nostra Signora di Sion, accanto a quello che era stato il Tempio di Salomone.
I cavalieri cominciarono così a controllare le strade come promesso al re, il quale fu soddisfatto del loro operato. Dopo poco tempo, con l’aumentare dei cavalieri, il quartier generale si trasferirsi, andando ad occupare tutta l'area di quella che era la spianata del Tempio di Salomone, ossia l'area fra la Moschea della Roccia e la Moschea di Al-Aqsa.
A questo punto presero il nome di "Ordine dei Poveri Cavalieri di Cristo e del Tempio di Gerusalemme", e furono più semplicemente riconosciuti come "Templari".
In questo periodo i Cavalieri Templari incontrarono grandi difficoltà, sia dal punto di vista militare (erano pochi) sia dal punto di vista economico.
Per questi motivi Hugues de Payns tornò in Francia nel 1127 a cercare rinforzi morali ed economici. Proprio in questo periodo avviene la svolta decisiva dell’Ordine del Tempio: Hugues de Payns dopo aver incontrato a Roma il Papa Onorio II arriva a Troyes. Bisogna ritenere che la creazione di questo Ordine non aveva precedenti nella storia cristiana, e, anche il Papa mostrava evidenti segni di imbarazzo.
Certo, i Cavalieri Templari non furono i primi monaci con altre finalità oltre la preghiera e la meditazione, anche i Cavalieri di San Giovanni conosciuti come Ospitalieri o Gerosolimitani e oggi come Cavalieri di Malta già esistevano, ma non avevano il voto delle armi, si occupavano soprattutto della cura dei feriti, degli invalidi e dei pellegrini in seguito però, sull’esempio dei Cavalieri Templari presero anche loro le armi.
Anche i Cavalieri Teutonici presero le armi, copiando sia la Regola Templare, sia la divisa, con l’eccezione del colore della Croce nera invece che rossa dei Cavalieri Templari.
Lo stesso dicasi per gli altri Ordini Cavallereschi, soprattutto quelli della Penisola Iberica.
Era necessario quindi trovare una posizione chiara e precisa, avendo anche una Regola che si adattasse perfettamente alla situazione. Questa Regola fu redatta da uno dei personaggi più carismatici ed autorevoli del tempo: San Bernardo da Clairvaux (Chiaravalle) appartenente all’ordine monastico nato a Cistercium (I Cistercensi) e fondatore dell’abbazia di Chiaravalle.
Fu proprio nel Concilio di Troyes che venne presentata la Regola e l’Ordine.
Oltre al Papa Onorio II ed allo stesso San Bernardo da Chiaravalle, erano presenti anche gli arcivescovi di Reims, Sens, Chartres, Amiens e Tolosa, oltre ai vescovi di Auxerre, Troyes e Payns. Tutti gli Statuti dell'Ordine furono approvati e la Regola Templare fu sottoscritta da tutti e vi fu apposto il sigillo papale, mentre Hugues di Payns, anch'egli presente al Concilio, fu nominato Gran Maestro dell'Ordine.
In questo Concilio fu presentato il "De laude novae militiate",vero e proprio proclama di esaltazione dell'Ordine Templare. Ne citiamo una parte:
"Una nuova cavalleria è apparsa nella terra dell'Incarnazione... essa è nuova, dico... che si combatta contro il nemico non meraviglia... ma che si combatta anche contro il Male è straordinario... essi non vanno in battaglia coperti di pennacchi e fronzoli, ma di stracci e con un mantello bianco... essi non hanno paura del Male in ogni sua forma... essi attendono in silenzio ad ogni comando aiutandosi l'un l'altro nella dottrina insegnata dal Cristo... essi fra loro non onorano il più nobile, ma il più valoroso... essi sono i Cavalieri di Dio... essi sono i Cavalieri del Tempio".
Da un altro scritto relativo all’Ordine Templare redatto da San Bernardo da Chiaravalle si capisce ulteriormente lo spirito dei Cavalieri Templari: "Le armi nemiche avrebbero forse avuto paura dell'oro, avrebbero rispettato gemme e non oltrepassato la seta? sono necessarie solo tre cose: abilità, prontezza e circospezione; abilità nel cavalcare, prontezza nel colpire, circospezione nel guardarsi quando ci si recasse in terre e fra genti sconosciute".
A Troyes poi i Cavalieri Templari adottarono il motto: "Non nobis Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam", ossia "Non a noi, Signore, non a noi, ma al Tuo nome da gloria". E’ facile immaginare come un simile motto potesse accendere gli animi.
San Bernardo da Chiaravalle inoltre trasmise ai cavalieri la devozione a Maria e il grande rispetto per la donna, la Regola infatti cita: "Maria presiedette al principio del nostro Ordine, ne presieda anche, se questa sarà la volontà del Signore, la fine". In devozione a Maria, Jacques de Molay l’ultimo Gran Maestro, sul rogo il 18 marzo 1314, pregò i suoi carnefici di legarlo con il viso rivolto verso Notre Dame de Paris.
D’esempio per i Cavalieri Templari furono quindi i Cistercensi e gli Agostiniani, di cui ammirarono la loro vita comunitaria e il gusto per la liturgia sontuosa.
La Regola Templare era formata da 72 articoli ed era durissima. Veniva vietato qualsiasi contatto con le donne (non si poteva baciare neanche la madre, ma bisognava salutarla compostamente chinando il capo), non si poteva andare a caccia, erano banditi il gioco dei dadi e delle carte, aboliti mimi, giocolieri e tutto ciò che è divertimento, non si poteva ridere scompostamente, parlare troppo o urlare senza motivo, i capelli andavano corti o rasi, in inverno la sveglia era alle 4 del mattino, in estate alle 2, bisognava dormire "in armi" per essere sempre pronto alla battaglia "...il demonio colpisce di giorno e di notte, quindi che si difenda il Sacro Sepolcro dall'alba all'alba successiva sempre in armi..."…
C’erano regole anche sul mangiare e sul vestirsi. Bisognava veramente avere una sincera e profonda vocazione per sottostare a tali ferree regole. Dopo questa ufficiale approvazione ecclesiastica, la fama dell'Ordine del Tempio crebbe rapidamente, e con essa aumentò anche la potenza e la ricchezza dell'Ordine stesso, che ricevette elargizioni e donazioni spontanee praticamente da ogni ceto sociale.
Ogni elargizione o donazione veniva usata per finanziare la campagna di guerra in TerraSanta, e tutti, pur non partecipando attivamente alla guerra, potevano però dare il loro contributo: in pratica, donare ai Cavalieri Templari significava contribuire materialmente alla liberazione dei "Possessi di Dio" come veniva chiamata spesso la TerraSanta.
L'Ordine Templare crebbe anche in prestigio, tanto che i nobili facevano a gara per entrare nell'Ordine. A causa delle moltissime donazioni ed elargizioni, Hugues de Payns dovette lasciare in Francia parecchi confratelli per amministrare l'enorme patrimonio acquisito, onde far fronte alle grosse spese delle campagne di guerra in TerraSanta.
Di vitale importanza fu la bolla "Omne datum optimum" del 1139, di Papa Innocenzo II che concesse all'Ordine la totale indipendenza, compreso l'esonero dal pagamento di tasse e gabelle, oltre al fatto che l'Ordine non doveva rendere conto a nessuno del suo operato, tranne che al Papa. Così l’Ordine Templare divenne un organismo a parte con una posizione molto privilegiata.
Hugues de Payns tornò a Gerusalemme con un gran numero di reclute, che divennero perfetti Cavalieri Templari.
I Cavalieri Templari si distinsero sempre per la loro incredibile determinazione in battaglia, avevano una disciplina disumana e una spietata fermezza di fronte all’avversario. Non a caso venivano chiamati dai musulmani i "diavoli rossi", mentre i Gerosolimitani erano chiamati i "diavoli neri".
Pretendevano il privilegio della prima linea durante i combattimenti, molto spesso dovettero pagare con un alto tributo di sangue questo privilegio, ma con la loro fama di essere i più valorosi difensori della Croce non avevano difficoltà a reclutare nuovi combattenti.
Le loro sconfitte furono assai poche, furono gli ultimi a lasciare la TerraSanta e nell’assedio di San Giovanni d'Acri non mollarono fino all’ultimo, la difesa della fortezza che era chiaramente senza speranza, benché senza alcun pericolo potevano salvarsi via mare, ma i Cavalieri Templari combatterono e morirono quasi tutti. Non potendo più guidare l’avanguardia in battaglia si trasformarono in retroguardia e sacrificarono così le loro vite.
E’ tragico pensare che i Cavalieri Templari sopravvissuti ai Musulmani caddero poi vittime nel 1314 dei carnefici del Re di Francia Filippo IV il Bello (Cristiano) e del Papa Clemente V, tra di essi c’era anche l’ultimo Gran Maestro, Jacques de Molay e il precettore di Normandia Goffredo di Charney, il primo europeo ad aver posseduto la Sacra Sindone.
Ma i Templari non furono protagonisti solo in TerraSanta: quando le orde dei Mongoli minacciarono l’Europa i Cavalieri Templari contribuirono non poco alla sua difesa, che trovò provvisoria soluzione con la battaglia di Liegnitz nel 1241. Nella penisola iberica i sovrani di Spagna e Portogallo difficilmente avrebbero conseguito le loro vittorie senza i Cavalieri Templari, affidando loro le proprie fortezze più munite e ricompensandoli con munifiche donazioni.
Anche la flotta Templare era tra le migliori, nessuno si sarebbe mai azzardato ad attaccare una nave battente bandiera Templare e i Musulmani se ne tenevano ben alla larga.
San Bernardo da Chiaravalle, riprendendo il concetto della "guerra giusta" espresso da Sant'Agostino, considerò il voto templare dell'uso delle armi contro gli infedeli non una intenzione di "omicidio", ma una vera e propria azione contro il Male, ossia un "malicidio" ("De laude novae militiate"), anche perché i Cavalieri Templari difendevano i Luoghi Santi, che dovevano essere a disposizione di tutti, quindi chiunque avesse preteso di tenerli soltanto per se sarebbe stato considerato "malvagio" e andava quindi eliminato.
Per noi uomini di oggi è difficile accettare la violenza giustificata esclusivamente da motivazioni religiose, ferisce la "sensibilità" di molti, ma bisogna entrare nella mentalità dell’epoca e non pensare subito "è sbagliato".
In quel tempo il Cavaliere Templare era il Guerriero di Dio per antonomasia, ed il suo compito era servire Dio combattendo l’eresia e le ingiustizie.
Una grave ingiustizia era quella perpetrata dai musulmani in TerraSanta.
Fin dall’800, infatti, i pellegrini che si recavano al Santo Sepolcro venivano uccisi, derubati, le donne violentate, nel migliore dei casi veniva imposta loro una forte tassa.
La setta degli "Assassini" nacque proprio in questo periodo ed aveva come scopo l’uccisione sistematica dei pellegrini Cristiani. Questo atteggiamento intollerante da parte dei musulmani portò ad una reazione violenta degli Europei.
San Bernardo da Chiaravalle con "De laude novae militiate" espresse bene questa mentalità.
Le Crociate avevano un costo altissimo, sia per gli armamenti, per il viaggio, per la costruzione di fortezze, e queste spese non potevano essere affrontate dai soli Cavalieri Templari, che nei loro monasteri si dedicavano per lo più alla coltivazione e all’allevamento. Le ricchezze ottenute dai Cavalieri Templari furono immense e loro stessi furono bravi a gestirle: investirono il denaro munificamente, soprattutto facendo servizio di tesoreria e prestiti per nobili e re.
Gli affari che svolgevano erano soprattutto di quattro categorie:
1) deposito tributi e somme di denaro di un principe votatosi alla Crociata
2) trasferimento in TerraSanta di dette somme
3) riscossione delle decime pontificie per le crociate
4) prestiti a principi o nobili, che motivassero tale bisogno di denaro con pii motivi.
Inventarono l’assegno o lettera di cambio: per esempio i pellegrini che si volevano recare in TerraSanta, ma avevano paura di essere rapinati, potevano lasciare denari in una qualsiasi magione templare e ricevere una quietanza di riscossione; all’arrivo in TerraSanta portavano la quietanza nella magione e tornavano in possesso della somma di denaro lasciata prima della loro partenza.
Da notare che il più famoso sigillo templare era un cavallo cavalcato da due cavalieri che stava ad indicare la povertà iniziale dei cavalieri che erano costretti ad andare in due su un solo cavallo e il dualismo universale delle cose, a cui si rifà il loro ideale, cioè la convivenza pacifica in TerraSanta della cultura Cristiana e di quella Islamica.
I Cavalieri Templari godevano di un’altissima stima da parte delle popolazioni Medioevali, li vedevano come la Cavalleria di Cristo, i Cavalieri Templari erano l’incarnazione del vero spirito Cavalleresco, che San Bernardo da Chiaravalle contribuì ad esaltare con i suoi scritti, ma non solo, scriveva infatti Papa Clemente III nel 1191: "Consacrati al servizio dell’Onnipotente, vanno considerati parte della Cavalleria Celeste". Anche Pietro il Venerabile ammoniva: "Chi non si rallegra con tutto il suo animo in Dio suo Salvatore, che la Cavalleria dell’Eterno, i Templari, abbia lasciato gli accampamenti celesti per scendere a ingaggiar nuove battaglie, a battere i principi di questo mondo, a sconfiggere i nemici della Croce di Cristo?... e siete Monaci nelle vostre virtù, Cavalieri nelle vostre azioni; le une le realizzate con la forza dello spirito, le altre le esercitate con la vigoria del corpo".
Tra i Cavalieri Templari vigeva l’assoluto rispetto per i superiori, esistevano infatti dei Marescialli, dei Precettori, dei Balivi, dei Priori, dei Gran Priori.
Era una organizzazione perfetta, visto che ognuno per la gestione interna era totalmente indipendente dall'altro, e ognuno doveva rendere conto al suo superiore diretto, fino ad arrivare al Gran Maestro che era il "primus inter pares".
La prima vera battaglia Templare fu con il secondo Gran Maestro, Robert de Craon, nel 1138 a Tecua, vicino Ghaza, dove i Templari ebbero una gravosa sconfitta, dovuta al fatto che i comandanti Crociati non vollero ritirarsi dopo aver conquistato la città (rifiutando il consiglio di Robert de Craon, visto che la città non era sufficientemente fortificata) dando il tempo ai musulmani di riorganizzarsi e di reagire compiendo un vero e proprio massacro.
La situazione in TerraSanta comunque non era delle migliori, un valoroso condottiero islamico dominava la scena: Zinki (Zengi), un uomo che riuscì a riunire gli sceiccati mettendo assieme un formidabile esercito di oltre 100.000 uomini pronti a tutto pur di riconquistare le loro terre. Zengi iniziò fra i musulmani la predicazione della "jihad" o guerra santa, incitandoli alla riconquista dell'intero Oriente. Alla testa del suo esercito, nel 1128 si impadronì di Aleppo e il Principato di Antiochia, fino a conquistare nel 1144 Edessa e tutta la sua Contea.
La caduta di Edessa provocò un grande scalpore in Europa, e Baldovino III chiese al Papa Eugenio III di bandire un'altra crociata (Seconda Crociata), cosa che avvenne il 1 dicembre 1145 con le relative bolle pontificie.
San Bernardo da Chiaravalle girò l’Europa esortando le folle e i Re (tra cui Corrado III di Germania). Le truppe Crociate partirono, ma separate, i francesi via mare, mentre i tedeschi via terra. I tedeschi nel bel mezzo delle montagne furono attaccati e quasi completamente distrutti dall'esercito turco selgiuchida, tanto che i crociati persero quasi tutte le truppe, e si ritirarono a Nicea, dove attesero l'esercito francese condotto da Luigi VII. I francesi arrivarono insieme ai Cavalieri Templari e al loro Gran Maestro Evrard des Barres, ma furono subito attaccati dai musulmani e non riuscirono a trovare un sicuro riparo nella città di Laodicea. I crociati francesi erano allo stremo ed ormai molti disertavano e si ribellavano ai loro ufficiali: solo i Cavalieri Templari rimanevano nei ranghi compatti e disciplinati. A questo punto Evrard des Barres, dopo un colloquio con Luigi VII, prese il comando dell'esercito, riorganizzandolo, ponendo a capo di ciascun gruppo di 100 soldati un Cavaliere Templare.
Dopodiché si ritrovarono a Gerusalemme Luigi VII, Corrado III, Il Gran Maestro Templare, quello degli Ospitalieri e quello dei Teutonici, che insieme presero una sventurata decisione: attaccare e conquistare Damasco. La seconda Crociata finì nel sangue, e a Damasco ci fu una terribile sconfitta degli Europei, schiacciati da Nur al-Din (successore di Zengi) e dal suo esercito.
Nel 1150, Baldovino III dopo aver fatto fortificare la città di Gaza la donò ai Cavalieri Templari, perché la difendessero e perché facessero da sentinelle al sud della Palestina.
Non solo da parte dei Crociati furono commesse delle atrocità, ma anche da parte musulmana. Infatti il 25 gennaio 1153, l'intero esercito cristiano si accampò per assediare Ascalona, ma dopo quattro mesi, ogni attacco alla città veniva sistematicamente respinto.
Verso la fine di luglio 1153, una torre mobile dell'esercito cristiano prese fuoco, e venne scagliata contro le mura della città: il forte impatto ed il calore provocarono una breccia dove si trovava un gruppo di Cavalieri Templari guidati da Bernard de Tramelay.
Quest’ultimo vista la breccia colse al volo la possibilità di buttarsi in prima linea e quindi si lanciò con quaranta Cavalieri Templari dentro la breccia. Gli altri Crociati in quel momento si trovavano dall’altra parte della città e non fecero in tempo a seguire i Cavalieri Templari che si erano gettati all’interno di Ascalona. I musulmani, vedendo solo quaranta uomini, contrattaccarono, massacrando i Cavalieri Templari e lo stesso Bernard de Tramelay. I corpi dei Cavalieri Templari furono appesi per i piedi fuori dalle mura, e le loro teste lanciate sul campo cristiano con delle piccole catapulte.
La furia dei cristiani a questo spettacolo fu tale che il 19 agosto 1153, dopo un formidabile ed intenso assedio, Ascalona fu presa e messa a ferro e fuoco.
Dopo questo evento seguì un periodo di relativa pace. Che permise a Salah al-Din più noto come Saladino di riorganizzare l'esercito musulmano, portandolo ad oltre 200.000 uomini, con i quali attaccò il Cairo, sbarazzandosi del visir Shawar, ormai amico dei cristiani, e rivolgendosi direttamente contro Gerusalemme. Tutto il mondo musulmano si unì a Saladino contro i cristiani nel 1174.
Nel novembre 1174 Saladino entrava a Damasco, ed il 9 dicembre dello stesso anno entrava ad Homs, per poi proseguire per Aleppo, che venne assediata il 30 dicembre. Nel 1178, Baldovino III fece costruire una fortezza, chiamata "Guado di Giacobbe", che fu affidata ai Cavalieri Templari.
Nel febbraio del 1179 Saladino attaccò ed invase la Galilea, senza però tener conto della resistenza della fortezza templare del "Guado di Giacobbe", che non cadde, ed impedì a Saladino di raggiungere Gerusalemme.
Il 10 giugno 1179, presso Mesaphat, l'esercito cristiano di Raimondo III ed i Cavalieri Templari si scontrarono con i 200.000 uomini dell'esercito musulmano. Fu un massacro, tanto che Saladino poi conquistò il "Guado di Giacobbe", giustiziando tutti i Cavalieri Templari di stanza nella fortezza, e prendendo prigioniero il Gran Maestro, Eudes de Saint-Amand, che però non volle che fosse pagato nulla per il suo riscatto, e finì i suoi giorni morendo di fame e di stenti nel carcere di Damasco.
Nel 1187, Rinaldo di Chatillon, marciò irresponsabilmente verso Medina e La Mecca, con l'intento di appropriarsi della "pietra nera", simbolo sacro musulmano. Questo suo intento scatenò le ire degli arabi, e Saladino radunò ed organizzò il più grande esercito che si sia mai visto: fra cavalieri, arcieri e fanti, oltre 300.000 uomini erano agli ordini del condottiero musulmano.
La battaglia decisiva si svolse ai corni di Hattin il 4 Luglio 1187. L'esercito Crociato dopo vari giorni di dura marcia e senza acqua si scontrò con l'esercito di Saladino.
Saladino riuscì ad accerchiare l'esercito Cristiano che fra l'altro non aveva un'unica guida, ma ogni reggimento aveva un suo capo. Gli Ospitalieri erano guidati da Ruggero di Les Moulins, i Cavalieri Templari da Gerard de Ridefort e le altre truppe Cristiane da Rinaldo di Chatillon e da altri Baroni; così diviso l'esercito Cristiano perse molto in efficacia e se ci si aggiungono la stanchezza e la sete si capisce bene perché i Cristiani furono duramente battuti.
Gli arcieri a cavallo musulmani riuscirono fin troppo bene a tenere a bada la fanteria Cristiana, mentre la fanteria di Saladino ebbe l'arduo compito di reggere le devastanti cariche della Cavalleria pesante europea.
La battaglia durò diverse ore, ma alla fine, con la graduale perdita di consistenza delle cariche della cavalleria pesante, i musulmani ebbero la meglio.
L'esercito Cristiano fu duramente battuto e soltanto in pochissimi si salvarono: tra questi c'era Gerard de Ridefort. Da ricordare che il Gran Maestro degli Ospitalieri aveva sconsigliato di attaccare, ma di concentrare tutto l'esercito su un fronte e cercare di sfondare per scappare da quella fin troppo ovvia trappola mortale; Gerard de Ridefort rispose sprezzante al Gran Maestro degli Ospitalieri: "Amate troppo la vostra bionda testa per temere di perderla in battaglia". Il cavaliere di San Giovanni rispose: "Io morirò in battaglia da uomo coraggioso, ma sarete voi a scappare come un coniglio ed un traditore". Ed infatti così fu.
Gerard de Ridefort venne poi ucciso da Saladino in persona che gli staccò la testa dal busto con un colpo di scimitarra.
Questa sconfitta portò a non poche ripercussioni per i Regni Cristiani in TerraSanta. Fra l’altro si racconta anche che in questa battaglia fu persa per sempre la Vera Croce, che cadde in mani musulmane.
Dopo questa battaglia caddero in mano araba Tiberiade, San Giovanni d'Acri, Nablus, Jaffa, Sidone ed Ascalona. Rimaneva Gerusalemme. Dopo alcune settimane di assedio, il 2 ottobre 1187 Gerusalemme cadde nelle mani di Saladino. La crociata che ne seguì (Terza Crociata), guidata dal famoso Riccardo I Cuor di Leone e da Federico I Barbarossa (che morì annegato prima di arrivare in TerraSanta) si risolse soltanto con un patto con i musulmani che lasciarono una striscia di terra sul mare ai Cristiani da Tiro a Jaffa, come porto per lo scalo dei pellegrini. Gerusalemme rimase in mani musulmane e Saladino fece abbattere tutte le croci ed in generale i segni Cristiani nella città, sostituendoli con mezzelune e simboli sacri all’islamismo. Saladino però si mostrò magnanimo con la popolazione di Gerusalemme che venne risparmiata, anche se dietro il forte pagamento di un riscatto.
Ad aggravare la situazione giunsero anche i Mongoli che, oltre ad attaccare l’Est Europeo, si scagliarono anche contro la TerraSanta e nel 1244 le truppe mongole insieme a quelle egiziane entrarono a Gerusalemme, dopo aver abbattuto la resistenza dei Cavalieri Templari e Ospitalieri che si dimostrarono delle vere e proprie macchine da guerra, tenendo in scacco l’esercito mongolo per molto tempo, prima di cadere. Si salvarono solo 33 Cavalieri Templari, 26 Ospitalieri e 3 Teutonici. A questo attacco rispose il Papa Innocenzo III che bandì una nuova Crociata. I Cavalieri Templari e gli Ospitalieri poterono ancora dimostrare il loro coraggio, soprattutto nella battaglia di Al-Mansura (1250), ma anche questa volta la Crociata finì per essere un massacro e si concluse con un nulla di fatto.
Gli eserciti Crociati e gli Ordini Cavallereschi avevano subito moltissime perdite in queste battaglie. Inizialmente i Cristiani proposero un’alleanza ai musulmani per combattere i mongoli. I musulmani rifiutarono e aspettarono l’indebolimento dei due eserciti (cristiano e mongolo), dopodiché attaccarono.
Dopo la caduta del regno di Gerusalemme, il 6 aprile 1291 San Giovanni d'Acri fu assediata da oltre 50.000 uomini.
I Cavalieri Templari tennero duro: il 18 maggio tutta San Giovanni d'Acri era in mano musulmana, tranne la fortezza dove si erano arroccati gli ultimi 150 Cavalieri Templari. Tennero testa a tutti gli attacchi per dieci giorni, fino a quando i musulmani non riuscirono a forzare le difese, sfruttando anche il loro numero elevato. Morirono tutti quanti, tranne una decina che scamparono.
L'avventura cristiana in TerraSanta era definitivamente terminata. In due secoli i Cavalieri Templari avevano lasciato sul terreno dei regni cristiani oltre 12.000 cavalieri.
Nel 1303 i Cavalieri Templari vennero battuti sull'isolotto di Ruad e tornarono in Europa. Nei quasi due secoli trascorsi in Terra Santa, i Cavalieri Templari persero sette Gran Maestri in combattimento, cinque in seguito a ferite e uno nelle prigioni saracene. Dunque tredici, sui ventitré Gran Maestri di tutta la storia dell'Ordine. L'ultimo Gran Maestro, Jacques de Molay, si preparava a rendere più forte l'Ordine nella Francia di Filippo IV il Bello. Portando con sé il tesoro accumulato in TerraSanta. I Cavalieri Templari erano ricchissimi e potenti, un vero Stato nello Stato e non soltanto in Francia, dove pare fossero quindicimila. Tanta ricchezza e tanta potenza scatenò l’invidia del Re di Francia Filippo IV il Bello che determinò, con l’aiuto e l’inettitudine di Papa Clemente V, la fine dell'Ordine.
Il Re di Francia Filippo IV il Bello infatti, già scomunicato nel 1303 da Papa Bonifacio VIII, pensò che invece di restituire i capitali che gli erano stati prestati dai Cavalieri Templari per condurre le varie guerre con Aragonesi, Inglesi e Fiamminghi, fosse più economico eliminare l'Ordine dei Cavalieri Templari e impossessarsi dei loro beni. Venne dunque istruito un processo-farsa per eresia che durerà ben sette anni (dal 1307 al 1314) contando sulla testimonianza di due Cavalieri Templari espulsi dall’Ordine. Li si accusò di essersi dati a pratiche diaboliche, di idolatria verso la testa magica di Bafometto, di sodomia e di riti iniziatici che comportavano il bacio dell'ano del Maestro e lo sputo sul Crocefisso. Sottoposti a tortura molti Cavalieri Templari confessarono, persino il Gran Maestro. Ciò che stupisce è la loro arrendevolezza. Tutti o quasi si fecero prendere senza opporre resistenza. Forse Jacques de Molay sperava nella protezione del Papa, ma Clemente V non seppe o non volle opporsi ai voleri del Re di Francia. La bolla papale del 1312 sciolse l'Ordine senza prove ma per legittima suspicione. Jacques de Molay, ebbe la possibilità di salvarsi, ma ritrattò la confessione resa e venne condannato al rogo.
Il 18 marzo 1314, all'ora del Vespro, Jacques de Molay e Goffredo di Charney, precettore di Normandia, che si dice custodisse la Sacra Sindone, salirono sul rogo, che gli uomini di Filippo IV il Bello avevano approntato su un'isoletta della Senna.
Questo è ciò che riporta Goffredo di Parigi, testimone del supplizio:" Il Gran Maestro, quando vide il fuoco acceso, si spogliò senza esitazioni. Riferisco come lo vidi. Egli si tolse gli indumenti, esclusa la camicia, lentamente e con aspetto tranquillo, senza affatto tremare, sebbene lo spingessero e lo scuotessero molto. Lo presero per assicurarlo al palo e gli legarono le mani con una corda, ma egli disse ai suoi carnefici:" almeno, lasciatemi congiungere un po’ le mani e dire a Dio la mia preghiera, poiché questo ne è il momento, essendo in punto di morte; e Dio sa, ingiustamente. Ma accadranno ben presto disgrazie a coloro che ci condannano senza giustizia. Dio vendicherà la nostra morte; muoio con questa convinzione. Quanto a voi, Signore, rivolgetemi la faccia, vi prego, verso la Vergine Maria, Madre di Gesù Cristo (Cattedrale di Notre Dame de Paris". Gli fu concessa questa grazia e la morte lo prese così dolcemente, in questo atteggiamento, che ognuno ne restò meravigliato".
La leggenda dice che, prima di morire, il Gran Maestro dei Templari avesse convocato davanti al Tribunale di Dio il Papa entro 40 giorni e il Re di Francia Filippo IV il Bello entro l'anno. Trentasette giorni dopo il supplizio morì Clemente V. Otto mesi dopo, lo seguì il Re di Francia.

FONTE



SIMBOLI DEI CAVALIERI TEMPLARI

CROCE
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SIGILLO
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La matrice principale dei Cavalieri Templari era chiamata bulle o boule (palla). Era d’argento e tra i suoi due fianchi uniti da una cerniera, veniva colato il piombo per modellare il sigillo magistrale. Veniva custodita in una borsa di cuoio, detta bourse, chiusa da tre serrature, le cui chiavi erano tenute dal maestro e da dignitari Templari.
Durante l’assenza del maestro, il siniscalco o il luogotenente ne potevano disporre e quando il magistero era vacante per la morte del titolare, essa era conservata dal precettore dell’elezione.
Come il Baucéant, il vessillo del Tempio, anche la bulle e la buorse erano considerate sacre. Il Cavaliere Templare che avesse spezzato la matrice veniva condannato a una delle pene più severe: la perdita dell’abito per un anno.

BAUCEANT
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ABACUS
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MOTTO
"Non nobis Domine, non nobis, sed nomini tuo da gloriam"
"Sono leoni in guerra e agnelli pieni di dolcezza nelle loro case. Sono rudi cavalieri nel corso delle spedizioni militari ma simili a eremiti nelle chiese. Sono duri e feroci contro i nemici di Dio e prodighi di carità verso gli uomini pii e timorati di Cristo...e tutte le volte che i cavalieri erano chiamati alla battaglia, essi domandavano non quanti fossero i nemici, ma in che luogo si trovassero…" Jacques de Vitry Histoire des Croisades


GIURAMENTO
De le Virtude del Cavaliere Templare
Cavalieri, scudieri, servitori, che la pace del signore, promessa agli uomini di buona volontà, sia con noi. In questo luogo angusto e santo, in suo nome, noi vedremo pronunciare, da labbra pure e con umile fierezza, il Giuramento del Templare che i Poveri Cavalieri di Cristo fecero nel momento più sacro della vita Templare. Signore che spieghi i cieli come una tenda di luce, Signore che fai dei fulmini i messaggeri della tua maestà, davanti il tuo sacro altare, dove s'adempì la sublime immolazione, noi leviamo alta la spada della luce, per depositarla ai piedi dell'altare come testimonianza del nostro giuramento. Signore Dio delle armi, noi lo giuriamo per il Cristo, giammai contro il Cristo, per la difesa del vangelo, per la guardia dei pozzi, per la verità, per la giustizia. Contro gli oppressori, contro i mietitori di scandali ed i corruttori dell'innocenza, contro la menzogna liberata, contro i traditori delle fazioni e dei partiti: Noi lo giuriamo di impegnare la doppia spada: quella d'acciaio levigato e quella della parola splendente e fulminante. Giammai noi attaccheremo per primi. Giammai noi provocheremo per primi. Tre volte noi sopporteremo l'ingiuria. Tre volte noi ignoreremo il disprezzo e la menzogna. Ma quando la spada brillerà nel sole come un colpo di chiarore, tuonerà la parola. Allora poi non indietreggeremo di un solo passo, non taceremo che dopo il silenzio dell'avversario. Davanti ai ranghi angelicati, nostri compagni d'armi, noi lo giuriamo al Cristo, Re della gloria. Chiunque rinnegherà questo giuramento, sarà per noi e per gli angeli, rinnegato. Niente per noi, Signore niente per noi, ma per la sola gloria del Tuo nome.
Amen


FONTE
 
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jasmine23
view post Posted on 12/12/2007, 12:57




I Templari
di Gianluca Baraldi

Le Origini
Gerusalemme, 1118
Sono trascorsi oramai 20 anni dalla conquista della Terrasanta, da parte dei Crociati. Tutta Europa si era infervorata all'appello di papa Urbano II al concilio di Clermont (1095) per la "guerra all'infedele". Partirono in tanti, da ogni regione e di qualsiasi ceto sociale; pellegrini, povera gente, commercianti, principi e nobili cavalieri. Proprio tra questi ultimi, troviamo un piccolo gruppo proveniente dalla regione della Champagne, con a capo il nobile Ugo di Payns. è proprio da questo nome che iniziamo il nostro viaggio alla scoperta dei Templari.
Proprio nel 1118, Ugo di Payns costituisce una milizia assolutamente inedita per quei tempi: l'Ordine dei poveri cavalieri del Cristo. Per la prima volta nel mondo medievale assistiamo ad una novità nel sistema sociale, fino ad allora suddiviso in Bellatores (coloro che combattevano), Oratores (coloro che pregavano) e Laboratores (coloro che lavoravano). Il nuovo ordine conciliava i principi base del monachesimo (povertà, castità, obbedienza) all'uso delle armi a protezione dei pellegrini che si recavano nei luoghi santi. Monaci e al tempo stesso soldati! Questa, se volete contraddittorietà, sarà anche in seguito, il "filo conduttore" nella storia stessa dei Templari. Il re di Gerusalemme, Baldovino II, accoglie i primi cavalieri nel suo palazzo, presso la moschea di Al-Aqsa, dove in passato sorgeva il Tempio di Salomone.
Da questo momento la nuova milizia prenderà il nome di Ordine del Tempio ed i suoi membri Templari. In pochi anni i cavalieri Templari assunsero un ruolo sempre più incisivo dal punto di vista militare, sia in Terrasanta che nella penisola iberica, ancora occupata dai mori invasori. Nei primi tempi, lo sviluppo del nuovo ordine appare alquanto modesto e pare anche per questo che Ugo di Payns, nel 1127, ritorna in Europa alla ricerca di rinforzi e di sostegni sia morali che economici. Sarà proprio grazie a questo intervento che i Templari vengono legittimati e riconosciuti in tutta Europa.
Troyes, 1128
Ugo di Payns arriva a Troyes dopo aver incontrato a Roma il papa Onorio II. Bisognava ammettere che la creazione della nuovo milizia non aveva precedenti nella storia cristiana e anche il papa stesso mostrava evidenti segni di imbarazzo. Era quindi necessario trovare una posizione chiara e precisa, ricercando anche una regola che si adattasse perfettamente alla situazione. Non è un caso se da questo momento entra nelle vicende Templari, uno dei personaggi più carismatici ed autorevoli del tempo: Bernardo di Chiaravalle.
Monaco cistercense, fondatore della abbazia di Chiaravalle (1115), scrittore e successivamente Dottore della Chiesa, sarà proprio per merito suo che nel Concilio di Troyes (1118), la nuova milizia viene ufficialmente riconosciuta grazie al "De laude novae militiae" (elogio della nuova milizia), vero e proprio proclama di esaltazione dell'Ordine Templare. Quindi viene redatta la prima regola di base denominata "latina", vero e proprio punto di partenza per lo sviluppo dell'ordine. A partire dal 1128 i cavalieri Templari conobbero un sorprendente e rapido sviluppo in tutta Europa. Donazioni, lasciti e reclutamento di nuove forze rappresentarono il passo decisivo per una trasformazione graduale dell'ordine in un esercito "parallelo" a quello degli altri Re europei. Già nel 1129, per la prima volta, i Templari combattono come veri soldati, pur subendo una sconfitta e molte perdite umane.
Gerusalemme, 1129
l momento della loro nascita non c'era stata l'esigenza di creare una gerarchia ben definita. Ugo di Payns è il maestro, gli altri primi cavalieri semplici monaci. Solo dopo la redazione della "regola" e degli "statuti gerarchici", prende forma un organigramma preciso ed efficiente. In linea di massima ritroviamo lo schema base della società feudale, basata sulla netta distinzione tra chi combatte, chi prega e chi lavora. Anche la posizione sociale nella vita di tutti i giorni determinava il ruolo all'interno dei templari.
Il comando dell'Ordine ha sede a Gerusalemme ed è proprio qui che troviamo il Maestro, vero e proprio governatore della milizia. Pur occupandosi di tutte le questioni riguardanti l'ordine, il suo potere non è "assoluto" ma molto spesso vincolato al consenso del capitolo dei monaci. Non è questa una novità, era una consuetudine del sistema medievale che raramente lasciava spazio ad autoritarismi di qualsiasi tipo. In caso di impedimenti o assenze il Maestro veniva sostituito dal Siniscalco, ma di fatto è il Maresciallo il vero responsabile del convento, oltre che comandante per le operazioni militari. Accanto a queste figure troviamo il Commendatore del Regno di Gerusalemme, che si occupava anche delle funzioni di tesoreria, amministrazione e mantenimento delle relazioni verso le altre case Templari d'Occidente. Il Commendatore della Città di Gerusalemme, che assolveva il primario compito di proteggere i pellegrini nei luoghi santi. Il Commendatore di Tripoli ed Antiochia, che governava queste terre. I Commendatori delle varie Case Templari e il Commendatore dei Cavalieri, veri dignitari dell'Ordine, tutti disciplinati dallo statuto che ne regolava funzioni e poteri. I Templari di ceto inferiore si suddividevano in Fratelli Cavalieri e Fratelli Sergenti che ricoprivano le funzioni assegnate in base ai loro compiti di combattimento o di preghiera. Oltre a queste distinzioni l'ordine poteva contare su un elevato numero di Fratelli Servitori, vere e proprie maestranze per le mansioni quotidiane all'interno delle loro dimore, diventate sempre più centri di attività economica, spirituale e militare.
Gerusalemme, 1150
Le conseguenze del Concilio di Troyes furono inattese e sorprendenti al tempo stesso. Un gran numero di persone si "arruolarono" nella nuova milizia, ma fu soprattutto grazie a donazioni e lasciti che i Templari riuscirono a creare una vera e propria struttura economico-finanziaria adatta a sostenere la costosa permanenza in Terrasanta. Con l'ulteriore aiuto di permute, acquisti e vendite i Cavalieri del Tempio dettero omogeneità ed organicità all'organizzazione dei loro possedimenti.
Accanto alla sede centrale di Gerusalemme troviamo le province d'oltremare di Antiochia e Tripoli. La principale risorsa economica e logistica per il buon funzionamento dell'ordine restò comunque l'Occidente, dalla penisola Iberica all'Ungheria. I conflitti tra cristiani e mori infedeli nel sud dell'Europa elevarono i Cavalieri Templari ad un ruolo decisivo per la "riconquista" ("reconquista"), ripagata, oltre che dall'onore, da ingenti proprietà fondiarie sia nell'attuale Portogallo sia in Spagna, precisamente in Aragona. Lo sviluppo trovò terreno fertile in Francia, specialmente in Provenza e nel Poitou, e successivamente in tutte le regioni del paese. Si crearono dimore e magioni anche in Inghilterra, Ungheria e nel resto del continente.
L'espansione Templare in Italia non fu fulminea come altrove e anche nei decenni successivi il nostro paese non diventerà mai fondamentale per le sorti dell'ordine. Come era nella logica Templare i possedimenti erano dislocati prevalentemente lungo le vie di comunicazione terrestre (per esempio la via Emilia, la via Francigena e la via di Postumia), nelle sedi di fiere e attività commerciali ed in prossimità dei porti d'imbarco per l'oriente, specialmente in Puglia.Questa, quindi, era la situazione delle Province Templari, non restava che collegarle per sfruttare al meglio le loro risorse e, come vedremo, in questo i Templari non furono inferiori a nessuno ...

Attività Militari
Castello di Baghras, Asia minore 1135 d.C.

Da pochi anni Ugo di Payns è ritornato dopo la lunga permanenza in Europa. è vero, adesso l'ordine ha più omogeneità, c'è una regola, ha ottenuto stima e rispetto, ma questo ha portato anche l'inizio di una evoluzione. Qui a Baghras, fortezza situata a nord di Antiochia, i Templari non svolgono più solo la difesa dei pellegrini, ma anche la protezione dei confini dei fragili stati latini. Quindi da missionari diventano un vero e proprio esercito privato di supporto degli eserciti franchi. Anche se poco numerosi, i cavalieri del Tempio si distinguono sempre per l'addestramento e la disciplina che ne fanno la colonna portante di un esercito crociato approssimativo e disorganizzato.
Le loro strategie abbinate ad un coraggio, che desta ammirazione e paura al tempo stesso tra le file del nemico, è cosa risaputa. Malumori però serpeggiano tra le loro file. Pur essendo stati creati per la permanenza in Terrasanta, notevoli forze umane ed economiche vengono destinate nella Penisola Iberica dove si lotta per la riconquista di quei territori ancora in mano agli infedeli. La regola definisce in modo chiaro e preciso anche il comportamento da tenere nei casi di scontri militari. Sotto il controllo del Maestro o del Maresciallo ai cavalieri non è possibile usare singole iniziative. Severe punizioni sono previste per chi non rispetta le consegne, per chi esce dai ranghi, per chi abbandona il campo senza permesso. Per la prima volta gli europei si trovano a combattere un nemico che attua una tattica fatta di trappole, di imboscate, sfruttando le strette gole e vallate del territorio, o di finte ritirate. È necessario quindi avere anche come proprie risorse anche quella della mobilità, della rapidità e in questo i Templari erano davvero maestri.
Hattin Galilea 1187 d.C.
La permanenza in Terrasanta si sta rivelando più faticosa del previsto. I Templari, pur con coraggio e abilità, non hanno ottenuto grossi risultati militari. I vari scontri armati, tra cui quelli di Damasco (1148) e Ascalona (1153),sono stati momenti di sofferenza, di enormi perdite umane, maldicenze e accuse. Malgrado questi episodi i cavalieri del tempio acquistano un sempre maggiore potere politico, diventando spesso i più fidati consiglieri del Re di Gerusalemme. Ma il peggio doveva ancora arrivare ...
La crisi politica del regno di Gerusalemme e il crearsi di fazioni contribuisce ad indebolire il potere negli stati latini d'oltremare. Siamo in Galilea, in piena estate del 1187. L'esercito cristiano con a capo il re Guido di Lusignano e supportato nelle retroguardie anche dai Templari, si accampa nelle vicinanze di Seforia, non lontano da Nazareth. La sosta giunge a proposito. Gli uomini e i cavalli hanno bisogno di riposo e di acqua per riprendere la marcia sulle tracce dell'armata araba. Il re, ascoltato il maestro dell'ordine dei Templari, tale Gerardo di Ridefort, decide di lanciarsi all'inseguimento del nemico. Dopo un giorno di dura marcia, con l'esercito ormai stremato, decide di accamparsi presso l'altopiano di Hattin, ma i pozzi di acqua purtroppo sono a secco e nella rigogliosa pianura sottostante è sistemato il grosso del nemico con a capo il temibile Saladino.
Complice l'oscurità e una maggior freschezza fisica, gli arabi risalgono l'altopiano e, usando tecniche da guerriglia, gettano scompiglio tra gli europei. Stanco, assetato e circondato dal nemico: per l'esercito cristiano è la fine. Errori militari da parte del re e di Gerardo di Ridefort contribuiscono alla disfatta completa delle forze latine. I Templari combattono valorosamente ma vengono tutti catturati e trucidati senza pietà dal nemico. Tra i pochi scampati al massacro i veri responsabili della sconfitta: il re e il maestro dell'ordine stesso. Con questa vittoria Saladino si impadronisce di tutto il regno ed entra a Gerusalemme da trionfatore.
San Giovanni d'Acri 1291 d.C.
La recente caduta della città di Tripoli è stata un duro presagio per gli abitanti di San Giovanni d'Acri. Fino ad allora il sultano non pareva intenzionato ad attaccare le città cristiane sulla costa, in fondo facevano comodo anche per motivazioni commerciali e finanziarie. San Giovanni in particolare veniva considerata come un centro fondamentale e nel suo porto troviamo mercanti genovesi, pisani e veneziani, il commercio procurava da sempre notevoli guadagni e anche il sultano ed i Templari lo sapevano bene. Non è un caso se qui a San Giovanni d'Acri troviamo notevoli fortificazioni a protezione del centro. La città è divisa per quartieri ognuno dei quali viene "controllato" da forze militari ben precise. Il quartiere del Tempio, a picco sul mare e nelle vicinanze del porto, è uno dei più importanti per il controllo delle posizioni. Anche in fatto di strategie e di astuzie i cavalieri Templari non devono imparare da nessuno. I preparativi per l'assedio alla città iniziarono diversi mesi prima e inutili furono le richieste di aiuto verso l'Europa ormai rassegnata alla perdita degli stati latini. Il 6 aprile inizia il vero assedio sotto le mura cittadine. La differenza tra le forze in campo, sia numerica che di armamenti, risulta davvero notevole a vantaggio degli arabi.
Inutili sono le incursioni negli accampamenti del nemico eseguite nel cuore della notte da valorosi Templari. Accanto alle poderose catapulte che per oltre un mese devastano i quartieri cristiani, gli arabi fanno largo uso di mine per demolire le mura della città. In poco tempo la prima cerchia inizia a cedere dando origine a varchi d'ingresso per le truppe del nemico, ormai vicinissimo alle postazioni di controllo. La lotta è durissima. Furiosi combattimenti sono segnalati in ogni zona, i quartieri cadono uno dopo l'altro nelle mani del nemico, i Templari rispondono con coraggio anche se il Maestro cade sul campo, ferito a morte. Il 28 maggio capitola l'ultimo baluardo della città: la torre dei Templari: il sultano diventa padrone di San Giovanni d'Acri. Tutti i dignitari dell'ordine periscono tra le mura della città, "versando il proprio sangue nel nome di Cristo e in difesa della fede cristiana ...". è la fine degli stati latini e la conclusione dell'epoca delle crociate.
Isolotto di Ruad - Tortosa 1303 d.C.
La sconfitta di San Giovanni d'Acri aveva chiuse definitivamente ogni speranza di permanenza europea in Terrasanta. I pochi Templari che riuscirono a scampare ai massacri dei trionfatori musulmani si rifugiarono nell'isola di Cipro e precisamente a Limassol, dove venne spostata la sede dell'ordine. Pur se in modesto numero, i cavalieri del tempio riuscirono a trafugare dalla sede di San Giovanni il tesoro dell'ordine e le preziose reliquie tralle quali probabilmente un "sacro lenzuolo". Nel 1301 papa Bonifacio VIII dona all'ordine un isolotto, quello dove ora ci troviamo, situato a due miglia al largo di Tortosa.
Ruad è un isolotto inospitale, arido, privo di acqua potabile, ma strategicamente importante.,Grazie all'arrivo di nuove forze da Cipro e dall'Europa i Templari riescono a fortificarlo e a creare una nuova guarnigione pronta a sfidare il vicino nemico infedele con rapide e fastidiose incursioni navali. Il sultano d'Egitto, preoccupato della tenacia dei Templari e da un eventuale ritorno degli eserciti europei, assale l'isola-fortezza ma solo nel 1303 riesce ad ottenerne il pieno possesso. è l'ultima battaglia: quasi tutti i Templari cadono a protezione dell'isolotto, come a voler difendere le ultime speranze della loro stessa esistenza. I pochi prigionieri catturati vengono lasciati morire di fame nelle buie carceri egiziane.
Il bilancio finale della missione in Terrasanta, anche per l'ordine dei Templari, si può quindi definire disastroso. Enorme fu il sacrificio in vite umane, ripagato solo in piccola parte dal coraggio e dalla tenacia che anche il nemico riconobbe ai membri dell'ordine. Quasi tutti i massimi dignitari perirono sul campo di battaglia, o in seguito per le ferite che riportarono, sotto il vessillo bianco-nero chiamato "bauceant" al grido di : NON NOBIS, DOMINE, NON NOBIS SED NOMINI TUO DA GLORIAM (NON A NOI, SIGNORE, NON A NOI, MA AL TUO NOME DONA LA GLORIA).

I Luoghi
Fortezza di Tomar, Portogallo 1191 D.C.

Ugo di Payns, fondatore dell'ordine, non poteva certamente pensare ad un ruolo così impegnativo per i poveri Cavalieri del Tempio. La permanenza in Terrasanta è più difficile del previsto e la missione nella penisola iberica è diventata davvero lunga ed insidiosa. Sono ormai diversi anni che i Templari ricoprono un ruolo fondamentale per la "reconquista" dei territori dai mori invasori. Dimore e chiese, ma soprattutto castelli e fortificazioni militari, sono presenti in tutta la regione. Non è un caso se oggi siamo qui a Tomar, quartiere generale della milizia in Portogallo.
Edificato nel 1160 dal maestro portoghese Gualdim Pais, di ritorno dalla Terrasanta, è forse l'esempio più importante della convivenza tra architettura militare e religiosa, quasi a voler ricordare la duplice vocazione dell'ordine stesso. Accanto ad una poderosa struttura muraria militare all'interno troviamo anche un convento, dalle forme inusuali per questi anni, che con richiami gotici orientali ci porta ricordi della Terrasanta e del suo misterioso fascino. è passato appena un anno dall'assedio di questa fortezza da parte degli arabi e ancora vediamo le ferite: solo la capacità militare Templare ne ha impedito la capitolazione totale. Abili fratelli-muratori stanno provvedendo a consolidare e rinforzare le mura, non si può mai sapere ...
Situate in diversi punti strategici, anche sulle rive di corsi d'acqua, troviamo altre notevoli fortezze da ricordare e, perché no, da visitare in futuro. Almourol, Pombal, Soure in Portogallo ma anche Ponferrada, Almansa, Belmonte, Peniscola e Miravet, tutte situate nei vicini regni. Adesso dobbiamo ripartire, il pellegrino non faceva mai lunghe soste anche se devo ammettere, e credo che sarete d'accordo con me, il luogo è davvero affascinante.
Bologna 1249 d.C.
Lo sviluppo dei Templari sul territorio italiano segue lo stesso percorso di evoluzione dell'ordine stesso. Siamo non per caso in una Bologna ancora in festa per la vittoria sulle truppe imperiali di re Enzo. La sede Templare di questa gioiosa città rispecchia l'esempio migliore di come i monaci-soldati scelgano accuratamente dove "mettere solide radici" .Normalmente i cavalieri hanno due "domus" nelle città considerate principali. Una all'interno delle mura, la sede primaria che funge da coordinamento, e una fuori , per dare ospitalità ai pellegrini, primo e vero motivo della loro esistenza. L'Italia, fin dall'inizio, rappresenta un paese importante, ma non fondamentale.
è la sede del papato, l'unico loro vero tutore, ma è principalmente per la posizione geografica che i Templari vi si insediano stabilmente. Non solo attività di sostegno per i pellegrini diretti a Gerusalemme, ma anche azioni politiche, diplomatiche e finanziarie in un paese che trova nuovo benessere dalle crociate. Tutte le vie di terra e fluviali sono sedi di domus Templari più o meno importanti. La via Francigena, ma anche la via di Postumia, la via Emilia e le altre antiche strade consolari romane, da Torino alla Sicilia, passando per Milano, Piacenza, Modena, Bologna, Ravenna, Firenze, Siena, Perugia, Viterbo e ovviamente Roma. Un discorso a parte meritano le città portuali. Accanto a Venezia, Genova e Pisa, dove i Templari hanno sedi di primaria importanza, legate dai traffici delle repubbliche marinare con l'oriente, sono i porti di Barletta, Bari, Brindisi e Messina a venire considerati veri e propri centri di smistamento per cavalieri, cavalli e ogni genere necessario per la dura permanenza in terrasanta. A differenza di altri paesi europei, dove condizioni particolari impongono quasi sempre fortezze e castelli, in Italia trovano maggiormente spazio edifici civili, magari frutto di precedenti donazioni, chiese e depositi saggiamente ristrutturati e ben amministrati. I Templari dovevano autogestirsi e produrre eccedenze per i confratelli lontani impegnati in battaglia: il reddito prima di tutto. I compiti dei monaci vengono indirizzati anche alla bonifica di terreni paludosi, alla costruzione di ponti e alla manutenzione di strade, diventate ormai sempre più crocevia per lo scambio di idee e cultura con il mondo orientale.
Castello di Athlit 1260 d.C.
La perdita di Gerusalemme, a seguito della disastrosa sconfitta di Hattin (1187), modificò anche il pensiero Templare in materia di architettura militare. Da quel momento i possedimenti Templari diventano vere e proprie roccaforti, in luoghi strategici ed inespugnabili. Il castello di ATHLIT (o Chatel-Pelerin), dove oggi ci troviamo, è il più significativo esempio della evoluzione Templare in questo senso.
Entriamo da questa maestosa porta. Situata sull'unico promontorio della costa tra Jaffa e Haifa e collegata alla terraferma solo da un lato, la fortezza appare imprendibile ed in grado di resistere a qualunque assedio esterno. Gli assedi di Acri e Tiro hanno insegnato ai fratelli-costruttori, l'importanza di rifornire i loro castelli attraverso il mare, della necessità di dotarli di una doppia e spessa cinta muraria e di un fossato da riempire d'acqua in caso di pericolo. Completano la costruzione poderose torri rettangolari e sicure fondamenta sotto il mare. All'interno, come si può vedere, troviamo palazzi, scuderie, cripte, un piccolo porto, passaggi sotterranei più o meno segreti e la chiesa di forma circolare usata per le normali funzioni religiose. Nel 1251 presso questo castello ha soggiornato la regina di Francia, moglie di Luigi IX, dando alla luce il figlio Pietro. A poca distanza da Acri è situato il castello di SAPHET, altra rinomata roccaforte in grado di ospitare oltre 2000 Cavalieri. Anche in questo caso alte e spesse mura, torri circolari e fossati garantiscono sicurezza per i monaci-cavalieri e i loro ospiti. La particolarità di questa fortezza è l'impressionante serie di mulini di vario tipo, sia interni che esterni, che garantiscono approvvigionamenti in abbondanza. Anche in questo caso possiamo notare la perfetta e puntigliosa organizzazione Templare, sia militare sia economica. Da molti anni i due castelli, Athlit e Saphet, rappresentano un sicuro punto di riferimento per gli stati crociati, ormai abbandonati al loro destino.

Attività Economiche
Commanderies di Montsaunes - Alta Garonna Francia del sud - 1195 d.C.

L'attività in una Commanderie Templare inizia sempre al mattino presto. La regola dell'ordine è severa ma .... ecco che la campana del mattutino suona, dobbiamo sbrigarci ad andare in chiesa! Finita la preghiera inizia la vera giornata lavorativa dei monaci-cavalieri. Le commanderies, come questa in cui ci troviamo, sono vere e proprie aziende agricole anzi direi centri economici culturali, dove l'attività produttiva si fonde sapientemente con la spiritualità. Convento, Chiesa ma pure stalle, mulini, forni, orti, scuderie, magazzini di ogni genere per la conservazione dei prodotti che la terra ,come sempre generosa, ci offre.
La nascita di queste nuove realtà avviene dopo il Concilio di Troyes, grazie al quale le donazioni ai Templari si moltiplicarono. Terreni, fondi abbandonati, boschi, pascoli, terreni da bonificare, tutto contribuisce a creare un solidissimo e florido patrimonio fondiario che non trova riscontri presso altri ordini religiosi .Con una saggia gestione economica fatta anche di permute, vendite, acquisti si creano vere unità produttive concentrate e gestite dal commendatore locale. Qui a Montsaunes, a poca distanza dai Pirenei e sul percorso della via per Santiago de Compostela, i Templari si insediano in un territorio strategicamente perfetto. L' attività deve provvedere non solo all'autosufficienza di coloro che ci vivono ma anche a creare eccedenze necessarie da avviare ai cavalieri impegnati in Terrasanta. Le coltivazioni agricole rispecchiano la logica tradizione locale. Cereali e legumi ma anche vite e, nella lontana Italia, l'olivo. L'allevamento del bestiame, che dona saporita carne e gustosi formaggi è la voce principale di un bilancio economico che viene fatto annualmente con precisione. Le aziende devono rendere, la guerra impegna notevoli sforzi economici. Accanto a queste entrate anche riscossioni di decime (dalla quale i Templari sono esentati), tasse varie e gli affitti di terreni lontani dati in gestione ai "conductores" che pagavano in denaro ed in prodotti della terra. La conduzione della commanderie non è semplice. Accanto ai monaci, impiegati secondo le loro attitudini e alla loro esperienza, troviamo anche coloni esterni che godevano particolari vantaggi e condizioni di lavoro migliori di quelle che il povero ma fondamentale mondo agricolo di questi secoli può dare.
Parigi Domus templi 1297 d.C.
Dopo la fine della esperienza in Terrasanta con la caduta di San Giovanni d'Acri, Parigi diventa il centro principale e la sede del Maestro dell'Ordine del Tempio. L'attività finanziaria continua anche terminata la costosa e disastrosa spedizione d'Oltremare, a dire il vero la sua gestione non è esclusiva dei Templari ma anche di altri ordini monastici che amministravano più o meno saggiamente cospicue fortune patrimoniali. Il monastero o l'abbazia sono luoghi consacrati a Dio e per questo ritenuti inviolabili e temuti da tutti, i monaci-cavalieri contribuiscono però ad un forte sviluppo ed a grosse novità in merito. Oggi ci troviamo in uno dei luoghi più sicuri dell'attuale periodo storico: la sede primaria del Banco del Tempio. Entriamo nei locali ordinati e rigorosi dei monaci, mescolandoci tra persone di ogni categoria e ceto sociale; i Templari non facevano troppe distinzioni, chiaramente da saggi mercanti valutavano rischi e servizi ad essi rapportati. In fondo alla stanza troviamo diversi sportelli gestiti da Templari-cassieri, ognuno dei quali con un registro di cassa è pronto a trascrivere ogni movimento di denaro.
Raccolta di fondi da gestire, ma anche erogazioni di prestiti con garanzie date in pegno che potevano essere anche bestiame, prodotti agricoli, schiavi, tutto poteva essere utile in caso di insolvenza da parte del debitore. Per le persone importanti i Templari hanno un prodotto finanziario su misura: il conto corrente. In qualsiasi momento il cliente può disporre dei propri averi con semplici lettere inviate al tesoriere del tempio. Il banco invia tre volte l'anno un estratto conto di riepilogo dei movimenti. Non è necessario recarsi nella sede principale ma si può usufruire di questo servizio anche presso altre sedi Templari sparse in giro per l'Europa, inoltre esistono vari finanziamenti specializzati per le categorie di artigiani e contadini che possono avere bisogno di anticipi. Adesso veniamo ai costi di questi servizi. La Chiesa ha sempre considerato l'interesse come grave peccato: "non e' possibile arricchirsi speculando sul tempo che ci viene donato da Dio!", per questo gli ebrei sono visti come usurai e peccatori. Per le operazioni in questione l'interesse viene "trasformato" con un operazione di cambio da una moneta all'altra, infatti il problema di questo periodo è la variopinta quantità di valute. Il Templare-cassiere nel rendiconto di fine giornata provvede alla conversione di tutte le differenti monete entrate in quella locale: la lira parisis. L'attività finanziaria dei Templari non si limita qui, infatti vengono svolte anche mansioni di esattoria, di deposito del tesoro reale, di gestione dei fondi e di patrimoni in genere, di riscossioni di contratti privati, di mediazioni di qualsiasi genere e natura, di finanziamenti di nuove idee ed attività. La contabilità viene tenuta in maniera puntigliosa e rigorosa perché a fine anno i conti devono tornare sempre e possibilmente anche dare elevati risultati economici ...
Venezia 1288 d.C.
La permanenza degli stati europei in Terrasanta non significa solo costosa missione militare, ma assume anche risvolti politici ed economici. Le Repubbliche Marinare italiane hanno creato solide basi per il commercio e il trasporto di pellegrini con l'Oriente; in tutte le principali città orientali sono presenti importanti residenze diplomatiche e magazzini per le merci. Nel 1204, con l'aiuto dei crociati, Venezia conquista Costantinopoli e la supremazia nel Mediterraneo Orientale a danno di Genova e Pisa: è l'inizio di conflitti. La ricchezza di questi anni, dovuta alla saggia amministrazione e alle continue donazioni, porta anche i Templari ad avere una propria flotta autonoma e ben equipaggiata.
"La buona ventura" "La rosa del tempio" "Il falco del tempio" sono alcuni dei nomi delle più conosciute imbarcazioni Templari di questi anni. I principali porti del Mediterraneo sono basi di partenza per l'Oriente e Venezia, dove noi oggi ci troviamo, rappresenta uno dei più importanti. I rapporti con questa repubblica marinara sono stati, negli anni scorsi, molto difficoltosi a causa della comunità templare di Brindisi che ha creato ostacoli nei traffici dei mercanti veneziani, sovente fatti prigionieri e derubati dei loro averi. Con l'intervento del doge e grazie alla notoria abilità diplomatica templare si è giunti ad un accordo e ad un notevole risarcimento danni a favore dei veneziani nell'interesse sicuramente anche degli stessi monaci-soldati. I cavalieri hanno bisogno dei fondamentali appoggi logistici di Venezia sulla rotta per l'Oriente. L'attività del porto, come possiamo notare, appare frenetica e senza sosta, arrivi e partenze si susseguono in una incredibile ridda di razze e dialetti lontani: il profitto genera sempre forze infinite! Le navi Templari partono con i prodotti necessari, dal legname ai cavalli, dalle armi agli indispensabili cereali per la permanenza in quei luoghi santi ma anche cariche di pellegrini chiassosi ed impazienti.
è un ritorno allo scopo originario per la quale i cavalieri sono stati creati ma anche incremento per l'attività' finanziaria e di custodia dei loro averi. I Templari garantiscono una maggior sicurezza nel servizio di trasporto, essendo scortati per tutta la durata del viaggio ma anche per la loro serietà che rassicurava i passeggeri dal pericolo di un loro possibile commercio come schiavi al porto di sbarco. Le tariffe sono economiche e questo provoca più di un contrasto con armatori senza scrupoli per i quali la rotta per Gerusalemme rappresenta solo una ulteriore fonte di guadagno: il turismo di massa incominciava i suoi primi passi e poteva risolvere notevoli questioni di bilancio e i monaci-Templari questo lo sapevano ...

Usi e Costumi
Castello di La Fève (Al-Fulah) Galilea 1187 d.C.

Accompagnati dal maresciallo del tempio, attraverso una lunga e buia scalinata, si arriva nei sotterranei del castello. I portoni si spalancano su una enorme sala: l'armeria. I Templari, anche nella organizzazione logistica non temono confronti. In questo castello troviamo scorte alimentari e depositi di armi. La fiorente attività economica Templare in Europa permette l'accumulo di notevoli ricchezze che vengono destinate alla missione in Terrasanta per il mantenimento delle varie fortezze e per la produzione di qualità e quantità di armi per combattere; un riferimento sicuro anche per gli eserciti europei. Il Templare a cavallo possiede come principale strumento la LANCIA, che viene però usata come mezzo di urto, anche per disarcionare il nemico. Un cavaliere appiedato equivale ad un duello vinto! A seconda del grado nella gerarchia dell'ordine questa lancia viene adornata con una stoffa di colori e disegni diversi. Per i combattimenti "corpo a corpo", troviamo la SPADA, che rimane comunque l'arma fondamentale di questo periodo. Per i monaci-cavalieri, la spada assume un significato particolare. Simbolo della lotta contro l'infedele, molto spesso nel pomo della sua impugnatura può trovarvi posto anche una reliquia religiosa ad ulteriore conferma della santità della guerra. Tra le altri armi troviamo: la SCURE semplice o a doppia lama, la MAZZA e il MARTELLO con lame di ferro, PUGNALI di ogni dimensione.
Nella fanteria, che comunque rappresentava un fondamentale supporto, vengono usati ARCHI e BALESTRE di primissima qualità, indispensabili a gettare scompiglio nelle file del nemico anche da notevole distanza. Nonostante le difficili condizioni climatiche, l'abbigliamento del Templare guerriero appare completo e ben disposto. Accanto ad una cotta di maglia che arriva anche fino al ginocchio, i cavalieri indossano una resistente tunica di tela, legata in vita con una cintura, rinforzata in certi punti da cuoio per ulteriore protezione dai terribili urti. A completamento della tenuta troviamo lo scudo di legno, l'elmo o cappello di ferro e le calzature di metallo normalmente dotate di speroni. Sia lo scudo che l'elmo, per l'esperienza acquisita in battaglia, subiscono varie modifiche nella forma e nella dimensione, sempre mantenendo inalterata la presenza della Croce Rossa Templare, vero e proprio simbolo della milizia dei monaci-guerrieri.
Domus Templi di Barletta, Puglia 1272 d.C.
"Pater noster, qui es in caelis: sanctificetur nomen tuum; adveniat regnum tuum; fiat voluntas tua, sicut in caelo, et in terra ..."
Ore 12, refettorio. Con la benedizione e la recita del "pater noster" inizia il pranzo principale della giornata. Per i Templari, ma anche per gli altri ordini monastici, questo è un momento molto importante; la fame è uno dei problemi più gravi in questi secoli. I monaci amano la buona tavola e la contemporanea lettura delle Sacre Scritture permette di saziare corpo e anima. Le lunghe tavole del refettorio sono ricoperte da una semplice tovaglia bianca. Per ogni commensale è a disposizione una ciotola di corno o legno di quercia, una coppa, un cucchiaio ed un coltello.
Pane, fave e vino sono gli alimenti fondamentali in questo periodo storico, ma i monasteri offrono anche diverse alternative. Da un grosso camino acceso, ove lavora il frate-cuoco, provengono odori e aromi che invadono tutta la grande sala del refettorio dove ci troviamo. In perfetto silenzio, interrotto solo dalla "parola di Dio", arrivano sulle lunghe tavole enormi contenitori di stagno con le libagioni fumanti. è difficile resistere!
Ai Templari viene permesso di mangiare carne tre volte alla settimana. Normalmente è carne di manzo, montone, vitello, capra, ma anche maiali e pollami che le fattorie del tempio allevano con grossa cura.
La permanenza in Terrasanta richiede abbondanti scorte alimentari e proprio oggi pomeriggio salpa dal porto di Barletta una nave della flotta Templare carica di rifornimenti, destinazione San Giovanni d'Acri. I Templari mangiano quello che producono o che ricevono con donazioni. Anche quest'anno i granai sono pieni e i mulini macinano a pieno ritmo, il pane non manca proprio. La generosità e la cura del terreno danno verdure e frutta in abbondanza, persino da vendere al mercato cittadino. Grande importanza viene data al locale olio di oliva, all'uso di spezie e ad un aceto aromatizzato che pare piaccia molto. Pesce, uova e formaggi concludono le possibili varianti nei loro pasti. Vino rosso di ottima qualità è presente con moderazione sulle loro tavole, ma come ci ricorda San Benedetto "il vino fa traviare anche i saggi". Inservienti dai modi silenziosi e garbati non fanno mai mancare nulla anche perché ai Templari non è possibile chiedere, ma solo per mezzo di gesti convenzionali si può ottenere il mancante. Eventuali rimanenze vengono poi donate ai poveri. Il pasto finisce qui ma prima di levarci da tavola ringraziamo Dio per quello che abbiamo ricevuto.
Commanderie de Coulommiers, Francia 1290 d.C
Una campana scuote il silenzio quasi surreale del dormitorio: è l'ora del mattutino, la prima funzione nella lunga giornata della vita conventuale. Alzarsi alle due della notte è sempre disagevole, ma la Regola, tranne casi particolari, parla chiaro: il ritardo non viene ammesso e sono previste severe punizioni. Coperti dagli abiti notturni, dal mantello e dalle scarpe ci avviamo alla Cappella, rischiarati solo dal bagliore di poche candele. Tranquilli e seduti ascoltiamo il primo ufficio divino e le preghiere alla Vergine. Usciti dalla chiesa ci si reca alle scuderie per controllare i cavalli, bene prezioso per i confratelli lontani, pochi ma cortesi suggerimenti al fido scudiero e poi il ritorno in dormitorio. Qualche ora di sonno e poi di nuovo in piedi a raggiungere la Chiesa per la messa e nuove preghiere. La vita del monaco-templare appare quindi inizialmente monotona ma ben presto il lavoro nella Commanderie raggiunge il suo apice e l'attività' dei poveri fratelli non conosce soste. Le attività agricole richiedono costante attenzione, ma anche il fabbro con la sua fucina sempre in funzione, il mulino che macina incessantemente frumento di buona qualità, il commercio che va a gonfie vele e l'attività finanziaria, già proprio quella, che produce redditi quasi insperati. "Ora et labora" dice la regola di San Benedetto e mai come nel caso dei templari tale detto appare appropriato. Il primo dei vincoli dei poveri monaci, nonostante tutto, è quello di "servire Dio con tutto l'intelletto e la partecipazione" e ancora "se amiamo Dio, ascolteremo ben volentieri le sue sante parole". Ma quanta preghiera c'è nella giornata templare? ... Intanto è arrivata sera, la campana suona compieta e dopo una modesta cena i monaci, disciplinati e silenziosi come al solito, raggiungono la Cappella per l'ultima funzione diurna. Ringraziato il Signore, per la sempre generosa giornata che ci ha dato, facciamo ritorno in dormitorio perché l'attività' di domani inizia molto presto!

Il Tramonto
Parigi, maggio 1307 d.C.

La definitiva conclusione della crociata e la fine degli stati latini d'Oriente crea enormi problemi per gli ordini militari che tanto hanno dato alla causa. I Templari hanno acquistato, nonostante tutto, prestigio politico e diplomatico riconosciuto da tutti, le ricchezze che avevano permesso la lunga permanenza in Terrasanta ora sono a loro completa disposizione in Europa. Lo stesso maestro Jacques de Molay ha lasciato la sede di Cipro per recarsi a Parigi, nel nuovo quartiere generale e decidere il da farsi, ma il ritorno definitivo dei monaci-cavalieri in Europa crea anche parecchi malumori. Quasi tutti i re europei hanno fatto spesso ricorso alle finanze Templari per le insaziabili esigenze di bilancio, la Chiesa di Roma, anche se da poco trasferita in Francia, ha timore per la sua potenza politica, il popolo li guarda sempre più con diffidenza: i Templari incominciano a fare paura a tanti. In questi anni la situazione economica della Francia è molto delicata, il re Filippo IV, dopo aver tentato inutilmente di entrare nell'ordine dei Templari, non appare in grado di risollevare le ormai vuote casse dello Stato. Il popolo francese, stanco dei continui aumenti di tasse, incomincia a dare segnali di turbolenza assai pericolosi.
Voci di un prestito fatto del tesoriere del Tempio senza autorizzazione di Molay contribuiscono a creare una situazione di tensione tra il re francese e il maestro dell'ordine. I Templari sono diventati scomodi per l'avido Filippo IV e per il suo potere politico. Alla corte del re l'occasione per colpire i monaci non tarda ad arrivare, da due anni un ex-Templare della Francia del sud, tale Esquiu de Floryan, racconta cose a suo dire terribili sul rito d'iniziazione dei monaci-soldati, parlando di oscure pratiche eretiche, idolatria e sodomia. Pochi in verità credono a queste affermazioni molto gravi ma per il re questa opportunità può aprire un'ottima strada per risolvere i suoi problemi. Sotto la sapiente regia dei suoi scaltri e fidati consiglieri la questione assume grande importanza per tutta Europa creando l'inevitabile intervento di papa Clemente V e la protesta degli ordini gerarchici del tempio a partire proprio dal maestro de Molay.
Castello di Chinon Francia, agosto 1308 d.C.
I frati dell'ordine della milizia del Tempio, lupi nascosti sotto un aspetto da agnello e sotto l'abito dell'ordine, insultando in modo sciagurato la religione della nostra fede, sono accusati di rinnegare il Cristo, di sputare sulla croce, di lasciarsi andare ad atti osceni al momento dell'ammissione all'ordine: essi si impegnano con il voto che proferiscono e senza timore di contravvenire alla legge umana, a darsi l'uno all'altro, senza rifiutarsi, se vengono richiesti ... Con queste parole il re Filippo IV ha giustificato l'arresto in massa, all'insaputa del papa, dei Templari nelle commende francesi avvenuto all'alba di un tenebroso venerdi 13 ottobre 1307. Quasi tutti i monaci sono stati imprigionati compreso il maestro Jacques de Molay che si trovava nella commenda di Parigi, tutti i beni dell'ordine confiscati compreso il tesoro e tutti i documenti. Le accuse sono pesanti ma quello che preoccupa è il sospetto che si nasconde dietro a questa manovra del re: il desiderio di sopprimere l'ordine del Tempio. Incatenati, isolati dalla vita conventuale, torturati ecco quello che accade ai poveri monaci-cavalieri rinchiusi. Qui ,nel castello di Chinon, sono rinchiusi i dignitari dell'ordine compreso de Molay, le loro condizioni fisiche precarie ne hanno impedito il trasferimento per essere interrogati direttamente da papa Clemente V, sempre più sottomesso alle strategie politiche del re di Francia. Accompagnati dai più vicini consiglieri del re, di buon mattino, sono arrivati alcuni cardinali inviati per raccogliere le loro sempre più stanche parole risultato di continue torture crudeli ed ingiuste. Sono questi mesi difficili per i Templari, il ricordo di epiche battaglie è lontano e la confusione appare come l'unica certezza, dove confessioni, precisazioni ma anche ritrattazioni e lo spettro di gravi condanne avvicinano i bianchi mantelli al fuoco del rogo ... le torture incominciano a produrre gli effetti desiderati dal re di Francia Filippo IV. Del coraggio dei temuti cavalieri ben poco è rimasto e lo scoramento nelle file della gerarchia dell'ordine, sembra confermare un triste percorso già disegnato e dalla quale pare non ci sia proprio via di scampo …
Parigi 18 marzo 1314
Le eresie e i peccati che ci vengono attribuiti non sono veri. La regola del tempio è santa, giusta e cattolica. Sono degno della morte e mi offro di sopportarla, perché prima ho confessato, per la paura delle torture, per le moine del papa e del re di Francia ...
Con queste parole di ribellione Jacques de Molay, ultimo maestro del tempio, viene condannato al rogo dal re di Francia. Sono passati sette anni da quella maledetta alba in cui le magioni Templari vennero violate e quasi tutti i fratelli arrestati. Sulla base di accuse pesanti e mai provate i monaci-soldati sono stati processati e condannati ingiustamente. Clemente V, papa francese molto vicino al re Filippo IV, non ha mantenuto il suo ruolo di garante alla ricerca della verità, ma ha contribuito egli stesso, con la sua politica indecisione, alla condanna definitiva dell'ordine. A seguito del concilio di Vienne del 1312, il papa ha approvato, su richieste del re di Francia, la soppressione dei Templari firmando la bolla "vox in excelso" e la seguente "ad providam" dispone che tutti i beni Templari diventino proprietà degli Ospedalieri, altro ordine religioso-militare. La condanna dei dignitari dell'ordine alla prigione perpetua pareva l'atto finale di un processo politico che liberava tutta l'Europa da un ordine diventato troppo potente ed influente. La ritrattazione finale di Jacques de Molay e il suo sacrificio di fronte alla cattedrale di Notre Dame sono la conclusione di una vicenda che lascia un alone di mistero, di un segreto che forse non verrà mai svelato ... Il crepitio della catasta di legna ormai bruciata non spegne il ricordo della fine tragica ed ingiusta di de Molay,e testimoni affermano che "... la morte lo ha preso così dolcemente che tutto il popolo ne è rimasto meravigliato ...". Il tramonto dei cavalieri dal bianco mantello è arrivato, ma l'eco delle loro spade, del loro coraggio e anche della infinita tragedia finale rimarrà vivo per secoli e secoli.
Modena Settembre 2001
Il ricordo del rogo di de Molay è ancora vivissimo, ma il nostro viaggio con i monaci-cavalieri è davvero finito. Ci siamo tolti i panni del pellegrino medievale, anche se in verità questo mi dispiace, per indossare quelli certamente più comodi e puliti del III° millennio. Dopo il ritorno un attimo di riposo, seduti sui gradini esterni del magnifico duomo di Modena, la mia città, in una giornata tiepida di settembre.
Per un momento abbandono il ruolo di studioso storico e provo a calarmi nei dubbi e nelle leggende del mito Templare. La storia dell'ordine del tempio fin dall'inizio appare enigmatica e contraddittoria. Monaci ma anche soldati; poveri diventati molto ricchi; combattevano gli infedeli ma poi gli concedevano prestiti; paladini della fede e alla fine soppressi come eretici. La storia ci ha detto che furono creati per la difesa del pellegrino, ma qualche studioso ipotizza che il vero obiettivo fosse la ricerca di materiale fondamentale per la religione cristiana. Il santo Graal? La sindone? L'arca dell'alleanza o magari manoscritti che minacciano le basi fondamentali della religione cristiana? L'esplosione economica è dovuta solo a saggia amministrazione oppure anche a conoscenze esoteriche orientali e geografiche? Esisteva un ramo occulto del Tempio? Quale ruolo hanno avuto i Templari nella costruzione delle cattedrali gotiche? Il famoso tesoro, che non fu mai trovato, dove è sparito? In Scozia? In Italia? A Rennes le Chateaux? Il santo Graal esiste davvero oppure è quello stato di benessere interiore che ognuno di noi possiederebbe, ma che ancora non conosce e che i Templari potevano conoscere?
Come vedete i misteri nella storia Templare sono tanti e decisamente tutti curiosi e forse è proprio per questo che affascinano ancora molte persone, ma, credetemi, non sapremo mai davvero chi erano e la verità della loro storia forse non ci arriverà mai ...
... I Templari ci hanno lasciato anche un messaggio decisamente interessante: la società feudale viveva in un mondo isolato, ristretto, chiuso dalle loro certezze, i Templari vivevano a contatto con tutti i popoli del Medio Oriente, tante culture e religioni di ogni tipo. Questa convivenza ha portato ad una apertura della mentalità Templare e alla modifica nel tempo del loro modo di agire e pensare. La cultura Templare, possiamo dire, è l'insieme di due: quella occidentale e quella orientale che possono tranquillamente convivere nel rispetto reciproco.
è questa una indicazione curiosamente attuale anche per il mondo d'oggi, non credete?

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jasmine23
view post Posted on 14/12/2007, 13:02




I CAVALIERI DEI TEMPLARI

Pauperes Commilitones Christi Templique Salomonis", ovvero "poveri compagni di Cristo e del Tempio di Salomone". Sono i Cavalieri Templari, uno dei primi ordini militari cristiani nonché uno dei più famosi, misteriosi e odiati. Nato intorno al 1118-1120, appena pochi anni dopo la prima crociata del 1096, il nome di quest'ordine è da sempre collegato al Graal, al tesoro del Tempio di re Salomone, alla massoneria e alle figure di Maria Maddalena e di Gesù.
Difendere la Terra Santa
Ufficializzato con la Bolla Pontificia “Omne Datum Optimum” il 29 marzo 1139, aveva lo scopo di difendere il Regno di Gerusalemme dai musulmani appena sconfitti e di assicurare la protezione dei pellegrini che sempre più numerosi vi affluivano da tutta Europa. Negli anni, l'Ordine Templare divenne ininterrottamente più ricco e potente, quindi pericoloso sia per la Chiesa che per il Re di Francia. Per questo, a seguito di una vera e propria persecuzione che portò allo sterminio di quasi tutti gli appartenenti, l'Ordine si dissolse definitivamente tra il 1312 e il 1314. Purtroppo, a causa della scarsità di documenti che li riguardano, è praticamente impossibile ricostruire esattamente la storia dei primi anni dell'Ordine. La tradizione parla di nove cavalieri, ma si pensa che tale numero abbia soprattutto un significato allegorico. I Templari, reclutati soprattutto tra i giovani nobili, erano organizzati come un vero e proprio ordine monastico, secondo le regole di San Bernardo di Chiaravalle, fondatore dei monaci cistercensi. Dovevano fare voto di castità, obbedienza e povertà, donando tutte le loro proprietà all'Ordine stesso.
Una potenza troppo scomoda
Al momento della massima diffusione avevano sedi in tutta Europa: il territorio, diviso in sette grandi provincie, era "controllato" dalle cosiddette Precettorie, dalle Mansioni e, nelle grandi capitali, dalle Case. Una così capillare diffusione fu possibile grazie al favore di papa Innocenzo II, che concesse ai Templari una pressoché totale indipendenza dal potere temporale, nonché l'esonero dal pagamento delle tasse. Inoltre, potevano riscuotere le decime. In pratica, dovevano rendere conto solo al Papa in persona. Con le ricchezze accumulate costruirono numerose fortificazioni in tutta la Terra Santa, divenendo ben presto l'esercito meglio addestrato e disciplinato dell'epoca. Poiché detenevano forti somme in denaro contante in quasi tutte le loro sedi, dal 1135 cominciarono i prestiti ai pellegrini spagnoli in viaggio verso Gerusalemme. Da quel momento l'Ordine divenne economicamente sempre più forte, arrivando a prestare somme più che ingenti a vari stati occidentali, soprattutto alla Francia, di cui ben presto gestirono perfino l'intera "Cassa di Stato". Ma proprio perché tanto potenti, sia sul piano militare che su quello economico, i Templari finirono con l'attirare su di loro le antipatie e le invidie di molti sovrani, primo tra tutti il re di Francia Filippo IV il Bello, desideroso di azzerare i propri debiti e, approfittando dell'occasione, impossessarsi dell'intero tesoro templare. Inoltre, in tal modo, avrebbe diminuito il potere della Chiesa.
Una tragica fine
Il 14 settembre 1307, in gran segreto, Filippo IV inviò contemporaneamente a tutte le Prefetture l'ordine di convocare i Cavalieri con la scusa di accertamenti fiscali. La mossa riuscì perfettamente ma, invece di un ufficiale contabile, i Templari trovarono un ordine di arresto e la confisca dei loro beni. Tra le accuse, tutte particolarmente infamanti, vi era anche quella di adorare una misteriosa divinità pagana, il Bafometto. Torturati senza pietà, pur di non soffrire, gli accusati finirono con l'ammettere le proprie inesistenti colpe. Di fronte alle ammissioni di eresia, al papa Clemente V non rimase altro che estendere l'ordine di arresto nei confronti dei Templari a tutti i territori della cristianità. Inoltre, anche grazie alla debolezza del Papa, il re di Francia intentò una serie di processi tendenti a dimostrare le colpe degli appartenenti all'Ordine del Tempio.
Nella leggenda
L'Ordine fu ufficialmente soppresso con la “Bolla Vox in excelso” del 3 aprile 1312 e i suoi beni trasferiti ai Cavalieri Ospitalieri. Jacques de Molay, l'ultimo Gran Maestro dell'Ordine Templare, che inizialmente aveva confessato le accuse, infine ritrattò. Venne quindi arso sul rogo assieme a Geoffroy de Charnay il 18 marzo 1314 davanti alla cattedrale di Parigi, sull'isola della Senna detta "dei giudei". Filippo il Bello non riuscì comunque nell'intento di sterminare i Cavalieri Templari: molti membri si rifugiarono in Scozia e in Portogallo, dove il nome dell'Ordine fu cambiato in "Ordine di Cristo". Ma, soprattutto, sembra non riuscì a mettere le mani sul famoso tesoro dei Templari, composto da enormi ricchezze e da documenti segreti. Dal 1314, anno del rogo in cui morì Jacques de Molay, l'Ordine dei Cavalieri Templari entra nella leggenda e nel mistero. In quel tempo la Scozia era in guerra con il Papa. I Templari, perseguitati dalla Chiesa, trovarono in quelle terre un rifugio sicuro. La flotta templare, salpata da un porto della Francia per sfuggire alla cattura, scomparve misteriosamente. Per i Francesi sarebbe stata intercettata e distrutta ma, secondo altri, si sarebbe rifugiata in Scozia e i Templari si sarebbero stabiliti nella famosa località di Rosslyn.
Dov'è il tesoro dei Templari?
Nella Bibbia è scritto che in tempo di guerra il monte Moriah era utilizzato come nascondiglio di tesori e documenti importanti. In un opera ebraica, la Mishnah, si dice che la "Tenda del Convegno" era custodita nelle "cripte del Tempio" e, secondo la tradizione ebraica, altri oggetti leggendari come l'Arca dell'Alleanza, l'Altare dell'Incenso, il Bastone di Aronne, l'urna con la Manna e le Tavole della Legge erano state nascoste in un vano segreto posto sul lato occidentale del Tempio, vicino al Sancta Sanctorum. Le leggende sui Cavalieri dell'Ordine, che si susseguono attraverso i secoli, pongono agli studiosi non poche domande. Essendo stati i custodi del Tempio, a Gerusalemme, hanno forse trovato almeno una parte del Tesoro di re Salomone? Che fondamento hanno le storie che parlano di un documento secondo il quale Maria Maddalena, o addirittura lo stesso Gesù, sarebbero arrivati nella Francia del Sud, dando origine a una discendenza divenuta poi la famiglia reale dei Merovingi? Sono forse questi i documenti ritrovati a Rennes le Chateau dall'abate Francois-Bérenger Saunière e che lo nanno arricchito?
Un segreto mortale
I Templari sono stati veramente sterminati per la brama di potere e ricchezza di Filippo IV il Bello, oppure perché erano venuti a conoscenza di un segreto che avrebbe potuto minare la Chiesa e le monarchie europee? E ancora: il volto impresso sulla Sacra Sindone, è quello di Gesù oppure, come vuole una recente teoria, è quello di Jacques de Molay, l'ultimo Gran Maestro dell'Ordine? Queste sono solo alcune delle strane leggende fiorite sui Cavalieri Templari. Ma quali certezze ci sono? Torniamo in Scozia, a Rosslyn. È ormai accertato che il navigatore veneziano Antonio Zeno, salpato dalle coste scozzesi con 12 navi alla fine del 1300, un secolo prima del viaggio di Cristoforo Colombo, abbia raggiunto le terre che oggi vengono chiamate "Nuova Scozia", una regione a nord ovest dell'attuale Canada. Quì Zeno stabilì un presidio a New Poss, a poco più di 30 chilometri da Oak Island, isola nota per il famoso "Money Pit". È possibile che nelle 12 navi salpate dalla Scozia ci fosse anche il tesoro dei Templari, che questi cercassero un luogo sicuro per nasconderlo e che, soprattutto, l'abbiano trovato?

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jasmine23
view post Posted on 16/12/2007, 20:48




IL DIO OCCULTO DEI TEMPLARI

All’inizio del XIV secolo cominciarono a correre strane voci sull’Ordine dei cavalieri del Tempio, che, ben presto, divennero accuse gravissime: apostasia, idolatria, sacrilegio, sodomia, stregoneria e omicidi rituali. Tra le accuse più gravi mosse ai Templari vi era anche quella di adorare orribili idoli dopo aver rinnegato Cristo, come attestano alcune delle dichiarazioni rese al processo. Un templare morente, Il 14 aprile del 1309, ad una commissione, dichiarò: <<sono stato ricevuto nell’Ordine quaranta anni fa alla Rochelle dal Fratello de Legione, oggi defunto. Egli mi disse che bisognava rinnegare Nostro Signore. Non mi ricordo se si servì della parola Gesù Cristo oppure crocifisso; è tutt’uno, disse lui (sed dixit ipsi testi quod totum est unum). Io risposi che se anche lo avessi rinnegato sarebbe stato un atto di bocca e non di cuore; cosa che feci... Il Fratello Legione mi ordinò di sputare su una piccola croce ed io sputai una volta nella direzione della croce, e non sopra>> (Jean Marquès-Rivière, Storia delle dottrine esoteriche, Mediterranee, Roma 1984).

Pur se con delle varianti il tenore delle deposizioni continua in tal senso. Bisogna convenire con gli scrivani ecclesiastici del secolo XIV, tra i quali Angerius de Béziers, che i cavalieri del Tempio erano depositari di un misterioso culto <<falso ed ingannevole>>? Sembrerebbe ormai assodato che in seno all’Ordine si celebrassero rituali segretissimi. E’ anche certo "che i filosofi arabi abbiano influenzato i rudi soldati del Tempio... Se si dice influenza materiale, si intende impregnazione spirituale ed anche <<osmosi mistica>>, in un certo senso" (Ibid.). Sicuramente l’Ordine accolse elementi dottrinari e rituali dell’esoterismo orientale. Subì l’influsso delle confraternite esoteriche musulmane insieme al disegno di un’unificazione del mondo e di un nuovo ordinamento sociale.

Le altre gravi accuse, mosse contro l’Ordine, furono quelle di tenere "costumi deplorevoli" e di adorare i bafometi (teste ed immagini misteriose). Per quanto concerne questi strani idoli ecco quanto riporta l’accusa lanciata dalla corte romana:

Art. 46 - In tutte le provincie essi possedevano idoli, teste con tre facce, con una sola o anche crani umani.

Art. 47 e sgg. - Nelle loro assemblee e soprattutto nei grandi Capitoli, essi adoravano l’idolo come un Dio, come il loro Salvatore, affermavano che questa testa poteva salvarli, che concedeva all’Ordine tutte le sue ricchezze, e che faceva fiorire gli alberi e germinare le piante della terra.

C’è da sottolineare che vi sono varie testimonianze e confessioni, sull’esistenza degli idoli. Questo è uno dei maggiori misteri dei Templari. Alcune testimonianze conservate nei "Documenti inediti della Storia di Francia", dimostrano che essi adoravano una <<testa barbuta>>. Jean Marquès-Rivière scrive: "Il fratello Jean Taillefer, della diocesi di Langres, dichiarò che al tempo della sua ammissione, gli era stato mostrato un idolo dalla figura umana. Ugo di Bures, fratello borgognone, parla di una testa contenuta in un armadio della cappella. Questo idolo era a suo parere d’argento, di rame o d’oro, e raffigurava una testa umana con una lunga barba che egli riteneva bianca.

"Il templare Rodolfo di Gisi dichiarò di aver assistito ad un Capitolo generale tenuto dal fratello di Villers, nella diocesi di Troyes, durante il quale il fratello Ugo di Besancon appoggiò su un banco una testa d’idolo. A quel punto lo spavento del neofito fu talmente grande, che egli uscì dal Capitolo senza attendere l’assoluzione. Lo stesso Rodolfo di Gisi, nuovamente interrogato, confessò di aver visto una testa simile in sette Capitoli, e, a suo dire, l’idolo aveva un’aria terribile e demoniaca; ogni volta che appariva la testa, egli poteva a malapena guardarla, perché lo riempiva di terrore" (Jean Marquès-Rivière, Amuleti, talismani e pantacoli, Mediterranee, Roma 1972).

Altre confessioni sconvolgenti provano il culto diabolico praticato dall’Ordine ad una strana testa e ad un ancor più misterioso idolo. Marquès-Rivière precisa ancora: "Non bisogna confondere la TESTA dei Templari con la statua intera; Fratello Giovanni di Turn, tesoriere del Tempio di Parigi, confessò di aver visto l’immagine di un uomo, che a suo parere poteva essere un santo, su una tavoletta che gli avevano ordinato di adorare. Arnoldo di Goerte, della diocesi di Saintes, aveva udito parlare di un idolo contenuto nella casa del Tempio di Rupelle; la deposizione di Pierre Girald di Marsac è più dettagliata, egli afferma che il suo iniziatore, il fratello Thibault, estrasse dal suo abito una piccola immagine di donna e gli disse che tutto si sarebbe volto in bene se avesse avuto fiducia nell’immagine".

Ai commissari incaricati di istruire il processo, Guglielmo Pidoye, amministratore e guardiano dei beni del Tempio, "…mostrò loro un grande idolo d’argento perfettamente dorato che raffigurava una donna. Il testo afferma (Doc. in., t. II, pag. 218) che su una stoffa rossa attaccata dietro il busto, un biglietto consumato recava la dicitura: Caput LVIII (58a testa). Matter, nella sua Storia dello Gnosticismo, scrive: <<al rinnegamento seguiva l’adorazione di un idolo, una testa che variava nella forma e nell’espressione, nel materiale e nel colore. Ne esistevano svariate copie che i Templari custodivano nei cofanetti>>. Presto si venne a creare una confusione fra la testa e l’idolo, e spesso l’una era scambiata con l’altro" (Ibid.).

Va considerato dopo quanto detto, l’androginia dell’idolo chiamato Baphomet, in quanto, esso aveva la barba ma anche il seno femminile. Il suo nome è stato oggetto di diverse interpretazioni. Alcuni lo hanno considerato "una variante di Maometto (Mahomet, Machomet, Maphomet, Baphomet)" (Massimo Izzi, Il dizionario illustrato dei mostri, Gremese Editore, Roma 1989). Per altri è "una abbreviazione di AB PPHibus TEMplum, il Tempio (deriva il suo potere) dai serpenti" (Ibid.). Tra le numerose scuole e sette di gnostici derivate da i maestri principali della gnosi Simon Mago, Meandro, Saturnino, Carpocrate, Basilide, Valentino e Marcione, uno di questi gruppi, gli ofiti, veneravano il Serpente del Paradiso terrestre. Taluni studiosi, per questo ed altro, affermano che le dottrine templari procedevano dagli ofiti.

La soterologia gnostica vede il mondo materiale come una prigione, l’aborto di un dio inferiore, il regno delle tenebre, quello della Materia-eterna che si contrappone a quello della Luce, il regno di Dio. Il mondo della materia, secondo loro, è stato creato dal dio demiurgo (l’artefice) del cosmo che era "o l’ultimo degli eoni, il più lontano dal Dio-Abisso, o un Demone che aveva rapito una scintilla della Pienezza divina - il Pleroma - onde animarne la materia" (Leone Cristiani, Breve storia delle eresie, Paoline, Catania 1957).

Gli ofiti dei primi secoli cristiani praticavano gli stessi rituali di cui erano accusati i Templari. Secondo Origene bestemmiavano Gesù Cristo, praticavano la sodomia e celebravano un culto orgiastico di tipo fallico. L’orientalista Joseph Hammer affermò anche che: "la leggenda medievale del Santo Graal fosse di origine gnostica, e che i Templari avessero ripreso direttamente dagli gnostici certi atti di adorazione a cui si supponeva che la leggenda del Graal avesse dato origine. (…). Il Graal stesso era per Hammer un vaso gnostico, simbolo della conoscenza gnostica e senza alcun significato cristiano" (Peter Partner, I Templari, Einaudi, Torino 1993).

Jean Marquès-Rivière, nel suo: "Amuleti, talismani e pantacoli", ancora a proposito del Baphomet, cita Porfirio, che nello Styx, riporta la descrizione di Bardesane di una statua che "si trovava <<nel paese dei Brahmani>>; questa statua <<aveva le mani disposte a croce, la faccia destra era quella di un uomo, la sinistra quella di una donna; il lato destro aveva attributi maschili, il sinistro femminili. Sul seno destro era scolpito il sole e sul sinistro la luna; le braccia erano circondate da angeli...>>".

Maschio e femmina erano questi idoli. Maurizio Blondet ci informa che "Gershom Scholem ci ha avvertito che già nella tradizione ebraica maggioritaria <<dio ha due ‘configurazioni’ (parsufim), un volto maschile e uno femminile>>. E ci ha spiegato che, da questa paradossale androginia di Dio presa alla lettera, i seguaci di Sabbatai Zevi hanno dedotto le loro crude pratiche orgiastiche, <<manifestamente riprese dal culto della Grande Madre, che continuò a essere praticato da piccoli gruppi dell’Asia Minore sotto spoglie islamiche>>" (Maurizio Blondet, Gli <<adelphi>> della dissoluzione, Strategie culturali del potere iniziatico, Ediz. Ares, Milano 1994).

Val la pena di considerare anche che "Nel processo dei Templari si ebbero due testimonianze indipendenti e concordanti sull’origine del Baphomet. Questo sarebbe stato la testa barbuta nata miracolosamente dal coito contro natura di un nobile signore di Sidone con il cadavere di una fanciulla di cui era follemente innamorato. De Sede ritiene che questa testa la si possa identificare con quella celeberrima che si dice essere stata realizzata verso l’anno 1000 da papa Silvestro II, il dottissimo Gerberto d’Aurillac, testa che era in grado di rispondere affermativamente o negativamente a qualsiasi domanda" (Massimo Izzi, Il dizionario illustrato dei mostri, cit.).

L’immagine di un essere barbuto con le corna è posta sul portale di due chiese, una si trova a Parigi, è la chiesa di Saint-Méry, l’altra a Provins, è la chiesa di Sainte-Croix. Il "mostro" è visibile anche su un edificio di Saint-Briss-Le-Vineux, nei pressi di Auxerre, appartenuto ai Templari. Quali segreti celava il misterioso idolo? Le supposizioni sono ancora tante ma il mistero rimane, assieme agli altri che avvolgono l’Ordine. Joseph Hammer nel suo "Mystery of Baphomet Revealed" identificò il dio bisessuale dei Templari come una divinità androgina, supponendo che riti sessuali e orge rituali ne caratterizzarono l’adorazione.

I cavalieri del Tempio erano molto profondi nella magia e H. Cornelius Agrippa, nel XVI secolo, disse di loro che erano esperti maghi. E’ se il loro Baphomet fosse stato un talismano prodigioso che, nella sua androginia, celava l’unione fra le due grandi polarità del cosmo? Serge Hutin, a tal proposito, racconta la straordinaria ipotesi di Maurice Magre e cioè che: "i Templari fossero in possesso di una figura baphometica carica di magico potere, …loro sottratta nel corso di uno scontro armato tra i cristiani e i mongoli invasori" e per l’Ordine fu l’inizio della fine.

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I SEGRETI DEI TEMPLARI

E’ il 18 marzo del 1314, a Parigi, quando su una piccola isola del fiume Senna vengono arsi sul rogo l’ultimo Gran Mestro dei Cavalieri Templari Jacques de Molay ed altri dignitari. Sui Templari sono stati scritti un numero incredibile di libri. Tanti sono i misteri ancora insoluti che avvolgono questo potentissimo Ordine di monaci-guerrieri. In cosa consisteva il loro terribile segreto? Esiste il favoleggiato tesoro dell’Ordine? Cosa si sa oggi di questi cavalieri?

Almeno a questa ultima domanda si può, forse, rispondere con quanto attesta il poco conosciuto "Documento Rubant", che si basa su un testo datato 11 aprile 1308. Questo documento afferma, tra l’altro, che Filippo il Bello quando arraffò i documenti templari, senza saperlo, si impossessò di "autentici falsi, prodotti molto tempo prima, nel caso avvenisse un attacco incontrollabile ed imprevedibile all'Ordine". Dunque, se il documento Rubant è vero, come sembra esserlo, sebbene sia sconosciuto alla maggior parte degli storici, della Milizia del Tempio si sa ancora poco, visto che si sono studiati solo dei falsi.

Quale terribile "segreto" difese con tale accanimento fino ad immolare la propria vita Jacques de Molay? Egli urlò ai suoi inquisitori, il 26 novembre del 1308: <<mi piacerebbe dirvi certe cose, se soltanto non foste le persone che siete, e se foste autorizzate a sentirli>>. Era forse il Graal, simbolo della conoscenza, ad essere così gelosamente custodito dall’Ordine? Il Santo Graal, scrive Introvigne: "non sarebbe solo il sangue più nobile, destinato a regnare sul mondo intero, ma – a chi sappia entrare in contatto con l’energia che sprigiona attraverso appositi rituali – garantirebbe perfino l’immortalità" (Il mito del Graal in "Storia", n. 130, settembre 1998).

Robert Charroux ne: "Il libro dei segreti traditi" (Milano 1969) scrive: "I Templari erano considerati come i depositari e i continuatori di un <<mistero>> di un’importanza capitale e del quale nessun profano – fosse pure il re di Francia – doveva essere informato". Da una dichiarazione resa al processo si viene a conoscenza di un fatto sbalorditivo. L’11 aprile 1309 fu chiamato come testimone il maestro Radulphe de Praellis, giureconsulto, che affermò, sotto giuramento, che un cavaliere templare, di nome Gervais della Commenda di Laon, gli aveva svelato che vi era nell’Ordine un terribile segreto di tale importanza che: <<avrebbe preferito perdere la testa piuttosto che rivelarlo; un punto così segreto che se il Re di Francia lo avesse visto, sarebbe stato messo a morte dai Templari che custodiscono il capitolo>>.

Alcuni storici sono del parere che esisteva una società segretissima ai vertici dell’Ordine e quelli dichiarati ufficialmente Gran Maestri non furono i veri capi dell’Ordine. Del resto come spiegare altrimenti quanto disse, nel corso dell’interrogatorio, il Gran Maestro Jacques de Molay e cioè: <<io sono solo un povero cavaliere illetterato>>? Gli fece eco il precettore d’Aquitania e di Poitou, Geoffroy de Gonnoville, che dichiarò: <<sono illetterato e quindi incapace di difendere l’Ordine>>. Jean Marquès-Rivière scrisse, che: <<esisteva in seno ai Templari un gruppo che perseguiva scopi segreti di potenza, sostenuti da un esoterismo rigoroso>>. Robert Ambelain fu della stessa opinione e lo storico tedesco Wilke, si spinge ancora più in là e dà, a tale gruppo, il nome di "Tempio Nero".

Esisteva un "Ordine segreto" ai vertici dei Templari? Taluni studiosi ne sono convinti e asseriscono che si trattava del "Priorato di Sion" (Prieuré de Sion) che sarebbe ancora oggi operante e, tra i suoi occulti disegni, c’è quello di restaurare la dinastia merovingia non solo in Francia ma in tutta l’Europa. C’è da precisare che "la stirpe merovingia non si è estinta. Al contrario, si è perpetuata in linea diretta a partire da Dagoberto II e suo figlio, Sigisberto IV. Per mezzo di alleanze dinastiche e di matrimoni, la stirpe include Goffredo di Buglione, che nel 1099 conquistò Gerusalemme, e altre famiglie nobili del passato e del presente: Blanchefort, Gisors, Saint-Clair (Sinclair in Inghilterra), Montesquiou, Montpézat, Poher, Lusignano, Plantard e Asburgo-Lorena" (M. Baigent, R. Leigh, H. Lincoln, Il santo Graal, Milano 1984). Ancora una teoria della cospirazione che si originerebbe nel buio di secoli lontani.

In poche parole tutto ciò significherebbe anche che L’Ordine del Tempio sarebbe stato creato dal Priorato di Sion. Ora c’è da porsi la domanda se esistono documenti che attestino la sua esistenza e la sua relazione con i Templari. Richard Andrews e Paul Schellenberger ci informano che l’esistenza del Priorato è molto bene comprovata da importanti documenti: "Il nome originale e l’organizzazione sono menzionati in uno statuto del 1152 e anche in una copia trecentesca di una precedente pergamena datata 1178. L’organizzazione sarebbe stata fondata con il nome di <<ordine di Sion>>, mentre il titolo di Priorato di Sion sarebbe stato adottato nel 1188. C’è chi ritiene si trattasse di un gruppo scissosi dai ranghi dei Cavalieri Templari, ma la cosa è controversa. La separazione dell’Ordine di Sion nel 1188 dal corpo principale dell’Ordine dei Templari sarebbe avvenuta in un episodio leggendario noto con il nome di <<taglio dell’Olmo>>" (R. Andrews e P. Schellenberger, Alla ricerca del sepolcro, Milano 1997).

Il problema è molto complesso, sembrerebbe anche certo che in seno all’Ordine si celebrassero culti segreti e che un esoterismo templare sia sicuramente esistito. Malauguratamente, come scrive Lavisse nella sua "Storia di Francia" il segreto sulle loro attività era assoluto infatti: "Tutti gli affari del Tempio venivano sbrigati nel più stretto segreto; la regola scritta esisteva soltanto in pochi esemplari; la lettura era riservata ai soli dignitari; molti Templari non ne avevano mai avuto conoscenza". Il cavaliere templare Gaucerand de Montpezat, lontano antenato dei reali di Danimarca, asserì: <<abbiamo tre articoli che nessuno conoscerà mai, salvo Dio, il diavolo e i Maestri>>. E’ anche certo che i filosofi arabi abbiano influenzato i rudi soldati del Tempio. Sicuramente l’Ordine accolse elementi dottrinari e rituali dell’esoterismo orientale. Subì l’influsso delle confraternite esoteriche musulmane insieme al disegno di un’unificazione del mondo e di un nuovo ordinamento sociale.

Non è azzardato, a tal proposito, ricordare le ambizioni di Federico II di Hohenstauffen, il "Signore del Mondo", imperatore di Germania, re dei Romani, re di Sicilia, re di Gerusalemme che, alla fine dell’XI secolo era una leggenda. Saba Malespini di lui scrive: "Questo Cesare che era il vero sovrano del mondo e del quale la gloria si era propagata in tutto l’universo, credendo senza dubbio alcuno di divenire simile agli dèi con lo studio delle matematiche, si mise a scrutare il fondo delle cose e i misteri dei cieli". Il suo progetto fu forse proseguito dai Templari?

Federico II venne a conoscenza di qualcosa di terribile che celò in un anagramma, ancora oggi indecifrato. Nel suo Castel del Monte, in Puglia, interamente costruito secondo l’architettura del Tempio di Salomone (ecco le quattro misure-chiave: 60 – 30 – 20 – 12 cubiti), su una scultura femminile attorniata da cavalieri fece incidere queste misteriose lettere: D8 I D CA D BLO C L P S H A2. In questa enigmatica formula, riportata da Robert Charroux, è celato il segreto Di Federico II e di Castel del Monte.

Federico II, nel 1228, a San Giovanni d’Acri, pur essendo stato colpito da scomunica papale, aveva ugualmente partecipato alla Tavola Rotonda del meglio della Cavalleria mondiale: Templari, Ospedalieri, Teutonici, Fàlas saraceni, Turchi, Batinyah (Assassini o Hassaniti), Rabiti di Spagna, ecc., tutti dalla Pactio Secreta (Patto Segreto). E’ all’opera la filiazione della Cavalleria con Ordini iniziatici segreti. In fondo i Templari furono perduti dalla loro dottrina, dal loro esoterismo e da un inconfessabile "segreto" che ne determinarono la distruzione. E’ più che probabile supporre che la milizia del Tempio ebbe collegamenti oscuri con misteriose catene iniziatiche e praticò rituali segretissimi.

Tra i loro fini, vi era anche quello di assoggettare il mondo ad un’autorità suprema. "Sembra effettivamente – continua Charroux – che il sogno più grande dell’Ordine, lo scopo supremo della sua attività, sia stato quello di far risorgere il concetto dell’Impero… vale a dire l’Oriente islamico e l’Occidente cristiano… Una sorta di federazione di stati autonomi posti sotto la direzione di due capi, l’uno spirituale, il Papa; l’altro politico, l’Imperatore, tutti e due eletti e indipendenti l’uno dall’altro. Sopra il pontefice e l’imperatore, un’autorità suprema, misteriosa". Chi era questa misteriosa autorità suprema?

I Templari erano profondi nell’esoterismo, è grazie alla loro influenza che la setta catara degli Albigesi, "divenne essenzialmente un movimento sufi, con una concezione dell’uomo plasmata in tutto e per tutto sul modello ideale del Pir e cioè del <<grande saggio>> delle sette sufi. Inoltre il potere magico da esse attribuito al Sacro Graal (il vaso utilizzato da Gesù per l’ultima cena e nel quale sarebbe stato raccolto il suo sangue) eguagliava perfettamente quello attribuito al Khidr, e cioè al verde manto fiammeggiante del paradiso sufi. Analoghe ancora a quelle sufi furono le teorie catare sulla creazione di una società di tipo teocratico…" (Carlo Palermo, Il quarto livello, Roma 1996).

Ancora occulti e indecifrabili segreti. Enigmi irrisolti come quello relativo al favoloso tesoro dei templari. Essi avevano raggiunto una grande ricchezza, si mormorava che praticassero l’arte dell’alchimia. Nello scorso secolo una strabiliante scoperta diede maggiore credito a questa ipotesi; furono trovate, dove avevano sede due importanti commende dell’Ordine, in Borgogna, ad Essarois, e in Toscana, a Volterra, due antichi piccoli scrigni, illustrati con figure e simboli alchemici. Lo studioso von Hammer affermò che gli scrigni erano senza dubbio di origine templare. Un’altra eccezionale scoperta la si deve a Theodor Mertzdorff, insigne studioso tedesco che, nel 1877, diede alle stampe un documento templare, ritrovato ad Amburgo, che raccoglieva una serie di regole. Ecco cosa dice l’articolo 19: "E’ fatto divieto, nelle commende, in cui tutti i fratelli non sono degli eletti o dei consolati, di lavorare alcune materie mediante la scienza filosofale, e quindi di trasmutare i metalli vili in oro o in argento. Ciò sarà intrapreso soltanto in luoghi nascosti e in segreto".

Si racconta che l’ultimo Gran Maestro de Moley scelse il villaggio francese di Arginy per far nascondere il "tesoro" dell’Ordine da due cavalieri. Arginy negli oscuri sotterranei del suo castello, che poggia sopra una ragnatela di gallerie segrete, che Daniel Réju descrive: <<isolato nella pianura, tra Aone e Beaujolais>>, deve celare qualcosa di inimmagginabile. La "Torre delle Otto Bellezze", anche detta la "Torre dell’Alchimia" per i misteriosi segni magici e simboli alchemici disegnati su quei mattoni, è la costruzione più antica del castello e fu oggetto di lunghe visite di studiosi ed esoteristi, tra cui, due personaggi d’eccezione, Eugéne Canseliet e Armand Barbault.

Cosa questi alchimisti trovarono o decifrarono non fu detto. Il favoloso "tesoro" dei Templari rimane ancora un mistero insoluto o potrebbe aver ragione André Douzet quando scrive: "Forse l’autore francese Robert Charroux trovò la chiave quando decifrò questo passaggio dal libro di Breyer: <<pensa intensamente: la grande arte è Conoscenza>>". La conoscenza di misteri sublimi e oltremodo pericolosi se ancora oggi sono sigillati in un fitto "segreto". E’ un segreto inviolabile che sembra riecheggiare le parole di Ja’far Sadiq (ob. 148/765): "La nostra causa è un segreto velato in un segreto, il segreto di qualcosa che rimane velato, un segreto che solo un altro segreto può insegnare: è un segreto su un segreto che si appaga di un segreto".

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jasmine23
view post Posted on 17/12/2007, 12:48




I misteriosi rapporti cataro-templari

Rispondo con una serie di riflessioni ad una precisa domanda rivoltami tempo fa a proposito dei conturbanti rapporti intercorsi tra i catari e i templari, sottolinenando per prima cosa che bisogna scavare a fondo per scoprire la ragione occulta del perché i secondi, durante la persecuzione e l’annientamento dei catari ad opera dei crociati di Innocenzo III fatti scatenare nei territori della Linguadoca a partire dal 1209, mantennero un misterioso quanto inquietante comportamento di neutralità, per non dire di occulta partigianeria, visto che alcuni storici concordano sul fatto che i cavalieri del Tempio aiutarono in qualche caso alcuni catari a sfuggire alla cattura e al bruciamento sul rogo.

Innanzitutto bisogna dire che i Catari, i misteriosi Boni Homines che tanta paura misero alla Chiesa per le loro teorie ritenute estremamente “eretiche”, di sicuro erano entrati in possesso di qualche reperto materiale o documentale assai scottante, altrimenti non si spiega l’accanimento sanguinario assunto dalle orde inferocite delle armate crociate di Simon de Montfort. Ma, come sappiamo, la crociata contro i catari, come già accennato in un post precedente, ebbe inizio nel 1209, mentre la storiografia sui Templari ci dice che questi divennero istituzione nel 1118 nel famoso concilio di Troyes, anche se è provato che essi si recarono in Palestina ben prima di questa data, mandati colà ancora non si sa bene perché anche sotto la spinta di un personaggio assai di spicco di quei tempi, Bernardo di Chiaravalle, il quale è risaputo peraltro ebbe diversi incontri con i catari nel vano tentativo di convincerli a rientrare nell’ovile della Santa Madre Chiesa. Gli studiosi ci dicono che questi sforzi risultarono non solo vani ma addirittura si ritorsero in un certo qual modo contro di lui, nel senso di renderlo edotto fin nel profondo che questi pretesi “eretici” forse erano nel giusto più e meglio della Chiesa che egli rappresentava. Ebbene, a quanto sembra, fu dopo queste infruttuose manovre di persuasione che Bernardo di Chiaravalle decise di convocare alcuni cavalieri per convincerli a recarsi in Palestina, con lo scopo apparente di proteggere i pellegrini dalle scorribande dei saraceni, una motivazione che non sta né in cielo né in terra, lasciando quindi presagire che il motivo era ben altro, quello di portare alla luce alcuni misteri forse in relazione a quanto già avevano acquisito i Catari. E’ certo una ricostruzione che può offrire il fianco a diverse critiche, ma da quanto ne so sembra che le cose siano andate in questo modo.

Dunque, il primo risultato che si consegue da questa analisi è che i Templari nascono quale propaggine dei Catari, nel senso che dovevano accertare su quale base i Catari predicavano ad esempio che il mondo era opera di un Dio malvagio, con relative aporie riguardanti la figura del Cristo, che doveva meglio essere vagliata in quanto ritenuta il perno dei perni di tutti i misteri religiosi.

Secondo gli storici esiste un lasso di tempo prima della convocazione del Concilio di Troyes in cui i primi nove cavalieri templari si dettero anima e corpo, a Gerusalemme, alla ricerca di qualcosa di assai minaccioso per le sorti della Chiesa e difatti sembra che a un certo punto della loro storia, pur mantenendo la loro promessa di sottomissione alla Chiesa di Roma, i misteriosi cavalieri cominciarono ad agire nascostamente per conto proprio, istituendo capitoli segreti ed organizzandosi secondo uno schema piramidale a compartimenti quasi stagni per impedire che l’intera associazione venisse messa a giorno di eventuali scoperte riguardanti l’origine della religione cristiana. Si sa per certo che i templari, pur combattendo furiosamente contro i musulmani, ad un certo punto ebbero dei seri ripensamenti sulla loro politica militare e incominciarono ad intrattenere coi nemici con i quali erano stati chiamati a combattere una sorta di rapporto occulto, dando ed acquisendo informazioni di un certo livello in vista della fondazione di una religione universale che cancellasse per sempre l’idea stessa di una guerra permanente tra le due anime del monoteismo.

Filippo IV detto il Bello si dice decise la distruzione dei templari per accaparrarsene le enormi ricchezze accumulate e questa spiegazione compare sempre al primo posto quando si deve andare a spiegare il perché dell’improvvisa persecuzione dei cavalieri. Ma è un’idea che, se può essere sostenuta da un punto di vista meramente economico, non regge assolutamente quando si pensa solamente che in realtà la corte di Francia era in stretti rapporti con i cavalieri allorché questi si riversarono in Francia dopo alcuni capovolgimenti militari subiti ad opera dei musulmani. In sostanza i templari cooperavano anima e corpo con la corte di Francia e con Filippo IV il Bello, elargendo grossi contributi alle casse statali ed in pratica sostenendo l’economia del paese in un momento di grave crisi finanziaria, ragion per cui sono portato ad escludere la possibilità che il Re di Francia abbia agito solo per brama di ricchezze a buon mercato.

Il fatto era che i Templari, ritornati dai territori d’oltremare, erano entrati in stretti rapporti con quel che rimaneva dell’eresia catara dopo le decennali carneficine a cui essa fu sottoposta e seppure la crociata anticatara era cominciata assai prima di questo ripiegamento nei territori di partenza non va dimenticato che al tempo della persecuzione dei catari esistevano in Francia capitoli dell’Ordine che mantenevano stretti rapporti con i fratelli d’oltremare e con gli eretici.

Ma andiamo al sodo e chiediamoci il perché del rituale del rinnegamento di Cristo, perché ritengo che sta qui il centro di tutta la questione. Non c’è dubbio che i templari, con questo rituale apparentemente dissacrante, non immaginavano neppure di rifiutare o di negare alcuni degli insegnamenti più profondi del Cristo, ritengo però che essi volessero far capire agli adepti che su questa figura mastodontica della civiltà umana esistevano dei punti oscuri che loro imputavano alla Chiesa di Roma, rea di nascondere alle masse la vera identità di Gesù. I templari erano in sostanza a conoscenza di certi segreti sulla storia di Cristo che forse condividevano con gli stessi catari e ciò spiegherebbe la loro neutralità durante la famosa crociata albigese. Il fatto che nei territori attorno Rennes-le-Chateau esistessero castelli e commanderie catare e templari è un altro aspetto da non sottovalutare e pertanto ritengo che sia i catari che i templari erano in possesso di informazioni segretissime su Gesù che ovviamente mettevano paura alla Chiesa e difatti Clemente V ad un certo punto dovette inchinarsi dinanzi alla volontà di Filippo di farla finita con i cavalieri prima che questi potessero diventare ancora più insidiosi dei catari.

Qui si innesta il filone del mistero di Rennes-le-Chateau e infatti si racconta che Sauniere, il parroco di questa inquietante cittadina del sud francese, ad un certo punto fu messo nelle condizioni di trovare alcune strane pergamene apparentemente anodine ma che, se lette attentamente, potevano svelare un mondo di segreti e misteri assai minacciosi per il buon nome della Chiesa. L’abate di Rennes-le-Chateau si rese conto infatti che leggendo le pergamene facendo attenzione a particolari lettere messe in rilievo rispetto alle altre venivano fuori delle oscure frasi che rimandavano al Re merovingio Dagoberto II, ad una misteriosa Chiave 681 e, quel che più conta, al pittore Nicolas Poussin, autore di un quadro conturbante, I PASTORI D’ARCADIA, in cui è dipinto un sarcofago con la scritta ET IN ARCADIA EGO, con nello sfondo un paesaggio che ricorda quello dei dintorni di Rennes-le-Chateau. Strano che possa sembrare, il parroco divenne improvvisamente ricco, cominciò a spendere ingenti somme per dei lavori di ammodernamento della Chiesa di Maria Maddalena e per vari altri interventi sul territorio tesi al miglioramento delle condizioni di vita dell’esigua popolazione. Nel frattempo cominciavano a registrarsi terribili decessi apparentemente di natura criminale e accidentale e si dice che a un certo punto Sauniere sentì il bisogno di recarsi a Parigi per conferire con alcuni esperti della pittura di Poussin. Quella tomba dipinta non gli dava pace...

Qui le strade si diramano in diversi vie e viottoli e alcuni si spingono a dire che in effetti quella tomba dipinta indicava occultamente l’ultima dimora del Cristo (la famosa chiave 681 che si legge in una delle pergamene dopo la sua decifrazione rimanderebbe secondo alcuni al Monte Cardou vicino Rennes-le-Chateau, rilievo montuoso alto più o meno quanto indicato nella cifra numerica), sfuggito alla crocifissione e riparato in Francia dove sarebbe morto di vecchiaia. Ma ovviamente siamo nel campo delle teorie e non c’è nulla di provato.

Quello che mi sembra ancora più inquietante in questa storia è invece un’interpretazione che si rifà ad alcuni concetti del docetismo cataro. E’ possibile in sostanza che i templari si siano resi conto che il Cristo raccontato dai Vangeli non fosse quello vero, ma solo una sua parvenza lontana. Il Cristo in sostanza sarebbe venuto ad annunciare un regno spirituale in netta contrapposizione con le potestà di questo mondo, sarebbe quindi entrato in forte contrasto con la casta sacerdotale del Sinedrio ed avrebbe assestato colpi devastanti al potere romano di allora, facendo passare l’idea che il mondo e tutto quanto in esso contenuto non aveva e non avrebbe alcun rapporto con l’idea di un Dio buono e misericordioso che da sempre ci parla alle orecchie dello spirito cercando di farci dimenticare l’abbraccio mortale con la materia.

Ritrovamenti documentali di questo tenore è possibile che siano entrati in possesso dei catari e degli stessi templari, non a caso è risaputo che lo spirito combattivo dei templari ad un certo punto venne sempre meno fino al punto, come ricordato, che essi subirono continui rovesci militari che li costrinsero a togliere le tende e a ritornare nelle terre francesi da cui erano provenuti.

Si trattava di vangeli segreti gnostici mai conosciuti e fatti conoscere all’umanità? Vangeli segreti dinanzi ai quali quelli apocrifi ritrovati nello scorso secolo sarebbero solo documenti annacquati? Scritti illustranti la vera natura di Cristo e la sua vera storia e missione? Penso che qui dovrebbe indagarsi con forza, ma, come sappiamo, da un po’ di anni è stato proibito a chiunque eseguire scavi nelle terre di Rennes-le-Chateau. Paura? Di che cosa? Perché lo stemma di Rennes-le-Chateau presenta nel tessuto del suo gonfalone il famoso esagramma, e cioè due triangoli dai vertici capoversi, quasi ad indicare un equilibrio che a nessuno deve essere permesso di turbare? E la statua del Diavolo Asmodeo posta all’entrata della Chiesa di Maria Maddalena, scultura quanto mai terribile (sul portale della Chiesa compare non a caso la dicitura TERRIBILIS EST LOCUS ISTE) che rimanda ad un tesoro da dissotterrare, stante il fatto che secondo la leggenda Asmodeo era il custode dei tesori del Tempio di Gerusalemme?

Ritengo secondo i miei studi e le mie conoscenze che la Chiesa sa che il Cristo che si va ad adorare in Chiesa non è quello vero...sa che su di lui si sono costruite strutture teologiche che non stanno né in cielo né in terra...sa tutto e il contrario di tutto, per questo non vuole che si sappia la Verità, per questo non si vuole che si scavi a Rennes-le-Chateau...per questo prende in giro quanti si affannano alla risoluzione del Mistero dei Misteri, ma questo atteggiamento non è più sostenibile...è giunta l’ora che l’umanità sappia che Cristo era l’araldo del puro Spirito, lo Spirito del Dio Buono da Lui in persona fatto conoscere.

“Io non sono di questo mondo” diceva il buon Gesù: un’allusione fin troppo facile da capire alla rarissima struttura ontologica che lo avvolgeva?; un'allusione sibillina all'eventualità di una sua provenienza da altri reami dell'esistenza?; un'allusione occulta all'esistenza di un Artefice Maligno contro cui si scagliò con tutte le forze fino al martirio?

TERRIBILIS EST LOCUS ISTE, dice la scritta sul portale della Chiesa di Maria Maddalena a Rennes-le-Chateau: anche questa un’allusione fin troppo evidente al TERRIBILE EST COGNOSCERE NATURAM VERAM CHRISTI?

FONTE


 
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jasmine23
view post Posted on 26/12/2007, 14:42




Un bel ritrovamento
a cura di M.D

Lo scorso 13 settembre lo storico Barbara Frale ha rinvenuto nei fondi dell'Archivio Segreto Vaticano un documento sul processo dei Templari che la comunità scientifica credeva perduto da secoli. Si tratta di un atto originale appartenente all'inchiesta condotta da Clemente V dell'estate 1308, l'unica inchiesta della Chiesa sull'ordine messo sotto processo da Filippo il Bello con l'aiuto dell'Inquisitore di Francia, e contiene l'unica confessione rilasciata dal Gran Maestro Jacques de Molay dinanzi all'autorità del papa. Creduto rubato insieme ad altri atti del processo quando Napoleone deportò a Parigi l'archivio dei papi, il documento restituisce l'assoluzione con formula piena impartita da Clemente V all'ultimo Gran Maestro e ai grandi dignitari del Tempio che avevano fatto ammenda per le loro mancanze e richiesto il perdono della Chiesa. Nato in Terrasanta agli inizi del XII secolo per difendere Gerusalemme e i pellegrini al Santo Sepolcro dagli attacchi dei predoni islamici, l'ordine del Tempio era composto di monaci guerrieri e si era sviluppato grazie al favore dei sovrani europei e all'aiuto della Chiesa di Roma, nei confronti della quale i Templari osservavano un vincolo di fedeltà assoluta. Il 13 ottobre 1307 il re di Francia Filippo il Bello, con la complicità dell'Inquisitore francese, ordinò l'arresto improvviso di tutti i Templari del regno all'insaputa del papa e li fece sottoporre a torture indiscriminate per indurli a confessare le colpe delle quali li accusava: eresia, bestemmia, sodomia, idolatria. Lo strumento della diffamazione venne usato in maniera massiccia per gettare lo scandalo sull'ordine e per indurre il papa ad emettere contro di esso una sentenza di immediata condanna. Clemente V, che possedeva un'eccellente preparazione giuridica ed era stato un bravo diplomatico per molti anni, comprese le intenzioni fraudolente dell'intera manovra: dopo aver intimato al re di rimettere i prigionieri alla custodia della Chiesa e non aver ottenuto alcun risultato, il pontefice sospese i poteri dell'Inquisizione perché aveva riscontrato gravi irregolarità ed abusi nella conduzione degli interrogatori. Clemente V proclamò che la Chiesa non avrebbe preso alcuna posizione sulla questione dei Templari finché il re non avesse consentito al papa di vedere personalmente i prigionieri. Questa determinazione indusse Filippo il Bello a consentire che una selezionata minoranza di frati fosse condotta in catene a Poitiers, presso la Curia, per essere interrogata; però il re volle impedire al papa di incontrare il Gran Maestro e i maggiori dignitari dell'ordine, che teneva separati dai confratelli e relegati nelle segrete del castello di Chinon: così avanzò il pretesto che non potevano viaggiare in quanto malati e non li lasciò partire. Clemente V aggirò l'ostacolo con una soluzione brillante: conferì una delega speciale ai suoi tre cardinali più fidati, fra i quali il proprio nipote Berengario Frédol che era un espertissimo canonista e aveva conosciuto di persona gli abusi dell'Inquisizione, e li inviò dai Templari a Chinon per interrogarli in sua vece. Il documento ritrovato il 13 settembre restituisce proprio la testimonianza di quell'interrogatorio, un nodo cruciale nella strategia del papa per portare la Chiesa fuori dall'imbarazzo e dai problemi in cui la manovra regia, con la complicità dell'Inquisitore francese Guglielmo di Parigi, l'aveva gettata. Oltre ad essere inedito e ignoto fino ad oggi, esso permette di seguire passo dopo passo una mossa fondamentale nella strategia di Clemente V riguardo alla questione dei Templari: sebbene indignato perché essi avevano tollerato tradizioni da caserma volgari e a volte persino violente, il pontefice era convinto che non fossero affatto eretici. Non intendeva condannare un ordine che aveva servito la Chiesa secondo la propria finalità specifica e che, se opportunamente riformato e corretto nei suoi costumi, avrebbe potuto ancora essere molto utile agli obiettivi della politica cristiana in Oriente ed in Europa. Il rinnegamento e lo sputo sulla croce che Filippo il Bello aveva manipolato e fatto passare per una prova d'eresia, con l'aiuto dei suoi migliori avvocati quali Guglielmo di Nogaret, apparteneva ad un cerimoniale segreto d'ingresso effettivamente in uso presso l'ordine del Tempio: il postulante che chiedeva di entrare nell'ordine era messo a confronto con le violenze che i Saraceni compivano sui Templari catturati per costringerli a rinnegare Cristo e oltraggiare la croce. Terrificante e imposto sotto minaccia di morte, il rito d'iniziazione era una messinscena che doveva spaventare il postulante per metterlo alla prova e consentiva ai suoi superiori di verificare immediatamente la tempra del futuro confratello, la capacità di autocontrollo e di subordinazione ai superiori, l'attitudine al comando. Il rituale era stato tollerato perché gli inquadratori vi ravvisavano un qualche valore formativo sulle reclute, ma durante il corso del Duecento la sua forma originaria si era degradata fino ad accogliere anche atti volgari, come ad esempio il bacio sul sedere, che avevano la finalità di umiliare il novellino dinanzi ai più anziani: lo stesso Jacques de Molay, già prima di diventare Gran Maestro, aveva messo in guardia la dirigenza dell'ordine contro queste tradizioni militari degradate che potevano arrecare seri danni all'ordine, ma la repressione non fu abbastanza efficace e proprio da quelle manifestazioni di goliardia deteriore partirono gli avvocati del re di Francia per costruire con grande maestria il teorema dell'eresia templare. In sintesi, il documento ritrovato dimostra che nella sua inchiesta dell'estate 1308, l'unica vera inchiesta legittima sui Templari sino a quel momento, Clemente V aspetta di vedere se i dignitari del Tempio si piegheranno alla sua strategia difensiva e chiederanno il perdono della Chiesa, il solo modo per poterli assolvere dalla scomunica in cui erano incorsi ipso facto per aver rinnegato Cristo, anche se in forma puramente verbale; solo dopo averli assolti e ricongiunti alla Chiesa, riservando inoltre esclusivamente alla sua persona il giudizio sui massimi dignitari del Tempio, il papa ordina l'apertura delle inchieste in tutta la cristianità e restituisce i poteri all'Inquisizione. Il destino dei beni templari situati in territorio francese era già segnato da tempo, ma mettere al sicuro lo Stato maggiore del Tempio sottraendolo alla condanna significava per il papa la possibilità di riformare l'ordine, dopo aver proceduto alla revisione della regola e all'epurazione delle sue tradizioni degradate, e di ridargli una nuova funzione nell'ambito della Chiesa. I nuovi dati storici emersi dal ritrovamento del 13 settembre impongono di ricalibrare notevolmente, per alcuni aspetti, il bilancio storiografico sul processo dei Templari e saranno discussi in saggio storico di prossima pubblicazione. Sebbene piuttosto controcorrente rispetto ad una parte della storiografia sul Tempio, la figura di Clemente V che emerge dalla recente scoperta trova importanti riscontri negli studi di autorevoli esperti della storia pontificia come Edith Pázstor e Agostino Paravicini Bagliani, i quali hanno dimostrato come la vecchia immagine di papa debole e succube del sovrano francese sia completamente da rigettare per lasciar posto a quella di un diplomatico e canonista molto esperto, che sa muoversi con grande prudenza e intelligenza in uno dei periodi storici più difficili per la Chiesa di Roma. L'intera vicenda sarà riesaminata alla luce delle nuove informazioni.

FONTE
 
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jasmine23
view post Posted on 26/12/2007, 15:39




Alla fine…la riabilitazione dei Templari
a cura di Alberto Rossignoli

Da dove potrà mai venire la riabilitazione dell'Ordine Templare? Dalla professoressa Barbara Frale, 37 anni, specialista in ricerche sul Medioevo, che lavora presso l'Archivio Segreto Vaticano: avrebbe scovato il tanto ricercato documento che li scagionerebbe. Nello specifico, nel 2001, esaminando le carte conservate nell'Archivio, la studiosa si è imbattuta in quella che ha riconosciuto essere la famigerata "Carta di Chinon" , risalente al 1314 e catalogata per errore in un diverso periodo storico. Questa carta avrebbe potuto sottrarre a morte certa parecchi Templari ma non giunse in tempo per salvare il ventitreesimo e ultimo Gran Maestro Jacques de Molay, arso sul rogo il 18 marzo 1314 a Parigi, sulla piccola isola della Senna chiamata anche "dei Giudei" , due anni dopo la soppressione dell'Ordine, assieme al suo maggiore collaboratore, Geoffrey de Charnay. Questo prezioso documento, con il quale il papa Clemente V ritirava l'accusa di eresia mossa contro l'Ordine Templare, è stato raccolto assieme ad altri in un volume, intitolato Processus contra Templarios, stampato in 799 esemplari del costo di 5400 euro cadauno e consegnato il 25 ottobre '07 in Vaticano a papa Benedetto XVI.

Fonte:
Gente, 1 novembre 2007, n. 44 (Roberto Ricci, Dopo 700 anni il papa riabilita i Templari);

FONTE
 
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paneldrug
view post Posted on 17/9/2011, 10:17




Hack again?!
 
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yteyreom28
view post Posted on 28/8/2012, 05:52




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TrafeDarm
view post Posted on 1/8/2016, 13:30




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15 replies since 27/11/2007, 19:47   11549 views
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