Draghi

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jasmine23
view post Posted on 25/11/2007, 21:36




Drago

I draghi sono creature mitico-leggendarie, presenti nell'immaginario collettivo di molte culture come esseri sia malefici sia benefici. La presenza della figura mitologica del drago in moltissime culture in varie parti del mondo fa supporre che il drago nasca come spiegazione del ritrovamento di fossili di dinosauro, altrimenti impossibili da spiegare.

Mitologia cinese
Nella mitologia cinese il drago è una bestia che è composta da varie parti di animali, ha il muso da coccodrillo, il corpo di serpente, la criniera e gli artigli da leone, le corna da cervo. È considerato un essere positivo e di grande saggezza, tanto che il trono dell'imperatore cinese era detto il Trono del Drago, e la sua faccia il Volto del Drago. Le credenze cinesi affermano anche che alla morte di un imperatore, esso volasse in cielo sotto forma di drago, e che quando un drago si alza in volo la pressione delle zampe sulle nuvole provoca la pioggia. Infatti il re-drago cinese Lung Wang è considerato colui che provoca la pioggia. Il drago orientale era una vera e propri divinità per l'oriente. Secondo la mitologia le uova di drago si schiudevano dopo cinquecento anni, mentre, per diventare adulto impiegava ventimila anni. Ogni elemento della natura possedeva un suo drago: il drago delle acque faceva piovere sulle piantagioni e il drago d'oro proteggeva i tesori celesti. I draghi orientali avevano anche una paricolarità, le dita; infatti i draghi normali avevano quattro dita, mentre quelli imperiali ne possedevono cinque. I draghi imperiali (detti anche celesti) accompagnavano gli imperatori defunti fino a un grande palazzo, che si trovava al di sopra delle nuvole, non visibile ai mortali. Secondo gli storici la leggenda dei draghi orientali nacque da un imperatore che viveva alle origini del mondo. Come simbolo aveva un serpente; ogni volta che vinceva una guerra contro una regione vicina metteva un pezzo del simbolo di quella regione, le corna, le zampe di tigre, i baffi di carpa, ecc.

Mitologia Greca e Romana
Il nome "drago" deriva dal latino draco che a sua volta riprende il greco drákōn, termine che deriva dal verbo dérkomai ossia "guardare, fissare lo sguardo", con il significato di "dall’acuta vista". L'animale è già presente nella mitologia greca in vari miti, come in quello del drago Ladone, padre delle Esperidi, ucciso da Eracle e posto nel firmamento nella costellazione del Draco[1], o del drago Pitone ucciso da Apollo.
Ampie trattazioni sul drago sono presenti anche in opere di scrittori Romani come: Plinio[2], nella sua Historia Naturalis, Gaio Giulio Solino[3], e Pomponio Mela.
Nella favola di Fedro La volpe e il drago[4], il mitologico animale appare per la prima volta come guardiano di tesori nascosti.

Mitologia cristiana
Nell'iconografia cristiana il drago rappresenta il Diavolo e deriva da un drago dell'Antico Testamento che a sua volta deriva dal drago babilonese Tiamat, essere di sesso femminile. Nel Libro di Giobbe, è citato il Leviatano, leggendario drago marino. La leggenda più nota è quella di San Giorgio, patrono dell'Inghilterra, che a seconda delle versioni uccide o addomestica il drago, liberando una fanciulla. In Italia, il santo più noto per aver ucciso un drago, tanto da venir spesso rappresentato in tale atto, è San Mercuriale, primo vescovo e patrono della città e diocesi di Forlì. Altri santi alla cui figura è accostato il simbolo del drago sono, oltre a Giorgio ed all'arcangelo Michele, San Filippo, San Silvestro, Santa Marta, Santa Margherita e Santa Giustina.

Mitologia nordica
Il drago è presente anche nei miti delle popolazioni scandinave, dove l'ormr è solitamente descritto in forma di enorme serpente, senza zampe. In Scandinavia il drago è sempre visto come essere malefico, come Fafnir, il drago che ruba e custodisce il tesoro dei Nibelunghi e viene ucciso da Sigfrido, oppure Niðhöggr che cerca di distruggere il mondo rosicchiando le radici dell'albero Yggdrasill. Altro mostro serpentiforme è Miðgarðsormr, figlio di Loki e della gigantessa Angrboða, viene gettato da Odino nell'oceano. Miðgarðsormr è talmente grande da riuscire a circondare tutta la terra e a mordersi la coda da solo. Abbocca all'amo di Thor, mentre quest'ultimo è a pesca; dopo una cruenta lotta il dio riesce a mettere in fuga il mostro. Jormungand è predestinato ad uccidere ed a essere ucciso da Thor al momento del Ragnarök. Uno dei draghi della letteratura tradizionale germanico-norrena che maggiormente descrive lo stereotipo successivamente accolto dall'immaginario popolare e dal fantasy è quello del poema anglosassone Beowulf: si tratta di una serpe alata, che sputa fiamme e custodisce un antico tesoro.
Altra caratteristica del drago nella mitologia norrena è la sua capacità linguistica. Esso è in grado di parlare tutte le lingue, di cui si serve per mentire ed ingannare. Nella saga dei Volsunghi Sigfrido uccide il drago Fafnir. Un vecchio uomo (sotto le cui spoglie si celava Odino) che lo consiglia nell'impresa, gli suggerisce inoltre di scavare molte buche per far defluire il sangue del mostro e bagnarcisi. Bagnarsi nel sangue di Fafnir conferisce l'invulnerabilità. Sigfrido inoltre, dopo aver assaggiato il sangue del drago ucciso acquista il potere di comprendere il linguaggio degli uccelli.

Cultura moderna e contemporanea
In epoca romantica, specie in area germanica e anglosassone, cominciò a rifiorire l'interesse per la mitologia germanica. Questo interesse fu accompagnato da un moltiplicarsi di riedizioni del canto dei Nibelunghi e di sue rivisitazioni sceniche (la più importante: il ciclo operistico L'anello del Nibelungo, di Richard Wagner). In queste la figura del drago, sempre presente, assume progressivamente caratteristiche tipiche dell'odierno fantasy.
Attualmente i draghi sono diventati alcuni tra i protagonisti dei romanzi e giochi di tipo fantasy. Grazie agli scritti di J. R. R. Tolkien (Lo Hobbit e Il Silmarillion) la passione per il fantasy (dalla letteratura al gioco) è largamente diffusa. In questo contesto la figura dei draghi risulta essere emblematica e fortemente radicata nell'immaginario collettivo. Molti scrittori di fantasy del XX secolo hanno poi scritto di draghi: Margaret Weis e Tracy Hickman ne Le Cronache di Dragonlance, Il ciclo di Death Gate e ne Il ciclo della Pietra Sovrana. Tra i giochi il più noto è sicuramente Dungeons & Dragons, ma anche Warhammer Fantasy. Un drago sui generis (per la precisione un drago della fortuna, ispirato in parte alla tipologia cinese) è inoltre uno dei protagonisti del romanzo La storia infinita di Michael Ende. Anche J.K.Rowling nella saga di Harry Potter ricorre alla figura del drago, in modo particolare durante il quarto capitolo della saga "Harry Potter e il calice di fuoco", dove rubare l'uovo del drago è una delle prove del torneo Tremaghi.
Con un accento più fantascientifico, la scrittrice Anne McCaffrey ha dedicato un fortunato ciclo di romanzi ai Dragonieri di Pern. Sul pianeta Pern, anticamente una colonia terrestre, una casta di dragonieri cavalca veri e propri draghi, ottenuti con l'ingegneria genetica a partire da una forma di vita indigena, i quali oltre alla classica capacità di sputare fuoco possono viaggiare nello spaziotempo con il pensiero.
Una parodia dei canoni mitologici sui draghi è rappresentata dal cartone animato italiano Grisù (1975).
Alla figura del drago sono stati anche ispirati diversi film, tra cui ricordiamo:
Elliott, il drago invisibile di Don Chaffey (1977)
Il drago del lago di fuoco di Matthew Robbins (1982)
Dragonheart di Rob Cohen (1996)
Il regno del fuoco di Rob Bowman (2002)
Eragon di Stefen Fangmeier (2006) tratto dal libro di Christopher Paolini

FONTE




Presente nella mitologia di quasi tutti i popoli del mondo. Nel mondo greco - latino era rappresentato come un enorme serpente nato da un uovo di gallo covato nel letame. La sua forma varia da paese a paese, spesso ha la forma di un enorme serpente, oppure somiglia ad un dinosauro, con quattro zampe e ali da pipistrello. In Europa e nel medio oriente il drago ha caratteristiche malvagie che culminano nel cristianesimo con l'identificazione del drago in Satana, il Male (Apocalisse). In estremo oriente il drago è visto, invece, come una creatura benefica.

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Rappresentazione del drago

FONTE

La storia dei Draghi

Premessa
Fin dagli albori dei tempi, i miti e le leggende sono state popolate di mostri incantati, dalla forza sovrannaturale. I più potenti erano i draghi: creature con il corpo di serpente, le zampe da lucertola, gli artigli da aquila, le fauci di un coccodrillo, i denti di un leone, le ali di un pipistrello. I draghi avevano incredibili poteri sovrannaturali e, soprattutto, erano malvagi e distruttivi. In ogni mito, in ogni leggenda occidentale, il drago fa la parte del cattivo. L’origine dei draghi si perde nei meandri della storia dell’uomo: infatti compaiono nelle leggende di popoli del passato, sia europei che orientali, ma la loro concezione è notevolmente differente; mentre nelle zone occidentali i draghi erano considerati l’incarnazione del male, portatori di distruzione e morte, in oriente erano visti come potenti creature benefiche.
I draghi sono sempre stati descritti come delle creature simili a enormi serpenti, con grandi arti anteriori e posteriori, dotati di fauci enormi e artigli taglienti.
Normalmente venivano descritti con il corpo pieno di squame protettive e capaci nella maggior parte dei casi di sputare fuoco e di volare grazie a grandi e potenti ali.
Nelle leggende, i draghi sono visti come creature prodigiose: si riteneva che le ossa, così come il loro sangue, potessero avere elevate proprietà curative.
Il loro sviluppo poteva durare molti secoli prima di raggiungere la piena maturità, si narrava che un uovo di drago impiegasse non meno di un secolo per schiudersi; inoltre solo dopo altre centinaia di anni il drago raggiungerà il suo massimo sviluppo con la crescita sulla testa di lunghe corna ramificate.
Naturalmente, grazie alla loro grande longevità, queste creature, che è estremamente riduttivo chiamare semplicemente “animali”, acquisivano una conoscenza e una saggezza senza pari… eh già, perché il Drago ha anche un’intelligenza superiore a quella dell’uomo!
Perché dunque si è giunti all’idea del drago come di incarnazione del caos, come creatura che distrugge e non crea?
Questo tipo di pensiero risale anch’esso agli albori del tempo.

I Draghi nella storia
Come detto in precedenza, la figura del drago nelle zone occidentali era sinonimo di carestia, distruzione e morte.
In Europa i draghi erano simbolo di lotta, di violenza e di guerra: infatti la loro immagine veniva spesso utilizzata come araldo in battaglia; sono innumerevoli i riferimenti storici e le leggende legate ai draghi, la maggior parte dei quali risalenti al medioevo.
Moltissime sono le fonti storiche ed i manoscritti che testimoniano la presenza de "la bestia per eccellenza" nel vecchio continente.
Nei Bestiari ad esempio, ci sono descrizioni dettagliate sull'aspetto e sulle abitudini dei draghi, i quali erano soliti usare come tana, grotte in cima a montagne o in territori molto impervi da dove uscivano molto raramente; è anche noto che al solo ruggito del drago, tutti gli animali, compresi i leoni, correvano terrorizzati nelle loro tane.
Notate l'immagine qui a destra, è un drago che solleva da terra un elefante ed è tratta da un autentico Bestiario medievale.
Secondo la tradizione occidentale, l'estinzione dei draghi, risale proprio al medioevo dove, cavalieri erranti, avventurieri in cerca di gloria e cacciatori di draghi dedicavano la loro vita alla lotta contro queste bestie, decretandone lo sterminio. E' molto celebre la storia di San Giorgio (immagine qui sotto) l'uccisore di draghi.

Non ha bisogno di presentazione la ancestrale ed impari lotta dell'uomo contro il drago. Il drago come simbolo del Male in Europa dunque, per capirne il motivo basta ricordare i massacri e le carestie che portavano i draghi medievali al loro passaggio; quale migliore arma contro la manifestazione del male se non la Santità? Si pensi dunque alle leggende di San Marcello vescovo di Parigi, di San Romano e della Gargouille di Rouen, di San Silvestro che libera Roma dal drago dall' alito velenoso, che vive in una grotta profonda per accedere alla quale bisogna scendere centinaia di gradini...

Importante anche la storia di Santa Marta che sconfisse un drago chiamato Tarasca: la leggenda racconta che nei tempi in cui Santa Marta stava evangelizzando la Provenza, un terribile ed enorme drago chiamato “Tarasca”, devastasse le fertili pianure della valle del Rodano e impedisse agli uomini di vivere tranquilli in quei luoghi. La Santa, venuta a conoscenza del fatto, inseguì la bestia nelle profondità dei boschi e la domò cospargendola di Acqua Benedetta e segnandola con il Segno della Croce. Infine, mansueta e addomesticata, legò alla sua cintura la coda del mostro e lo portò nell’odierna città di Tarascona, che dal drago prese il nome. La popolazione si vendicò dei soprusi e delle barbarie lapidando il drago.
Da allora ogni 29 giugno la Chiesa ricorda Santa Marta e nella città di Tarascona si tiene una solenne processione aperta dal fantoccio dell’impressionante Tarasca con le fauci spalancate. Nei pressi una ragazza vestita di bianco benedice il mostro, che alla fine viene legato e sopraffatto.

Il più famoso Santo uccisore dei draghi è, naturalmente, Giorgio, Santo-soldato protettore dell’Inghilterra. Della sua storia si conosce ben poco: visse, nella zona di Diospolis, in Palestina; fu decapitato a Nicomedia per ordine di Daziano Preside, nell’ambito delle persecuzioni di Diocleziano, intorno all’anno 287. Nel XII secolo, importata dai Crociati, cominciò a circolare la leggenda secondo la quale San Giorgio, giunto a Silene (Libia) dalla Cappadocia, aveva ucciso un drago in procinto di divorare una principessa legata ad uno scoglio. Giorgio diventò l’uccisore di draghi per eccellenza, e fu adottato come patrono dell’Inghilterra da Edoardo III intorno al 1348. Il “Liber Notitiae Sanctorum Mediolanii” racconta che San Giorgio ha vissuto in Brianza, dalle parti di Asso. Un drago imperversava da Erba fino in Valassina, ammorbando l’aria con il suo fiato pestifero e facendo strage di armenti. Quando ebbe divorato tutte le pecore di Crevenna, la gente del paese cominciò a offrirgli come cibo i giovani del villaggio, i quali venivano estratti a sorte; il destino volle che tra le vittime designate vi fosse anche la principessa Cleodolinda di Morchiuso, fu lasciata legata presso una pianta di sambuco. San Giorgio giunse in suo soccorso dalla Valbrona, e, per ammansire la belva, le gettò tra le fauci alcuni dolcetti ricoperti con i petali dei fiori del sambuco. Il drago, docile come un cagnolino, seguì tranquillamente Giorgio fino al villaggio; qui, di fronte al castello, il Santo lo decapitò con un solo colpo di spada, e la testa del mostro rotolò fino al Lago di Pusiano. In ricordo dell’avvenimento, ancora oggi il 24 Aprile, giorno di San Giorgio, in Brianza si preparano i “Pan meitt de San Giorg”, dolci di farina gialla e bianca, latte, burro e fiori essiccati di sambuco. I Pan meitt si gustano tradizionalmente con la panna: per questo l’eroico San Giorgio, patrono dell’Inghilterra, dei militari, dei boy-scout e di Ferrara, è anche il protettore dei lattai lombardi, che un tempo tenevano in negozio un altarino a lui dedicato.

C'è anche un'altra leggenda che ci teniamo a citare, racconta l'impresa di Sant'Efflem.
Si narra che un principe avesse individuato la tana di un Drago che terrorizzava i suoi sudditi e in qualità di sovrano aveva il dovere morale di difenderli uccidendo o scacciando la bestia. Nella sua impresa chiese l'aiuto a Efflem, il parroco della sua città che a quel tempo ancora non era Santo, e i due si diressero insieme verso la tana del Drago per porre fine alle sue malefatte. Arrivati davanti la tana però il Principe si fece prendere da un profondo terrore, sentiva il respiro del Drago che da solo bastava a far tremare di paura qualsiasi uomo. A questo punto intervenne il Chierico che disse al Principe di non aver paura, perchè chi era sotto la benedizione di Dio non doveva temere nulla. Il Principe però era immobilizzato, allora Efflem dopo essersi fatto il segno della Croce entrò nella tana del Drago che quando lo vide non solo non riuscì ad attaccarlo, ma si precipitò fuori dalla tana, scappando lontano, fino ad arrivare sulle rive dell'oceano dove si racconta che vomitò sangue.
Questo mostra come il male (nel caso specifico il Drago) ha paura più dello scudo interiore di fede che non delle spade e delle armature!

Altre importanti storie sui draghi riguardano i paesi nordici; come omettere la leggenda di Beowulf?
Secoli fa, quando ancora gli eroi dominavano le terre del Nord, una figura vestita di stracci avanzava carponi lungo una spiaggia rocciosa della Scandinavia alla ricerca di una via per arrampicarsi sulla scogliera soprastante. Era uno schiavo che fuggiva dal suo padrone, un signore del regno dei Geat e, sebbene di lui non si sappia nemmeno il nome, le sue gesta epiche cambiarono il destino del suo popolo”. Nella prima parte della leggenda, lo schiavo vagando lungo la riva si imbatte in un enorme tumulo di pietre, forse tomba di un antico re. Trova l’entrata e penetra nel tumulo. “Si trovava in una stanza del tesoro, dove erano ammassate le ricchezze di una potente e sconosciuta tribù del passato. Braccialetti d’oro a forma di serpente, spille in filigrana d’argento, spade di ferro dall’impugnatura dorata, coppe in ceramica rossa di Samo, amuleti dell’antico dio Thor, monete luccicanti riempivano l’intera caverna. Stava già per avventarsi su quelle meraviglie, quando qualcosa gli gelò il sangue, bloccando ogni suo movimento”. Ed ecco apparire il drago. “avvolto in grandi spire, era acquattato sulle zampe dai lunghi artigli; i fianchi squamosi luccicavano, le ali membranose erano piegate, la grande testa riposava sul pavimento della caverna e le pesanti palpebre erano chiuse su occhi vecchi di secoli”. A questo punto lo schiavo non vuole altro che tornare dal suo padrone, così prende una coppa d’oro per farsi perdonare e fugge dal tumulo. “Quello schiavo, però, disturbando il guardiano del tesoro, aveva decretato la fine del suo popolo. Infatti il drago poteva vedere e sapere tutto, così, quando si risvegliò si accorse subito del furto commesso e avvertì immediatamente l’odore di carne mortale.
Lentamente, trascinò le proprie pesanti spire lungo lo stretto passaggio che conduceva fuori dalla sua tana e, alla luce ormai fioca della sera, osservò la landa desolata alla ricerca delle tracce lasciate dai piedi dell’intruso; appena ebbe trovato ciò che cercava, con un grido e un getto di fuoco, s’innalzò in volo, sbattendo le grandi ali verso il regno dei Geat. Sorvolò tutti i villaggi e le sue urla agghiaccianti fecero precipitare gli abitanti fuori dalle case, i volti cinerei levati verso il cielo; sopra di loro, il drago volteggiava in una danza di morte, lanciando il suo grido terrificante mentre iniziava la discesa.
I suoi colpi furono rapidi e terribili: sputando lingue di fuoco, investì i tetti delle case e scomparve in lontananza. In quella terra, tutte le abitazioni, anche quella del re, erano costruite in legno, canne e paglia, furono perciò facili bersagli per il fuoco del drago. In tutto il regno dei Geat, quella notte il cielo venne rischiarato da alte lingue di fuoco che si levavano dai villaggi, che bruciavano come pire funerarie.
Niente sfuggì alla furia del drago, e, quando giunse l’alba, le case dei Geat erano ridotte in cenere; dai villaggi si innalzavano sottili fili di fumo accompagnati dagli strazianti lamenti delle donne”. A questo punto il re dei Geat, il mitico Beowulf ma molto più anziano, si arma, si reca al tumulo del drago assieme ai suoi migliori combattenti e affronta il mostro. Solo uno dei compagni del re parteciperà allo scontro, il nobile Wiglaf, e così il re e il drago si uccideranno a vicenda.

Questo è un classico esempio di leggenda sui draghi, tanto più che in Scandinavia, attorno al 1000 a.C. (l’epoca descritta nella leggenda) ci fu un immane incendio, che sembrerebbe provare l’esistenza del drago. Tuttavia, analizzando la leggenda, si scoprono alcuni dettagli che potrebbero ribaltare la situazione e scambiare i ruoli di protagonista e antagonista.
Innanzitutto l’evento scatenante della vicenda: il furto della coppa d’oro. Come è chiaro, qui quello che subisce il sopruso è il drago, che, accortosi del furto, esce per riappropriarsi del manufatto e punisce gli uomini con l’incendio devastante, anche se con troppa severità… anche persone estranee al furto vengono coinvolte nella vendetta del Drago.
Nessuno dice che il leone è crudele perché uccide la gazzella. Può sembrare crudele, ma non lo è. Così è per il drago che, non dobbiamo dimenticarlo, non segue la logica umana. Per il drago della leggenda l’uomo ha commesso un torto, dunque l’uomo va punito. Può sembrarci ingiusto, ma come ci insegna Einstein tutto dipende dal punto di vista.

Nelle leggende mesopotamiche, si narra di due esseri primordiali: Apsu, spirito dell’acqua corrente e del vuoto, e Tiamat, spirito dell’acqua salmastra e del caos. L’aspetto di Tiamat era quello di una creatura fatta dall’unione di parti del corpo di tutte le creature che dovevano nascere: possedeva le fauci del coccodrillo, i denti del leone, le ali del pipistrello, le zampe della lucertola, gli artigli dell’aquila, il corpo del pitone e le corna del toro. Se formiamo un’immagine mentale di questa creatura, ci accorgeremo che risponde perfettamente alla nostra idea di drago.
Secondo la leggenda, dall’unione di Apsu e Tiamat nacquero gli dei, uno dei quali uccise il padre, Apsu. In preda a furia animalesca, Tiamat diede alla luce molti mostri, il cui compito sarebbe stato quello di perseguitare gli dei.
Per difendersi, gli dei nominarono campione Marduk, uno della loro razza; lo armarono con potenti armi e lo inviarono contro Tiamat. Marduk uccise la madre in un epico scontro, poi catturò i mostri da lei generati e li rinchiuse negli inferi.
Come si può ben vedere, anche in questa leggenda è il drago a subire un torto: in questo caso Tiamat perde il marito per causa dei suoi figli, e vuole punirli. Gli uomini di quei tempi, però, erano come bambini: ancora capaci di essere terrorizzati dalla furia degli elementi, di cui non concepivano le cause. Gli unici a ergersi tra loro e la potenza devastante della natura, incarnata nei draghi, si ergevano gli dei. E’ chiaro quindi che essi vedevano nel drago, ovvero Tiamat, il nemico e negli dei la salvezza.

Anche in Egitto, all’epoca dei Faraoni, c’era la credenza che ogni volta che Ra, il dio sole, “tramontava” entrava in realtà negli inferi, combatteva contro Apopi, il drago degli abissi, e usciva vittorioso. Questa è un’evoluzione del mito mesopotamico, e già comincia a delinearsi il pensiero del drago come essere malvagio e caotico.

Anche gli dei della Grecia combatterono contro un drago: era Tifone, ed aveva mille teste e un’immane bocca che vomitava fuoco e fiamme. Solo Zeus ebbe il coraggio di affrontare il mostro, definito Titano. Lo condusse fino oltre il mar ionio ed infine ebbe la meglio su di lui, scagliandogli contro un enorme macigno. Ma la leggenda vuole che Tifone non morì: continuò infatti a vomitare fuoco e fiamme da sotto il macigno, divenuto isola, e questa è la ragione delle eruzioni dell’Etna secondo i miti greci. Come si può vedere, già al tempo di Achille e Agamennone l’evoluzione del concetto di drago era compiuta: da madre primordiale e incontrollabile, fonte di vita e di morte, come era la Tiamat mesopotamica, si era ormai giunti al concetto odierno: il drago era un mostro terribile e incontrollato, che vomitava fuoco e vapori venefici, che distruggeva ogni cosa al suo passaggio (i tifoni hanno preso il nome proprio dal drago Tifone), che uccideva e terrorizzava le razze del mondo, perfino gli dei.

I Romani dipingevano sui loro stendardi i Dracones, i vichinghi chiamavano le loro imbarcazioni Drakkar, tutti nomi che indicavano la figura del drago.

I draghi “comuni”, invece, dovettero fin da subito lottare con grandi eroi. Riemersi dagli inferi al tempo degli antichi greci, dovettero subito battersi con eroi come Giasone, Ercole e addirittura con gli dei. A volte però le divinità li assoldavano come guardie di un particolare posto, o come creature da mandare in battaglia.
Con la caduta dei greci e l’avvento dell’Impero romano, di loro si perse quasi ogni notizia, salvo alcuni avvistamenti di Plinio il Vecchio. In Europa di loro si tornerà a parlare nel medioevo, specialmente nell’Alto medioevo, dove molti eroi inizieranno a cacciare i draghi, uccidendone la maggior parte e causandone l’estinzione. In tutti quegli anni però i draghi non erano scomparsi: essi si fecero vivi migrati a nord, e per secoli avevano devastato la Scandinavia e la Russia. Fu forse in quegli anni che le loro fila persero il maggior numero di draghi: infatti dal nord si levarono grandissimi eroi, come Beowulf, che ne uccisero moltissimi.
E proprio nelle lande del nord essi guadagneranno l’appellativo di malvagi e infidi: essi comparivano infatti all’improvviso, magari dopo essere cresciuti all’insaputa di tutti nell’umidità dei pozzi o nei pressi delle paludi.

Tipologie di Draghi
Le prime leggende sui draghi, quelle mesopotamiche, parlano di grandi mostri alati, nerissimi oppure blu profondo. I draghi della notte e degli abissi. I primi due draghi ad essere concepiti furono uno nero e l’altro blu: essi sono in pratica le due razze più antiche.

I Draghi Neri sono da sempre sinonimo di malvagità e astuzia. Essi sono la reincarnazione del male astuto, che serpeggia, da contrapporsi al male dirompente, simboleggiato dalla forza dirompente dei draghi rossi, che forse discendono dai essi.
Il primo drago nero di cui si abbia notizia, la già citata Tiamat, denotava molte delle caratteristiche proprie dei draghi rossi e che invece tendono ad essere assenti in un drago nero. Secondo la leggenda, Tiamat generò un esercito di mostri da scagliare contro i suoi figli, gli dei, e i draghi neri, fatti a sua somiglianza, popolarono il pianeta. Anche se in altre leggende la storia cambia, tuttavia i draghi come oggi li conosciamo, quelli con le ali da pipistrello e gli artigli da aquila, discenderebbero da Tiamat.
Stando alle fonti dell’epoca, una volta cresciuti, i draghi neri, in preda alla fame, divoravano qualsiasi cosa capitasse loro a tiro: greggi, carne umana e quant’altro. Trattamento speciale era riservato alle vacche: i draghi mordevano i loro capezzoli, golosissimi del latte, e i lamenti strazianti delle mucche erano udibili per chilometri. Molte volte per liberare una terra da questo particolare flagello, giungevano eroi da molto lontano: ne è l’esempio un villaggio nel sud dell’attuale Danimarca che venne salvato da un eroe vichingo, giunto in cerca d’onore, con la sua nave e la sua micidiale ascia a sfidare il mostro. Con il tempo, i draghi rossi e i neri si fecero nuovamente vivi nel nord Europa: i rossi nella zona dell’Inghilterra, i neri nella Scandinavia.
Nel frattempo, l’Impero romano cadde, scesero i barbari dalle vaste pianure della Russia e della Germania, e con loro scesero anche i draghi. In Europa però giunsero in maggioranza draghi rossi, che diedero luogo a quasi tutte le leggende con i loro scontri titanici. I draghi neri, in minor numero, non amavano affrontare il nemico in duelli, ma preferivano colpire da posizioni sicure. Ben presto, ai draghi neri bastava volare sopra a una città per scatenare grandiosi incendi o carestie. Ma così, mentre molte città presero il nome dal drago che le aveva flagellate (la parola worm, verme-serpente, o orme, dallo stesso significato, si trovano infatti in Worms Head, Great Ormes Head, Ormesleigh, Ormeskirk, Wormelow, Wormeslea e tanti altri), il ricordo dei draghi neri scomparve confondendosi con quello dei grandi cataclismi naturali, ed essi cessarono di popolare le leggende. Di fatto, fu la loro estinzione.
Le uniche gesta che furono quindi ricordate, furono i grandi massacri e le carestie che questi draghi portarono, ed essi si guadagnarono quindi gli appellativi di malvagi e vili: malvagi per le stragi, vili perché raramente affrontavano faccia a faccia i loro avversari.
Questa è la storia dei draghi in occidente. In oriente, i draghi nacquero da leggende completamente diverse, come diverso fu il loro ruolo.
All’origine dunque i draghi erano neri, tuttavia come dice la leggenda Marduk li precipitò nell’inferno, e i draghi, arroventati dalle fiamme, svilupparono due caratteristiche: la loro pelle divenne rossa e guadagnarono l’immunità al fuoco: era la nascita dei draghi rossi, che uscirono dagli inferi nelle leggende greche. Ma non tutti i draghi furono catturati da Marduk: alcuni sfuggirono, e continuarono a popolare il mondo. Essi furono i Grandi Dragoni, e avrebbero trascorso il resto della storia nascosti nelle loro tane, agendo nell’ombra, invincibili. Non tutti i draghi inoltre emersero dagli inferi subito: alcuni, i più potenti, furono rinchiusi per altre ere ancora, e quando emersero la loro pelle coriacea era ormai completamente nera. Essi furono i draghi neri che conosciamo, avversari temibili eppur destinati a scomparire.

Un discorso a parte lo merita l’Idra. Con molta probabilità è solo una delle tante sottospecie di draghi neri. La loro caratteristica più conosciuta è che quando una testa viene decapitata, al suo posto ne può ricrescere un numero variabile, da esemplare a esemplare, compreso tra due e sette. Pochi invece sanno che le idre possiedono anche la capacità di soffiare acido sui loro bersagli e, soprattutto, quella poco comune tra i draghi neri di respirare sott’acqua. Molte leggende nordiche narrano infatti di idre degli abissi, per non parlare poi di Scylla (o Scilla), uno dei due mostri che causò la fine di tutti i compagni di Ulisse, nella celeberrima Odissea. Il mostro può infatti essere identificato come un’idra, o meglio come una delle tante fanciulle che ebbe la punizione di essere tramutata in mostro.
Impossibile non citare lo scontro tra Ercole e l’Idra di Lerna, dove il figlio di Zeus dovette ricorrere al fuoco per impedire la continua rinascita delle teste dell’idra.
Le Idre vengono descritte come le più malvagie di tutti i draghi: mentre un normale drago nero uccide per istinto, un’idra può farlo per puro divertimento, ed è molto raro trovare negli scritti antichi un’idra che non trascorra il suo tempo in questo modo.
Le idre inoltre, nelle leggende medioevali, sono spesso cavalcate da perfidi stregoni, che trovarono in quel perfido animale un perfetto destriero. Sebbene siano generalmente più grandi e forti di un normale drago, tuttavia non possiedono alcuna forma di magia, infatti tra le rare leggende di scontri tra idra e drago, quest’ultimo ha sempre avuto la meglio.

Dei Grandi Dragoni, data la loro quasi assoluta permanenza nei meandri della terra, pochi ebbero la sfortuna di incontrarli e di vedere il loro aspetto. Ci sono infatti giunte per certe solo due descrizioni: quella già fatta di Tiamat, modello degli attuali draghi di tutte le specie, e quella di Tifone. Quest’ultimo aveva un corpo massiccio, camminava eretto su due zampe ed era alto quanto una montagna. Era dotato di cento teste, e aveva una grandissima bocca nel petto, dalla quale vomitava fuoco e gas venefici. Anche le sue teste erano dotate di fauci, dai denti affilatissimi, tuttavia esse non avevano la capacità di sputare fuoco, e per di più litigavano tra di loro.
Le due descrizioni, per la verità, sembrano avere due soli aspetti in comune, il colore nero e le dimensioni colossali.
I draghi neri “comuni” invece assomigliano tutti a Tiamat, seppure superano raramente la lunghezza di venti metri, esclusa la coda. Essi hanno un’apertura alare grande a volte più della loro lunghezza, e sono di solito muniti anche di corna e di una coda irta di aculei. La loro schiena è percorsa da una linea di scaglie ossee appuntite, utili nel combattimento contro altri draghi. Il loro muso non presenta grandi caratteristiche, tranne forse gli occhi, che a differenza degli altri draghi, che li hanno simili alle lucertole, nei draghi neri ricordano più quelli di una tigre o di un leone. Stando alle fonti, sono in grado di attaccare il nemico con una vasta gamma di soffi: fuoco, acido, gas mortali e bava appiccicosa.
Alcuni draghi neri differiscono però in forma: sono quei draghi cresciuti nei pozzi, che emergono con sembianze di serpenti immani, ricoperti di scaglie. Questo tipo di drago nero, sebbene non possieda la capacità del soffio, non è meno temibile degli altri draghi: può infatti stritolare il nemico come un boa e i muscoli delle fauci sono così sviluppati da permettergli di troncare una quercia con un sol morso.
Dei Grandi Dragoni si accenna in poche leggende, e soprattutto non ci è giunta storia in cui uno di loro venga abbattuto: in sostanza l’unico Grande Dragone a perire fu proprio Tiamat.
I Grandi Dragoni sarebbero generalmente femmine, con rarissime eccezioni: essi vivrebbero in antri profondissimi, molto vicini al nucleo della Terra: anche loro sono infatti immuni al fuoco come i loro cugini tornati dagli inferi, ma i Grandi Dragoni hanno un’arma in più. A differenza dei draghi comuni, hanno ereditato da Tiamat il dono della magia. I Grandi Dragoni si circondano di servitori, arruolati tra le altre creature della natura: essi le usano per difendere gli accessi alla loro tana e per svolgere incarichi nel mondo in superficie. Essi non escono infatti quasi mai in superficie: odiando essi la luce solare e preferendo il caldo tepore del magma incandescente, preferiscono sonnecchiare nelle grotte o, per fortuna raramente, “nuotare” nel magma. Quando lo fanno, scatenano tremende eruzioni vulcaniche e terremoti devastanti. Tifone, anche lui già citato, fu intrappolato da Zeus nel magma con l’isola di Sicilia: il re degli dèi pensava di fermare il drago-titano, ma si sbagliava.

Concezione orientale dei Draghi
A differenza dei loro “cugini” occidentali, i draghi d’Oriente erano creature esistenti fin dalla creazione del mondo, ma pacifiche e amiche dell’uomo: in Cina, per esempio, il Drago, insieme con la Tartaruga, l’Unicorno e la Fenice, rappresentava uno dei 4 spiriti benevoli.
I draghi, secondo la cultura cinese, furono la più grande e gloriosa razza che popolò il mondo di migliaia di anni fa, che originò la vita, che per millenni governò le forze della natura, in attesa che l’uomo crescesse, una forza che poi fu accantonata con ingratitudine dallo stesso uomo che, in un certo senso, era nato da loro.
Inoltre, a sottolineare lo stretto rapporto esistente tra questi e il genere umano, vi sono molte leggende che narrano di grandi e valorosi uomini divenuti dragoni.
I draghi si dividevano in diverse categorie:

Draghi celesti: di colore simile ad un verde molto chiaro, erano a guardia del cielo ed erano gli unici ad avere 5 artigli per zampa;

Draghi spirituali: di colore azzurro, erano i più venerati in quanto guardiani del vento, delle nuvole e dell’acqua, e quindi da loro dipendeva il raccolto dei contadini;

Draghi terrestri: di colore verde smeraldo, erano i guardiani dei corsi d’acqua, regolandone il flusso e vivendo nelle profondità dei fiumi;

Draghi sotterranei: di colore dorato, erano i custodi di grandi ed immensi tesori e dispensatori di felicità eterna;

Draghi rossi e Draghi neri: creature violente e bellicose, che si scontravano continuamente nell’aria causando con la loro energia violente tempeste.

Conclusione
E’ mai esistita la “Bestia per eccellenza”? Oppure si tratta solo di leggenda?

Se i Draghi sono davvero esistiti, perché non sono mai stati ritrovati scheletri o fossili o loro resti come è avvenuto per i dinosauri?
La risposta sarebbe semplice; innanzitutto perché il drago era un animale estremamente raro, le fonti parlano chiaro su questo punto, e poi, nonostante i dinosauri avessero popolato la Terra per milioni di anni (provate ad immaginare quanti miliardi di individui ne sono esistiti al contrario dei rarissimi draghi), è stato possibile ritrovare solo quegli scheletri di dinosauro che si sono conservati grazie ad una serie incredibile di combinazioni ambientali chiamata “fossilizzazione” ed è, al contrario di quello che si può pensare, molto molto rara! Per esempio: un esemplare morto in un terreno fangoso con speciali proprietà geologiche, il quale fango, per una serie di combinazioni è riuscito a coprire la carcassa prima che altre specie se ne cibassero e che successivamente lo ha indurito (proprio con il processo di fossilizzazione) impedendo la decomposizione della carcassa… anche le ossa, se non si fossilizzano, durano ben poco all’aria aperta o sottoterra!!!
Infine, stando alle tradizioni, l’uomo ha da sempre cacciato il drago ed una volta sconfitto, smembrato il corpo e utilizzato le sue ossa, scaglie o quant’altro. Questo “smembramento” non è affatto inverosimile per le culture dell’epoca, soprattutto se calcoliamo che anche ai giorni nostri ogni parte del maiale viene utilizzata, persino gli occhi. Per non parlare delle tigri utilizzate dai cinesi come rimedi per moltissime patologie o come afrodisiaci… addirittura se ne usa la bile!

Come può, il drago, apparire in tutte le culture? Com’è possibile che popoli che non sono mai venuti in contatto tra loro abbiano conoscono il drago?
Sono domande a cui nessuno è mai riuscito a dare risposta.
Il drago non è presente solo nella cultura medioevale occidentale, come in genere si crede, ma ci sono molte, moltissime fonti che dimostrano la sua esistenza in tutte le culture, anche in quelle centro-americane precolombiane (Maya, Aztechi, Incas), popoli che non sono mai entrati in contatto con culture europee se non al momento della loro estinzione; in Cina, il drago è popolare ancora oggi, ma risale agli albori della tradizione cinese; notare che anche la Cina non entrò mai in contatto con culture occidentali e non subì alcuna influenza da loro, e la dimostrazione è proprio il drago cinese, il quale ha caratteristiche fisiche leggermente diverse da quello europeo.
E’ bene precisare che le testimonianze storiche non si limitano a leggende tramandate oralmente, ma sono giunti sino a noi innumerevoli riscontri: testi e cronache dell’epoca, dipinti, nomi di città (come visto in precedenza), per non parlare dei Bestiari, insomma, non solo le segnalazioni sono moltissime, ma anche da parte di illustri scrittori di tutti i tempi: storici, filosofi, cronisti, letterati, studiosi e persino dalla Chiesa dell’epoca tramite i Santi uccisori di draghi.
Dagli indigeni del centro America alle culture dell’estremo oriente, dalla Scandinavia all’Egitto, le testimonianze, gli avvistamenti furono moltissimi.

Se analizziamo le fonti storiche, esse sono talmente numerose e dettagliate da far impallidire quelle di alcuni eventi storici comunemente riconosciuti tali!

Che i draghi siano davvero esistiti, in ere ormai dimenticate?

FONTE
 
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jasmine23
view post Posted on 26/11/2007, 13:05




MITI & LEGGENDE

Se fosse stata una notizia comparsa su organi di stampa poco attendibili non le avremmo dato molta attenzione . Ma dobbiamo notare che a partire dal Times di Londra fino ad arrivare alle testate più importanti del nostro paese molti hanno voluto dedicare spazio e commenti ad una notizia decisamente curiosa. Hanno parlato di un drago. Si proprio di un drago. Non più vivo ma conservato sotto Formaldeide.

La creatura, alta 30 centimetri, è in un barattolo di formaldeide. Per 100 anni, una famiglia britannica ha custodito in casa il bebè di un drago, un animaletto con tanto di artigli, ali e cordone ombelicale. Ma si tratta davvero di un drago oppure è uno scherzo? Certo è che, almeno a prima vista, questa "creatura" - come la definisce il quotidiano The Times - sembrerebbe proprio un drago. Chi ha avuto la fortuna di vederlo ha affermato, "è perfetto. È veramente sbalorditivo, anche se visto da vicino non si riesce a capire se è vero o finto. Gli scienziati si preparano a una biopsia rivelatrice". Ma questo esame non si farà, almeno per il momento. Intanto ascoltiamo il giornalista del Times che ha portato alla luce il caso."

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Jack Malvern, giornalista di The Times "Ho letto un articolo sulla stampa locale e ho contattato l’uomo che aveva trovato il drago nel suo garage, David Hart. Lui mi ha detto che suo nonno era un guardiano….anzi no, un facchino del Natural History Museum di Londra e credeva che il drago provenisse dai magazzini del museo, e che fosse stato inviato dalla Germania da studiosi tedeschi per beffare gli studiosi britannici poiché allora c’era molta competizione tra loro.

Il drago sarebbe stato quindi inviato dagli studiosi tedeschi con il quesito: ‘Pensate che sia autentico?’ Se i britannici avessero risposto di sì, i tedeschi li avrebbero screditati. Tuttavia io non credo che sia andata così. Una lettera, trovata insieme al drago, scritta in tedesco, racconta di un "orribile spettro" che avrebbe dovuto essere inviato ad Amburgo con gli effetti personali della Sig.ra Lieber. Pare quindi che, piuttosto che una beffa dei tedeschi verso i britannici, si trattasse di uno scherzo rivolto ai tedeschi stessi, per questo fu inviato ad un museo di storia naturale ad Amburgo, il cui personale, non sapendo cosa fare, decise di inviarlo in agli esperti britannici.

La mia idea proposito del drago è che… certo mi piacerebbe pensare che sia vero … ma il mio dubbio principale è che i draghi dovrebbero essere dei rettili ed invece questo drago ha un cordone ombelicale.

No, non ho mai visto il drago di persona. Ho solo visto delle foto.

Vogliamo conoscere chi lo ha adesso. Vogliamo capire come è arrivato fino a noi. La storia che viene raccontata è credibile? Tra poco le nostre telecamere lo inquadreranno per la prima volta. Non sappiamo ancora se è vero o se si tratta di un falso di rara perfezione. Metteremo a disposizione di questo caso l’esperienza, la cura, le tecniche ci hanno aiutato molte altre volte a far luce su intricati misteri dell’archeologia e della storia. La strada come vedrete più avanti non sarà né facile né scontata. Ci siamo affidati per questo a dei veri esperti per cercare di capire quale può essere la verità. Ecco la squadra che sarà al nostro fianco in questa indagine. Angelo Capparoni, presidente dell’Accademia di Storia dell’Arte Sanitaria

Renato Grilletto del Laboratorio di Antropologia Fisica dell’Università di Torino.

Franco Tassi, fondatore del Gruppo Criptozoologia Italia

Alberto Bravo, grafologo dell' Istituto Superiore di Grafologia di Roma

Sergio Stivaletti, realizzatore di effetti speciali cinematografici

Giuseppe Calabrò, chimico dell' Istituto Superiore di Grafologia di Roma

Ma cos’è un Drago? La storia parte da lontano. Il drago è l'animale fantastico più raffigurato. Non esiste regione del pianeta che non conosca leggende legate alla figura del drago. Come mai? Da dove hanno origine i miti che parlano di questo animale fantastico? E soprattutto si tratta sempre di pura fantasia?

Il drago è presente già nelle leggende dell’antica Grecia. Fu il drago Tifone a cacciare gli Dei dall’Olimpo, un altro drago, Pitone, fu ucciso da Apollo e un drago con ben tre teste morì ucciso da Ercole. Plinio nella sua Storia Naturale, dice che i Draghi infestavano l’Africa.

Nel medioevo si credeva che esistessero veramente. Nel bestiari medievali il drago è il simbolo del male e nelle sue fauci in fiamme si trovavano i dannati. Si sarebbe diffuso in Europa dal Vicino Oriente. Nella mitologia persiana era un drago enorme, che viveva incatenato, a provocare terremoti: ogni suo tentativo di liberarsi era una scossa devastante.

A Babilonia una creatura con testa di serpente, corpo ricoperto di scaglie e una criniera sul collo combatteva il male in rappresentanza degli Dei.

In Occidente il famoso Leviatano, descritto nella Bibbia, era un drago marino con i tratti di un serpente e rappresentava sia l’Oceano che circondava le terre emerse che il male, cioè Satana.

In Italia si comincia a sentire parlare di testimonianze legate a Draghi nel 1572 da un medico e naturalista bolognese, Ulisse Aldovrandi che descrive la cattura di un draghetto nei dintorni di Bologna. Era un drago senza ali con sole due zampe e lungo appena un metro.
Lo stesso Aldovrandi racconta di altri due draghi catturati uno in Svizzera nei 1499 è un altro alato in Francia portato come dono al re Francesco I, esistono inoltre altre centinaia di testimonianze di avvistamento di draghi.

Qualcuno si è addirittura spinto a cercare di spiegare scientificamente la forma e la struttura del drago. È stato un esperto del ‘600 di nome Samuel Bochart a dire che i draghi potevano essere grandi fino a 30 metri con tre ordini di denti e sibilo terribile. Il naturalista svizzero Konrad Gesner nel 1551 affermava categoricamente che " tutti draghi hanno zampe " ammettendone implicitamente l'esistenza.
Si affermava anche che a differenza degli altri rettili il drago è un animale a sangue caldo questo spiegherebbe la sua capacità di adattarsi ai climi più diversi e di mantenersi in attività sia di giorno che di notte in ogni periodo dell'anno.
Nei 1449 l'intera città di Canterbury fu testimone di un epico scontro tra un drago rosso ed uno nero. Alcuni si sono spinti a sostenere che i draghi erano in grado di sollevarsi come un dirigibile gonfiandosi con un gas più leggero dell'aria l'idrogeno, liberato da una reazione chimica creatasi nello stomaco.
Quando poi questo gas infiammabile veniva esalato poteva anche incendiarsi usando i denti come pietre focaie, giustificando così le leggende che volevano il drago potesse sputare fuoco e fiamme . I Draghi vivrebbero molto lungo 500 o forse anche 1000 anni, le loro caratteristiche fisiche li farebbero appartenere ad una specie è assolutamente a parte.

Ora mentre lo vediamo ripercorriamo la sua presunta storia:

La creatura è stata ritrovata sotto un cumulo di roba vecchia da un certo David Hart, nipote di Frederick Hart, un tempo facchino del Museo di Storia Naturale di Londra. Hart ha raccontato che quel barattolo era stato inviato al prestigioso istituto della capitale da un gruppo di scienziati tedeschi attorno al 1890, quando era fortissima la rivalità tra i due Paesi.
Tuttavia, il museo di Londra pensò che si trattasse di uno stratagemma per mettere in ridicolo il Regno Unito di fronte alla comunità scientifica mondiale. I tedeschi volevano "screditare" gli inglesi. Se questi avessero dichiarato che il drago era genuino "sarebbe stato un grande colpo di propaganda". Alcuni dei documenti relativi al "regalo" sono in tedesco, li esamineremo tra poco, e risalgono al 1890.
Così, il barattolo con la formaldeide ed il suo contenuto venne dato a David Hart il padre di un magazziniere 58enne che vive oggi in un quartiere Sud di Londra e che ha raccontato di aver trovato il barattolo per caso, nel suo garage, dove lo aveva lasciato il padre (ora defunto) circa 20 anni fa, quando questi si trasferì fuori Londra con il passare degli anni finì in uno scatolone nella collezione di cimeli di famiglia.

Hardt ha consegnato tutto al suo amico Alistair Mitchell, l’attuale proprietario del drago.

Intervista ad Alistair Mitchell, proprietario del Drago
Come mai è entrato in questa storia?
Bene, si tratta del mio amico David Hart che ha trovato questo esemplare nel suo garage.

Perché non si può aprire questo contenitore?
Beh, per preservare il mistero su che cosa esso sia e con che cosa sia stato realizzato.

Perché bisogna "conservare" il mistero, cosa deve succedere?
Noi non riteniamo che sia reale ma ci sono delle persone che ne sono convinte, anzi che desiderano che lo sia. Quindi se lo apriamo, lo esaminiamo e scopriamo che si tratta di una montatura, faremo svanire tutto il fascino e la magia di questa scoperta.

E’ vero che c’è un tale che vuole acquistarlo?
Qualcuno ha chiesto informazioni per acquistarlo, si’. E si e’ detto pronto a pagare una cifra ragionevole.

Ci può raccontare o ci può dire qual’ è la cifra che Vi ha offerto?
Si, era pronto a pagare mezzo milione di sterline e non vuole verificare se si tratta di un falso, vuole che il mistero continui ad aleggiare.

Cosa ha provato la prima volta che ha visto il drago?
Io ero completamente stupefatto; è bellissimo da guardare e sebbene non creda ai draghi, è così verosimile che quasi quasi vien voglia di crederci.

Cominciamo a cercare di capire cosa ci può essere dentro questo vaso.

Si è parlato di Formaldeide o di formalina. Qual è la differenza tra queste due sostanze?
Renato GRILLETTO: La formalina è semplicemente una soluzione di formaldeide diluita in acqua ed è un ottimo conservante

Possiamo quindi parlare indifferentemente di formalina o formaldeide. C’è della condensa sul vertice del vaso. La Formalina crea condensa?
GRILLETTO: E’ normale che ci sia condensa. La formalina si comporta infatti come un normale liquido.

Da quando si è cominciato a conservare i corpi sotto Formalina?
GRILLETTO: Già agli inizi del 1800 si utilizzavano questi preparati per conservare i corpi.

Quali accorgimenti bisogna osservare per conservare sotto Formalina?
Angelo CAPPARONI: Il corpo va aperto e va pulito da liquidi ed escrementi. Nel vaso devono rimanere solo ossa e tessuti.

Nella nostra immaginazione i draghi sono creature molto variopinte e colorate. Draghi rossi, blu, verdi. Il nostro drago invece è bianco. C’è una ragione per questo?
GRILLETTO: La formalina ha un solo difetto come conservante. Irrigidisce i tessuti in maniera innaturale e tende a sbiancarli facendo loro perdere la colorazione naturale.

Dopo queste necessarie notizie di natura tecnica vogliamo capire se il ritrovamento di questo contenitore è un assoluta novità oppure se è capitato altre volte di imbattersi in animali fantastici.
Franco TASSI: Il ritrovamento di animali sconosciuti è più frequente di quanto si pensi. Un caso clamoroso è il ritrovamento del celacanto, un pesce "preistorico" ritenuto estinto da centinaia di migliaia di anni. Di fatto nella giungla e negli oceani capita spesso di scoprire specie animali ancora sconosciute.

Quasi con sorpresa, alcuni dati riguardo il nostro Drago sembrano tornare. Ma proseguiamo con l’indagine. Il drago era in una cassa, nella cassa è stata ritrovata una piccola scatola di metallo con all’interno dei fogli scritti. Uno solo di questi, scritto in tedesco, sembra essere direttamente collegato al piccolo drago. Purtroppo è solo la seconda e ultima pagina di una lettera. Ecco la traduzione:

Nelle prossime 2 , 4 settimane caricheremo l’orrendo bozzolo, alla volta di Amburgo. Verrà imballato sotto l’attenzione personale della signora Lieber.

La disposizione per la spedizione al Museo di storia dell’arte verrà rilasciata personalmente…

E’ assolutamente necessario che nessuno venga a conoscenza della sua vera origine e nemmeno della nostra comune partecipazione…

Ma non ci siamo limitati alla traduzione. Abbiamo fatto vedere le immagini della lettera ai nostri esperti per un commento sulla sua autenticità.

Alberto BRAVO, grafologo: Quello che mi colpisce è il contrasto… i salti nel tipo di tratto. Cose che fanno pensare ad una innaturalezza del gesto. Esistono delle contraddizioni interne nella grafia con cui è stata scritta questa lettera che fanno pensare ad una composizione innaturale ed artificiosa.

Giuseppe CALABRO', chimico: C’è una zona al centro della lettera dove l’umidità oppure una goccia d’acqua hanno prodotto una sbavatura dell’inchiostro di colore blu. In realtà l’uso di coloranti negli inchiostri è recente. La presenza di quella sbavature di colorante blu è un po’ difficile da spiegare in una lettera del secolo scorso.

Vediamo che alcuni dubbi cominciano a sorgere. Se il drago fosse in falso chi sarebbe stato in grado di farlo? Come potrebbe averlo fatto? A queste e ad altre domande legate all’arte di riprodurre in maniera perfetta esseri viventi risponderà uno dei più grandi esperti di effetti speciali.
Sergio STIVALETTI, realizzatore effetti speciali: Sia in Germania che in Inghilterra, e specialmente in quest’ultima, esistono laboratori in grado di realizzare un oggetto del genere. Il materiale che di solito viene utilizzato è il lattice che opportunamente trattato può essere utilizzato per creare qualsiasi cosa. Un materiale utilizzato più di recente è il silicone che essendo leggermente traslucido rende in maniera più efficace i tessuti organici.

Stiamo arrivando alla svolta. Stiamo per mettere sul terreno tutte le ipotesi fatte dai nostri esperti che hanno potuto esaminare il Drago attraverso una ripresa molto dettagliata. Sentiamo i loro commenti di fronte alle immagini del Drago. Le sorprese non sono ancora finite.

CAPPARONI: Stiamo vedendo il cosiddetto "figlio del Drago". Possibile che di questo materiale che sembra staccarsi dalla pelle non si sia depositato nulla sul fondo del contenitore. Io dico che questo oggetto ha pochi anni…

TASSI: E’ molto bello. E’ un capolavoro d’arte ma anche un criptozoologo molto ardito resterebbe dubbioso e scettico. In Inghilterra nel secolo scorso è esistita una vera e propria tradizione di falsi clamorosi, come l’uomo di Pildown. Esiste inoltre una tradizione di studiosi dei draghi e di libri sull’argomento. Secondo una teoria molto interessante le leggende riguardanti le creature mostruose sarebbero nate nel passato con la scoperta casuale dei fossili e dei resti che oggi noi attribuiamo ai dinosauri… Questo drago poi non ha sesso… E’ abbastanza curioso. Se fosse vero avrebbe delle caratteristiche che qui non ci sono. Mi aspetterei di vedere delle squame o del pelo. Non penso neanche possa trattarsi di parti di diversi animali unite insieme perché appunto mancano queste caratteristiche e non vedo segni di giuntura.

Mi sembra abbastanza recente… anche se ho letto che nel 1800 i tedeschi potevano essere in grado di fare qualcosa del genere.

STIVALETTI: Cerco di scorgere alcuni particolari rivelatori come la congiunzione delle palpebre o l’inserzione delle unghie. L’effetto pelle che si strappa, come si vede nel filmato, è tipico del lattice che qui sembra applicato su una struttura rigida sottostante, forse realizzata in cera. Il lattice certo è sensibile ad alcune sostanze e potrebbe essere danneggiato dalla immersione nella formalina. Dico forse perché è un esperimento che non ho mai fatto. In ogni caso il liquido è così chiaro che mi sembra essere della semplice acqua.

GRILLETTO: L’acqua è troppo limpida. Non esistono residui sul fondo del recipiente, cosa che dovrebbe accadere ad un corpo conservato da più di un secolo e per di più sballottato da una parte ad un’altra.

CAPPARONI: Nella Storia della medicina non abbiamo mai trovato i resti di draghi, grifoni, centauri o altre creature mitiche, mentre invece abbiamo rinvenuto quelli dei dinosauri che si sono estinti milioni di anni fa.

Stiamo arrivando all’epilogo. Una domanda uguale per tutti:

Di questo essere cosa la convince e cosa no?

TASSI: E’ un collage di creature tipico di come ci raffiguriamo i draghi: testa e piedi da rettile, ali da pipistrello. Potrebbe trattarsi di un modellino e non mi stupirebbe perché in Inghilterra, e specialmente nell’epoca vittoriana, c’era una continua rincorsa alla scoperta insolita ed inusuale.

STIVALETTI: Convince una certa rifinitura della scultura. Ma alcuni particolari, come la grinze della pelle e le ali, potrebbero essere fatti meglio. Mi aspetterei un maggior ringrinzimento dei tessuti nei punti di congiuntura, come per esempio dove le unghie entrano nelle dita. Invece la superficie è innaturalmente liscia.

GRILLETTO: Non c’è niente che mi convinca in questo draghetto. Salta subito agli occhi il cordone ombelicale. Tutti i rettili nascono da un uovo è non hanno un cordone ombelicale che li collega alla madre. Se non è un rettile allora questo che cos’è. Dovremmo creare una classe animale apposta per lui. Ci sono i mammiferi, gli uccelli, i pesci, i rettili, gli anfibi e poi… i draghi. Il liquido è così trasparente che mi sembra proprio acqua fontis. Le unghie infilate nelle dita così a ditale non servono assolutamente a nulla, né ad arrampicarsi, né a scorticare la preda… Poi questi muscoli così balestrati. Il muscolo della spalla è davvero troppo sviluppato. A meno che non si tratti di un super drago balestrato.

Per gli esperti la sentenza finale non può che essere questa…

GRILLETTO: Un bel falso, simpatico, piacevole, ma non mi convince assolutamente.

CAPPARONI: Possibile che non si sia verificato la realtà dei fatti, prima di proporre un falso mistero.

TASSI: Io sono molto dubbioso su questo drago, ma mi piacerebbe poter andare fino più a fondo.

STIVALETTI: Secondo me è un falso anche se mi piacerebbe pensare che sia vero.

E’ arrivato il momento dell’ultima domanda alla persona che ci ha fatto arrivare fino al drago, che ci ha permesso di vederlo. Mr. Mitchell, lei pensa che questo drago sia falso o vero?

Non c’è dubbio, si tratta di un falso. I draghi non esistono.

E secondo lei, è recente o si tratta di uno scherzo realizzato veramente nel 1890?

Credo che risalga ad un centinaio di anni fa dal momento che David è assolutamente certo che sia stato conservato nel suo garage almeno 20 anni fa, quindi io gli credo.

FONTE

Draghi occidentali.

I draghi nascono come animale mitico in Occidente durante il Medio Evo, un periodo durante il quale le leggende prendono il posto della verità e della scienza, e dove o si inventano tanti animali, o dove si travisano animali esistenti.
Nell'antichità, gli animali sono stati venerati e rispettati. La forza della Chiesa cristiana e del suo monoteismo forzato porta alla loro demonizzazione: gli animali, veri o immaginari, sono infidi, cattivi e portatori delle forze del male.
I draghi, poverini, che non sono neanche degli adoni, diventati i più mostri dei mostri: sono rettili (come il serpente della Bibbia) e come tali vanno distrutti.
La leggenda di San Giorgio e il drago va letta in quest'ottica: il santo uccide il drago e con lui tutti i rimasugli del paganesimo. Ma ci sono leggende e leggende di eroi che si cimentano e distruggono i draghi, quasi come mille anni dopo i robot giapponesi con i loro nemici. Ecco alcune leggende occidentali ed italiane sui draghi:

Prima leggenda.
Un'antica leggenda scandinava racconta che un povero servo incontro un drago e, dopo averlo combattuto, si impossessò del tesoro che questi custodiva: da qui nacque la leggenda dei draghi proprietari di immensi tesori.

Seconda leggenda.
Nella mitologia norvegese, l'eroe Thor (riadottato nel ventesimo secolo dai fumetti) si trovò a dover combattere contro il temibile drago Jormumgadr, e lo sconfisse in una delle sue imprese più epiche.

Terza leggenda.
Anche l'antica Grecia ha un drago: Tifone, sconfitto da Zeus, e bisogna ricordare che anche Giasone, nella ricerca del vello d'oro, affrontò ed uccise un drago.

Quarta leggenda.
L'antica Bretagna celtica era perseguitata da un drago spaventoso, che faceva sentire il suo suono nella notte di Beltame (solstizio d'estate). L'eroe Lludd, nuovo giovane re, lo affrontò ed uccise.

Quinta leggenda.
Anche mago Merlino affrontò un drago, nella sua giovinezza, anzi due, profondamente addormentati sotto terra. Ma nella sua saggezza non li uccise, e li lasciò andare liberi, dove nessuno avrebbe più potuto trovarli.


Draghi orientali.
Il drago è noto anche in Estremo Oriente, dalla Cina alla Tailandia, dal Vietnam al Giappone, e anche qui esistono numerosi leggende su di lui. In quelle terre il drago è visto più come un simbolo di saggezza, di forza e di fortuna: ogni tanto è cattivo, ma non è obbligatorio che lo sia, anzi.
Molti estremo orientali, anche oggi, si fanno tatuare draghi come simbolo di forza sul corpo.
Il drago orientale è abbastanza diverso anche fisicamente dal drago occidentale e risente molto dell'influenza dell'arte estremorientale.
Ecco alcune leggende sui draghi orientali:

Prima leggenda.
Presso gli antichi abitanti della Mesopotamia abbiamo la prima leggenda di draghi orientali: ed i draghi sono strettamente collegati con il caos primordiale, e sono visti sì come essenziali per la nascita della vita, ma come pericolosi.

Seconda leggenda.
In Cina due draghi erano dotati di poteri meravigliosi, ed erano stati ammaestrati da un signorotto locale; un giorno un loro simile libero fece nascere in loro il desiderio di liberarsi dalle catene: ma purtroppo il loro desiderio non ebbe buon fine.

Terza leggenda.
Sempre in Cina, un dio ordinò un giorno un massacro di tutti gli uomini con un diluvio universale: un giovane dio, con l'aiuto di una tartaruga gigantesca e di un drago, cercò di dissuaderlo e di ricostruire l'umanità.

Quarta leggenda.
Per gli antichi cinesi, dunque, i draghi, insieme all'unicorno e la tartaruga, erano animali benevoli e spirituali. Con i secoli, anzi, il drago diventò il simbolo dell'imperatore. C'erano draghi azzurri, che rappresentavano la primavera, draghi rossi e neri, i temporali, un drago d'oro, il sole; la differenza fondamentale era però quella tra draghi della Terra e draghi del cielo.

Quinta leggenda.
Nell'antico Giappone, una perla pegno d'amore fu smarrita in un tratto di mare controllato da un drago; il responsabile della sua perdita si rifugiò in un paese isolato, dove una giovane pescatrice strappò a costo della vita, la perla dal regno del drago per dimostrargli il suo amore.

Sesta leggenda.
Sempre in Giappone, una fanciulla, Tokoyo, sfidò l'usanza di dare in pasto le giovani ad un drago del mare ed, insieme ad un samurai, lo sconfisse. Un adattamento nipponico della leggenda di san Giorgio e il drago.

Nelle storie contemporanee i draghi sono spesso ancora visti come simboli del male, ma stanno cambiando, finalmente!

Il ciclo di Landover, di Terry Brooks.
Tre libri fantasy in cui un avvocato di oggi si trova catapultato in un regno fantasy dove c'è veramente di tutto: il drago non è bravo, ma alla lunga è simpatico, aiuta l'eroe e non è infido.

Dragonheart.
Un film fondamentale nella rivalutazione dei draghi oggi, incentrato su un drago buono, eroico protettore dei cavalieri, che scopre che il re a cui ha dato una parte del cuore è egoista e cattivo. Draco, questo il suo nome, parla in inglese con la voce di Sean Connery e in italiano con la voce di Gigi Proietti.

Draghi moderni.
Ecco alcuni racconti e romanzi di oggi che contengono draghi.

Draghi famosi.
Ecco un elenco di draghi famosi e simili:
Elliot, il drago invisibile, buono ed amante dei bambini, protagonista di un film del 1977 della Disney, metà a cartoni animati e metà dal vivo.

Draco, l'indimenticabile Dragonheart, dal cuore puro al punto di sacrificarsi.

Il signore del Drago, nemico mortale di Jeeg robot, che deve i suoi poteri ad un drago e che usurpa il trono alla regina Himica.

Curiosità sui draghi.
I draghi hanno senz'altro tra i loro referenti reali i rettili, visto che spesso vengono descritti simili a lucertoloni e serpenti: ma c'è chi dice che siano l'antica reminescenza di rettili mostruosi, come i dinosauri o sauri immensi.

Basti vedere per esempio la figura di Godzilla, o i dinosauri di Jurassic Park per capire come questa pulsione sia ancora radicata nell'immaginario umano. I draghi incarnano la paura che possa venire qualcuno più forte dell'uomo che possa distruggerlo: forse rappresentano la cattiva coscienza di noi uomini.

FONTE
 
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jasmine23
view post Posted on 13/12/2007, 12:35




Il Drago Tarando
a cura di Stefano Tansini

“La storia più bella, e diremmo la più vera, non è sempre quella degli avvenimenti che si sono realizzati, ma l’altra, che sarebbe potuta essere e non fu, vissuta dagli uomini nelle speranze e nei sogni.”
(T. Santagiuliana)


Nulla esisteva della vasta e regolare pianura che, quasi a perdita d’occhio, si distende ai nostri giorni. Sparuti insediamenti umani e terreni rozzamente coltivati spezzavano la monotonia di una campagna in gran parte incolta e selvaggia, mentre, nelle terre poste più ad oriente, un complesso universo di acquitrini e paludi caratterizzava un paesaggio neppure comparabile all’odierna valle abduana, un “mare”1 nel quale trovava rifugio un terribile e potente sovrano, signore indiscusso del suo regno d’acqua e assoluto dominatore di una terra malsana e crudele…
Fino ai primordi dell’età medievale, ed in alcuni casi fino agli albori del ‘9002, un vasto ed intricato sistema di paludi si estendeva dalle terre meridionali del lodigiano fino al cremasco e poi oltre, giungendo a lambire le prime propaggini del territorio bergamasco3. Al giorno d’oggi nulla di palesemente visibile sembra sussistere a dimostrazione dell’esistenza dello scomparso lago Gerundo4, ma, osservando con la dovuta attenzione le campagne a ridosso dell’Adda, è ancora possibile individuare le tracce di quell’antico fondale: Maleo e Castiglione d’Adda, solo per citare due esempi, sorgono su un terreno rialzato che denota l’esistenza di un antico bacino idrico, sponde naturali degli estremi confini sud-occidentali dell’antico mare5.
Il lago Gerundo, conosciuto anche con il nome di Gerundio o Girondo6, è una costante in molte delle leggende lodigiane, una importante pagina della sua storia passata. Carte notarili del tardo Duecento accennano alla sua esistenza7, ma già nel 1110 il monaco Sabbio vi fece accenni nei suoi scritti8. La generale profondità di questo “mare” raramente era maggiore di pochi metri, ma, seppur non direttamente alimentato da fiumi, poteva giovare delle risorgive sotterranee e delle periodiche inondazioni dell’Adda, del Serio e del Sillaro per un costante apporto idrico, espandendosi conseguentemente in larghezza9. Al suo interno esistevano diverse isole, per lo più appezzamenti di terreno dalla forma allungata10, ma, nel complesso, più che di un vero e proprio paesaggio lacustre, pur esistendo zone pescose e relativamente salubri, il panorama generale era quello di una vasta palude, dove zone acquitrinose e stagnanti erano la norma più che l’eccezione11. Nonostante ciò, per lunghi tratti il lago era navigabile e sopravvivono ancora oggi in alcune località, soprattutto del cremonese, i resti delle torri nelle quali erano infissi i grossi anelli di ferro utilizzati per l’attracco delle barche12 .
Agli albori del secondo millennio il lago cominciò progressivamente a ritirarsi. Il drenaggio fu principalmente opera dell'uomo: grandiosi lavori di bonifica, già in atto durante il periodo dei regni romano-barbarici, furono intrapresi con relativa sistematicità dai monaci benedettini, dai cluniacensi e dai cistercensi, poi, in tempi più recenti, canali di scolo costruiti dalle genti lodigiane contribuirono al prosciugamento quasi totale del lago13. Gli ultimi suoi resti, sopravvissuti alle continue bonifiche ed ormai ridotti a poco più che pozze d’acqua stagnante, erano ancora visibili all’inizio del ‘900, ma, già allo scoppio della Grande Guerra, il mare Gerundo non era che un lontano ricordo14.
Le cronache locali, forse con eccessiva enfasi, riportano che, nel dicembre del 1299, un’inondazione di vaste proporzioni devastò gran parte della pianura lodigiana. Il Po, gonfio d’acqua e al limite dell’esondazione, impedì ai propri affluenti di defluire, creando una sorta di tappo in prossimità dei punti di confluenza. Adda e Serio, a loro volta ricolmi d’acqua ben oltre l’usuale portata in seguito ad un periodo di eccezionali piogge, tracimarono in più punti, allagando gran parte della campagna circostante. La quasi totalità del lodigiano orientale fu inondato, molti paesi giacquero sotto metri d’acqua e i campi furono devastati compromettendo i raccolti della primavera seguente, mentre solo pochi lembi di terra scamparono alla devastazione. Lungo il basso corso dell’Adda, tra i paesi che si affacciavano sul Gerundo, la sola città di Lodi riuscì a scampare all’inondazione, seppure solo in parte. Tuttavia, a causa dell’impossibilità di reperire risorse per soddisfare le più impellenti necessità alimentari dei sopravvissuti e mantenere un’accettabile condizione igienica tra le masse degli scampati all’immane disastro, come inevitabile corollario, una violenta epidemia si abbatté su un territorio già duramente provato15.
Questo cataclisma, come il lago Gerundo stesso, influirono molto sulla fantasia popolare. Molte sono le storie, in parte vere in parte leggendarie, che trovano la propria ragion d’essere in questo periodo del passato lodigiano. Un’era dove non esistevano eroi, dove la durezza del vivere quotidiano, unitamente alla presenza di territorio ostile e malsano, fiaccavano l’animo degli uomini. Un’era dove solo il conforto della religione poteva rappresentare il punto di riferimento in un mondo costellato da sofferenze e ancestrali paure…
Una secolare tradizione, in realtà non solo lodigiana, narra che nei bassi e melmosi fondali del lago, una creatura spaventosa abbia trovato la propria dimora. Un drago senza passato, gigantesco e crudele, flagello per tutti coloro che popolavano le rive del mare Gerundo, maestoso ed imponente, capace di ammorbare l’aria con il suo alito pestilenziale16. Secondo un’apocrifa leggenda, dagli abitanti di Lodi, città che in quei tempi remoti era lambita dalle acque del lago, un periodico tributo di sangue era dovuto al vecchio Tarando17, affinché non scatenasse la sua collera contro l’inerme popolazione18. Ora che il lago Gerundo è prosciugato da tempo, nulla più esiste di quel drago un tempo così potente e la sua morte - ammesso che di morte si possa parlare - è immersa nelle nebbie della leggenda e del folclore locale. Diverse ipotesi si accavallano per dare ragione della scomparsa del leviatano e, seppure nessuna di queste possa essere portatrice di una inoppugnabile veridicità storica, tutte, a loro modo, sono serbano alcuni scampoli di verità19.
La più nota e diffusa delle favole che ancora si ricordano attribuisce a San Cristoforo20 la paternità dell’impresa che ha portato a liberare il lodigiano e le terre vicine dal loro più grande flagello e trova la propria ragion d’essere nella terribile alluvione del 1299. La leggenda è fumosa in più punti, ma, con assoluta certezza fa coincidere il decisivo intervento del santo con la scomparsa del drago Tarando, la cui carcassa sarebbe stata poi ritrovata quando le acque iniziarono, agli inizi di gennaio del 1300, lentamente a ritirarsi21.
Un’altra leggenda attribuisce al giovane lodigiano Egimaldo Cadamosto l’uccisione del drago22, mentre, prestando fede ad una versione ulteriore del racconto, il mostro sarebbe stato sconfitto da Uberto Visconti, il capostipite dell’omonima casata23, presso Calvenzano24. Un’altra variante prettamente lodigiana della vicenda sostiene invece che sia stato Bernardino Tolentino, vescovo di Lodi al tempo della nota alluvione, a causare la morte del mostro: dopo tre giorni ininterrotti trascorsi pregando Dio ed invocando l’ausilio di San Cristoforo, nel corso della notte di San Silvestro, le acque iniziarono a ritirarsi, regalando allo stremato popolo lodigiano i resti ormai senza vita del drago. Come pegno per la grazia ricevuta, Bernardino fece poi restaurare la chiesa cittadina dedicata al santo25. Un’ultima leggenda, in realtà piuttosto fine a se stessa ed avara di particolari, in termini molto generici, attribuisce a Federico Barbarossa la paternità dell’uccisione di Tarando.
Quelle narrate, seppure il sostrato storico sia indubbio, sono solo leggende popolari. E la stessa esistenza di un drago non riesce a liberarsi dagli stretti vincoli che lo legano al regno della fantasia e della superstizione. Eppure, paradossalmente, esistono prove concrete che avvalorano ciò che, razionalmente parlando, sembrerebbe impossibile…
A Pizzighettone26, nella sagrestia della chiesa di San Bassiano, è ancora conservata una “costola di drago”, un osso che tradizionalmente si ritiene appartenuto al drago Tarando. Dalla forma allungata e vagamente rassomigliante ad un femore umano dalle abnormi dimensioni stupisce soprattutto per essere reperto assolutamente fuori luogo per le terre abduane, una sorta di enigma scientifico.
Grosse ossa appartenute alla spaventosa creatura, sono inoltre conservate - prestando fede alla credenza popolare - ad Almenno San Salvatore presso la Chiesa di San Giorgio e nel Santuario della Natività della Beata Vergine di Paladina. Anche a Lodi si tramanda fosse custodita presso la Chiesa di San Cristoforo una costola del drago, andata poi perduta nel Settecento27.
Generalmente questi resti sono considerati prove fossili di qualche cetaceo, testimonianza concreta di un mondo antidiluviano scomparso da millenni, ma non sono pochi coloro che non vogliono credere a questa (troppo) facile risoluzione del problema28. Il fascino che sa trasmettere un’era lontana dove ancora esisteva spazio per le creature del mito non può piegarsi alle leggi della ragione e, anzi, la ricerca di tutto ciò che, insolito e anomalo, possa mantenere viva e, a suo modo, possibile un’antica leggenda è l’essenziale combustibile che alimenta e mantiene in vita, ancora agli albori del terzo millennio, la favola di un terribile drago, monarca assoluto di un misterioso lago scomparso da secoli.



NOTE

1: Mare è qui da intendersi, più che come vasta distesa d’acqua, nel senso etimologico offerto dal termine tardo latino “mara”, ossia palude.
2: Nel paese di Meleti, ancora agli inizi del ‘900, esisteva un piccolo lago. Volgarmente noto come “Lago di Meleti”, questo piccolo specchio d’acqua è prosciugato ormai da tempo, ma “tradizionalmente” è ancora ricordato tra i bassaioli come l’ultimo lembo dell’ormai scomparso lago Gerundo. Il laghetto di Meleti era anche conosciuto come “Lago Boyton” o “Boytoniano”. Tale denominazione alquanto bizzarra era motivata dal fatto che, nel corso del 1876, lo statunitense Paul Boyton fece esperimenti in quelle acque con sommergibili da lui progettati e successivamente utilizzati per traversate oceaniche e navigazioni lungo i principali fiumi europei. A titolo d’esempio si veda Cairo - Giarelli, Codogno e il suo territorio nella cronaca e nella storia, Vol I, pag. 19, Codogno, 1898.
3: Per maggiori informazioni riguardo al lago Gerundo, la sua storia ed il suo territorio, si consiglia: Giovanni Abati (a cura di), Le terre del lago Gerundo, Treviglio, 1996.
4: L’etimologia del termine Gerundo è generalmente fatta risalire alla volgarizzazione del termine latino “glarea”, ossia ghiaia. Per ulteriori argomentazioni in merito si veda Giovanni Abati (a cura di), Le terre…cit.
5: Per quanto riguarda Castiglione d’Adda, l’altura sul quale sorge il paese è chiaramente visibile provenendo da Crema e lo stesso dicasi per Maleo, provenendo da Pizzighettone. Più in generale, anche se forse non sempre con facilità, è possibile rendersi di come tutti i paesi più orientali del lodigiano siano posti in zone rialzate di territorio, un tempo costituenti la riva occidentale del lago Gerundo.
6: Cfr. Gio$vanni Abati (a cura di), Le terre…, cit.
7: Cairo - Giarelli, Codogno e il suo territorio…, Vol I, pag. 20, cit.
8: Fulvio Rossetti, La costola del drago, in La Gazzetta della Martesana, 3 luglio 2004.
9: Cfr. Giovanni Abati (a cura di), Le terre…, cit.
10: L’isola più nota era l’isola Fulcheria, sulla quale sorse la città di Crema.
11: Cfr. Giovanni Abati (a cura di), Le terre… cit.
12: A Truccazzano, solo per citare un esempio, sono ancora visibili i resti degli antichi attracchi, precisamente nei resti di un edificio noto come “Torretone”.
13: Cfr., ad esempio, Giovanni Abati (a cura di), Le terre…, cit. Si veda anche Cairo - Giarelli, Codogno e il suo territorio…, Vol I, pag. 20, cit.
14: È bene precisare che ben difficilmente, nonostante la credenza popolare sia di tutt’altro avviso (si pensi a quanto accennato precedentemente in merito al lago di Meleti), piccoli laghi originati dal Gerundo sarebbero potuti sopravvivere fino alla fine del XX secolo, soprattutto in considerazione delle diffuse e capillari opere di bonifica succedutesi nel corso dei secoli.
15: Cfr., tra gli altri, Cairo - Giarelli, Codogno e il suo territorio…, Vol I, cit.; L. Samarati, I Vescovi di Lodi, Milano, 1956; E. Lodi, Breve storia delle cose memorabili di Treviglio, Milano, 1647.
16: “La leggenda popolare immaginò sul finire del XIII secolo il grande drago Tarando disceso, come il veltro dantesco, non per l’onda del Po, ma per quella dell’Adda che lo immetteva nel lago, dove stette appestante coll’alito le genti”. Cairo - Giarelli, Codogno e il suo territorio…, Vol I, pag. 21, cit.
17: Il drago è noto anche con il nome di Tarantasio, Tarantascio, Taranto o Tartàro. Tarando, sebbene non se ne conosca l’origine etimologica (per alcuni il nome avrebbe attinenza con il termine “tarantola”), è tuttavia la denominazione, da un punto di vista quantitativo, maggiormente utilizzata nei racconti e nelle leggende.
18: Altri aneddoti ancora raccontati in merito al Gerundo ed il suo mostro: nelle terre più meridionali lambite dal lago si racconta che ai bambini non fosse permesso giocare sulle spiagge ed in prossimità delle acque perché Tarando li avrebbe mangiati; a Crema si racconta che nelle giornate di tempesta il drago riparasse sull’isola Fulcheria mietendo vittime per saziare il suo appetito; nei paesi basso-lodigiani appollaiati sulle alture a ridosso dell’antico fondale si narra che Tarando, nelle giornate di nebbia e nelle notti senza luna, terrorizzasse il riposo dei neonati con versi spaventosi.
19: Le diverse versioni della leggenda di seguito riportate, sono patrimonio in grande misura orale. Non esistono fonti assolutamente certe o documenti risolutivi, sui quali basarsi per affermare la maggiore veridicità di una narrazione piuttosto che di un’altra. Inoltre, gran parte delle fonti sono spesso apocrifi e costruzioni ad hoc, fondate sulla parola e la memoria locale, quando non pura invenzione.
20: Nel medioevo il culto di San Cristoforo era largamente diffuso. In quanto “Santo ausiliatore” era particolarmente invocato in occasione di gravi calamità naturali o per richiedere la protezione dalle disgrazie, tanto che il suo patrocinio era particolarmente ricercato durante le pestilenze. Il nome Cristoforo, in greco, significa “portatore di Cristo”: la leggenda parla di un uomo in riva ad un grande corso d’acqua della Licia che aiutava l’attraversamento dei viandanti. Una notte gli si presentò un fanciullo per farsi portare al di là del fiume. Reprobus (questo il nome del santo, in origine) anche se forte e robusto si piegò sotto il peso di quell'esile creatura. Al meravigliato traghettatore il bambino rivelò di essere il Cristo, profetizzandogli nel contempo il futuro martirio.
21: Cfr., a titolo d’esempio, L. Samarati, I Vescovi…, cit.
22: Da non confondersi con il più celebre Camillo Cadamosto, nobile lodigiano protagonista di ben altra, e nota, leggenda. La storia di Egimaldo, ancora raccontata nel lodigiano, è spesso confusa e varia molto a seconda di chi sia a narrare la sua caccia al drago. Per alcuni avrebbe tentato di uccidere Tarando come prova d’amore per conquistare il cuore della bella Sterlanda, forse riuscendoci forse desistendo di fronte a un tale nemico e, conseguentemente, ricorrendo all’aiuto di San Cristoforo per aver ragione del mostro, per altri sarebbe stato una sorta di un nobile e valoroso cavaliere, versione lodigiana di San Giorgio.
23: Lo stemma visconteo rappresenta un drago serpentiforme (Tarando?) con in bocca un bambino.
24: Cfr. M. Carminati, Il circondario di Treviglio e i suoi comuni, Treviglio, 1892.
25: Cfr. E. Lodi, Breve storia delle…, cit.
26: Il paese si trova ora, per la maggior parte della sua estensione, lungo la sponda orientale dell’Adda, ma, prima della scomparsa lago Gerundo era località geograficamente appartenente al Basso Lodigiano.
27: “Ancora attorno al Mille, il suo scheletro enorme era appeso sotto la volta della chiesa di San Cristoforo a Lodi, e qualcuno di quelli che ce ne hanno tramandato la memoria , lo vide con i suoi occhi”. T. Santagiuliana, Geradadda, Treviglio , 1973, in Giovanni Abati (a cura di), Le terre… pag. 17, cit. “Le ossa del drago”, come volgarmente sono chiamate, conservate ad Almenno, Pizzighettone e Paladina sono tutt’ora visibili, collocate in luoghi accessibili per il pubblico.
28: Esiste un’interessante interpretazione volta a dare ragione dell’esistenza di un antico drago nello scomparso lago Gerundo. Una tradizione ancora viva testimonia che nel medioevo alcuni coccodrilli furono importanti in territorio padano e alcuni di questi si adattarono poi a vivere nel fiume Serio. Probabilmente la popolazione “vide” in queste creature il mitico drago Tarando. Nella Parrocchiale di Ponte Nossa, in provincia di Bergamo, è ancora custodito un coccodrillo impagliato “pescato” dal fiume nel 1594. Un’altra teoria sostiene che il drago del Gerundo non fosse altro che una sorta di allucinazione causata dalla presenza di storioni, pesci un di grandi dimensioni e dalla forma serpentiforme. A tal proposito cfr. Maurizio Mosca, Mostri lacustri, Milano, Mursia, 2002.

FONTE
 
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jasmine23
view post Posted on 16/12/2007, 21:09




QUI potete trovare un articolo dal titolo: I draghi tra mito e realtà
 
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jasmine23
view post Posted on 16/12/2007, 22:59




DRAGHI
Invenzione o realtà storica? Sono esistiti veramente i draghi? Forse sì...

"NELL'ANTICHITA' I DRAGHI NON ERANO SIMBOLI MALVAGI, MA PRESENZE BENEVOLE. SI RACCONTA CHE ALL'INIZIO DEI TEMPI DUE DRAGHI SI SCONTRARONO FINO A SCOMPARIRE NEL NULLA LASCIANDO UNA FERTILE SCHIUMA SULLA TERRA; DA QUESTA NACQUE LA STIRPE HSIA E YING ED IL MONDO DELLA CINA".
PEARL S. BUCK



Mushushu, il drago protettore di Babilonia I draghi nascono come animali mitici e benevoli per poi diventare personificazione del Maligno con l'avvento del monoteismo cristiano. Infatti, nell'antica Babilonia, era un drago l'animale protettore della città, e veniva chiamato Mushushu. Anche se, più che un drago, era un ibrido, un incrocio tra diversi animali, e quindi, tra i diversi attributi benigni di questi esseri. Col cristianesimo avviene la demonizzazione dei draghi (ricordiamo il serpente che tentò Eva...). La leggenda di San Giorgio e il drago va letta sotto quest'ottica: il santo uccide il drago e con lui tutti i rimasugli del paganesimo. L'Europa è piena di storie di draghi. L'antica Bretagna celtica era perseguitata da un drago spaventoso, che faceva sentire il suo suono nella notte di Beltame, l'eroe Lludd lo affrontò ed uccise. Thor invece, nella mitologia nordica, sconfisse il terribile drago Jormumgadr.
Gennaio 2004, sui giornali gira una strana notizia:
"Una famiglia londinese da oltre un secolo conserva quello che sembrerebbe essere il cucciolo di un drago. Si tratta di un animaletto alto una trentina di centimetri, con artigli, ali e cordone ombelicale conservato in un vasetto con formaldeide. La creatura è stata ritrovata sotto un cumulo di roba vecchia da un certo David Hart, nipote di Frederick Hart, un tempo facchino del Museo di Storia Naturale di Londra. Hart ha raccontato che quel barattolo era stato inviato al prestigioso istituto della capitale da un gruppo di scienziati tedeschi attorno al 1890, quando era fortissima la rivalità tra i due Paesi. Tuttavia, il museo di Londra pensò che si trattasse di uno stratagemma per mettere in berlina il Regno Unito di fronte alla comunità scientifica mondiale e stabilì che quel piccolo di drago non era altro che un pupazzetto. Così, il barattolo con la formaldeide ed il suo contenuto venne dato ad Hart e con il passare degli anni finì in uno scatolone nella collezione di cimeli di famiglia. David Hart, un magazziniere 58enne che vive in un quartiere Sud di Londra, ha raccontato di aver trovato il barattolo per caso, nel suo garage, dove lo aveva lasciato il padre (ora defunto) circa 20 anni fa, quando questi si trasferì fuori Londra.
Ma c’è anche il forte sospetto che si tratti di uno scherzo. Per questo lo strano essere verrà ora analizzato e sottoposto a una biopsia per appurare se si tratti di materiale organico oppure di cera o gomma." (25 gennaio 2004 - Corriere.it)

Fino al comparire di questa notizia, si era creduto che i draghi fossero solo una fantasia, un'invenzione letteraria. Ma ora, per la prima volta, ci troviamo di fronte alla foto di un presunto vero drago. Allora ci viene il dubbio: e se fossero esistiti davvero? Magari ancora fino all'età moderna in qualche zona dell'Europa poco conosciuta?

Sfortunatamente, in verità, il drago in questione è falso. Realizzato da uno scrittore in erba per promuovere il suo libro fantasy! Comunque, complimenti per gli "effetti speciali"! Ci è cascato tutto il mondo. Ciò non toglie che, in passato, i draghi possano realmente essere esistiti.

Anche nella Milano del Basso Medioevo si parla di un drago. Leggiamo la cronaca dell'epoca:

“In questi tempi poco dopo la morte di Teodosio, & del nostro Padre Santo Ambrogio, nella parte della Città, dove è la Chiesa hora di San Dionigi, nacque un pestifero morbo, onde ne morirono quivi assai centenaia di persone; ne sapendosi d’onde fosse cagionato questo accidente, in quella parte sola della Città, essendo in tutte l’altre parte sanissima; fu scoperto un gran Dragone, che usciva à certe hore dalle cave, & col pestifero, & mortifero fiato suo ammorbava l’aria; alqual non trovandosi remedio speditivo, come in tal instante caso faceva bisogno, Uberto uno de’ primi nobili della Città di casa d’Angiera, allhora Luogotenente del detto Conte d’Italia, mosso dal suo naturale valore, & dalla Pietà della patria, si espose al pericolo della vita per liberare la patria. Andò adunque il coragioso Uberto contro il mortifero Drago armato non tanto di ferro, quanto di fortezza d’animo, di destrezza, & d’ingegno, et al fine felicemente l’ucise, et liberò la sua patria con gloria eterna di lui. Da questo Uberto ha havuto origine casa Visconte..."
Tratto da Morigia, Paolo, Historia dell’antichità di Milano, Venezia 1592 [Rist. Bologna, Forni 1967] p. 12


“Questi [S. Dionigi] è poi quel sito, in cui fu occiso da Uberto Visconte il Drago, che co’ suoi fiati apportava a’ Cittadini malefici danni, mentre distoltosi da profonda tana givasene per questi vicini contorni, à procacciarsi il vitto, havendo voi à sapere, che in quelle antiche età rendevasi tal sito disabitato, e selvaggio, innalzandosi assai discoste le Cittadine Mura, quindi havevano famigliari i Covaccioli le Fiere. Generoso era cotesto Uberto Cavaliere di nascita, Signore d’Angera popolata abitazione, anzicome vogliono alcuni istorici Città ne’ Confini del Verbano Lago, prendendo il nome da Anglo del Ceppo d’Enea Troiano, che negl’anni quattro cento seguita la Nascita del Messia assisteva a’ pubblici maneggi in Milano con il Titolo di Viceconte ... quindi postosi Uberto in pretensione, di farsi mirare vittorioso, entrò in arringo, e vinse il mostro, dal cui felice successo ne trasse di valoroso memoria eterna ne’ posteri.”
Tratto da Torre, Carlo, Il ritratto di Milano, Milano 1714 (1674) [Rist. Bologna, Forni 1973] p. 258-59


C'era davvero un drago nella (un tempo) folta vegetazione degli odierni giardini orientali di Porta Venezia? Un drago che col suo "mortifero fiato" inquinava le acque della zona ma, a quanto pare, non aggrediva i viandanti. Fu Uberto Visconti, secondo la cronaca, ad uccidere il drago milanese. La storia non racconta come avvenne quest'epico scontro, o dove sia finito il corpo di questo drago, anche se lo stesso Torre, parlando del Mausoleo Trivulzio a Porta Romana, ci dà probabilmente qualche traccia della sua sepoltura, riportando la notizia di un ritrovamento avvenuto più di un secolo prima:

“Trassi da una istoria manuscritta datami dal Prencipe Cardinale Teodoro Trivulzi, adoprandomi in construere l’Arbore di sua antica Famiglia, che numera più di ottocent’anni di nascita, come nell’iscavare i fondamenti di questo Mausoleo, fu trovato il carcame d’un’orribile, e mostruoso Drago; ciò non vi rasembri fuor di credito, poiché questo sito dianzi d’essere ecclesiastico, aitava a formare quel vasto Serraglio chiamato Ergasto, dove solevansi racchiudere ferocissime belve, con le quali veggevansi ogni giorno accozzar ardite persone armigere...”
Tratto da Torre, cit., p. 26.


Si sarà davvero trattato di un drago?

Il drago è noto anche in Estremo Oriente. Anche qui, troviamo numerose leggende che parlano di draghi. Ma in quelle terre, ancor oggi, il drago è visto più come un simbolo di saggezza, di forza e di fortuna. Per gli antichi cinesi, i draghi, insieme all'unicorno e la tartaruga, sono animali benevoli e spirituali. Il drago era, tra l'altro, il simbolo dell'Imperatore. C'erano draghi azzurri, che rappresentavano la primavera, draghi rossi e neri, i temporali, draghi rossi, il sole; la differenza fondamentale era però quella tra draghi della terra e draghi del cielo.

FONTE



I Draghi nelle diverse mitologie

Babilonia
I Babilonesi scrissero che prima che la luce fosse separata dall’oscurità e che il tempo avesse inizio, il dio Marduk scovò e distrusse Tiamat, drago nemico dell’ordine e suo progenitore. Spezzò il corpo a metà: con una modellò il firmamento, dall’altra la terra. Nei cieli, costruì una grande dimora per gli dei e installò le stelle e la luna come guardiane del tempo. Con il sangue di uno dei figli di Tiamat, creò gli esseri umani affinché servissero gli dei.

Egitto
In Egitto la presenza del drago era messa in relazione con ogni cambiamento; persino l’alternarsi del giorno e della notte, descritti come il viaggio di Ra, il dio del Sole, venivano attribuiti a lui. Sovrano dei cieli, Ra saliva a bordo della sua nave ad ogni alba e attraversava i cieli da est a ovest aiutato dal suo equipaggio composto da dei e anime dei defunti. Per cavalcare i cieli, il dio del sole doveva combattere e sconfiggere il drago. Ogni sera quando Ra si posava dietro all’orizzonte occidentale si dirigeva a bordo della sua nave nelle viscere della terra e oltrepassava il regno dei morti, dove la potenza di Apopi non conosceva pari. Questo cercava ogni notte di distruggere Ra e ogni notte quest’ultimo veniva salvato da un esercito celestiale condotto da Seth, dio delle tempeste dal volto di iena. Ad ogni spuntare dell’alba, Apopi veniva sconfitto, intrappolato dagli spiriti del cielo che si rischiarava, decapitato da Seth e fatto a pezzi. Ogni giorno il corpo del drago veniva ricostituito e il ciclo del conflitto si ripeteva.

Grecia
All’inizio dei tempi Tifone, ultimo dei titani, le prime divinità onnipotenti della Grecia, uscì dal suo nascondiglio in Asia Minore diretto verso il monte Olimpo per distruggere gli dei. Il suo aspetto era terrificante: era così alto da torreggiare al di sopra delle montagne, aveva cento teste di drago, ognuna con occhi ardenti e una bocca gigantesca che sputava fuoco e vomitava sassi. Vero figlio del caos, ovunque passava, distruggeva tutto con la furia della tempesta (il termine “tifone” deriva proprio dal suo nome). Solo Zeus tra tutti gli dei non fuggì di fronte a Tifone. La battaglia divampò dalla Grecia alla Siria, dove i grandi solchi scavati nella lotta divennero dei fiumi. Zeus trascinò il mostro fino al mar Ionio, dove cadde, le teste si contorcevano e vomitavano, mentre il giovane dio strappava un’isola dal mare e la gettava sul mostro. Così nasceva la Sicilia e la montagna che sorse sul corpo di Tifone divenne l’Etna.

Agli antipodi del mondo sorgeva un’isoletta chiamata “il giardino dell’Oceano”, sulla quale cresceva un albero dalle mele d’oro. Poiché un morso di quel frutto avrebbe consentito ad un essere mortale di acquisire il sapere degli immortali, gli dei avevano inviato Ladon, il drago che non dormiva mai, a guardia dell’albero. Un re mortale mandò Ercole in cerca delle mele. Questo convinse il dio Atlante, sulle cui spalle poggiava il cielo, a raggiungere il giardino incantato e raccogliere il frutto magico. Mentre il dio era impegnato nella missione, Ercole prese il suo posto e sostenne il cielo fino a quando Atlante non tornò con le mele.

Giasone, il giovane figlio del re di Tessaglia, partì alla ricerca del vello di un ariete d’oro, una reliquia magica in grado di volare, pensare e parlare, sacrificato anni prima nel regno della Colchide, sul Mar Nero. Questo era custodito da un drago che non dormiva mai. Giasone salpò a bordo della nave Argo, in compagnia di numerosi eroi greci, fra i quali Ercole, Teseo e Orfeo. Giunti a destinazione, Eete, re di Colchide, decise che si sarebbe separato dal prezioso tesoro solo se Giasone fosse riuscito a seminare nella terra i denti del drago; il re sapeva bene che quei denti sarebbero riemersi nel terreno sotto forma di soldati, che si sarebbero avventati sul giovane. I piani del re furono tuttavia sventati dalla figlia Medea, una maga dai grandi poteri innamoratasi di Giasone che le promise di sposarla se lo avesse aiutato; così, quando il giovane seminò i denti nel terreno, questi riemersero come previsto ma il giovane lanciò in mezzo a loro un sasso magico datogli da Medea e si scontrarono tra loro. Dopo aver eliminato quel primo ostacolo, Giasone raggiunto il drago armato di una pozione magica che induceva il sonno. Appena la bestia cadde addormentata, l’eroe prese il vello e salpò immediatamente per la Tessaglia, portando con sé Medea.

Norvegia
Secondo un’antica credenza norvegese, un albero immenso chiamato Yggdrasil si estendeva dalla volta celeste fino alle profondità degli inferi. Nidhoggr, un drago feroce, mordeva continuamente le radici dell’albero nel tentativo di distruggere l’ordine della creazione, che tuttavia possedeva un battaglione di difensori. Tre esseri simili a divinità, chiamati Norms, sedevano accanto al drago tessendo il filo del destino dei mortali. Due cervi brucavano le foglie dell’albero e bagnavano la terra con la rugiada che si posava sui loro palchi. Una capra rosicchiava la corteccia dell’albero e forniva l’idromele per gli eroi mortali che avrebbero liberato il mondo dai draghi. Fra gli uccelli appollaiati sui rami, l’aquila era la più grande e pericolosa nemica dei terribili mostri.

Cina
In un’epoca antica, senza inizio e senza fine. Tian Ti, l’imperatore dei cieli, osservò la crescente malvagità della razza umana e come punizione, provocò una grande inondazione: I campi di riso vennero allagati da una pioggia incessante, i tetti delle case crollarono e i fiumi uscirono dagli argini; in breve tempo la terra venne completamente sommersa dall’acqua e le speranze di sopravvivenza della razza umana sembravano minime. Yù, un giovane dio, ebbe pietà degli uomini e pregò Tian Ti affinché gli permettesse di intervenire per salvarli: L’imperatore rendendosi conto che gli uomini avevano sofferto a sufficienza, acconsentì, agitò una mano e subito apparve una gigantesca tartaruga nera che si incamminò portando sul dorso della terra magica necessaria per assorbire l’acqua e creare nuovo terreno fertile. Dopo di che, il sovrano convocò un drago alato dalle squame verdi che si unì al giovane dio nella ricostruzione del pianeta. Yù, la tartaruga e il drago discesero dal cielo sul globo terrestre, dove lavoravano alacremente: distribuirono il terreno magico e crearono pianure e montagne. Sotto il comando di Yù il drago volò con la punta della coda piantata nella terra, creando nuovi corsi d’acqua che avrebbero reso le pianure verdi e lussureggianti.

FONTE




IL PRIMO DRAGO DELLA CINA

Nel dicembre 1987, nella provincia dello Henan, luogo di origine della civiltà cinese, fu scoperto un drago di conchiglie.
Considerato come il «primo drago della Cina», esso è importante per lo studio della storia culturale del paese. Lo si può vedere esposto a 60 km da Zhengzhou, capitale della provincia.

L’esposizione è nel tempio dedicato al Re dei draghi costruito nel 1723 sulla riva nord del Huanghe contemporaneamente alla diga del fiume. Il tempio comprende più di 200 arcate perfettamente conservate e una stele in rame scolpita dell’altezza di 4,3 metri. Un’iscrizione cinese dovuta a un imperatore Qing è considerata come la più grande del paese.

Il primo drago della Cina fu scoperto in una tomba risalente all’epoca della cultura di Yangshao, al momento dei lavori d’irrigazione vicino al Huanghe (Fiume Giallo). Situato in una fossa a 5 metri profondità, il drago è fatto di conchiglie di forme e di colori diversi: i denti e gli artigli aguzzi sono bianchi e bruni, gli occhi rotondi neri e bianchi, la lingua è rosso scuro. Con una lunghezza di quasi 1,80 m, esso rassomiglia ai draghi delle leggende: una testa di cavallo, delle corna di cervo, un corpo di serpente coperto di scaglie, degli artigli d’aquila, una coda di pesce, la testa retta; il suo corpo ondulato sembra pronto a camminare e a volare.

Proviene dalla tomba di un adulto. A fianco al cadavere, c’è una tigre composta con delle conchiglie. Nell’antica Cina, il drago e la tigre rappresentavano il potere. La scoperta del drago e della tigre dimostra che a quell’epoca, gli uomini dominavano nella vita sociale.

Il primo drago della Cina è stato scoperto a Leize, terreno un tempo paludoso in cui la leggenda fa nascere il Dio della folgore. Un libro antico racconta che una ragazza, Huaxu, camminò per caso su un’impronta del piede del Dio della folgore, mentre si stava recando a Leize. Ne rimase incinta e diede alla luce un bambino che si chiamò Fuxi (è l’Adamo cinese), con testa d’uomo e corpo di drago. Fuxi fu considerato come l’antenato della nazione cinese. Ed è per questo motivo che si dice che il popolo cinese discende dal drago.

È meglio intraprendere il viaggio verso il paese natale del drago il secondo giorno della seconda luna (in marzo). Quel giorno si festeggia il levar del drago, che simboleggia il rinnovamento apportato dalle pioggie di primavera. Vedendo le campagne del Henan in quel giorno, si possono osservare usi e costumi locali interessanti. Si preparano per l’occasione dei ravioli e dei dolci; ci si fa acconciare i capelli, ci si lavano i piedi. Tutto ciò simboleggia la pulizia della testa e delle corna del drago. Si fanno saltare dei grani di mais e di fagioli all’alba o al tramonto (quando se ne mangia, non si sente la puntura di uno scorpione!). Un’altra usanza è quella di gettare un sasso in un pozzo dove si deve prendere l’acqua, per attirare l’attenzione del Re dei draghi evitando, così, che venga ferito dal secchio. Si chiede perdono al Re dei draghi, mettendo un vaso da notte in testa (le donne pigre, golose o che non rispettano i loro suoceri devono sottomettersi a questa usanza se non vogliono essere colpite dai fulmini) Infine si preparano dei buoni piatti per accogliere la propria figlia e suo marito, augurando loro tutta la felicità possibile

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jasmine23
view post Posted on 13/1/2008, 19:28




Storia e concezione dei Draghi

L'origine dei draghi, così come tutte le storie a loro collegate, si perde nei meandri della storia dell'Uomo: infatti compaiono nelle leggende di popoli del passato, sia europei che orientali, ma la loro concezione è notevolmente differente. Infatti, mentre nelle zone occidentali i draghi erano considerati l'incarnazione del male, portatori di distruzione e morte, in Oriente erano visti come potenti creature benefiche. Ciò che li accomuna sono solamente le caratteristiche fisiche primarie: tranne alcuni casi, dove assumono delle forme tanto bizzarre quanto spaventose, i draghi sono sempre stati descritti come delle creature simili a enormi serpenti, con piccoli arti anteriori e posteriori, dotati di fauci enormi e artigli taglienti. Normalmente venivano descritti con il corpo pieno di squame protettive e capaci nella maggior parte dei casi di sputare fuoco e di volare grazie a grandi e potenti ali. Nelle leggende, i draghi sono visti come creature prodigiose: infatti si riteneva che i denti, così come il loro sangue, potessero avere elevate proprietà curative. Il loro sviluppo poteva durare molti secoli prima di raggiungere la piena maturità. Infatti, si narrava che un uovo di drago impiegasse non meno di un secolo per schiudersi; inoltre solamente dopo altri 500 anni il loro corpo iniziava a subire le prime mutazioni, che da esseri simili a grandi serpenti li portava ad assumere un aspetto più particolare, con la nascita delle zampe che solo dopo altre centinaia di anni potranno raggiungere la loro grandezza definitiva, e degli artigli. Solamente dopo altri 500 anni, infine, il drago raggiungerà il suo massimo sviluppo con la crescita sulla testa di lunghe corna ramificate. Naturalmente, grazie alla loro grande longevità, queste creature, che è estremamente riduttivo chiamare semplicemente "animali", acquisivano una conoscenza e una saggezza senza pari. Concezione occidentale dei Draghi.

Come detto in precedenza, la figura del drago nelle zone occidentali era sinonimo di carestia, distruzione e morte.

In Europa i draghi erano simbolo di lotta, di violenza e di guerra: infatti la loro immagine veniva spesso utilizzata come araldo in battaglia; sono innumerevoli le storie e le leggende legate ai draghi, la maggior parte delle quali risalenti al medioevo. Moltissime sono le fonti storiche ed i manoscritti che testimoniano la presenza de "la bestia per eccellenza" nel vecchio continente, nei BESTIARI ad esempio, ci sono descrizioni dettagliate sull'aspetto e sulle abitudini dei draghi, i quali erano soliti usare come tana, grotte in cima a montagne o in territori molto impervi da dove uscivano molto raramente; è anche noto che al solo ruggito del drago, tutti gli animali, compresi i leoni, correvano terrorizzati nelle loro tane. Secondo la tradizione occidentale, l'estinzione dei draghi, risale proprio al medioevo dove, cavalieri erranti, avventurieri in cerca di gloria e cacciatori di draghi dedicavano la loro vita alla lotta contro queste bestie, decretandone lo sterminio. E' molto celebre la storia di San Giorgio (immagine qui sotto) l'uccisore di draghi. Il più famoso Santo uccisore dei draghi è, naturalmente, Giorgio, Santo-soldato protettore dell'Inghilterra. Della sua storia si conosce ben poco: visse, nella zona di Diospolis, in Palestina; fu decapitato a Nicomedia per ordine di Daziano Preside, nell'ambito delle persecuzioni di Diocleziano, intorno all'anno 287. Nel XII secolo, importata dai Crociati, cominciò a circolare la leggenda secondo la quale San Giorgio, giunto a Silene (Libia) dalla Cappadocia, aveva ucciso un drago in procinto di divorare una principessa legata ad uno scoglio. Giorgio diventò l'uccisore di draghi per eccellenza, e fu adottato come patrono dell'Inghilterra da Edoardo III intorno al 1348. Il "Liber Notitiae Sanctorum Mediolanii" racconta che San Giorgio ha vissuto in Brianza, dalle parti di Asso. Un drago imperversava da Erba fino in Valassina, ammorbando l'aria con il suo fiato pestifero e facendo strage di armenti. Quando ebbe divorato tutte le pecore di Crevenna, la gente del paese cominciò a offrirgli come cibo i giovani del villaggio, i quali venivano estratti a sorte; il destino volle che tra le vittime designate vi fosse anche la principessa Cleodolinda di Morchiuso, fu lasciata legata presso una pianta di sambuco. San Giorgio giunse in suo soccorso dalla Valbrona, e, per ammansire la belva, le gettò tra le fauci alcuni dolcetti ricoperti con i petali dei fiori del sambuco. Il drago, docile come un cagnolino, seguì tranquillamente Giorgio fino al villaggio; qui, di fronte al castello, il Santo lo decapitò con un solo colpo di spada, e la testa del mostro rotolò fino al Lago di Pusiano. In ricordo dell'avvenimento, ancora oggi il 24 Aprile, giorno di San Giorgio, in Brianza si preparano i "Pan meitt de San Giorg", dolci di farina gialla e bianca, latte, burro e fiori essiccati di sambuco. I Pan meitt si gustano tradizionalmente con la panna: per questo l'eroico San Giorgio, patrono dell'Inghilterra, dei militari, dei boy-scout e di Ferrara, è anche il protettore dei lattai lombardi, che un tempo tenevano in negozio un altarino a lui dedicato.

C'è anche un'altra leggenda che ci teniamo a citare, racconta l'impresa di Sant'Efflem. Si narra che un principe avesse individuato la tana di un Drago che terrorizzava i suoi sudditi e in qualità di sovrano aveva il dovere morale di difenderli uccidendo o scacciando la bestia. Nella sua impresa chiese l'aiuto a Efflem, il parroco della sua città che a quel tempo ancora non era Santo, e i due si diressero insieme verso la tana del Drago per porre fine alle sue malefatte. Arrivati davanti la tana però il Principe si fece prendere da un profondo terrore, sentiva il respiro del Drago che da solo bastava a far tremare di paura qualsiasi uomo. A questo punto intervenne il Chierico che disse al Principe di non aver paura, perchè chi era sotto la benedizione di Dio non doveva temere nulla. Il Principe però era immobilizzato, allora Efflem dopo essersi fatto il segno della Croce entrò nella tana del Drago che quando lo vide non solo non riuscì ad attaccarlo, ma si precipitò fuori dalla tana, scappando lontano, fino ad arrivare sulle rive dell'oceano dove si racconta che vomitò sangue. Questo mostra come il male (nel caso specifico il Drago) ha paura più dello scudo interiore di fede che non delle spade e delle armature!

I Romani dipingevano sui loro stendardi i Dracones, i vichinghi chiamavano le loro imbarcazioni Drakkar, tutti nomi che indicavano la figura del drago. Si arriverà poi al periodo successivo dove molti Dei e eroi inizieranno a cacciare i draghi, uccidendone la maggior parte e causandone l'estinzione. In Mesopotamia è famosa la storia di due entità considerate principi dell'universo: Apsu, lo spirito dell'acqua e del vuoto, e Tiamat, un drago femmina il cui corpo derivava dall'unione dei sette diversi animali: aveva, secondo la leggenda, denti del leone, ali da pipistrello, fauci da coccodrillo, zampe di lucertola, artigli dell'aquila, corpo di serpente e corna di toro. Sempre secondo la leggenda, dall'unione di Apsu e Tiamat nacquero gli Dei, ma nel momento in cui uno di questi uccise Apsu, Tiamat generò una stirpe di mostri. Allora Gli dei scelsero un eroe, Marduk, che ingaggiò una grandissima battaglia con Tiamat e lo uccise, ma dal suo corpo martoriato vennero creati tutti gli esseri umani. Riscontriamo la presenza di leggende sui draghi anche in Egitto, dove Ra, il Dio del Sole, affrontava ogni giorno negli inferi insieme a Seth il drago Apopi, che era a capo dell'esercito del Caos. Alla fine Seth e Ra riuscivano sempre a sconfiggere ed uccidere Apopi, distruggendone il corpo che però il giorno dopo si rigenerava e riprendeva la battaglia. Anche in Grecia troviamo la storia di Tifone, un drago dalle 100 teste sputa-fuoco. Questo venne affrontato addirittura da Zeus, il Padre degli Dei, che lo sconfisse, lo scaraventò in fondo al Mar Ionio e lo sotterrò con un'isola: quell'isola era la Sicilia e nel punto in cui giaceva il corpo di Tifone sorse il vulcano Etna…

A differenza dei loro "cugini" occidentali, i draghi d'Oriente erano creature esistenti fin dalla creazione del mondo, ma pacifiche e amiche dell'uomo: in Cina, per esempio, il Drago, insieme con la Tartaruga, l'Unicorno e la Fenice, rappresentava uno dei 4 spiriti benevoli!! Inoltre, a sottolineare lo stretto rapporto esistente tra questi e il genere umano, vi sono molte leggende che narrano di grande e valorosi uomini divenuti dragoni I draghi si dividevano in diverse categorie:

· Draghi celesti: di colore simile ad un verde molto chiaro, erano a guardia del cielo ed erano gli unici ad avere 5 artigli per zampa;

· Draghi spirituali: di colore azzurro, erano i più venerati in quanto guardiani del vento, delle nuvole e dell'acqua, e quindi da loro dipendeva il raccolto dei contadini;

· Draghi terrestri: di colore verde smeraldo, erano i guardiani dei corsi d'acqua, regolandone il flusso e vivendo nelle profondità dei fiumi;

· Draghi sotterranei: di colore dorato, erano i custodi di grandi ed immensi tesori e dispensatori di felicità eterna;

· Draghi rossi e Draghi neri: creature violente e bellicose, che si scontravano continuamente nell'aria causando con la loro energia violente tempeste.

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5 replies since 25/11/2007, 21:33   4141 views
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