L'Uomo verde, o Uomo selvatico

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jasmine23
view post Posted on 25/11/2007, 21:26




L'UOMO VERDE (the Green Man)

Un'enigmatica figura può essere trovata in migliaia di immagini scolpite nella pietra delle chiese medievali d'Europa. Di solito appare come una semplice faccia maschile, dalla quale germoglia fogliame, che diventa essa stessa fogliame, o che dal fogliame spunta. È stato suggerito che questa immagine, oggi conosciuta come l'Uomo Verde, fosse un segno speciale per i muratori-scalpellini, ma probabilmente ce ne sono altrettante in legno che in pietra. L'immagine comunque si trova quasi soltanto nelle costruzioni, ed è molto rara nelle pitture, nei manoscritti e nelle vetrate. Per di più, e qui sta il mistero, non si conosce alcuno scritto medioevale che spieghi il perché dell'Uomo Verde.

L'espressione "Uomo Verde" oggi abbraccia molto di più della figura scolpita del Medio Evo. Circa sessanta anni fa si cominciarono a collegare i risultati di diverse ricerche storiche settoriali, e più recentemente queste connessioni sono state ulteriormente sviluppate: numerose separate tradizioni che legano l'umanità alla natura sono oggi viste come manifestazioni differenti di un fondamentalissimo disegno di base profondamente riposto all'interno della mente umana. Un tale disegno universale, condiviso da tutti, espresso attraverso variabili forme simboliche, è definito dagli psicologi un archetipo. In questo caso l'Uomo Verde rappresenta l'archetipo che incanala e rinforza un'attitudine mentale di simpatia per, e con, la natura.
La moderna concezione dell'Uomo Verde lo associa a parecchi riferimenti diversi: un gruppo di antichi miti arborei; l'idea dell'Albero della Vita; usanze popolari relative alle foglie rintracciabili in tutta l'Europa; racconti popolari come quelli di Robin Hood, Galvano, il Cavaliere Verde e altri; l'idea dell'Omo Salvatico; e l'antica denominazione tipicamente inglese, "The Green Man", che ha dato al simbolo il suo nome attuale. Questi riferimenti non sono direttamente collegati da circostanze storiche, ma da associazioni archetipiche interne all'umanaconsapevolezza. L'Uomo Verde archetipo appare periodicamente in manifestazioni della coscienza popolare, come risposta alle circostanze dei tempi. Il suo emergere attuale sembra derivare da un'ampia, istintiva, generalizzata consapevolezza della crisi ecologica generata dal nostro stile di vita sempre più in disequilibrio.
Costumi popolari
L'antica mitologia ci narra, in molte forme, della Dea Madre che partorisce un figlio senza padre; un figlio che è posto sulla terra per aiutare l'umanità nei suoi bisogni. Ma mentre questo figlio è di origine divina, non è immortale egli stesso e deve perciò morire.
In alcuni miti Egli è associato all'albero, e questa associazione giunge ai tempi della civiltà Egizia e di quella Classica. La sua morte e rinascita erano associate alla rigenerazione primaverile, il miracolo essenziale di ogni comunità. Inoltre, la base mitologica di fondo dipinge il divino originatore di questo figlio come di sesso femminile: la Madre di tutto. Nella tessitura mitologica della tradizione all'origine dell'identificazione dei ruoli maschile e femminile, la sua progenie umana-divina è identificata come maschile. Da questa mitologia sgorgano, in Europa e altrove, i costumi popolari che celebrano con la nuova nascita in primavera la rigenerazione della vita e la rigenerazione della comunità . Michel Dames ha scritto in maniera convincente che gli allineamenti di megaliti ad Avenbury furono usati per questo scopo nell'età del Bronzo. Costumi di questo tipo, benché proibiti in Gran Bretagna nel periodo puritano e oltre, continuano in molti luoghi di questo paese e in tutta l'Europa. La loro antichità non è rintracciabile negli archivi, ed essi sono per la prima volta menzionati per iscritto solo circa tre secoli fa, ma la loro origine deve essere di molto precedente, perché non è plausibile che l'origine di costumi popolari di questa natura sia così recente.
Il denominatore comune di queste usanze è un carattere, sempre maschile e coperto di fogliame, conosciuto in molti luoghi come "Jack in the Green" e solitamente associato con la Regina di Maggio, la quale rappresenta essa stessa la Dea come Vergine. Qualche volta "Jack in the Green" è simbolicamente ucciso per permettere l'arrivo dello spirito dell'Estate. In Gran Bretagna probabilmente il meglio di queste tradizioni popolari si può trovare ad Hastings e Rochester nella Festa dei primi di Maggio, e a Castleton, Derbyshire, il Garland Day, che si celebra il 29 maggio (vedi foto).
L'Uomo Selvaggio
Una delle sorgenti medioevali dell'Uomo Verde può essere stata la percezione degli spiriti della natura e l'idea dell'Uomo Selvaggio, o Woodwose, un uomo naturale leggendario che sarebbe vissuto nelle solitudini dei boschi. L'antica credenza che gli uomini primitivi vivessero nei boschi fu rafforzata dagli espropriati e dai fuorilegge che effettivamente vivevano così, e collegata a racconti come quello di Robin Hood; un collegamento supportato dalle immagini tradizionalmente dipinte sull'insegna delle taverne dell' "Uomo Verde": Robin Hood, o un forestale, o una figura di selvaggio coperto di capelli e con un randello in mano.
L'Uomo Selvaggio aveva anche un significato psicologico: egli rappresenta la persona naturale dentro ciascuno di noi; i nostri gusti e talenti che dobbiamo dirigere per agire bene nel mondo. L'Uomo Selvaggio non è affatto un'immagine negativa. Una serie di figure nel Monastero di York mostra un Uomo Selvatico che protegge un Uomo Verde da un diavolo - l'Uomo Verde, come vedremo, rappresenta la divina consapevolezza nel mondo protetta dalle nostre forze naturali interiori. L'Uomo Verde è un angelo terreno, il cui agire non viene "dall'alto", ma dal mondo medesimo. L'Uomo Selvaggio non ha bisogno di essere soggiogato, ma il suo potenziale piuttosto deve divenire reale, deve essere addolcito o levigato - come la pietra grezza, un alto simbolo di pienezza familiare ai Massoni. Dobbiamo portare insieme l'angelo, e l'Uomo Selvaggio, dentro di noi.
L'immagine scolpita
La principale "incarnazione" dell'Uomo Verde l'abbiamo come immagine scolpita, un volto dal quale spuntano delle foglie. L'immagine è internazionale ma le diverse tradizioni appaiono differenti, ciò che rafforza il concetto dell'immagine come variazione di un singolo archetipo. Benché molti siano inclini a cercare un'origine Celtica della figura, nella tradizione europea essa è di origine Romana, come dimostrano le teste folliate che datano dal secondo secolo DC e alcuni mosaici in luoghi diversi. Il più antico Uomo Verde in contesto cristiano conosciuto si trova su una pietra tombale a Poitiers, ma la figura rimane rara nell'iconografia cristiana fino al dodicesimo secolo, trovando il suo apice forse nel tredicesimo. Dopo il Rinascimento (quindicesimo secolo) e la Riforma (sedicesimo secolo) l'Uomo Verde continuò ad essere usato come decorazione architettonica, e cadde in disuso al principio del ventesimo secolo, finché negli anni '90 cominciò il suo revival. Al presente, immagini dell'Uomo Verde sono ampiamente impiegate - per esempio, nel restauro del castello di Windsor - . Il periodo più significativo nella vita dell'immagine scolpita fu il Medio Evo, quando migliaia di Uomini Verdi furono inclusi nell'iconografia delle chiese. E, a dispetto della completa mancanza di un qualsiasi resoconto contemporaneo, o di una spiegazione sul perché egli vi sia inserito fra i santi e i peccatori, potentemente emerge il sentimento che l'Uomo Verde nelle chiese convogli un significato profondo, un significato molto probabilmente non espresso esplicitamente all'epoca (altrimenti forse qualcuno ne avrebbe scritto?). Esse sono molto di più che decorazioni convenzionali, e si trovano localizzate in luoghi importanti e significativi. Certamente, non tutte le costruzioni furono impostate secondo un simbolismo pienamente compreso, e molte decorazioni devono aver meramente seguito precedenti locali. Pur tuttavia, la maggior parte delle immagini, specialmente nelle chiese parrocchiali, avevano finalità di istruzione. Il loro scopo era di mantenerci sulla via retta e stretta. L'Uomo Verde è qui per aiutarci in questo - ma per aiutarci in ciò di cui abbiamo bisogno, non in ciò che vogliamo: per farlo, egli può essere abbastanza spesso crudele. C'è un Uomo Verde in quattro rappresentazioni su un capitello a Woodbury nel Devon che è chiaramente didattico, e puntualizza le conseguenze dell'ignorare la divina saggezza.
Consapevolezza e Pienezza
Molti Uomini Verdi sembrano scrutarci attraverso il fogliame senza espressione, come se semplicemente guardassero. In questo li possiamo considerare rappresentazione della consapevolezza della natura, la consapevolezza Divina, che è come dire anche, la nostra consapevolezza, perché noi tutti abbiamo parte del Divino. In questo l'Uomo Verde è il testimone del santo dramma della vita rappresentato dinanzi a lui. L'importanza dell'Uomo Verde è dimostrata dal fatto che egli è rappresentato in questa o quella chiesa come osservatore di tutti gli eventi centrali operati da Cristo, e può trovarsi ovunque nella chiesa. Tuttavia l'Uomo Verde non è mai parte dell'azione. Egli è confinato all'osservazione; alla consapevolezza piuttosto che all'azione. L'Uomo Verde, consapevolezza nella Natura, agisce come gli occhi di Dio, e perciò è noi - perché noi siamo gli occhi di Dio nella creazione. L'Uomo Verde ha un ruolo attivo, maschile nel mondo, ma sgorga da divinità idealmente femminile. Ambedue questi aspetti sono dentro di noi. Noi abbiamo il compito di riunificare il maschile e il femminile, facendo di ciò che è stato separato nuovamente un tutto - lo Sposalizio Sacro dei Misteri. Seguendo, in effetti, il significato del termine "religione", la radice del quale è il latino re-ligare, rimettere insieme ciò che è stato diviso. L'Uomo Verde ha un'ampiezza meravigliosa, raggiungendo i più profondi significati ma toccando anche la leggerezza e gioia; la gioia di trovare nuovi uomini verdi in praticamente ogni chiesa che esplorate, e la gioia di godere la scintillante gaietà delle feste di primavera.

FONTE

L'Uomo Verde

Due occhi attenti ci guardano, sembrano voler scavare nel nostro intimo, da una faccia che prende forma da foglie.
L’uomo verde nella rappresentazione classica appare come una faccia maschile, dalla quale germoglia fogliame.
La faccia stessa è foglia.
Esistono soprattutto immagini scolpite che ritraggono l’uomo verde, nelle costruzioni, ed è raro trovarne nelle pitture, nei manoscritti e nelle vetrate.
Ma cos’è l’Uomo Verde? Cosa rappresenta?
Molti Uomini Verdi sembrano scrutarci attraverso il fogliame senza espressione, osservatori oggettivi della realtà..
La sensazione è quella di essere di fronte all’archetipo della consapevolezza della natura, la consapevolezza Divina (del resto la parola Natura deriva da quella egizia Neter, divinità).
L’icona rappresentata, anche se con variazioni che la distinguono nelle varie tradizioni, è internazionale, e ciò rafforza il suo profondo significato archetipico.
Andando a scavare nel passato troviamo, come possibili precursori di questa rappresentazione, nella mitologia indù, Yama, dio della morte, signore degl'Inferi, raffigurato come un uomo verde vestito di rosso, con una corona di fiori fra i capelli, con in mano una mazza e seduto a cavallo di un bufalo; abbiamo Osiride, Dio della vegetazione e dell'agricoltura, anch’esso rappresentato come un uomo dalla pelle verde.
Benché molti siano inclini a cercare un'origine celtica della figura, già nella tradizione europea, in epoca romana (II secolo DC), ne troviamo diversi esempi.
Il più antico Uomo Verde in contesto cristiano si trova su una pietra tombale a Poitiers, ma la figura rimane rara nell'iconografia cristiana fino al dodicesimo secolo, trovando il suo apice forse nel tredicesimo.
L'Uomo Verde continua quindi ad essere usato come decorazione architettonica nei secoli, e cade in disuso al principio del ventesimo secolo, fino alla sua rinascita ai giorni nostri.
Il periodo più significativo nella vita dell’immagine dell’Uomo Verde resta quello del Medio Evo.
Si contano migliaia di queste raffigurazioni nella pietra delle chiese medievali d'Europa, anche se, per assurdo, non risultano scritti medioevali che spieghino il loro largo utilizzo.
Deve essere di allora l’antica denominazione inglese con la quale ancora oggi viene soprattutto chiamato, "The Green Man".
Una leggenda racconta di un uomo che sarebbe vissuto nelle solitudini dei boschi, chiamato Woodwose o Uomo Selvaggio.
Questa antica credenza è stata collegata a racconti come quello di Robin Hood, un collegamento supportato dalle immagini tradizionalmente dipinte sull'insegna delle taverne dell' "Uomo Verde". Se non lui, ecco l'immagine di un forestale o ancora quella di un uomo dall'aspetto selvaggio coperto di capelli e con un randello in mano. E’ la persona naturale, pura, che si nasconde dentro di noi.
Interpretando l’Uomo verde ci si accorge di quanto esso nasconda in sè un significato profondo, è il nostro lato selvaggio che ci scruta dentro senza pietà, senza interesse alcuno per ciò che è mascheramento.
E’ l’insegnante inflessibile che ci ricorda qual è la via da seguire.
Non tener conto delle precise leggi matematiche che regolano l’universo nel quale viviamo porta ad inevitabili fallimenti.
Un esempio calzante si trova in quattro rappresentazioni su un capitello a Woodbury nel Devon, chiaramente a scopo didattico, e puntualizza le conseguenze dell'ignorare la saggezza divina.
Ricordiamo infine che nell'Uomo Verde, in Jack in the Green (come viene a volte chiamato) c’è anche leggerezza e gioia per la vita, il potere dell’innocenza che trabocca da quello sguardo limpido e consapevole.

FONTE

Homo selvadego

L'Homo Selvadego, o Òmm Selvadech, o Om Selvarech, o Homo Salvatico, o Uomo Selvatico è una delle leggende più diffuse in tutto l'arco alpino dove assume nomi diversi a seconda della lingua locale. Le storie che riguardano questo essere, comunemente descritto come irsuto e con capelli e barba lunghi, si tramandano da tempo immemore nella tradizione orale.
« È sostanzialmente un comune mortale che vive al di fuori del consesso umano preferendo i luoghi isolati, la montagna, il bosco. A contatto con la natura ha esaltato al massimo le sue caratteristiche fisiche che gli assicurano la vita: forza, robustezza, fiuto eccezionale per inseguire la preda. È timido, rifugge dal prossimo isolandosi al punto tale da attenuare le sue capacità psichiche fino alla stupidità. Non si lava né si pulisce. Non si rade né si taglia i capelli cosicché questi si fondono raggiungendo le ginocchia. Per questo diventa una figura terrificante esaltata dalla pelle di caprone con cui si ammanta. Un atto gentile lo intenerisce. A volte sente il bisogno di fraternizzare con gli uomini. Allora si ferma insegnando loro i mestieri della malgazione, della lavorazione dei latticini di cui è maestro. »
(Giuseppe Sebesta)

Compare ad esempio: in un ciclo di affreschi del 1464 a Sacco di Cosio Valtellino in Valgerola, dove la casa che ospita gi affreschi è stata trasformata in un museo; altre raffigurazioni si trovavano sulla porta poschiavina delle mura di Tirano (purtroppo ora quasi completamente cancellate dal tempo); sul simbolo della Lega delle Dieci Giurisdizioni; sulle guglie del Duomo di Milano ; come personaggio nella celebrazione della Giubiana da Canz, che si svolge a Canzo l'ultimo giovedì di gennaio. Oltre che essere un personaggio leggendario e un simbolo iconografico diffuso in tutto l'arco alpino, l'uomo selvatico è anche una maschera carnevalesca. La sua funzione è quasi sempre quella di capro espiatorio ed impersonifica il alto oscuro e incontrollabile della natura alpina. Alcune "leggende" lo vedono parente di alcune delle più celebri maschere della Commedia dell'arte , come Arlecchino e lo Zanni , ma l'origine della maschera del Selvatico risale a tempi molto più antichi; inoltre, non ha mai subito la trasposizione da figura atavica e inquietante dell'immaginario popolare alpino a maschera teatrale, se non in spettacoli occasionali nei periodi carnevaleschi.
Un personaggio simile compare nelle Fiabe Italiane di Italo Calvino. La fiaba è la n. 51, "Il gobbo Tabagnino" (di origine bolognese). In questo caso particolare, il personaggio ha lo stesso ruolo dell'Orco.

Altre tradizioni
La figura dell'Uomo Selvatico compare nel folclore di molte nazioni, almeno fin dal medioevo (ma anche la figura di Enkidu, nel mito di Gilgamesh, ha alcune delle sue caratteristiche).
L'Uomo Selvatico compare nelle fiabe dei fratelli Grimm "L'uomo selvatico" (De wilde Mann) e "L'uomo di ferro" (Der Eisenhans). In particolare, nella fiaba "L'uomo di ferro", l'Uomo Selvatico ha una funzione di Aiutante o di Donatore.

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jasmine23
view post Posted on 13/1/2008, 19:26




Homo selvaticus

Quella dell'uomo selvatico è una figura estremamente diffusa nel folclore dei popoli di tutto il mondo. Dall'Italia (soprattutto nelle regioni dell'Appennino tosco-emiliano, dove viene chiamato Om di bosh) alle pendici dell'Himalaya, dall'Inghilterra alle foreste amazzoniche, dal Vietnam all'Australia. Peloso triviale, privo di linguaggio, abitatore di umide grotte, l'Homo Selvaticus è un mito che nasce con l'umanità. E' in un certo senso l'umanità stessa o, meglio rappresenta il suo passato ancestrale, che c'è e non si può dimenticare, qualcosa che l'uomo "civilizzato" guarda con nostalgia da una parte e con disprezzo e superiorità dall'altra. L'Homo Selvaticus rappresenta in fin dei conti il contatto materno, privilegiato e assoluto con la natura che l'uomo ha perso in maniera irreversibile quando ha deciso di creare quella cosa chiamata "Civiltà". Per questo motivo il più delle volte il mito dell'uomo selvatico viene visto come qualcosa di assolutamente negativo, un essere che è poco più di un animale. Così nella mitologia classica esistono numerose creature che incarnano l'idea dell'uomo selvatico: i satiri, i sileni, i fauni e i silvani. Tutti hanno aspetto chiaramente umano ma sono allo stesso tempo fortemente caratterizzati da elementi animaleschi e istinti ferini che li porta a comportarsi come bestie. Perennemente ubriachi, sono dediti ai piaceri del sesso e ad inseguire ninfe terrorizzate. Nel Medioevo l'aspetto ferino e demoniaco degli uomini selvatici venne oltremodo accentuato, ed essi furono quasi sempre associati a sanguinari e satanici culti pagani. Nel 1765, il noto scienziato e biologo Carlo Linneo, inserisce addirittura nella sua opera di classificazione degli esseri viventi la specie Homo Ferus, a dimostrazione di come la credenza nell'esistenza di questi esseri fosse diffusa anche negli ambienti culturali più elevati. La figura del selvaggio continuerà, però, ad affascinare la cultura occidentale nei secoli a venire, come del resto fa ancora oggi se si pensa a quanto richiamo hanno leggende come lo Yeti o il Bigfoot Solo con la filosofia illuministica la figura del selvaggio cambia radicalmente il suo significato. Il selvaggio definito "buono" da Jean - Jacques Rousseau, diventa allora simbolo di purezza e innocenza, ma soprattutto di libertà. Egli si trova ancora nel cosiddetto "stato di natura", in uno stadio dell'esistenza cioè in cui la nascita della società non è ancora avvenuta e l'uomo è dunque libero, non contaminato dalla cultura e non corrotto. Il mito dell'uomo selvatico ci costringe a ricordare ciò che siamo stati nel passato e che in qualche parte di noi ancora gelosamente custodiamo, quando eravamo tutt'uno con la natura ed eravamo partecipi dei suoi segreti più intimi. Ci consente di ricordare che l'uomo è solo una specie del mondo degli animali. E in un'epoca in cui stiamo distruggendo le nostre foreste, appestando l'aria che respiriamo ed uccidendo la magia della natura, forse abbiamo assolutamente bisogno di qualcosa che ci aiuti a ricordare il nostro passato per preservare il nostro futuro.

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