SCENA 1
Tutto è pronto. Non mi resta che gettare l’amo e aspettare. Nell’oscurità che mi avvolge sento il potere crescere ed espandersi, è il momento. La mia occasione è infine giunta.
Il cellulare squilla, “Pronto?” finalmente una voce maschile risponde.
“Dean Winchester? Sono un’amica di John.”
“Cosa? Non capisco, il segnale è disturbato” percepisco la confusione nella sua voce.
“Dean Winchester?” ripeto.
“Dean Winchester. Sì sono io”
“Sono un’amica di John”
“Un’amica di John? Mio padre?”
Mi trattengo dal ridere, è fin troppo facile. “Sì, ho bisogno del tuo aiuto.”
“Hai bisogno del mio aiuto?”
È il momento, “Augusta, Missouri” con questo termino la chiamata. Il pesciolino ha abboccato.
L’attesa non è mai stata così dolce. Quando arriverete qui non troverete nulla ad attendervi, tranne la vostra fine.
“Sveglia bell’addormentata!” la voce beffarda di Dean riscosse Sam, niente era più soporifero di un monotono paesaggio da guardare per ore consecutive senza nulla di meglio da fare.
“Siamo arrivati?” chiese con la voce ancora impastata.
“Eh, già!” rispose Dean.
Sam si guardò intorno, sbattendo le palpebre per scacciare la sonnolenza, Dean aveva accostato davanti al primo ristorante economico che aveva incontrato e, a giudicare da una prima occhiata, probabilmente anche l’unico. La strada su sui si trovano era chiaramente la via principale di Augusta e apparentemente attraversava tutta la cittadina.
“Main Street” lesse Sam sul cartello.
“Che fantasia…” borbottò Dean in risposta, “Mangiamo qualcosa? Sto morendo di fame…” aggiunse subito.
Sam acconsentì con un cenno del capo ed entrarono nel ristorante, il locale era quasi vuoto fatta eccezione per un anziano signore seduto al bancone, intento in chiacchiere con quella che sembrava la padrona del locale, una donna sulla quarantina alta e piuttosto in carne che portava i lunghi capelli biondi legati in una coda bassa, e un paio di uomini seduti ad un tavolo nell’angolo più lontano dalla porta. Una cameriera dai capelli corvini aveva appena servito loro due piatti ben forniti di salsicce e patatine fritte. Sam e Dean adocchiarono un tavolo davanti alla vetrina che si affacciava su Main Street e vi si diressero, sedendosi l’uno di fronte all’altro sulle poltrone di pelle marrone ormai opacizzata dall’usura, da uno strappo sull’angolo alla destra di Sam spiccava il giallo dell’imbottitura. Sul tavolo verde pallido erano poggiati due menù, Dean ne afferrò subito uno e vi si immerse in cerca di qualcosa di suo gusto. Sam fissò lo sguardo fuori della vetrina, nonostante fosse pieno giorno notò che non c’era molto movimento in città, alcuni negozi erano chiusi e in strada si vedevano pochissime persone, Sam notò un paio di anziane signore sedute fuori davanti ad un piccolo bar. Quando una macchina solitaria passò davanti al ristorante Sam si chiese quanti fossero gli abitanti, pochi sicuramente. La voce di Dean lo richiamò nuovamente alla realtà.
“Allora… Katie” disse Dean alla cameriera dai capelli corvini leggendo il nome sulla targhetta al petto e sorridendole “Vorrei un doppio cheeseburger con patatine e… avete delle torte?” chiese speranzoso.
Sam emise un buffo grugnito, a metà tra una risata soffocata e un sospiro. Dean lo fissò con le sopracciglia inarcate. “Cosa c’è?”
“Niente, niente” rispose Sam, agitando una mano. Dean rivolse di nuovo la sua attenzione alla cameriera.
“Abbiamo torta di mirtilli e torta di mele”
“Perfetto, la classica torta di mele, grazie!” disse senza nascondere un enorme sorriso soddisfatto.
“E per te?” chiese Katie rivolgendosi a Sam.
Sam non aveva ancora aperto il menù, esitò un istante poi disse “Lo stesso, grazie!”
“Bene,dovrete avere solo un po’ di pazienza, abbiamo qualche problema per via della corrente…”
“La corrente?” chiese Sam perplesso.
“Sì, non c’è luce elettrica”
Essendo pieno giorno non se n’erano accorti ma un’occhiata più attenta confermò le parole di Katie, il juke box nell’angolo era spento e così anche l’orologio digitale appeso al muro.
“Come mai?” chiese Dean.
“Un guasto…” rispose Katie.
“Katie! Porta le ordinazioni in cucina!” la richiamò la proprietaria del locale.
Quando Katie si allontanò Sam si rivolse a Dean “Allora, ti ricordi cosa ti aveva detto quella donna al telefono?”
“Non mi ha detto molto, in più la linea era molto disturbata, ho capito a malapena che era un’amica di papà e poi ha nominato Augusta ed eccoci qui”
“Non ti ha detto il suo nome?”
“No, ha attaccato subito” rispose Dean increspando l’angolo della bocca con disappunto alla carenza di informazioni.
“Fantastico, non abbiamo un nome e non abbiamo un caso! Ho fatto delle ricerche e non ho trovato nulla di strano che possa far pensare a qualcosa di soprannaturale, sei sicuro che fosse questa la cittadina?” chiese Sam, cercando di contenere la sua frustrazione.
“La linea era disturbata te l’ho detto, ma penso di aver capito bene”
“Hai il numero in memoria? Perché non provi a richiamarla? Almeno ci dirà a cosa le serve il nostro aiuto”
“Credo di sì, aspetta…” Dean infilò una mano nella tasca interna della giacca e ne estrasse il cellulare, rapidamente selezionò la chiamata in questione e si portò il cellulare all’orecchio, in attesa. “Il numero da lei chiamato è inesistente” lo informò dopo pochi secondi una voce registrata.
Dean sbuffò, “Dice che il numero è inesistente!”
“Com’è possibile?” chiese Sam stupito.
Dean scrollò le spalle, non ne aveva idea. In quel momento Katie ritornò con le loro ordinazioni. Mangiarono discutendo sul da farsi, decisero di dare un’occhiata in giro e fermarsi almeno per la notte.
“Katie, ci puoi indicare un motel dove passare la notte?” chiese Dean alla cameriera mentre pagavano il conto.
“Sulla Walnut Street c’è un bed & breakfast molto carino, si chiama Edelweiss Guest House”.
Sam e Dean stavano per congedarsi quando la porta del locale si spalancò ed entrarono due poliziotti che si diressero immediatamente al tavolo in fondo al locale.
“È arrivata la cavalleria!” bisbigliò Dean in tono scherzoso.
“Fred Tiernan, ti dichiaro in arresto” disse uno dei poliziotti tirando fuori le manette.
“Cosa?!NO!” esclamò l’uomo di nome Fred “Non ho fatto nulla! Di cosa mi accusate?!”
“Non fare finta di niente Fred, sai benissimo di cosa si tratta” rispose l’altro poliziotto “Ora non fare storie e vieni con noi!” concluse bloccando Fred in modo che il collega potesse ammanettarlo.
Uscirono trascinando Fred, che continuava a protestare la sua innocenza. Sam e Dean notarono con sorpresa che il suo amico non aveva detto una parola e quando se ne furono andati riprese a consumare il suo pranzo.
“Hai idea di cosa sia accusato?” chiese Sam a Katie.
“No” rispose Katie improvvisamente scura in volto “Scusatemi ora ho da fare” disse e sparì nel retro del locale.
Sam e Dean risalirono in macchina e prima di dirigersi al bed & breakfast decisero di fare un giro della città per vedere se notavano qualcosa di strano. Tutto sembrava tranquillo, la cittadina era decisamente poco popolata ma quello non era certo un evento soprannaturale, l’unica particolarità era che, a quanto sembrava, tutta la cittadina era senza elettricità, ma non avevano ottenuto spiegazione migliore di un guasto. Giunsero infine al bed & breakfast, un bell’edificio antico ma tenuto in ottime condizioni, completamente bianco e circondato da un bel patio. Sam e Dean entrarono e si sentirono immediatamente fuori posto, loro stanchi e sgualciti dal viaggio nel bell’ingresso elegante. Le pareti erano dipinte di un delicato color crema, il pavimento di parquet lucido scricchiolava sotto i loro passi, aggirarono un tavolo rotondo finemente intagliato su cui troneggiava un grande vaso di fiori freschi sistemato su un centrino fittamente lavorato e si avvicinarono al banco della reception, di un bel legno di ciliegio su cui era posato un lucido campanello d’ottone. Dean suonò e furono rapidamente raggiunti da una donna sui trent’anni, dai lunghi capelli castani lisci, vestita di un tailleur blu.
“Buonasera, sono Fran” li salutò la donna “Come posso aiutarvi?”
“Vorremmo una stanza per la notte” rispose Dean.
“Desiderate magari una suite?” chiese Fran passando lo sguardo dall’uno all’altro.
Sam e Dean sgranarono gli occhi e si scambiarono un’occhiata chiaramente frustrati, “No, solo una stanza con due letti singoli grazie…” rispose Dean, guardando la donna come se fosse un’aliena.
“Oh” Fran arrossì lievemente realizzando la sua gaffe “Certo, scusatemi.” Si voltò in cerca di una chiave, “Ecco, la stanza 17” disse porgendo la chiave a Dean che nel frattempo aveva tirato fuori documenti e carta di credito falsi. Ringraziarono e si diressero alla loro camera.
Quando aprirono la porta entrambi rimasero a bocca aperta, sconvolti. Le pareti della stanza erano dipinte di cremisi, le porte e le rifiniture di legno erano di un bel bianco che spiccava in contrasto con i muri, i due letti gemelli avevano le testate di ferro battuto pesantemente lavorate in motivi floreali e dipinte anch'esse di bianco. Copriletti bianchi con stampe di fiori rossi completavano il pesante insieme. Alle pareti erano appesi piattini di ceramica decorati con fiori e gattini, Dean gli rivolse uno sguardo inorridito, i gattini erano quasi inquietanti. L’arredamento era completato dall’armadio e dai comodini completamente bianchi con manigliette d’ottone, su questi ultimi, sistemate su dei centrini, stavano due lampade gemelle con il fusto d’ottone che terminavano in un fiore di ceramica da cui spuntava la lampadina. Sam e Dean si guardarono intorno atterriti.
“Sembra la stanza di una vecchia zitella!” sentenziò Dean rabbrividendo.