3x02 Dust in the Wind, di Elerel, Fenice, Sitonkia

« Older   Newer »
  Share  
sitonkia
view post Posted on 26/9/2007, 20:20




image


Nicholas Shelton osservò la piccola città stendersi pacifica sotto di lui. Dal punto in cui si trovava riusciva a percorrere con lo sguardo l’intero perimetro del centro abitato, persino scorgere il tetto della sua piccola casetta costruita in legno mentre il sole arrossava il cielo annunciando la venuta del giorno.
Inspirando a pieni polmoni l’aria fresca del mattino, l’uomo sorrise di fronte a tanta bellezza. Le sue guance si colorarono di un rosso purpureo, le sopracciglia presero un’angolazione convergente verso l’alto. L’espressione dapprima serena si tramutò presto in una smorfia isterica. Dalla sua bocca uscì un suono indefinibile a metà tra un singhiozzo ed una risata.
Un primo debole raggio di sole gli illuminò il volto marcando le sottili ombre proiettate dalle rughe. Le lacrime si fermarono improvvisamente.
Ora, non c’è altra soluzione.
Afferrò con entrambe le mani il parapetto e dandosi una spinta si gettò nel vuoto.

Il taglio si era ormai cicatrizzato del tutto, una linea rossastra che percorreva l’intero avambraccio sinistro. Sam sospirò amaramente ricordando che era stato lui stesso ad infliggersi tale ferita. Decise di fasciarla nuovamente, nonostante non ce ne fosse più bisogno, desiderava farla sparire insieme con la memoria degli ultimi giorni. Aveva fatto di tutto per nascondere quanto profondamente la faccenda dello spirito di Steve Wondell lo aveva sconvolto, ma ogni volta che i suoi occhi si posavano sulle bende bianche i ricordi riaffioravano sorprendentemente vividi e dettagliati.
Si rinfrescò il volto inspirando profondamente. C’era ben altro a cui pensare ora.
“SAMMY!”
La voce potente del fratello seguita da una serie frenetica di colpi alla porta gli fece prendere un colpo.
Bonjour finesse!
“Cosa c’è?”
“Cosa c’è?! E’ mezz’ora che sei lì dentro!”
Sam alzò gli occhi al cielo ma sorrise.
“Sei sei preoccupato per me puoi dirlo apertamente.”
“Maledizione, sono preoccupato per ME! Se non esci me la faccio addosso!!”
Raccolse le bende usate e le buttò nel cestino, poi prendendosela con comodo si lavò le mani e solo dopo aver ricontrollato più e più volte di non aver lasciato nulla fuori posto – il tutto ovviamente ad una lentezza esagerata - Sam uscì all’aria aperta.
“Era ora!” esclamò Dean a pochi passi di distanza, saltellando scompostamente verso il bagno. Quando sorpassò il fratello si bloccò improvvisamente.
“Cos’è quella?” chiese indicando la fasciatura sul braccio dell’altro “Pensavo non ti servisse più.”
“Sì, beh..almeno evito di prendere colpi.”
Lo sguardo di Dean si fece penetrante. Non me la dai a bere, Sammy, sono giorni che sei così silenzioso...
“Quel cacciatore è storia passata, giusto?”
Sam abbassò gli occhi. Non gli andava di parlarne. Era da stupidi continuare ad affiggersi, ne era pienamente cosciente, eppure sentiva un fastidioso senso di colpa in agguato, pronto a colpire quando meno se lo sarebbe aspettato..
“Dean sto—“
“Giusto?” lo interruppe il fratello.
Ci fu un attimo di silenzio, Sam sospirò guardando l’orizzonte.
“E’ solo che..è stata colpa mia, Dean, il cacciatore e Bobby..ho fatto un casino.”
L’altro scosse la testa in silenzio senza lasciarsi sfuggire alcuna espressione. Se solo ci fosse stato un modo per comunicare a Sam quanta paura aveva provato nel vederlo posseduto da uno spirito che voleva ucciderlo, quanto odio verso quel maledetto fantasma…se solo Sam avesse captato anche un centesimo della gioia che Dean aveva sentito allargargli il cuore nel vedere il fratellino tornare in sé, allora avrebbe certamente smesso di compiangere Wondell e dispiacersi per la sua morte. Ma Sam scrutava il cielo davanti a lui, sordo delle silenziose preghiere del fratello maggiore.
“Sam, sai bene che non è così, eri posseduto, tecnicamente non eri nemmeno tu.”
“L’ho ucciso io con queste mani.”
“Le stesse con cui hai salvato un sacco di gente..”
Sospirò. “Non c’entra..”
“Non sei un assassino, lo sai bene.. E poi guardati, quell’aria da cucciolo abbandonato non si addice proprio ad un killer.”
Sam gli concesse un sorriso sinceramente divertito. I loro sguardi si incontrarono e Dean riassunse un’espressione grave. Negli occhi di Sam leggeva chiara la gratitudine per il tentativo di consolarlo.
“Seriamente Sammy..” cominciò il maggiore con un tono sorprendentemente appassionato “..se non vado in bagno ora me la faccio nei pantaloni.”

Circa un quarto d’ora dopo Sam vide il fratello riapparire dal piccolo bagno, un sorriso soddisfatto dipinto in volto ed entrambi i pollici alzati in sua direzione.
Che razza di scemo..pensò tra sé Sam portandosi una mano alla fronte in un finto gesto sconsolato.
“Se ti muovi riusciamo a partire prima di mezzanotte.”
Dean sembrò offeso.
“Ha parlato Flash..che fretta hai, non abbiamo nemmeno una meta..”
“Basta che ce ne andiamo di qua, questa puzza di marcio mi sta facendo venire il mal di testa.”
Effettivamente l’odore era acuto e penetrante, impregnava ogni singolo elemento della stanza. Decisamente uno dei peggiori motel in cui avessero alloggiato.
“Finisco di mettere via la mia roba e riconsegno le chiavi.”
Sam annuì rispondendo che lo avrebbe aspettato in macchina con una tazza di caffè take away.
Già pregustando la bevanda, Dean raccolse la maglietta che usava come pigiama dalla moquette color verde marcio e la appallottolò nel borsone insieme ad alcune pistole, boccettine di acqua santa ed un sacchetto ancora intatto di sale. Alzò il suo cuscino e ripose il solito coltello con gli altri oggetti, poi notò un lembo di stoffa colorata sbucare da sotto il letto. Era di un lilla rosato orripilante. Lo raccolse scoprendo che si trattava di una maglietta stropicciata, sul fronte il disegno di un righello e di un sasso, il primo diceva “You rock!” ed il secondo rispondeva “You rule!”. Annusò la stoffa. Oltre all’intenso olezzo conferitogli dalla sporcizia accumulata tra le maglie della moquette, il tessuto conservava ancora tracce di Acqua di Giò. Dean ridacchiò. Il profumo di Sam.
Eh eh, Sammy, non puoi chiedermi di non prenderti in giro per questa..
Si avviò verso la porta d’ingresso col borsone in spalla, pronto a punzecchiare il fratellino, quando qualcosa gli tremò nella tasca dei jeans. Il cellulare. Afferrò l’oggetto e guardò il display illuminato. Numero privato. Aggrottando le sopracciglia rispose.
“Pronto?”
Un rumore confuso arrivò dall’interlocutore sconosciuto. Sembrava che stesse soffiando sul ricevitore.
“Pronto? Chi è?”
Il suono ritmico dell’interferenza, poi una voce lontana.
“..Dean Winch…so..o….ica..John.”
Per quanto riusciva a capire stava parlando con una donna.
“Cosa? Non capisco, il segnale è disturbato.”
Di nuovo il soffio e l’interferenza.
“…n Winchester?”
“Dean Winchester, sì sono io.”
“So…..amica di Joh…”
“Un’amica di John? Mio padre?”
“Sì…isogno del t...iuto.”
Il frastuono di sottofondo si fece assordante per alcuni secondi.
“Hai bisogno mio del mio aiuto?” Cercò di interpretare le parole della donna.
“Augusta, Missouri.”
Prima di poter replicare la chiamata venne interrotta. Dean rimase confuso a fissare il terreno davanti a sé, il cellulare ancora stretto in mano.
Che cavolo..?!
Da quel poco che era riuscito a cogliere, un’amica di papà necessitava del suo aiuto e voleva che si recasse in Missouri, ma John non gli aveva mai detto di conoscere qualcuno proveniente da quello stato. D’altra parte, riflettè Dean, erano molte le cose di cui papà non gli aveva mai parlato. Inoltre, avrebbe potuto infangare la memoria del genitore se non avesse soccorso un’amica di famiglia che aveva esplicitamente richiesto l’assistenza dei Winchester.
Ci pensò sopra un attimo. A Sam non sarebbe dispiaciuto, purchè si fossero allontanati da quel luogo puzzolente.
Uscì dalla stanza e si recò a passi svelti alla reception dove attese qualche minuto l’arrivo del proprietario. L’uomo dall’aria trasandata pareva in tinta con il suo stesso motel. Senza dilungarsi in addii gli riconsegnò le chiavi della stanza allungandogli la carta di credito falsa, dopodichè si sedette nella Impala e afferrò il portatile di Sam che ancora non si vedeva.
Digitò il nome della città su Google attendendo i risultati.
“Dean, lascia stare il mio computer!” Sam lo colse di sorpresa.
“Calmati, sto cercando una mappa.”
L’altro si sistemò al suo fianco passandogli il bicchiere di carta colmo di caffè.
“Una mappa? Di dove?”
“Si va ad Augusta.”
“Che?! Perché? Dean non dirmi che è solo per qualche stupido puntello..”
“Metti in dubbio la mia professionalità?”
Sam lo guardò negli occhi e rispose convinto: “Sì, senza ombra di dubbio.”
Il maggiore raccontò della telefonata.
“Mah, tanto non abbiamo niente di meglio da fare, io dico di andare.”
“E’ quello che pensato anch’io.”
“Allora vada per il Missouri.”
Dean avviò il motore ma prima di partire tirò un pizzicotto sul braccio al fratello.
“Ahi! Perché cavolo l’hai fatto?!”
“Per quella tua bellissima mogliettina lilla.” Detto ciò sgasò due o tre volte ed infine partì sgommando in direzione Sud-Ovest.

“Dove hai detto che stiamo andando?”
“Augusta…hey! Tira giù i piedi da lì!” Dean diede una sberla ai piedi del fratello che osavano poggiare sul cofano vicino al volante.
“Che palle! Sono tre ore e mezzo che viaggiamo, non possiamo fare una sosta?” Si lamentò il più giovane cercando una nuova posizione che gli evitasse il torcicollo.
“Vedi per caso un posto dove mi possa fermare?”
Guardarono entrambi oltre il parabrezza: la strada si perdeva tra le curve in mezzo a chilometri di fitta boscaglia. Non avevano incontrato alcun segno di presenza umana per miglia ed i loro stomaci cominciavano a brontolare.
“Quanto manca?”
“Almeno altre due o tre ore. Dormi e non rompere.”
Sam appoggiò la testa al finestrino. La linea bianca che delimitava la carreggiata scorreva veloce sotto i suoi occhi come un fiume candido in mezzo ad un mare di nero asfalto. Poco più in là i colori caldi delle foglie morte contrastavano vivacemente con il verde dell’erba selvatica. Alzò leggermente lo sguardo. Per quanto riusciva a vedere c’erano alti e folti alberi a perdita d’occhio. Sbuffò. Nessun dannatissimo punto di ristoro.
Tre ore. Altre tre noiosissime ore per raggiungere Augusta. Studiò Dean ma era troppo concentrato nel canticchiare sottovoce una canzone dei Kansas che suonava in sottofondo per accorgersi di essere osservato. Peccato, era disposto anche a litigare un po’ per far passare il tempo.
Tornò al finestrino. Ora che ci faceva caso notò che il vetro era piuttosto sporco, le gocce di pioggia che si erano asciugate avevano lasciato un alone biancastro. In un punto in particolare. Strizzò gli occhi e notò che la macchia chiara sul vetro stava diventando sempre più grande, molto velocemente, quasi alla stessa velocità della macchina..
..guardò fuori dal finestrino.
“Dean FERMATI!”
Spaventato dall’urlo improvviso il ragazzo inchiodò rischiando di sbandare. Non appena si voltò verso il fratello notò una piccola cosa bianca sul ciglio della strada, distante al massimo una decina di metri dalla Impala.
“La vedi anche tu?” chiese Sam senza distogliere lo sguardo dalla cosa.
“Sì..”
Una bambina pallida come la neve, vestita con un abito a maniche lunghe di un colore indescrivibile tra il rosa, il grigio e il bianco se ne stava sul ciglio della strada, i lunghi capelli biondi da albina le scendevano scompostamente sul viso nascondendolo.
Dean spalancò la portiera e scese dalla macchina, sfiorando con le dita il calcio della pistola nascosta dietro il sedile, a portata di mano.
“Possiamo aiutarti?” disse cercando di farsi sentire, ma non ottenne alcuna risposta.
Il fruscio del vento tra le foglie era più intenso di quanto sembrasse dall’interno dell’auto. Inquietante , pensò Sam alzandosi a sua volta.
I due ragazzi si scambiarono un’occhiata. Quando i loro sguardi tornarono a posarsi sulla strana figura, questa era scomparsa. Al suo posto soltanto la strada, lunga tortuosa e oscura. Gli alberi raggiungevano un’altezza tale da proiettare ombre di un profondo nero su tutto il percorso ed il paesaggio intorno a loro.
“Dov’è andata?” Sam sentì la tensione irrigidirlo.
Il fratello sfoderò la pistola pronto a far fuoco, si guardò intorno puntando l’arma in direzione del suo sguardo.
Eccola.
“Destra.”
Sam si voltò. La bambina era là, ferma come di pietra, il vento non le muoveva nemmeno una ciocca, pareva fuori dal tempo e di certo non appartenente a quella dimensione.
Improvvisamente sparì e ricomparve qualche metro più lontana. Si stava inoltrando nel bosco. E voleva essere seguita.
Senza dire una parola Dean aprì il portabagagli e ne estrasse un fucile a canna mozza che passò al fratello, mentre scelse un coltello ed una carica di proiettili di salgemma per sè. Con un ghigno stampato in volto si rivolse a Sam mentre entrambe le armi scattavano nel venir caricate:
“Finalmente si torna al lavoro.”
 
Top
Elerel
view post Posted on 28/9/2007, 21:20




SCENA 2

“Prima le signore” disse Dean e fece segno con la mano a Sam di avanzare.
Sam gli lanciò un’occhiataccia e si addentrò nella foresta. La strada era tortuosa ed ai lati diverse sterpaglie rendevano difficile il cammino. Nonostante ciò sembrava che qualcuno si fosse di recente avventurato transitando proprio per quel viottolo.
“Guarda qui, Dean” Sam indicò dei rami spezzati per terra “Pare che non è venuta solo a noi l’idea di insinuarci qui dentro”.
“Già, Sammy, a quanto pare ci sono altri turisti col pollice verde e desiderosi di conoscere la bambina di Ju-on!” Dean diede una spinta a Sam e i due continuarono ad avanzare.
Nonostante fosse pieno giorno, solo pochi raggi di luce riuscivano ad oltrepassare la coltre di rami e foglie che sovrastava i due fratelli. L’aria era molto umida e pesante da respirare.
I Winchester continuarono a camminare per oltre mezz’ora seguendo il viottolo. Della bambina non c’era traccia ormai da diverso tempo.
“Fermiamoci un attimo Sam” disse Dean ansimando e lasciandosi cadere per terra in posizione seduta.
“Dovresti fare un po’ di ginnastica Dean, stiamo camminando in pianura e sei già stanco!”
“sì come no, goditi questo momento di gloria, perchè...” Dean non riuscì a terminare la frase a causa di un accesso di tosse improvvisa che lo lasciò senza fiato. Poggiò una mano a terra per reggersi e lentamente riprese fiato.
“Tutto bene?” disse Sam con tono preoccupato, tenendo una mano sulla spalla del fratello.
“Sì benissimo Sammy, qui non c’è più niente da vedere, andiamocene” Dean si rialzò e riprese in mano il coltello.
“Non pensi che dovremmo controllare un altro po’ in giro?” replicò Sam.
“Non credo che troveremo una risposta qui dentro, è tutto uguale e ormai sta tramontando il sole. Ci conviene prendere una stanza nel più vicino motel e domani a mente fredda ragioneremo meglio. Soprattutto dopo aver mangiato un bell’hamburger!”
“Ok Dean come credi”.
Il percorso di Sam e Dean verso l’Impala fu privo di eventi: Dean di tanto in tanto continuò a tossire lamentandosi per l’umidità e attribuendo la tosse ad una possibile allergia.

Più tardi nel motel
“Buonasera” disse Sam al proprietario del motel. “avremmo bisogno di una camera”.
Il proprietario squadrò i fratelli “Pagamento anticipato... 30 dollari a notte”.
“Non c’è problema” rispose Sam e gli diede i soldi e le carte d’identità false.
“Dean e Sam Coleridge... ok... stanza numero 7, uscendo a destra la trovate immediatamente. Aspettate qui, vi prendo la chiave” detto questo il proprietario entrò nella stanza accanto.
Dean guardò il proprietario allontanarsi e poi prese Sam per un braccio “Io quello l’ho già visto Sammy! Ricordi la scorso mese... il tizio di quel bar di Huston che ha attaccato briga!”
“Dean non è lui, a quel tizio mancavano gli incisivi”
“Ti dico che è lui, vorrà sicuramente vendicarsi per la lezione che gli ho dato!”
“Non è possibile che sia lui, te l’ho detto. O forse hai fatto a botte anche con lui e non ricordi quando e dove? Dovresti segnare in una rubrica i nomi di quelli che picchi” replicò Sam sorridendo
“Non scherzare Sam, la stanza n°7 è quella più isolata rispetto alle altre, ci sta dando quella per un preciso motivo!” disse Dean fissando Sam con gli occhi spalancati.
“Forse ha saputo che russi e vuole preservare la quiete del motel”
Dean afferrò Sam per il colletto con entrambe le mani “Non.sto.scherzando!”
“ehi ehi calmati! sto solo dicendo che non c’è niente di cui preoccuparsi” disse Sam scostando con le proprie mani quelle del fratello.
“Allora ragazzi” disse il proprietario del Motel “questa è la chiave, per quanto tempo pensate di fermarvi?”
“Noi andiamo via” disse rapidamente Dean
Sam diede una gomitata a Dean “No, noi restiamo... penso ci fermeremo qualche giorno.... Grazie” detto ciò prese la chiave e tirò via il fratello per un braccio.

Qualche ora dopo nella stanza
“Hai presente l’ago nel pagliaio?” disse Sam senza distogliere lo sguardo dal suo computer portatile.
Dean nel frattempo stava coricato a letto e mangiava M&M’s.
“Non ci sono notizie riguardanti una ragazzina scomparsa o altro negli ultimi anni.” continuò Sam
“Si vede che hanno insabbiato bene la verità... o forse tu non vuoi trovarla” disse Dean ostentando indifferenza.
“Perchè non dovrei volerla trovare?” rispose Sam alzando di scatto la testa e guardando Dean che continuava ad ingurgitare M&M’s.
“Niente, niente grand’uomo, stavo solo pensando ad alta voce. Continua le tue ricerche e vediamo cosa riesci a trovare”
“sarebbe gradito il tuo aiuto!” replicò Sam infastidito.
“Io sono la mente, tu il braccio, quindi tu cerchi e io elaboro” rispose Dean punzecchiando il fratello.
“ah quindi ora oziare si chiama “elaborare”... jerk”
“bitch” rispose Dean.
“Dean” disse subito dopo Sam con tono serio “credo di aver trovato qualcosa!”
 
Top
Fenice158
view post Posted on 1/10/2007, 09:37




SCENA 3

“Cosa hai trovato?” chiese Dean, lo sguardo acceso e attento.
“Un articolo di circa un mese fa, parla della foresta dove abbiamo visto la bambina…” disse Sam, gli occhi fissi sul monitor, percorrendo rapidamente l’articolo.
Una strana espressione passò come un lampo sul volto di Dean, non vista dal fratello che gli dava le spalle, mise da parte il sacchetto di M&M’s e si alzò rapidamente dal letto per raggiungere Sam al computer.
“Cosa dice?” chiese posando le mani sulla spalliera della sedia su cui era seduto Sam.
“Parla di alcuni fatti avvenuti negli anni ’30. A quanto pare in seguito alla crisi economica tutta la zona ha subito una forte regressione, anche…” Sam non completò la frase concentrato sulla lettura.
“Anche?” chiese Dean impaziente, stringendo il legno della sedia tra le mani, le nocche sbiancate.
“Anche morale” concluse Sam “Condannavano a morte le persone con processi sommari, e non solo delinquenti, anche persone ritenute pazze” spiegò “Li uccidevano impiccandoli. Indovina dove?” chiese voltandosi verso Dean.
“Nella foresta” disse Dean, rivolgendo lo sguardo alla finestra, come se potesse vedere la scena oltre il vetro sporco.
Sam si corrucciò leggermente notando l’espressione fremente del fratello, si riscosse, sicuramente era un’impressione, erano entrambi stanchi. “Esattamente” rispose.
“E la bambina?” domandò Dean, voltandosi di nuovo verso Sam.
“Potrebbe essere stata impiccata anche lei, qui cita alcuni nomi e anche se non parla di bambine, non significa che non ce ne siano. Chissà quante persone sono state impiccate in quella foresta” rispose Sam.
“Quindi il suo potrebbe anche non essere l’unico spirito vagante” obbiettò realisticamente Dean.
“Per ora è l’unico che si è mostrato, preoccupiamoci di una cosa alla volta. Se ne dovessimo incontrare altri sapremo di che si tratta almeno” Sam tentò di essere positivo.
“C’è scritto anche dove seppellivano i corpi? Nel cimitero locale?” domandò Dean, sempre pratico, girandosi e tornando a sedersi sul letto.
Sam si voltò di nuovo verso il portatile, percorse rapidamente il resto dell’articolo in cerca di quel che gli serviva sapere. Dopo un paio di minuti emise un gemito.
“Cosa?!” chiese immediatamente Dean, non era un buon segno quella reazione di Sam.
“Non ti piacerà…” disse esitando, lanciò uno sguardo a Dean e tornò a fissare lo schermo del computer “A quanto pare non li consideravano degni di essere seppelliti in terreno consacrato perciò bruciavano i corpi e seppellivano le ceneri nella foresta.”
“Scherzi?!” esclamò Dean, accompagnando l’esclamazione con un gesto inconsulto delle braccia, frustrato.
“No” disse Sam girandosi verso Dean, poggiandosi pesantemente con il fianco contro la spalliera della sedia, le spalle curve sotto il peso della stanchezza.
“Dove seppellivano queste ceneri esattamente? E soprattutto perché la ragazzina è ancora in giro se il suo corpo è stato bruciato?” chiese Dean esasperato, passandosi una mano tra i capelli.
“Non lo dice” disse Sam sospirando, questa storia si stava rivelando più complicata del previsto “Evidentemente c’è qualcosa che la lega ancora qui, ma non so cosa, non sappiamo nemmeno chi sia.”
“Non hai trovato altro?” domandò Dean.
“No, il vuoto più totale. È evidente che la comunità ha cercato di insabbiare questo capitolo della sua storia.”
“E allora perché questo articolo? Perché ora?” chiese di nuovo Dean.
La domanda sembrò illuminare Sam “Non so, aspetta” si voltò di nuovo verso l’articolo, in un attimo stava digitando qualcosa e scorrendo i risultati della sua ricerca con nuova determinazione sul volto. “Il giornalista che l’ha scritto è un certo Nicholas Shelton. A quanto pare non è originario di qui, si è trasferito circa due anni fa, ha scritto diversi libri sul periodo della Grande Depressione, evidentemente era interessato a fare ricerche più approfondite sulla storia locale di quel periodo.” disse Sam con una certa soddisfazione nella voce “Dovremmo andare a parlare con lui per saperne di più” concluse, girandosi di nuovo a guardare Dean.
Dean scacciò l’idea con un gesto della mano “Vacci tu. Sei tu il secchione, vi intenderete a meraviglia” disse con il suo solito sorrisetto, alzandosi.
“Dean” lo richiamò Sam infastidito “Che altro hai da fare che non puoi venire con me?” lo fissò con un sopracciglio alzato.
“Torno nella foresta” rispose secco.
“A che scopo? Non sappiamo nulla sulla ragazzina, né su dove siano seppelliti i corpi!” protestò Sam, inconsciamente restio a separarsi dal fratello.
“Appunto. Posso cercare delle tracce!” rispose Dean, quasi con sufficienza, avviandosi verso il bagno.
“Potrebbe essere pericoloso!” protestò Sam, che stava finendo gli argomenti “Non sai a cosa vai incontro!” dubitava che sarebbe servito a qualcosa, ma doveva pur provare.
Dean girò la maniglia del bagno, “So badare a me stesso” rispose senza guardare Sam, entrando e chiudendosi la porta alle spalle.
E con questo la discussione era chiusa, Sam lo sapeva. Rassegnato cercò rapidamente l’indirizzo del giornalista e lo appuntò su un pezzo di carta che si mise in tasca con poca cura. Sospirando chiuse il portatile, si diresse al suo letto e ci si tuffò sopra senza tante cerimonie.

Il mattino dopo Dean lasciò Sam davanti alla casa del giornalista e si diresse da solo verso la foresta. Sam guardò l'Impala allontanarsi finché non sparì dietro una curva, si riscosse e percorse il vialetto che conduceva alla porta di ingresso, salì i pochi gradini bianchi del patio e si fermò davanti alla porta, suonò il campanello e attese.
 
Top
sitonkia
view post Posted on 6/10/2007, 09:32




SCENA 4
Passarono svariati minuti prima che una ragazza comparisse da dietro la tenda del salotto, appena scostata per poter vedere il visitatore. Sam le sorrise dal portico ricevendo in cambio un’occhiataccia scontrosa. Un attimo dopo sentì una voce femminile chiedergli chi fosse.
“Sam Reynolds, lavoro per il.. Times, vorrei parlare col signor Shelton.”
Dall’altra parte non venne alcuna risposta.
“Mi sente?”
La porta si aprì improvvisamente ma solo di una fessura, dalla quale apparve il volto della ragazza. Aveva gli occhi lucidi e nonostante cercasse di mantenere un’espressione composta vide due lacrime bagnarle le guance arrossate.
“Strano..” la parola vibrò insicura nell’aria, fece una pausa e continuò “Lavori per il Times e non sai nemmeno che mio padre è morto una settimana fa.”
A Sam parve che qualcuno gli avesse appena tirato una sberla in faccia, avrebbe voluto chiedere scusa per la mancanza di tatto ma non poteva compromettere ulteriormente la sua identità di copertura, decise di rischiare.
“A dire il vero so benissimo che suo padre è mancato pochi giorni fa e le faccio le mie più sentite condoglianze, ma cercavo l’altro signor Shelton.”
Lei esitò scrutando lo sconosciuto che torceva nervosamente le dita.
“Chi, mio zio Harry?”
Sam non si lasciò sfuggire la sensazione di sollievo che gli stava rilassando i muscoli.
“Esattamente” Rispose con un sorriso rassicurante dipinto sulle labbra “Mi hanno detto di cercarlo qui..” Il giovane Winchester incrociò mentalmente le dita sperando di aver parlato in termini sufficientemente vaghi.
“Sì..hem, è partito stamattina per tornare a casa, ma fra due giorni sarà di nuovo qui.”
“Oh, che peccato, domani ho il volo per New York e ho proprio bisogno della testimonianza di un parente per finire l’articolo..”
“Cioè..tu sei del New York Times?” La ragazza aveva cambiato espressione.
“Già! Sono qui per scrivere un articolo commemorativo in onore di tuo padre, per esaltare il suo brillante operato.”
“Fammi capire, il New York Times pubblicherà un articolo su mio papà?”
Sam si maledì di dover mentire a quegli occhi grandi e stanchi, pieni di un dolore che lui stesso conosceva fin troppo bene. Il suo volto la maschera della falsità mentre dalle sue labbra le menzogne uscivano con una facilità inaspettata.
“Esatto.”
Una mano tremante coprì la bocca della ragazza semiaperta in un sorriso incredulo.
“Posso essere il suo testimone, se vuole, conosco tutto ciò di cui si occupava mio padre, molto meglio di mio zio Harry per essere sincera.”
“Hm..” Sam finse di pensarci un po’ su “Va bene.”
L’interno dell’abitazione era arredato modestamente, vi erano parecchi oggetti dalle forme più inaudite e bizzarre, probabilmente souvenir di paesi lontani. Alle pareti erano appesi svariati quadri colorati, principalmente campi fioriti e cieli azzurro intenso solcati da nuvole passeggere. La vivacità dei colori so scontrava con lo stato d’animo di chi vi abitava.
I due si sedettero su un piccolo divano in pelle marrone consumata. Sam tirò fuori dalla tasca un piccolo block notes ed un penna.
“Allora..il suo nome è..?”
“Jessica, Jessica Shelton.”
Il ragazzo si bloccò un istante nel sentire il nome della fidanzata scomparsa, ma cercò di nascondere il disagio.
“C’è qualcosa che non va nel mio nome?”
“No, no, è..non è niente, scusami..”
Lei strizzò leggermente gli occhi ancora lucidi cercando di capire cosa aveva scosso il giornalista, ma decise di non indagare oltre data la riluttanza dell’altro a parlare.
“Cosa vorresti sapere del lavoro di mio papà?”
Sam la guardò dritta negli occhi.
“Non mi interessa una cronaca delle sue ricerche, ho già letto l’articolo che ha pubblicato sul passato di questa comunità e le sue pratiche poco ortodosse durante la Depressione..voglio sapere il lato umano, privato del giornalista impegnato che tutti conoscono.”
Jessica si guardò un attimo intorno decidendo da dove cominciare la sua narrazione. Il suo sguardo si posò sulla finestra, oltre il vetro, al di là del vialetto, sopra le case, dentro la foresta. Un brivido la percorse.
“Come saprai papà ha lavorato nella foresta per parecchi mesi prima di scoprire che all’inizio del secolo scorso molti uomini e donne vennero uccisi proprio in essa.”
“E sai anche dove si trova esattamente il sito dove avvennero le uccisioni?”
“No, non esattamente, mio padre ha fatto una mappa però, vi si è recato sempre più spesso, sembrava ossessionato da quella storia.”
“Era un uomo molto dedito al suo lavoro.”
“Non c’è dubbio, ma era qualcos’altro che lo spingeva a tornare nel bosco, diceva di dover scovare il responsabile, anche se non capisco come avrebbe mai potuto trovare qualcosa sulla scena di un crimine che risaliva agli anni Trenta.”
Sam aggrottò le sopracciglia.
“Vuoi dire che dopo aver raccolto il materiale per l’articolo ha continuato la sua indagine?”
“Sì, la foresta è diventata la sua seconda casa, quando tornava era distratto, alcune volte lui..” si fermò, indecisa se continuare.
“Non preoccuparti, non sono qui per gettare ombra sulla memoria di tuo padre.”
La ragazza annuì debolmente.
“..lui..beh, parlava da solo, negli ultimi giorni non tornava nemmeno a dormire, aveva continuamente attacchi d’asma e pertosse, la sua salute fisica e mentale si è deteriorata velocemente.”
Il giovane inspirò ed espirò profondamente, la fronte aggrottata in un’espressione pensierosa. Cosa diavolo era successo a Nicholas Shelton?
“Quale credi sia stata la causa del peggioramento?”
“La foresta.” Rispose lei senza esitazioni.
Sam deglutì attendendo che la ragazza continuasse col suo racconto, il block notes ancora intonso mentre il suo cervello registrava ogni parola della conversazione.
“Lui…si è gettato da un palazzo” gli occhi della ragazza si riempirono di lacrime che riuscì a trattenere “Cosa può spingere un uomo entusiasta del proprio lavoro, della famiglia, della vita, un uomo sano e sportivo come mio padre a diventare un perfetto paranoico pronto a suicidarsi?” La domanda si perse in un sussurro strozzato “C’è qualcosa in quella foresta che lo ha distrutto da dentro.”
Sam si chiese se fosse possibile che gli spiriti degli impiccati nel bosco potessero essere responsabili della morte del giornalista. Sempre ammesso che di spiriti si trattasse. Il fatto che i corpi fossero stati bruciati screditava l’unica ovvia ipotesi.
Non ha senso, perché mai avrebbero dovuto uccidere colui che aveva portato alla luce la loro morte e reso loro giustizia? Oltretutto, i fantasmi non sono in grado di creare quel genere di disagio psico-fisico di cui sembra aver sofferto Shelton.
“Hai detto che tuo padre voleva trovare il colpevole.”
“Già, anche se non ha mai specificato il crimine di cui questa fantomatica persona si era macchiata, presumo avesse a che vedere con la scoperta delle impiccagioni.”
Sam si passò una mano sulla bocca concedendosi un istante per rielaborare le informazioni ricevute.
Degli innocenti sono uccisi ed i loro spiriti – o almeno quello di una bambina - vogliono vendetta, così attirano i passanti e li uccidono… No, non era possibile, lo strano comportamento assunto da Shelton sembrava aver subito indirettamente l’influenza della presenza degli impiccati, come se…
“Hai detto che tuo padre soffriva di asma?”
“Sì, è sempre stato leggermente asmatico, ma non ha mai avuto bisogno di prendere medicinali come nelle ultime settimane.”
Il ragazzo fece un cenno di assenso, cominciava a mettere insieme alcuni pezzi del puzzle.
“Era ossessionato dal caso, eh?”
“Dal caso e dalla foresta. Beh, anche se le due cose praticamente coincidevano..”
Sam spalancò gli occhi e li puntò sulla ragazza.
“Come hai detto?”
“..che le due cose coincidevano..?”
E’ proprio così.. si spiega tutto..
“Mi spiace, devo proprio andare.” Doveva riferire tutto a suo fratello.
“Ma..l’articolo?”
“Ripasserò.” Stava già scomparendo dietro la porta quando Jessica lo prese per un braccio fermandolo. Il ragazzo si voltò e vide che la filgia del giornalista gli stava porgendo un foglio.
"Prendi questo, mio padre ha scritto qui le informazioni necessarie per raggiungere il luogo esatto delle impiccagioni, servirà più a te che a me."

Il sentiero correva stretto e sinuoso incidendo nel manto di foglie ingiallite una ferita profonda, scura, umida. Gli stivaletti da motociclista di Dean affondavano nella terra senza far rumore, veloci eppure cauti. L’espressione dipinta sul volto del ragazzo era tesa e concentrata, gli occhi chiari sondavano l’ambiente circostante nervosamente, scattando ad ogni foglia che cadeva dai rami.
Dean parve captare un fruscio più intenso degli altri ed immediatamente si fermò, la mano aveva già raggiunto l’impugnature del pugnale.
Si mise in ascolto.
Nulla. Solo il costante ed ormai familiare sottofondo delle fronde vibranti.
Una folata di vento lo fece quasi sobbalzare, il cuore cominciò a battergli forte mentre sentiva delle minuscole piume sfiorargli le pareti della gola, causandogli un prurito fastidioso che i colpi di tosse peggioravano.
L’improvvisa brezza si affievolì ed il bosco si acquietò con essa. Dean trattenne la tosse cercando di ignorare la fastidiosa sensazione che i suoi polmoni fossero in fiamme. Sentì il respiro pesante, faticoso, come quello di un asmatico.
Avvertì la fastidiosa sensazione di essere osservato. Con uno scatto si voltò. Nessuno, soltanto alberi e foglie..e il sentiero.
Merd*, il sentiero!
Evitare sempre le strade, era una delle prime regole che John gli aveva insegnato.
Con un salto agile atterrò nel fogliame provocando uno scricchiolio frusciante che risuonò fra i fusti tanto intenso quanto lo sarebbe stato un grido in una stanza silenziosa. O almeno così lo captò Dean.
Gli sembrò di vedere un’ombra avvicinarsi lungo il sentiero. Appoggiò la schiena al tronco più vicino con l’arma carica a salgemma in mano. Rimase immobile per qualche secondo, gocce di sudore si condensarono sulla sua fronte che portava i segni della tensione. Si sporse appena per controllare il sentiero. Ancora una volta non vi era nulla fuori dall’ordinario.
Si voltò di nuovo e questa volta i suoi incontrarono un qualcosa di estremamente non usuale.
Una bambina.
No, la bambina, era a pochi passi da lui ed ondeggiava con le fronde, come il riflesso di un raggio di sole nell’acqua. C’era qualcosa di diverso in lei.
“Chi sei?” le chiese Dean in un sussurro.
Lei non rispose, alzò la testa ed i lunghi capelli lasciarono spazio ad un volto dai tratti vagamente familiari. Quel naso, quella bocca..
“Aiutami..” disse piano implorante.
“Come?”
La bimba avanzò di qualche passo ed il ragazzo potè distinguere meglio i lineamenti.
“Prendi il colpevole..”
Dean si accovacciò scrutando intensamente il fantasma. Sembrava…assomigliava quasi a..
“Mamma?”
“Vendicami, Dean, prendi l’assassino…uccidilo…”
La bambina allungò le piccole braccia appoggiando le manine sulle guance di Dean. Erano fredde, gelide come quelle di un morto.
“Vuoi dire chi ti ha impiccata?”
Quella bocca che così tante volte aveva toccato dolcemente la fronte del piccolo Dean per augurargli buona notte, si trasformò, le labbra più carnose, belle e inaccessibili, il sorriso della fidanzata di Sammy, o forse assomigliava più ad una ragazza che aveva conosciuto al liceo…non riusciva a decidere, le forme intorno a lui parevano mischiarsi e confondersi, non poteva dire se era tutto nella sua testa o se ciò che vedeva era reale.
La bambina ritrasse improvvisamente gli arti e lo guardò negli occhi senza rispondere alla domanda che il ragazzo le aveva posto.
"Lo prenderò..paherà per ciò che ti ha fatto..brucerò le sue ossa.."
L'altra scosse la testa dolcemente.
"E' ancora vivo...l'assasino è vivo...prendilo.."
Il vento soffiava di nuovo mentre Dean sentiva la gola prudere, i polmoni contrarsi. La piccola figura apparve più chiaramente. Le parole che ella pronunciò sovrastarono il fruscio, tuonarono sopra di esso disturbando la natura dormiente. O almeno così parve alla mente confusa di Dean ed ancora una volta non potè stabilire se la voce era reale o una mera allucinazione. Soltanto di un fatto era certo: il tono era estremamente convincente:
“Prendi Sam.”
 
Top
Elerel
view post Posted on 9/10/2007, 17:15




SCENA 5

Sam lasciò la casa della Shelton. Mille pensieri si affollavano nella sua mente. Senza accorgersene, raggiunse il Motel con la speranza che Dean fosse ritornato. Sentiva forte il bisogno di parlare col fratello, di elaborare con lui le informazioni che aveva ricevuto dalla Shelton.
In quel preciso momento sentiva che qualcosa non andava, tutta quella storia aveva qualcosa di sospetto.
Ripensava a quando la figlia di Shelton gli aveva detto, ripensava allo strano comportamento di Dean degli ultimi giorni. Sam temeva che stesse succedendo qualcosa a Dean.
Da quando quella strana bambina aveva fatto la sua prima apparizione nella foresta, da quando entrambi si erano addentrati per seguirla, Dean era divenuto molto sospettoso, quasi paranoico.
I gesti e le parole di Dean, all’inizio, non avevano destato particolare preoccupazione nel fratello, Sam pensava semplicemente che Dean fosse stanco e stressato, in fondo le ultime settimane non erano state facili per nessuno: avevano sconfitto il demone dagli occhi gialli, Sam era morto e Dean aveva dovuto fare il patto col demone dagli occhi rossi per salvargli la vita.

Il motel era quasi deserto. La giornata stava volgendo al termine e la temperatura si stava abbassando sensibilmente. Sam attraversò il lungo corridoio in silenzio. Si sentiva solo l’eco dei suoi passi sul pavimento di legno che scricchiolava. Ai lati, in schiera, si trovavano le porte delle stanze. Sam si guardava stancamente intorno alla ricerca della propria stanza.
Entrò, quindi, nella stanza, “Dean” disse, sperando di scorgere qualche segno della presenza del fratello. Non ricevendo alcuna risposta, si sedette alla scrivania ed accese il portatile. Le dita di Sam scorrevano velocemente nella tastiera in cerca di notizie su Shelton e sulle impiccagioni di cui gli aveva parlato la figlia di Shelton. Tutto combaciava: le sparizioni, la comunità che aveva sempre negato ogni implicazione, le strane testimonianze di coloro che si erano addentrati nella foresta e che poi, irrimediabilmente, erano scomparsi... forse uccisi dalle strane entità nella foresta.
Sam ripensò al particolare della tosse del signor Shelton. Subito l’immagine di Dean accovacciato per terra e senza respiro gli balenò nella mente: "anche dean tossiva spesso negli ultimi giorni" pensò Sam preoccupato.
Guardò l'orologio: era ormai il tramonto e Dean non aveva più dato notizie di sè.
Sam prese il cellulare e provò a chiamare il fratello, ma non ebbe alcuna risposta.
Decise che l'unica cosa giusta da fare fosse tornare nella foresta, sicuro di trovare Dean ancora lì.

Le ultime luci del giorno stavano ormai lasciando spazio all'oscurità più totale. La foresta di notte sembrava ancora più tetra e terrificante, ogni minimo rumore aveva in sè qualcosa di sinistro.
Dean era seduto ai piedi di una quercia ed il suo busto oscillava avanti e indietro. Continuava a sentire la voce della bambina "prendi sam... prendi sam... prendi sam...". Il suo sguardo era fisso nel vuoto e gli occhi erano sbarrati.
Non sapeva da quanto si trovava in quella posizione, in realtà nemmeno gli importava. Riusciva a pensare soltanto alle ultime parole della bambina. Ormai sempre più frequentemente veniva colto da accessi di tosse. Questi erano gli unici momenti in cui smetteva di pensare e si ritrovava, subito dopo, a respirare affannosamente alla ricerca di aria.

Sam raggiunse la foresta dopo circa un'ora. “accidenti, dean” pensò Sam “potresti lasciare ogni tanto a me la Impala!”.
Non sapeva cosa aspettarsi. Si ripeteva le parole della Shelton, la descrizione dei comportamenti e i problemi di salute del Signor Shelton. Più passava il tempo e più trovava similitudini tra questi e suo fratello. L'idea che Dean si fosse ucciso ormai era sempre più pressante nella sua mente.
"L'unica cosa che posso fare è dare pace a quelle anime... forse questo aiuterà anche Dean" pensò.
L'aria all'interno della foresta era ancora più pesante dei giorni precedenti.
Mentre avanzava in quel groviglio di radici e rami, Sam continuava a meditare sugli avvenimenti. Come mai lui non era stato infettato? Non era la prima volta che succedeva una cosa simile. Forse l'essere un ragazzo speciale stava influendo sulla sua capacità di reagire a stimoli che hanno effetti negativi in organismi normali.
Raggiunto il centro della foresta Sam si fermò "ecco... questo, secondo le testimonianze, è il luogo dove vennero impiccati quei poveretti... ora non mi resta che iniziare il rito di purificazione".
Sam cosparse il terreno col sale disegnando il sigillo di salomone.
"Ora finiamo di purificare questo posto" disse tra sè e sè. Prese dalle se tasche il diario del padre e iniziò a sfogliarlo alla ricerca del rito di purificazione che avrebbe liberato finalmente quel posto dalle anime degli impiccati.
Stava per iniziare a leggere quando sentì un fruscio dietro di sè seguito da colpi di tosse incessanti.
Sam si girò e vide Dean dietro di sè. Il fratello sembrava stravolto, i suoi occhi fissavano il vuoto ed era completamente sudato. Nella mano destra teneva un pugnale.
 
Top
Fenice158
view post Posted on 13/10/2007, 14:53




SCENA 6

Il sollievo nel rivedere il volto del fratello fu scacciato immediatamente da un nuovo terrore. Dean sembrava sconvolto, il volto imperlato di sudore era una maschera di sofferenza, lo sguardo vacuo sembrava oltrepassare la figura di Sam. Un brivido percorse la schiena di Sam alla vista del pugnale in mano a Dean.
“Dean?” tentò Sam, con voce malferma dalla preoccupazione.
Dean fu colpito da un altro accesso di tosse e si piegò in due, posando le mani sulle ginocchia, ma senza lasciar andare il pugnale. Quando riprese fiato, si risollevò e fece un passo avanti, puntando il pugnale in direzione di Sam. La fioca luce lunare illuminò per pochi secondi gli occhi iniettati di sangue di Dean, prima di essere nuovamente inghiottita nel folto fogliame.
Sam deglutì, ma la sua gola era secca. “Dean, abbassa quel pugnale, sono io!” disse indicandosi con un gesto della mano, tentando di sorridere rassicurante al fratello, ma senza riuscirci. Per tutta risposta Dean avanzò ancora e la sua presa sul pugnale si fece più ferma. Sam notò che lo sguardo di Dean sembrò focalizzarsi su di lui.
“Dean, che cosa-”
“Sei stato tu Sam” lo interruppe Dean, la voce roca e affaticata, ogni parola era una lancia infuocata nei suoi polmoni.
“Di che parli?” chiese Sam incredulo, fissando ad occhi spalancati il fratello. A Sam non importava davvero conoscere la risposta, “devo portarlo fuori da qui” era il suo unico pensiero in quel momento.
“L’hai uccisa” disse Dean a denti stretti, il viso contratto nella rabbia improvvisa.
“Dean, non ho ucciso nessuno. È qualcosa-”
“NON È VERO!” gridò Dean, interrompendo nuovamente il fratello “E lo sai!” Queste ultime parole colpirono Sam come una scarica elettrica, e sentì il suo stomaco affondare pesantemente sotto il senso di colpa. Non era vero, e lui lo sapeva. Già, ma qualcosa disse a Sam che non era quello di cui parlava il fratello.
“Dean, c’è qualcosa in questa foresta… ti sta facendo sragionare…”
“L’unica cosa che mi fa sragionare è la tua colpa, Sam. Devi pagare. È l’unico modo.” Avanzò nuovamente verso Sam.
Istintivamente, Sam arretrò di qualche passo. “Quale colpa?!” chiese con una nota disperata nella voce.
“L’hai uccisa. Devi pagare. È l’unico modo per liberarla.”
“CHI?! Di chi stai parlando?”
Ma Dean non rispose, si lanciò contro il fratello con tutta la sua forza e Sam colto di sorpresa cadde a terra sotto il peso del fratello. “Devi pagare, Sam!” esclamò Dean, bloccando Sam con la mano sinistra e preparandosi a pugnalarlo con l’altra mano. Sam fu rapido e bloccò la mano destra di Dean un secondo prima che il pugnale calasse definitivamente sul suo petto. Sfruttando la forza delle sue lunghe gambe riuscì a liberarsi del peso di Dean, rotolando in modo da bloccarlo con la schiena a terra, i polsi tenuti immobilizzati da Sam, prima che il fratello potesse rinnovare i suoi tentativi di colpirlo. Dean si dimenava tentando di liberarsi ma la presa di Sam era d’acciaio e Dean era affaticato dalla sua debole respirazione.
“Dean, fermati!! Non sei in te!” Sam era quasi implorante, sapeva che nello stato in cui era, l’unico modo per fermare il fratello era tramortirlo, ma non riusciva a costringersi a farlo. Fissò per un istante gli occhi verdi del fratello, erano straziati. Quell’attimo di esitazione gli costò caro. Con uno sforzo Dean gettò di nuovo a terra Sam e gli premette il pugnale alla gola. Sam lo fissò a bocca aperta, la pressione della fredda lama incise un primo solco superficiale nella pelle di Sam. “Non farlo” bisbigliò Sam, gli occhi che gli si stavano riempiendo di lacrime. Doveva impedirlo, se non per sé stesso, per Dean.
“È l’unico modo Sam. Ti ho promesso che ti avrei salvato e questo è l’unico modo. Devi pagare per quello che hai fatto” disse Dean col fiato corto, gli occhi stralunati fissi in quelli di Sam.
“Non ho fatto nulla”, a quelle parole gli occhi di Dean si socchiusero colmi di rabbia, estrasse un pezzo di corda dalla tasca del giubbotto e legò insieme i polsi di Sam, con la lama puntata alla gola e il peso di Dean a bloccarlo a terra fu impossibile per Sam opporre resistenza. Rapidamente e con estrema forza Dean si mise in piedi tirando su anche Sam, la lama pronta a sgozzarlo alla prima mossa falsa. Lo costrinse a voltarsi, puntandogli il pugnale alla schiena.
“Cammina” ordinò con voce bassa e rabbiosa.

Camminarono per un bel pezzo, addentrandosi nel buio della foresta, le foglie secche scricchiolavano sotto i loro passi e il vento freddo sibilava tra le fronde. Sam rabbrividì ed esitò un secondo, subito il pugnale lo punzecchiò alla schiena per incitarlo a proseguire. Sam sospirò silenziosamente e continuò a camminare, poco dopo Dean si bloccò, tirandolo per la camicia in modo da fermarlo e premendo leggermente il pugnale, un avvertimento.
Sam si guardò attorno, nel buio non si distingueva molto bene ma sembrava solo un altro tratto di foresta, gli alberi si stringevano intorno a loro oscurando il cielo notturno, la terra era coperta dalle foglie cadute. Lo sguardo di Sam fu attirato da una zona più scura del terreno, strinse gli occhi per vedere meglio e si accorse che c’era una buca, una… fossa. Dean lo sospinse in direzione della fossa.
“Vedi Sam? Eccola. L’hai uccisa e ora devi pagare col tuo sangue. In questo modo lei sarà libera e tu sarai salvo.”
Sam allungò il collo per guardare dentro la fossa, sul fondo giaceva uno scheletro, quasi completamente decomposto, Sam notò subito le dimensioni minute e, nonostante il buio, vide i brandelli di un abito bianco.
“La bambina!” esclamò incredulo, voltandosi a guardare il fratello.
Dean non rispose e spinse il fratello contro un albero, pronto a compiere il sacrificio. Sam si maledisse per aver abbassato la guardia e si ritrovò con la lama del pugnale nuovamente premuta contro la gola. Dean fu improvvisamente colpito da un violento accesso di tosse e questa volta Sam ne approfittò. Per sua fortuna Dean aveva commesso l’errore di legargli i polsi davanti, e non dietro la schiena. La presa di Dean si era allentata, mentre lui era scosso dai colpi di tosse, Sam si liberò e con un colpo alla mano di Dean fece cadere il pugnale a terra, guadagnandosi però un'altra ferita alla gola. Prima che Dean potesse reagire Sam lo colpì a pugni chiusi sulla testa. Dean cadde a terra tramortito, l'ulteriore impatto col terreno gli fece perdere completamente conoscenza.
Sam si tastò la gola con le mani ancora legate, il taglio era superficiale per fortuna, una preoccupazione in meno. Raccolse da terra il pugnale e dopo qualche minuto di lavoro riuscì a tagliare la corda che gli legava i polsi. Vicino alla fossa c’era la sacca che Dean aveva portato con sé, Sam vi frugò dentro e ne estrasse una corda. Si avvicinò a Dean e dopo essersi assicurato che stesse bene lo adagiò contro uno dei tronchi e lo legò, in modo che se si fosse svegliato non lo avrebbe attaccato di nuovo. “Scusa, Dean” mormorò.

Rapidamente estrasse il sale, la benzina e una scatola di fiammiferi, cosparse i resti della bambina nella fossa con i primi due e diede fuoco al tutto. Si assicurò che il fuoco non fuoriuscisse dalla buca e raccolse tutto quello che Dean aveva portato con sé, mettendosi la sacca a tracolla sulle spalle. Si avvicinò al fratello, ancora privo di sensi, “Non bastavano tutte le scarpinate che mi sono fatto oggi, vero?” disse a voce alta “Mi devi proprio far faticare fino all’ultimo!” sorrise, abbassandosi per guardare il volto stravolto di Dean. “Non c’è altra soluzione” pensò, sospirando. Raccolse tutte le sue energie e issò Dean da terra, barcollò per un attimo sotto il peso del fratello, recuperato l’equilibrio si diresse per tornare dove aveva lasciato in sospeso il rituale di purificazione.
“Giuro… la prossima… volta… che ordini una… fetta di torta…” ansimò, lasciando a metà la minaccia per non sprecare altro fiato.

Arrivato a destinazione adagiò Dean sul terreno e si massaggiò le braccia doloranti. Ora non rimaneva che purificare il terreno. Sam raccolse da terra il diario del padre, che era caduto durante la colluttazione con Dean e sfogliò le pagine finché non trovò quel che gli serviva. Rapidamente ritornò al punto dove aveva disegnato il simbolo di Salomone col sale, lo benedisse con l’acqua santa, al centro pose una ciotola che aveva portato con sé dove versò l’acqua rimanente. Accese l’incenso e con esso percorse la circonferenza del simbolo, mormorando le parole scritte sulle pagine vergate dalla grafia del padre. Terminato il rituale, Sam ebbe come la sensazione che l’aria all’interno della foresta fosse meno pesante, più respirabile. Sperò che non fosse solo un’impressione.

“Questo sarebbe il momento migliore per riprendere i sensi, Dean” disse al fratello, mentre gli frugava nelle tasche in cerca delle chiavi dell’Impala. Le trovò nella tasca destra dei jeans, sospirò e si caricò di nuovo in spalla il fratello, augurandosi di trovare in fretta la macchina.

Di ritorno al motel Sam ringraziò il cielo che fosse notte fonda e nessuno lo vide portare in camera Dean, ancora completamente incosciente. Adagiò il fratello sul letto e si assicurò che non avesse nessun arma a portata di mano, Sam era abbastanza sicuro che ci sarebbe voluto un po’ perché Dean smaltisse l’effetto che la foresta aveva avuto. Sarebbe stata una lunga giornata l’indomani, pensò tra sé stendendosi sul suo letto e rilassando le membra stanche e doloranti, ma almeno Dean era tutto intero nel letto a fianco.








EPILOGO

Due giorni dopo Dean era tornato quasi completamente in sé, manifestava ancora atteggiamenti paranoici, ma almeno aveva smesso di cercare di uccidere Sam, come quest’ultimo cercava di rincuorarlo, anche se non esattamente con quelle parole, o avrebbe peggiorato la situazione. Dean però non si sentiva altrettanto positivo.
“Che cosa diavolo c’era in quella foresta?!” chiese Dean esasperato, era seduto sul bordo del suo letto, Sam era seduto di fronte a lui, sul bordo dell’altro.
“Ascolta, non ne sono certo, ma l’idea che mi sono fatto è che ci fosse qualcosa nell’aria, come se fosse contaminata, che faceva lentamente impazzire la gente. Probabilmente è tutto dipeso dai corpi degli impiccati, in qualche modo devono aver avvelenato il terreno e le piante. Ho controllato e adesso sembra tutto normale. Credo che il rito di purificazione abbia fatto effetto.” rispose Sam, cercando di calmare il fratello usando un tono tranquillo.
“E le piante avrebbero avvelenato l’aria? Come?” protestò Dean.
“Spore, pollini… non ti accorgi nemmeno di respirarli” Sam scrollò le spalle.
Dean lo fissò, la mascella serrata, scotendo leggermente la testa. Spostò lo sguardo sulla gola di Sam, il taglio era stato superficiale, ma si poteva ancora distinguere il segno. “Sam…” esitò passandosi la mano sulla bocca incapace di proseguire, il ricordo di quello che aveva cercato di fare al fratello lo faceva rabbrividire, avrebbe preferito dimenticarlo.
“Ehi, non eri in te, smettila di tormentarti” lo anticipò Sam, alzando una mano per enfasi e sorridendo a Dean.
Dean abbassò lo sguardo, fissandosi i piedi, poi annuì e guardò di nuovo il fratello, "E la bambina? Perché c'era il corpo?"
Sam sospirò, "Credevamo fosse anche lei una degli impiccati ma evidentemente ci sbagliavamo, dopo aver visto il corpo ho fatto altre ricerche nella biblioteca cittadina e ho trovato un articolo che parlava di una ragazzina scomparsa durante una gita nella foresta con la famiglia" spiegò Sam.
"Come mai non avevi trovato questa notizia su internet?" Dean era leggermente stupito.
"Era un vecchio articolo degli anni '50, internet è stata inventata solo il decennio successivo"
"Certo" assentì Dean "Chi credi l'abbia uccisa?" domandò, ricordava perfettamente l'immagine della ragazzina che domandava vendetta.
"Non ne ho idea, forse qualcuno impazzito come Shelton che invece di prendersela con sé stesso se l'è presa con quella ragazzina, o forse si tratta d'altro..." cercò di lasciare andare il discorso, non gli sembrava una buona idea continuare a parlarne "Ora comunque ha trovato pace" concluse.
Dean lo guardò per un istante e annuì, alzandosi disse sorridendo “Andiamo, abbiamo un lavoro che ci aspetta!”
 
Top
5 replies since 26/9/2007, 20:20   382 views
  Share