La mendicante di Locarno, racconto di Heinrich Von Kleist

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Fenice158
view post Posted on 7/10/2007, 10:03




Questo è un racconto di fantasia.

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La mendicante di Locarno di Heinrich Von Kleist



Ai piedi delle Alpi, vicino a Locarno, in Alta Italia, sorgeva un
vecchio castello, appartenente a un marchese, che ancora oggi, venendo
dal San Gottardo, si vede, ridotto in macerie e in rovina: un castello
dalle stanze alte e spaziose, in una delle quali una volta, sulla
paglia che vi era stata ammucchiata, era stata messa a giacere per
compassione, dalla padrona di casa, una vecchia donna malata, che si
era presentata alla porta chiedendo l'elemosina. Il marchese, che, di
ritorno dalla caccia, entrò distrattamente nella stanza, dove in
genere riponeva la sua carabina, ordinò irritato alla donna di alzarsi
dall'angolo in cui era distesa, e di mettersi dietro la stufa. La
donna, tirandosi su, scivolò con la gruccia sul pavimento liscio, e si
fece una grave ferita all'osso sacro; tanto che si alzò, sì, con
indicibile sforzo, e attraversò di traverso la stanza, come le era
stato ordinato, ma dietro la stufa, fra gemiti e sospiri, si lasciò
cadere e morì.
Alcuni anni dopo, quando il marchese, a causa della guerra e dei
cattivi raccolti, si trovava in una brutta situazione finanziaria,
venne a trovarlo un cavaliere fiorentino, che, per la sua bella
posizione, voleva comperare il castello. Il marchese, che teneva molto
all'affare, disse alla moglie di alloggiare l'ospite nella stanza di
cui abbiamo parlato, che era vuota, ed era stata arredata
splendidamente. Ma quale fu la costernazione della coppia quando il
cavaliere, nel bel mezzo della notte, scese in camera loro pallido e
turbato, giurando e spergiurando che in quella stanza c'erano gli
spiriti, perché qualcosa che era rimasto invisibile allo sguardo si
era alzato da un angolo della stanza, con un rumore come di paglia
smossa, aveva attraversato di sbieco la stanza, con passi lenti e
interrotti, ma ben udibili, e si era lasciato cadere, fra gemiti e
sospiri, dietro la stufa.
Il marchese, spaventato, lui stesso non sapeva bene perché, prese in
giro il cavaliere con simulata allegria, e disse che si sarebbe alzato
immediatamente e, per sua tranquillità, avrebbe passato la notte con
lui in quella stanza. Ma il cavaliere lo pregò, per cortesia, di
permettergli di pernottare nella sua camera da letto, su una poltrona,
e, quando arrivò il mattino, fece attaccare i cavalli, si congedò e
partì.
L'incidente, che suscitò un grande scalpore, scoraggiò, con enorme
disappunto del marchese, molti compratori. E poiché tra i suoi stessi
domestici si diffondeva, in modo strano e incomprensibile, la voce che
in quella stanza, a mezzanotte, si muovessero gli spiriti, egli, per
metterla decisamente a tacere una volta per tutte, un giorno decise di
esaminare lui stesso la cosa la notte seguente. All'imbrunire fece
dunque portare il suo letto in quella stanza, e aspettò senza dormire
la mezzanotte. Ma quale fu il suo sgomento quando in effetti, allo
scoccare dell'ora degli spiriti, sentì l'incomprensibile rumore; era
come se un essere umano si alzasse dalla paglia che frusciava sotto di
lui, attraversasse di traverso la stanza e si lasciasse cadere, fra
rantoli e lamenti, dietro la stufa.
La marchesa, il mattino dopo, gli chiese, appena fu sceso, come fosse
andata la sua indagine. E, quando egli si guardò intorno, con occhiate
incerte e timorose, e, dopo aver chiuso a chiave la porta, le assicurò
che i fantasmi c'erano veramente, lei si spaventò come non le era mai
successo in vita sua e lo pregò, prima di far sapere il fatto, di
tentare un'altra prova, a mente fredda, in sua compagnia. Ma la notte
seguente, insieme a un fedele domestico che avevano portato con loro,
sentirono ancora una volta lo stesso incomprensibile, spettrale
rumore. Solo il pressante desiderio di sbarazzarsi del castello a
qualunque costo poté far loro reprimere, in presenza del domestico, il
terrore che li prese, e attribuire l'incidente a una causa qualsiasi,
indifferente e casuale, che prima o poi si sarebbe scoperta.
La sera del terzo giorno, quando tutti e due, per venire a capo della
cosa, salirono di nuovo, con il cuore che batteva, la scala della
camera degli ospiti, il loro cane da guardia, che era stato sciolto
dalla catena, si trovò per caso davanti alla porta; tanto che i due,
senza dirlo esplicitamente, forse con l'intenzione istintiva di avere
con sé un terzo essere vivente, fecero entrare il cane nella stanza.
La coppia, due candele sul tavolo, la marchesa senza spogliarsi, il
marchese tenendo al suo fianco la spada e le pistole che aveva preso
da un armadio, si siede, verso le undici, ognuno sul proprio letto; e,
mentre cercano di passare il tempo come possono, chiacchierando, il
cane si corica in mezzo alla stanza, testa e gambe acciambellate, e si
addormenta. A mezzanotte in punto, l'orribile rumore si fa di nuovo
sentire; qualcuno che nessun occhio umano può vedere si alza sulle
grucce, nell'angolo della stanza; si sente la paglia frusciare sotto
di lui; e al primo passo, tapp!, tapp!, il cane si sveglia, drizza le
orecchie, si solleva di colpo dal pavimento e, ringhiando e abbaiando,
proprio come se un essere umano venisse passo passo verso di lui,
indietreggia verso la stufa. A quella vista la marchesa, con i capelli
dritti, si precipita fuori dalla stanza e, mentre il marchese,
afferrata la spada, grida: "Chi è là?" e, poiché nessuno risponde,
mena fendenti in aria come un pazzo, in tutte le direzioni, dà ordine
di attaccare i cavalli, decisa a partire immediatamente per la città.
Ma, prima che, radunati alcuni bagagli, esca dal portone con fracasso,
vede il castello tutto avvolto dalle fiamme. Il marchese, sopraffatto
dall'orrore, aveva preso una candela e, stanco della vita, aveva dato
fuoco ai quattro angoli dell'edificio, interamente rivestito di legno.
Invano la marchesa mandò gente dentro, a salvare l'infelice: era già
morto nel modo più misero, e ancora oggi le sue bianche ossa, raccolte
dai contadini, giacciono nell'angolo della stanza dal quale egli aveva
fatto alzare la mendicante di Locarno.
 
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